Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6101, del 11 dicembre 2014
Rifiuti.Legittimità diniego di ulteriore proroga di autorizzazione per impianto di recupero di veicoli fuori uso

Le precedenti proroghe sono state date in parallelo a lavori provvisori che potevano limitare i danni, ma che certo non hanno realizzato quel sistema di alimentazione, di pozzi che vasche di decantazione raccolta dei reflui e di bacino di contenimento e stoccaggio necessari alla permanenza di una simile attività. La stessa appellante riconosce l’impossibilità di mantenere l’impianto in un’area vincolata a parco urbano e ad optare per la rilocalizzazione, rinunciando peraltro ad effettuare direttamente operazioni di bonifica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06101/2014REG.PROV.COLL.

N. 02555/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2555 del 2014, proposto dalla s.r.l. Autodemolizioni Adriano, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Pullano e Paolo Pacileo, con domicilio eletto presso l’avvocato Angelo Scarpa in Roma, Via Teulada, n. 52;

contro

La Provincia di Trieste, rappresentata e difesa dall'avvocato Federico Rosati, con domicilio eletto presso l’avvocato Stefano Coen in Roma, piazza di Priscilla, n. 4;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, n. 31/2014, resa tra le parti, concernente il diniego di proroga di una autorizzazione alla gestione di un impianto di recupero di veicoli fuori uso e cessazione attività – risarcimento dei danni;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Trieste;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2014 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Paolo Pacileo, Carmine Pullano e Federico Rosati;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. A seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, recante l’attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso ed avente tra i suoi scopi la riduzione al minimo dell’impatto dei medesimi sull’ambiente – art. 2 –, la Autodemolizioni Adriano S.r.l. esercente da lungo tempo l’attività di compravendita e conseguente demolizione di autoveicoli e veicoli di ogni genere e di smaltimento dei relativi rifiuti in base ad autorizzazione provinciale, efficace fino al 2 ottobre 2003, si era attivata per l’adeguamento del sito in Strada Nuova per Opicina n. 11, facendo domanda alla Provincia.

La Provincia, dopo una serie di proroghe, si era pronunciata però solo nel 2008 su di un progetto definitivo di delocalizzazione dell’attività in via dei Templari a Muggia, rilasciando la necessaria autorizzazione con determinazione dirigenziale n. 1388 dd. 14 maggio 2010.

Nel frattempo venivano presentate varie istanze di proroga, cui l’amministrazione consentiva sino al 31 dicembre 2012, essendole noto che il sito scelto a Muggia era stato interessato da fenomeni di inquinamento ambientale, che ha costretto l’Ente Zona Industriale di Trieste (d’ora in poi EZIT), responsabile del sito, a soprassedere alla consegna dello stesso, interessato a una più vasta operazione di bonifica, in quanto qualificato come Sito Inquinato di interesse Nazionale.

La richiesta di ulteriore proroga del permanere nel sito precedente non veniva accolta con la determinazione n. 3948 del 31 dicembre 2012, che la Autodemolizioni Adriano S.r.l. impugnava davanti al Tar del Friuli Venezia Giulia, sostenendo l’illogicità ed il difetto di proporzionalità del provvedimento, vista l’adozione di atti per la tutela dell’ambiente riconosciuti idonei dalla stessa amministrazione resistente, il reperimento obbligato di un nuovo sito, il diritto alla proroga in base all’art. 15 del D. Lgs. n. 209/2003, sempre consentita dal 2003 al 2012 e poi irragionevolmente ed immotivatamente negata, soprattutto ove vengono indicate in 5 - 6 mesi la fine delle attività di caratterizzazione e analisi da parte dell’EZIT del nuovo sito.

Né la ricorrente potrebbe avvalersi degli impianti di recupero oggi autorizzati, ridotti solo a tre, e dunque impossibilitati a trattare ulteriori 1250 veicoli, quanti quelli trattati nel 2012, e nemmeno poteva comprendere la motivazione inerente la “prevalenza dell’interesse ambientale”, dopo che l’adozione delle misure minime di tutela di tale interesse erano state autorizzate dalla Provincia, né sarebbe spiegato perché a tale interesse è stato fino ad oggi subordinato quello alla conservazione dell’occupazione.

La Provincia di Trieste si è costituita in giudizio, sostenendo la correttezza del proprio operato.

2. Con sentenza n. 31 del 27 gennaio 2014, il Tar respingeva il ricorso, affermando che quanto alla procedura presso l’EZIT, che amministrava il terreno in cui la ricorrente avrebbe voluto trasferire l’attività, ora ricompreso in un SIN, non era stata nemmeno conclusa la caratterizzazione dell’area, fase iniziale del procedimento di bonifica, avendo l’ARPA chiesto, alla luce di quelle già effettuate, altre analisi aggiuntive; ne conseguiva che non era al momento possibile alcuna determinazione dei tempi di completamento del piano di caratterizzazione e, ancor meno, delle ulteriori fasi del procedimento di bonifica.

Alle stesse conclusioni era giunto, in sostanza, il perito incaricato dalla ricorrente.

Quindi, data l’insussistenza dei “tempi definiti” necessari per concedere un’ulteriore proroga dell’attività inquinante gestita dalla ricorrente, non sussistevano le condizioni stabilite dall’art. 15, 3° comma, del D. Lgs. 24 giugno, n. 209, per consentire un’ulteriore proroga all’obbligo di localizzare altrove l’impianto.

3. Con appello in Consiglio di Stato, notificato il 10 marzo 2014, la s.r.l. Autodemolizioni Adriano impugnava la sentenza in questione, sostenendo di aver sempre osservato le disposizioni sulla salvaguardia della salute e dell’ambiente, necessaria per la prosecuzione dell’attività, così come stabilito dall’art. 15 D. Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, evitando così l’obbligo di rilocalizzazione in tempi definiti, rilocalizzazione programmata, ma non ancora attuata per cause non dovute all’appellante, nonostante l’attivazione della medesima, ma ad una serie di inerzie di terzi nel modificare il SIN in cui reinstallare l’azienda.

Vi è poi da rilevare che la sentenza di primo grado non ha riscontrato un attuale nocumento per la salute e l’ambiente nel mantenere il complesso sulla Strada Nuova per Opicina, né ha mosso alcuna considerazione sui danni irreversibili che potrebbero verificarsi.

In conclusione non si comprende la ratio del provvedimento di sgombero, laddove l’attività è sempre stata ritenuta compatibile dall’autorità e la titolare non ha avuto la possibilità di disporre tempi definiti per delocalizzare.

La s.r.l. Autodemolizioni Adriano concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese, ed insistendo anche per il risarcimento dei danni subiti.

La Provincia di Trieste si è costituita anche in questa fase di giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 1930 in data 14 maggio 2014, questa Sezione ha accolto la domanda cautelare di sospensione della esecutività della sentenza di primo grado.

All’udienza dell’11 novembre 2014 la causa è passata in decisione.

4. L’appello è infondato.

Il Collegio ritiene di dover aderire alle considerazioni svolte dalle difese della Provincia di Trieste, dalle quali si possono desumere in buona sostanza le stesse conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado e che permettono di ricostruire un quadro in fatto ed in diritto dell’impianto della s.r.l. Autodemolizioni Adriano incompatibile con le previsioni del D. Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, recante l’attuazione della direttiva 2000/53/CE in materia di adeguamento degli impianti di rottamazione dei veicoli fuori uso, ed in specie con l’evocato art. 15 di detto D. Lgs., con il quale viene disciplinata la fase transitoria di bonifica o di chiusura o di rilocalizzazione di tale tipo di impianti.

Il quadro relativo all’impianto in controversia che emerge dalla ricostruzione dei fatti è che l’impianto è collocato sulla Strada Nuova per Opicina (ex Strada per Vienna), poco prima del ciglione carsico, in un’area classificata dal piano regolatore di Trieste come verde inedificabile - parco urbano, gravata da vincolo paesaggistico ed idrogeologico.

In connessione a ciò e durante il primo periodo di proroga generalizzata degli impianti varato dalla Provincia in attesa dell’approvazione regionale del piano provinciale gestione dei rifiuti urbani, intervenuta il 1° gennaio 2007 in concomitanza con la scadenza della proroga, la Autodemolizioni Adriano rinunciò al progetto di adeguamento del sito e decise la propria rilocalizzazione nell’attiguo Comune di Muggia, in zona industriale, presentando un apposito progetto che venne poi approvato il 14 maggio 2010, condizionato all’effettuazione di lavori provvisori per la tutela della salute e dell’ambiente del sito ancora in esercizio sulla Strada Nuova per Opicina.

Tali opere dovevano consentire la continuazione dell’esercizio, in quanto la zona di Muggia interessata dal progetto era stata classificata sito inquinato di interesse nazionale e dunque soggetto ad interventi di bonifica e rimessi all’EZIT, avendo rinunciato la s.r.l. Autodemolizioni Adriano a procedere per suo conto.

A questo punto la Provincia aveva ritenuto di concedere uno slittamento al termine di proroga sino al 31 dicembre 2012 in vista dell’effettuazione della bonifica dell’area di Valle delle Noghere, appunto l’area di Muggia ove era stato progettato il trasferimento dell’impianto.

Il diniego di ulteriori proroghe appare corretto, poiché l’art. 15, comma 3, del D. Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, stabilisce che la P.A. adotti “le prescrizioni necessarie ad assicurare la tutela della salute e dell’ambiente ovvero prescrive la rilocalizzazione dello stesso impianto in tempi definiti”. Ora la lettura dell’art. 15 in parola permette di comprendere come le proroghe a tutt’oggi concesse all’appellante vadano ben oltre i termini stabiliti dalla normativa i quali, pur potendo essere ritenuti di tipo ordinatorio, devono avere infine una conclusione, tanto è che lo stesso art. 15 cita espressamente una rilocalizzazione “in tempi definiti”; tali “tempi definiti”non sussistono affatto nel caso di specie, perché - avendo la Autodemolizioni Adriano rinunciato alla bonifica del nuovo sito in via dei Templari ed essendosi rimessa all’azione dell’EZIT - questa ultima appare assolutamente lungi dall’espletamento delle sue funzioni, poiché il piano di bonifica dell’area al momento del diniego dell’ulteriore proroga richiesta non era stato perfezionato neppure nella sua prima fase di caratterizzazione del sito, situazione che permane a tutt’oggi senza peraltro ulteriori programmazioni circa la fase esecutiva, al momento del tutto assenti.

Quindi l’esistenza dei “tempi definiti”, come correttamente indicato dal giudice di primo grado, impedisce rinnovate proroghe della permanenza dell’impianto nel vecchio sito; né può sostenersi che il diniego sia contraddittorio con le proroghe precedenti e con l’attività di messa in sicurezza dell’impianto.

In primo luogo le precedenti proroghe sono state più che altro espressione di discrezionalità amministrativa, utile alla salvaguardia di un’impresa e dei posti di lavoro connessi, in coerenza con le rilevanti difficoltà di un trasferimento in un’area geografica notoriamente asfittica dal punto di vista territoriale, sia per le note ragioni storiche, sia per la sua stessa conformazione geografica e paesaggistica; in secondo luogo esse sono state date in parallelo a lavori provvisori che potevano limitare i danni, ma che certo non hanno realizzato quel sistema di alimentazione, di pozzi che vasche di decantazione raccolta dei reflui e di bacino di contenimento e stoccaggio necessari alla permanenza di una simile attività; in terzo luogo è stata la stessa appellante a riconoscere l’impossibilità di mantenere l’impianto in un’area vincolata a parco urbano e ad optare per la rilocalizzazione, rinunciando peraltro ad effettuare direttamente operazioni di bonifica.

5. Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere respinto.

Le vicende riguardanti la fattispecie giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 2555 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate del secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)