Emissioni in atmosfera da ricambi d’aria. un pasticcio del legislatore ed un’inutile complicazione burocratica
di Walter FORMENTON, Mariano FARINA, Luca TONELLO, Francesco ALBRIZIO
In Italia ci si lamenta degli oneri burocratici inutili a carico delle aziende, che ne appesantiscono inutilmente il fardello già eccessivo, dando la colpa ai burocrati quando in realtà, spesso, è del legislatore.
Un esempio lampante di questo abuso legislativo si ha nella disciplina dell’autorizzazione delle emissioni in atmosfera provenienti dai ricambi d’aria adibiti esclusivamente alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro. L’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 183 del 2017 ha così modificato il comma 5 dell’art. 272 del D. Legs. 152/2006:
5. “Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla difesa nazionale, fatto salvo quanto previsto al comma 5-bis, ed alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro in relazione alla temperatura, all'umidità e ad altre condizioni attinenti al microclima di tali ambienti. Sono in tutti i casi soggette al presente titolo le emissioni provenienti da punti di emissione specificamente destinati all'evacuazione di sostanze inquinanti dagli ambienti di lavoro…”
In grassetto sono riportate le aggiunte introdotte.
In precedenza i ricambi d’aria degli ambienti di lavoro erano esclusi dall’autorizzazione alle emissioni mentre ora lo sono soli i ricambi di aria pura. In altre parole il legislatore, con benevola concessione, permette di poter ricambiare l’aria pulita, che certamente non può inquinare l’atmosfera essendo essa stessa atmosfera, senza richiedere autorizzazione!
I ricambi d’aria sono effettuati mediante circolazione naturale dell’aria attraverso l’apertura delle porte e delle finestre dei locali di lavoro o, meglio, per estrazione forzata del volume d’aria del locale ove avvengono le lavorazioni, di norma mediante ventole a parete o torrini posti sul tetto del locale, che effettuano generalmente un numero di ricambi d’aria necessari per garantire la salubrità dell’ambiente interno. Di norma è il Servizio di Prevenzione Igiene e Salute dell’Ambiente Lavoro delle ASL che impone il numero di ricambi d’aria forzati ottimali, in genere non meno di tre ricambi all’ora o molto maggiori a seconda della tipologia delle lavorazioni.
In precedenza, le emissioni di sostanze inquinanti dagli ambienti di lavoro, mediante ricambi di aria, erano escluse dall’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, nel presupposto che esse siano necessarie a garantire la sicurezza dei lavoratori e quindi sotto la sorveglianza delle ASL, del medico competente e del responsabile della sicurezza dell’azienda, a tutela della salute dei lavoratori. Eventuali sostanze inquinanti diffuse dal processo produttivo nell’ambiente interno sono pertanto entro i limiti stabiliti per la protezione dei lavoratori e con i ricambi d’aria sono convogliate o diffondono all’esterno, si diluiscono ulteriormente nell’atmosfera e pertanto è impensabile che possano costituire inquinamento atmosferico, considerato che i limiti di emissione in atmosfera sono sempre più elevati, a volte anche di diversi ordini di grandezza, rispetto ai limiti degli ambienti di lavoro.
Il controllo interno da parte degli organi preposti (ASL) costituisce garanzia anche per il controllo esterno e pertanto non è giustificato che un altro organo (Regione o Provincia) controllino quello che è già ampiamente controllato, con sovrapposizione degli enti di controllo (spreco di risorse pubbliche) e inutile aggravio burocratico per le aziende (spreco di risorse private).
Nella valutazione dei rischi chimici per i lavoratori, le aziende spesso controllano il rispetto dei limiti VLEPi, TLV-TWA, TLV-STEL e TLV-Cii. Nel caso che 1/10 (valore del rischio 10%) di tali limiti siano superati, per cautela l’azienda interviene captando localmente alla fonte le sostanze che contaminano l’ambiente interno convogliandole ad un punto di emissione in atmosfera mediante idoneo condotto di espulsione (camino). In tal caso non si tratta più di ricambi d’aria ma di punto di emissione dello stabilimento in atmosfera che deve essere autorizzato.
L’eccesso di rigore del legislatore è di aver ora escluso dall’autorizzazione solo i ricambi d’aria necessari per il microclima dell’ambiente di lavoro, quindi aria pura e non anche per le sostanze inquinanti, che sono tuttavia sotto controllo e quindi non costituiscono pericolo di inquinamento atmosferico.
È vero che, secondo alcune fantasiose interpretazioni, qualcuno considerava ricambi d’aria anche le aspirazioni localizzate degli inquinanti in ambiente di lavoro, che tuttavia non sono effettuate per ricambiare l’aria ma per captare e portare all’esterno gli inquinanti, quindi hanno principalmente la funzione di convogliare all’esterno le sostanze che potrebbero nuocere ai lavoratori e quindi, forse, anche ai cittadini. Pertanto devono essere autorizzate e rispettare le prescrizioni e i limiti di emissione fissati dall’autorizzazione.
Purtroppo anche una vecchia sentenza della Corte di Cassazioneiii aveva contribuito a creare confusione, stabilendo che “i punti di emissione installati solo per esigenze di igiene e/o sicurezza degli ambienti di lavoro non richiedono l’autorizzazione regionale, sicché l’installazione non autorizzata non integra il reato previsto e punito dall’art. 24 del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203”, configurando, erroneamente, come ricambi d’aria anche le aspirazioni localizzate sopra un miscelatore e una cappa sopra le bilance di pesatura di un colorificio con convogliamento all’esterno delle emissioni.
Tuttavia, se seriamente preoccupato per le aspirazioni localizzate, bastava che il legislatore avesse corretto il comma 5 non aggiungendo la frase barocca “in relazione alla temperatura, all'umidità e ad altre condizioni attinenti al microclima di tali ambienti” iv ma aggiungendo semplicemente a ricambi d’aria la parola “generali” e, se proprio voleva rafforzare il concetto, aggiungendo che “sono in tutti i casi soggette al presente titolo le emissioni provenienti da punti di emissione specificamente destinati all'evacuazione di sostanze inquinanti dagli ambienti di lavoro mediante aspirazioni localizzate.” Nel modo in cui è intervenuto, si sono inutilmente aggravati gli oneri aziendali, ma quel che è peggio è che sono stati messi fuori legge tutti quegli impianti di effettivo ricambio d’aria generale, esclusi dall’autorizzazione prima del 2018, che non costituiscono alcun pericolo di inquinamento atmosferico.
Alcune autorità di controllo hanno semplicemente ignorato la norma ma sono capitati casi di denuncia alla Procura della Repubblica per emissioni non autorizzate da ventole poste a parete, prescritte dalla ASL e persino minacce di sospensione dell’attività lavorativa, in perfetto accordo con la norma, a dimostrazione della validità della teoria del caos anche per il legislatore e del conseguente effetto farfalla, cioè di come un “battito di ali di una farfalla (legislativa) possa diventare un uragano”.
A questo punto tutti i ricambi d’aria delle aziende, escluse quelle del comma 1 dell’art. 272 del D. Lgs. 152/2006, dovranno essere autorizzati perché in ogni ambiente di lavoro sono presenti comunque piccole quantità di sostanze inquinanti (diverse dai normali costituenti dell’aria) diffuse dalle lavorazioni in ambiente di lavoro e i ricambi d’aria hanno anche lo scopo di allontanare queste sostanze per la salubrità dell’ambiente.
Inoltre anche i ricambi d’aria naturali attraverso le porte e le finestre, a rigor di logica se contenenti sostanze inquinanti, dovrebbero essere autorizzati.
Per tutte le attività che sono già autorizzate per le emissioni in atmosfera, ma non per i ricambi d’aria, si dovrebbe rivedere l’autorizzazione. Il legislatore non ha pensato di stabilire tempi per l’adeguamento e quindi un controllore molto formale potrebbe configurare l’ipotesi di emissione non autorizzata. Un bel pasticcio!
Assisteremo inoltre, speriamo in pochi casi di irrazionale burocrazia, molto attenta alla forma, a interventi fantasiosi dei nuovi controllori, come, ai sensi dell’art. 270 comma 1, D. Lags. 152/2006, far convogliare i ricambi d’aria da autorizzare a camino al fine di meglio disperdere gli inquinanti in atmosfera; camino dotato delle prese di campionamento, stabilite dalle norme, per far eseguire controlli periodici su emissioni che non attentano alla salute dei lavoratori e tantomeno a quella dei cittadini. Assolutamente ridicolo se non fosse tragico per le aziende (ma fruttuoso per chi costruisce impianti di aspirazione o esegue i controlli analitici ai camini)v.
È necessaria una modifica della norma o, quantomeno, una precisazione del Ministero che chiarisca che con la parola “specificatamente” della proposizione “Sono in tutti i casi soggette al presente titolo le emissioni provenienti da punti di emissione specificamente destinati all'evacuazione di sostanze inquinanti dagli ambienti di lavoro”, si intendono esclusivamente le emissioni provenienti dalle aspirazioni localizzate e non i ricambi d’aria generali. Resterebbe solo da cancellare la frase barocca ma quella sì squalifica da sé e sino a che rimane è il legislatore che deve vergognarsi dato che, per fortuna, in Italia non abbiamo bisogno della benevola concessione dello Stato per emettere l’aria che respiriamo.
i Il decreto legislativo 81/2008 definisce come Valore limite di esposizione professionale (VLEP), il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell’aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione a un periodo di riferimento determinato, stabilito nell’Allegato XLIII.
ii TLV - TWA (Threshold Limit Value - Time Weighted Average): Valore limite ponderato. Rappresenta la concentrazione media, ponderata nel tempo, degli inquinanti presenti nell'aria degli ambienti di lavoro nell'arco dell'intero turno lavorativo ed indica il livello di esposizione al quale si presume che il lavoratore possa essere esposto 8 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana, per tutta la durata della vita lavorativa, senza risentire di effetti dannosi per la salute.
TLV - STEL (Threshold Limit Value - Short Term Exposure Limit): Valore limite per brevi esposizioni. Rappresenta le concentrazioni medie che possono essere raggiunte dai vari inquinanti per un periodo massimo di 15 minuti, e comunque per non più di 4 volte al giorno con intervalli di almeno 1 ora tra i periodi di punta.
TLV - C (Threshold Limit Value - Ceiling): Valore limite di soglia. Rappresenta la concentrazione che non può essere mai superata durante tutto il turno lavorativo. Tale limite viene impiegato soprattutto per quelle sostanze ad azione immediata, irritante per le mucose o narcotica, tale da interferire rapidamente sullo stato di attenzione del lavoratore con possibili conseguenze dannose sulla persona stessa (infortuni) e/o sulle operazioni tecniche a cui è preposto.
iii CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 01/04/2003 n. 15171.
iv Ovvio che non siano da autorizzare, sarebbe ridicolo che dovessero essere autorizzate le emissioni di umidità e temperatura ambiente, costituenti normali dell’atmosfera e, in definitiva l’aria pura che i lavoratori respirano; per questo la frase è barocca e degna di un regime da società chiusa nella quale tutto deve essere espressamente permesso dal legislatore, anche espellere l’aria che si respira.
v Va bene per l’economia e il lavoro in generale ma è come far scavare buche per riempirle.