Consiglio di Stato Sez. IV n. 10837 del 14 dicembre 2023
Rifiuti.Concordato preventivo ed oneri di smaltimento
Le procedure concorsuali del concordato preventivo con cessione totale dei beni e del fallimento, pur differenziandosi sotto il profilo civilistico delle modalità liquidatorie e degli organi, possiedono analoghi effetti finali: infatti, anche nella procedura di concordato con cessione dei beni, così come nel fallimento, l’impresa cessa la propria attività e pone tutto il suo patrimonio residuo a disposizione dei creditori. In ragione di ciò i costi da sostenere per porre rimedio alle “esternalità negative” di produzione (sanitarie, ambientali, di pubblica incolumità, etc.) devono ricadere sul patrimonio residuo dell’impresa che sarebbe destinato a soddisfare la massa creditoria; diversamente opinando, quei costi ricadrebbero sulla collettività incolpevole (fattispecie relativa all’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006)
Pubblicato il 14/12/2023
N. 10837/2023REG.PROV.COLL.
N. 08243/2022 REG.RIC.
N. 08404/2022 REG.RIC.
N. 08407/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8243 del 2022, proposto dal Comune di Montecassiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Leonardo Filippucci, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Macerata, via Velluti, n. 19;
contro
il signor Maggi Fabrizio, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Forte, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
nei confronti
della Società Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. s.r.l. in liquidazione in concordato preventivo, non costituita in giudizio;
della Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pasquale De Bellis, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 8404 del 2022, proposto dalla ditta Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. s.r.l. in liquidazione in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Galvani, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Galvani in Ancona, piazza della Repubblica n. 1/A;
contro
la Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pasquale De Bellis, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
il Comune di Montecassiano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Leonardo Filippucci, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Leonardo Filippucci in Macerata, via Velluti, n. 19;
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
il Sindaco Comune di Montecassiano quale Ufficiale di Governo, non costituito in giudizio;
il signor Fabrizio Maggi, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Forte, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
nei confronti
del signor Fabrizio Maggi, del signor Luca Mira, dell’Arpam Marche, dell’Arpam - Dipartimento Area Vasta Sud - Servizio Territoriale di Macerata, dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale Asur Marche, dell’Asur Marche Area Vasta n. 3, della Provincia di Macerata, dei Carabinieri del Nucleo forestale della Regione Marche - Stazione Recanati, del Ministero della Difesa, della ditta Mancini Leonardo, della ditta Later Tecnica s.r.l., della ditta La.G.F. s.r.l., della ditta Marzetti s.r.l., del Comitato “Voce libera Montecassiano”, del dott. Alfredo Cesarini, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 8407 del 2022, proposto dal signor Alfredo Cesarini, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Galvani, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Galvani in Ancona, piazza della Repubblica, n. 1/A;
contro
la Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pasquale De Bellis, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
il Comune di Montecassiano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Leonardo Filippucci, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Leonardo Filippucci in Macerata, via Velluti n. 19;
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
il Sindaco del Comune di Montecassiano, in qualità di Ufficiale di Governo, non costituito in giudizio;
il signor Fabrizio Maggi, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Forte, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
nei confronti
del signor Fabrizio Maggi, del signor Luca Mira, di Arpam Marche, di Arpam - Dipartimento Area Vasta Sud - Servizio territoriale di Macerata, dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale Asur Marche, dell’Asur Marche Area Vasta n. 3, della Provincia di Macerata, dei Carabinieri Nucleo forestale della Regione Marche - Stazione Recanati, della ditta Mancini Leonardo, della ditta Later Tecnica s.r.l., della ditta La.G.F. s.r.l., della ditta Marzetti s.r.l., del Comitato Voce Libera Montecassiano, della ditta Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. S.r.l. in liquidazione in concordato preventivo, non costituiti in giudizio;
del Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sezione prima, n. 459 del 2022.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche, del Comune di Montecassiano, del Ministero dell’Interno, del signor Fabrizio Maggi, dell’Ufficio territoriale del Governo di Macerata, del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 13 aprile 2023 la Cons. Emanuela Loria;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con i tre ricorsi in epigrafe, riuniti con l’ordinanza collegiale della Sezione n. 5572 del 24 novembre 2022, è impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche n. 459 del 2002, con la quale il primo giudice ha:
a) riunito ex art. 70 c.p.a. cinque ricorsi proposti dalla ditta Smorlesi in liquidazione per concordato preventivo (r.g. n. 515/2021, n. 552/2021 e n. 649/2021, quest’ultimo proposto anche dal dottor Alfredo Cesarini, quale liquidatore dalla Società), e dal dottor Fabrizio Maggi, quale Commissario liquidatore del concordato preventivo della ditta Smorlesi (r.g. n. 596/2021 e n. 650/2021);
b) respinto i ricorsi n. 515/2019, e relativi motivi in aggiunzione, nonché i ricorsi nn. 552/2021 e 649/2021;
c) accolto i ricorsi nn. 596/2021 e 650/2021 proposti dal dottor Maggi;
d) regolato le spese di lite come da dispositivo a cui si rinvia.
2. L’oggetto della causa sono plurimi atti e provvedimenti emanati dalla Regione Marche e dal Comune di Monteccassiano, che hanno riguardato la definizione delle problematiche sanitarie e ambientali (classificazione, rimozione, avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti contenenti anche amianto presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato nel sito industriale) relative al complesso immobiliare della società in liquidazione Smorlesi Gaetana Cecilia & C. s.p.a. ove si è svolta per molti anni un’attività di produzione di laterizi, successivamente cessata a seguito dell’apertura del procedimento di concordato preventivo.
2.1. In particolare, gli atti e i provvedimenti oggetto del contenzioso sono:
a) il decreto n. 165 del 2 settembre 2019, con cui l’amministrazione regionale ha preso atto dell’originaria autorizzazione integrata ambientale rilasciata con decreto regionale n. 149 del 22 dicembre 2008 e del fatto che erano trascorsi dieci anni; ha altresì stabilito la chiusura dell’installazione di cui all’AIA n. 149 del 2008; ha previsto che “la Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. spa e suoi aventi causa … diano attuazione, per l’installazione sita in Via Smorlesi n. 5 – Montecassiano alle prescrizioni volte alla messa in conservazione, sicurezza e dismissione del sito di cui all’allegato A del presente decreto che forma parte integrante e sostanziale del presente atto, secondo le modalità e tempistiche ivi specificate”. L’Allegato A del decreto n. 165/19 ha poi prescritto una serie di adempimenti inerenti la cessazione definitiva di un’attività di installazione soggetta ad AIA, tutti elencati negli Allegati A1 e A2, quest’ultimo contenente, tra l’altro, la necessità di presentare un “Piano di dismissione” per il ripristino dei luoghi entro la data del 31 ottobre 2019 previa, entro la stessa data, la effettuazione di plurime attività, tra cui la mappatura dei potenziali rischi per l’ambiente e la sicurezza, analizzando le tematiche indicate (atti oggetto del ricorso proposto in prime cure R.G. n. 515/2019 e dei relativi motivi aggiunti proposti dalla società);
b) l’ordinanza n. 19 del 10 agosto 2021 avente ad oggetto: “Procedure di controllo, manutenzione e custodia dei manufatti in cemento amianto presenti all’interno dello stabilimento ex Fornace Smorlesi in Via G. Smorlesi n. 5 – Ulteriore provvedimento” - Verbale di sopralluogo del 30 luglio 2021 del Comune di Montecassiano; - Relazione di servizio del 25 agosto 2021 dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche (ARPAM) (atto oggetto del ricorso r.g. n. 552/2021, proposto dalla società);
c) il verbale ispettivo di sopralluogo del 30 luglio 2021 del Comune di Montecassiano e dei relativi rilievi fotografici; nonché la comunicazione di avvio del procedimento prot. 6776 del 26 aprile 2021 (atto oggetto del ricorso r.g. n. 649/2021 proposto dalla società);
d) la relazione di servizio del 25 agosto 2021 dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche (ARPAM)– Servizio Territoriale Provincia di Macerata Marche riferita all’attività di sopralluogo effettuata e del relativo fascicolo fotografico (atto oggetto del ricorso r.g. n. 649/2021 proposto dalla società);
e) l’ordinanza n. 20 del 31 agosto 2021, con la quale l’Amministrazione – nel prendere atto della nota del Commissario liquidatore, dottor Maggi, del 26 agosto 2021, che aveva chiesto un intervento di autotutela, non ritenendosi egli soggetto legittimato a detti interventi – ha esteso anche alla Società l’ordine impartito con l’ordinanza n. 19 del 10 agosto 2021 e ha ordinato alla Società e al Commissario, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, di effettuare gli interventi previsti presso l’edificio n. 37 così come estrapolati dal verbale di sopralluogo del 30 luglio 2021 (atto oggetto del ricorso r.g. n. 552 del 2021 proposto dalla società);
f) l’ordinanza del Sindaco del Comune di Montecassiano n. 24 del 4 ottobre 2021 avente ad oggetto “classificazione, rimozione, avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato all’interno del complesso immobiliare ubicato in loc. Vallecascia Via Smorlesi n. 5” (atto oggetto del ricorso r.g. n. 649/2021 proposto dalla società);
g) la relazione di servizio dell’ARPAM prot. n. 1049539 del 28 agosto 2021 (atto oggetto del ricorso r.g. n. 596/2021 proposto dal Commissario liquidatore giudiziale);
h) il decreto del Dirigente della P.F. Valutazioni ambientali, della Regione Marche n. 242 del 16 settembre 2021 avente ad oggetto “D.lgs. n.152/2006 e s.m.i. – Decreto della P.F. “Valutazioni ed autorizzazioni ambientali, qualità dell’aria e protezione naturalistica “n. 165 del 2.9.2019 e s.m.i. Aggiornamento ed integrazione”, laddove stabilisce che il Commissario liquidatore, per quanto di sua competenza, debba provvedere “alla rimozione dei rifiuti presenti all’interno del perimetro aziendale, riconducibili alle attività della ex Fornace Smorlesi e al loro avvio a recupero e/o smaltimento, previa attività di caratterizzazione e classificazione, nonché al ripristino dello stato dei luoghi, stabilendo a tal fine il termine del 30.11.2021” (atto oggetto del ricorso r.g. n. 596/2021 proposto dal Commissario liquidatore giudiziale);
i) l’ordinanza del Sindaco del Comune di Montecassiano n. 24 del 4 ottobre 2021 avente ad oggetto “Classificazione, rimozione, avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato all’interno del complesso immobiliare ubicato in Loc. Valle Cascia Via Smorlesi, n.5”, laddove stabilisce che il Commissario liquidatore, “nei limiti della disponibilità economica derivante dalla liquidazione dei beni aziendali”, debba procedere “alla classificazione, alla rimozione, all’avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato all’interno del complesso immobiliare ubicato in loc. Vallecascia Via Smorlesi n. 5” con l’avvertimento che, “in caso di inosservanza di quanto prescritto con la presente ordinanza, si procederà alla esecuzione in danno, dando altresì notizia dell’avvenuta inadempienza all’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art.255, comma 3 d.lgs. n.152/2006” (atto oggetto del ricorso r.g. n. 650/2021 proposto dal Commissario liquidatore giudiziale).
3. Con l’appello n. 8243/2022 il Comune di Montecassiano ha impugnato “il capo della sentenza di primo grado che ha accolto i ricorsi proposti dal dott. Maggi” (pag. 2 dell’atto di appello) e in particolare la parte della sentenza del T.a.r. che va dai §§ 8 a 8.5.
La tesi sostenuta dal Comune è nel senso che la procedura concorsuale del concordato preventivo con cessione totale dei beni, pur differenziandosi dalla procedura fallimentare per quanto attiene agli organi e alle modalità di liquidazione del patrimonio societario, è del tutto analoga negli effetti ultimi.
Infatti, anche nella procedura di concordato con cessione dei beni, così come nel fallimento, l’impresa cessa la propria attività e pone tutto il suo patrimonio residuo a disposizione dei creditori.
Pertanto, la sfera di operatività e di responsabilità del Commissario liquidatore dell’azienda risulterebbe analoga a quella del Curatore fallimentare i cui principali tratti, in termini di responsabilità per le bonifiche dei compendi immobiliari delle aziende da liquidare, sono stati elaborati e ben chiariti dall’Adunanza Plenaria n. 3 del 2021, laddove si afferma:
“… poiché l'abbandono di rifiuti e, più in generale, l’inquinamento, costituiscono “diseconomie esterne” generate dall’attività di impresa (cd. “esternalità negative di produzione”), appare giustificato e coerente con tale impostazione ritenere che i costi derivanti da tali esternalità di impresa ricadano sulla massa dei creditori dell'imprenditore stesso che, per contro, beneficiano degli effetti dell'ufficio fallimentare della curatela in termini di ripartizione degli eventuali utili del fallimento.
Seguendo invece la tesi contraria, i costi della bonifica finirebbero per ricadere sulla collettività incolpevole, in antitesi non solo con il principio comunitario “chi inquina paga”, ma anche in contrasto con la realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell'imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico, si pone in continuità con detto patrimonio”.
3.1. Si sono costituiti in giudizio il dottor Fabrizio Maggi, chiedendo il rigetto dell’appello comunale, e la Regione Marche, chiedendone l’accoglimento.
3.2. Con memoria depositata il 13 marzo 2023, il dottor Maggi ha eccepito l’inammissibilità dell’appello del Comune di Montecassiano poiché andrebbe a censurare la sentenza del T.a.r. per le Marche in base alla tesi per cui la sentenza non avrebbe individuato nel Commissario liquidatore il soggetto passivo legittimato a eseguire quanto stabilito nei provvedimenti comunali a suo tempo gravati sia dal dottor Maggi, sia dalla Soc. Smorlesi in concordato preventivo, sia dal dott. Cesarini, in quanto tali provvedimenti erano espressamente e indistintamente rivolti a tutti i predetti soggetti: vi sarebbe dunque – secondo il dottor Maggi – un atteggiamento contraddittorio del Comune che, da un lato, ha appellato la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha accolto i ricorsi proposti dal dottor Maggi, dall’altro sostiene la erroneità delle tesi delle sue controparti, ovvero degli altri appellanti ditta Smorlesi s.r.l. in concordato preventivo e dott. Cesarini.
3.3. Sotto distinto profilo, l’appello del Comune di Montecassiano sarebbe divenuto inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse per fatti sopravenuti alla sua proposizione in quanto, come risulta dalla documentazione versata in atti, al momento dell’acquisto del compendio venduto dal Commissario liquidatore, l’obbligo di “dare seguito alle prescrizioni imposte dall’ordinanza n.24 del 4.10.2021 del Comune di Montecassiano e dai decreti dirigenziali della Regione Marche n.165 del 2.9.2019 e n.242 del 16.6.2021..” sarebbe ormai traslato in capo al terzo acquirente.
Pertanto, l’obbligazione assunta dal terzo acquirente escluderebbe ogni interesse del Comune di Montecassiano alla richiesta di riforma della sentenza gravata.
4. Con l’appello n. 8404/2022 la ditta Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. s.r.l. in liquidazione in concordato preventivo (“la società), ha impugnato la medesima sentenza n. 459 del 2022 e ha riproposto ai sensi dell’art. 102 c.p.a. i motivi di gravame non esaminati.
4.1. L’appellante ha dedotto sette motivi di gravame con due dei quali ha:
a) sollevato un’eccezione di difetto di legittimazione passiva (primo motivo) poiché nonostante sia stata individuata dal Comune quale destinataria dei provvedimenti impugnati, non potrebbe fare fronte agli obblighi ivi previsti a mezzo del patrimonio rimasto nella sua disponibilità dopo la procedura del concordato;
b) rilevato (terzo motivo) un difetto di extrapetizione della sentenza e di sconfinamento dei poteri del Giudice Amministrativo e il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo nella parte in cui lo stesso è andato a sindacare le modalità con cui la Società ha proceduto ad adempiere alla proposta concordataria e quindi a “spendere” l’importo di euro 760.000,00, come da decreto di omologa.
4.2. L’appellante ha quindi articolato ulteriori cinque motivi di gravame.
4.3. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Montecassiano, la Regione Marche, il dottor Fabrizio Maggi e il Ministero dell’Interno, per resistere all’appello.
4.4. Con memoria depositata il 13 marzo 2023 il dottor Maggi ha invero eccepito la inammissibilità dell’impugnazione promossa dalla Smorlesi s.r.l. in quanto, della ottemperanza alle prescrizioni regionali e comunali, con la esecuzione, a proprie cura e spese, delle relative opere, da parte del terzo acquirente, beneficerebbe anche l’appellante.
4.5. Sono seguite memorie e memorie di replica.
5. Con l’appello n. 8407/2022 il dott. Alfredo Cesarini, quale liquidatore della società Smorlesi e destinatario, in solido con la società, dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Montecassiano n. 24 del 4 ottobre 2021 con cui è ingiunto ai destinatari di procedere ai sensi e per gli effetti dell’art. 192 T.U. Ambiente, allo smaltimento dei rifiuti presenti nello stabilimento, ha impugnato la suindicata sentenza n. 459 del 2022 e ha riproposto ai sensi dell’art. 102 c.p.a. i motivi di gravame non esaminati.
5.1. L’appellante ha inoltre dedotto sei motivi di gravame con due dei quali:
a) ha sollevato un’eccezione di difetto di legittimazione passiva della società Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. in liquidazione, formalmente destinataria dei provvedimenti gravati, rispetto agli obblighi ivi disciplinati e/o, in ogni caso, l’erronea individuazione da parte del Giudice di primo grado del patrimonio destinato a farvi fronte (pagine 10-12 appello);
b) ha dedotto, con il terzo motivo, il vizio di ultrapetizione e di sconfinamento dei poteri del Giudice Amministrativo ed il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo nella parte in cui è andato a sindacare le modalità con cui la Società ha proceduto ad adempiere alla proposta concordataria e quindi a “spendere” l’importo di euro 760.000,00, come da decreto di omologa (pagine 20-22 dell’appello).
5.2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Montecassiano, la Regione Marche e il Ministero dell’Interno, il dottor Fabrizio Maggi, per resistere all’appello.
5.3. Con memoria depositata il 13 marzo 2023 il dottor Maggi ha invero eccepito la inammissibilità dell’impugnazione promossa dal dottor Cesarini in quanto, della ottemperanza alle prescrizioni regionali e comunali, con la esecuzione, a proprie cura e spese, delle relative opere, da parte del terzo acquirente, beneficerebbe anche l’appellante.
5.4. Sono seguite memorie e memorie di replica.
6. Con ordinanza n. 5572 del 25 novembre 2022 i tre appelli sono stati riuniti ed è stata disposta la misura dell’accoglimento ai soli fini di cui all’art. 55 comma 10 c.p.a.
7. Alla pubblica udienza del 13 aprile 2023 gli appelli in esame sono stati trattenuti in decisione.
8. Preliminarmente si rileva che le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità degli appelli sollevate dal liquidatore giudiziale, dottor Fabrizio Maggi, sono infondate.
8.1. In primo luogo, è infondata l’eccezione di improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, degli appelli del Comune di Montecassiano, della società e del dottor Cesarini in relazione ai fatti sopravvenuti – id est, acquisto nell’ambito della procedura concordataria in data 28 ottobre 2002 da parte di soggetto terzo del compendio immobiliare in questione – poiché le parti appellanti tutte hanno rilevato il perdurare dell’interesse alla decisione degli appelli e in particolare:
a) il Comune ha rilevato che sussistono le problematiche ambientali avendo allo stato il terzo acquirente effettuato soltanto interventi minimali di pulizia dell’area dai rifiuti e dalla vegetazione infestante e pertanto permane l’interesse dell’amministrazione a che sia riconosciuto l’obbligo del Commissario liquidatore ad impiegare l’attivo derivante dalla vendita del patrimonio sociale per la totale rimozione dei rifiuti presenti nel sito;
b) la società e il dottor Cesarini hanno confermato (cfr. memoria del 22 marzo 2023) “l’immutato interesse” alla decisione dei giudizi d’appello “anche in ragione della documentazione prodotta dalle controparti e delle relative dichiarazioni in atti, tenuto conto che “le problematiche ambientali del sito restano pressocchè immutate” non essendo stati ultimati gli interventi di bonifica.
Atteso che il processo amministrativo si caratterizza per essere una giurisdizione di tipo soggettivo, in presenza di una chiara declaratoria di persistenza dell’interesse alla decisione da parte degli istanti, non è possibile pervenire ad una declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.
8.2. Analogamente risulta infondata l’eccezione sollevata dal dottor Fabrizio Maggi in relazione all’appello del Comune di Montecassiano: difatti, la condotta processuale del Comune di Montecassiano appare coerente e univoca, atteso che l’interesse che sorregge il suo atto di appello è quello di destinare le risorse derivanti dalla vendita dell’ex sito industriale alla risoluzione delle problematiche sanitarie e ambientali dell’area e all’attuazione degli interventi di bonifica nel modo meno gravoso per l’Amministrazione sotto il profilo economico.
Pertanto, non si rinvengono particolari profili di contraddittorietà rispetto alla domanda di annullamento della sentenza di primo grado in parte qua.
9. In via ulteriormente preliminare, il Collegio osserva che gli appellanti hanno riproposto complessivamente, con gli appelli riuniti (in particolare di quelli proposti dalla società Smorlesi e dal dottor Cesarini), i motivi già proposti dinanzi al T.a.r..
Conseguentemente, a seguito degli appelli e della sostanziale riproposizione da parte degli appellanti dei motivi già proposti dinanzi al T.a.r., è riemerso il thema decidendum del giudizio di primo grado, per cui, per linearità espositiva, saranno prese in esame direttamente le censure poste a sostegno dei ricorsi proposti in prime cure (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1130 del 2016; sez. V, n. 5865 del 2015; sez. V, n. 5868 del 2015), non potendo trovare ingresso eventuali censure nuove proposte per la prima volta in questa sede in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a..
9.1. Il Collegio, inoltre, seguendo l’insegnamento della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5 del 2015 in tema di tassonomia delle questioni da trattare in sentenza, secondo la quale “in assenza della graduazione operata dalla parte, in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato al controllo sull’esercizio della funzione pubblica, il giudice stabilisce l’ordine di trattazione dei motivi (e delle domande di annullamento) sulla base della loro consistenza oggettiva (radicalità del vizio) nonché del rapporto corrente fra le stesse sul piano logico - giuridico e diacronico procedimentale” (in questo senso, ad. plen., n. 9 del 2014)”, ritiene che l’esame dei motivi debba essere iniziato da quelli proposti con il ricorso r.g.n. 515/2019.
10. È necessario altresì, in relazione alla congerie di provvedimenti oggetto del contenzioso in esame, procedere ad un sintetico riepilogo delle complesse vicende procedimentali sottese ai gravami che hanno riguardato, da un lato, i provvedimenti regionali in materia di AIA, dall’altro, i provvedimenti comunali in materia di classificazione e smaltimento/recupero dei rifiuti contenenti amianto e di quelli non contenenti amianto:
a) con decreto n. 149/VAA_08 del 22 dicembre 2008, la Regione Marche rilasciava all’allora Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. S.p.A. (di seguito “società”) un’Autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio dell’attività di produzione di laterizi che la società svolgeva da decenni nello stabilimento sito in località Valle Cascia del Comune di Montecassiano;
b) a seguito degli eccezionali eventi atmosferici occorsi nel mese di febbraio 2012, le coperture in cemento e amianto di alcuni capannoni dello stabilimento crollavano con conseguente frammentazione di gran parte delle lastre, per cui il Comune di Montecassiano, con ordinanza n. 10 del 31 marzo 2012, ordinava alla società di:
1) estendere immediatamente la messa in sicurezza delle lastre di copertura in cemento e amianto a terra, già iniziata il 3 marzo 2012, a tutte le lastre di copertura frantumate sotto il peso della neve dell’intero stabilimento;
2) presentare all’ASUR e al Comune, entro 10 giorni dalla notifica dell’ordinanza, una planimetria con riportato: A) tutte le coperture in cemento e amianto presenti nello stabilimento e la loro superficie, B) tutte le coperture in cemento e amianto e la loro superficie che avessero subito danni per il peso della neve, C) tutte le coperture in cemento e amianto e la loro superficie che non avessero subito danni;
3) presentare all’ASUR e al Comune, entro 10 giorni, un Piano di lavoro, redatto da ditta specializzata, per la bonifica mediante rimozione di tutte le coperture in cemento e amianto crollate a terra e di quelle ancora in sito ma danneggiate dalla neve;
4) effettuare i lavori di bonifica di cui sopra, entro i tempi tecnicamente possibili e comunque entro 15 giorni salvo proroga motivata a partire dalla data di approvazione del suddetto Piano di lavoro;
5) presentare all’ASUR e al Comune entro i tempi tecnicamente necessari e comunque entro 30 giorni, un Piano di manutenzione e controllo relativo allo stato di conservazione di tutte le coperture in cemento e amianto non danneggiate dalla neve;
c) la società presentava all’ASUR un piano di lavoro per la rimozione delle coperture in cemento e amianto relative ai capannoni identificati con i numeri 30, 31 e 32, che è stato approvato dall’ASUR con nota prot. 56174 del 20 luglio 2013;
d) con domanda depositata presso il Tribunale di Macerata in data 19 giugno 2013, la società chiedeva l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni ai sensi dell’art. 161 della l.f. all’epoca vigente;
e) la predetta domanda di concordato prevedeva che la società trattenesse la somma di euro 764.729,00 dal ricavato delle rimanenze, dei crediti e delle immobilizzazioni materiali;
f) una quota parte di detta somma, pari ad euro 100.000,00, era destinata a un “Fondo gestione generico ed imprevisti”;
g) con decreto del 19 novembre 2014, il Tribunale di Macerata omologava il concordato preventivo con cessione di beni come proposto dalla società, nominando quale Commissario liquidatore il dott. Fabrizio Maggi, che entrava nella pienezza delle sue funzioni il 12 ottobre 2018 (cfr, verbale di consegna dei beni residui);
h) nelle more del procedimento concorsuale, proseguiva l’attività di verifica e controllo circa lo stato delle coperture in amianto e, in particolare, con nota prot. 2855 del 28 febbraio 2014, il Servizio ISP dell’ASUR segnalava che:
• dalla documentazione inviata dalla società in data 31 gennaio 2014, “si evince che le coperture dell’area 24 (tettoia lavaggio tegole), dell’area 32 (32A -magazzino prodotto finito, 32B – magazzino prodotto finito) e 38 (parcheggio carri forno), sulla base dello stato di conservazione riscontrato, debbono essere sottoposte ad una delle operazioni di bonifica previste dal D.M. 6 settembre 1994”;
• la società non aveva indicato né le modalità né i tempi di bonifica da porre in essere relativamente alle coperture delle suddette aree 24, 32 e 38, né il Responsabile del rischio amianto ai sensi del punto 4 del d.m. 6 settembre 1994;
i) con nota prot. 6447 del 10 aprile 2014, l’Ufficio tecnico Comunale chiedeva alla società di fornire le informazioni ritenute necessarie dall’ASUR;
j) con missiva del 6 giugno 2014, la società indicava il Responsabile del rischio amianto e faceva presente che, per quanto riguardava la copertura dell’area 24, l’intervento di bonifica mediante incapsulamento sarebbe stato realizzato entro novembre 2014, come era previsto nel piano di controllo del 15 maggio 2012; comunicava che, per gli interventi sulle aree 32 e 38, il Consiglio di amministrazione previsto per la fine di luglio 2014 avrebbe stabilito un nuovo piano temporale;
k) con nota prot. 14659 del 28 ottobre 2014, l’Ufficio tecnico comunale intimava alla società di rispettare le scadenze relative agli interventi sulle aree 24, 32 e 38, come risultanti dalla nota del 6 giugno 2014, dal piano approvato il 20 luglio 2013 e dalle schede presentate il 31 gennaio 2014; n) la società, con missiva del 5 dicembre 2014 comunicava che avrebbe provveduto con urgenza al risanamento dell’area 24, mentre, relativamente alle aree 32/A e 32/B, avrebbe provveduto compatibilmente all’acquisizione delle risorse rivenienti dalla liquidazione dell’attivo concordatario;
l) il Comune di Montecassiano, con nota prot. n. 12663 del 31 agosto 2015 avviava un procedimento finalizzato ad effettuare i dovuti accertamenti riguardo lo stato di detti immobili ovvero riguardo il rispetto degli adempimenti previsti dal Piano di lavoro presentato dalla società e approvato dall’ASUR;
m) con nota prot. 145463 del 30 novembre 2015, l’ASUR, all’esito del sopralluogo effettuato il 22 ottobre 2015, inviava al Comune la relazione/valutazione dello stato di conservazione delle coperture relative ai capannoni 32/A, 32/B e 38, evidenziando uno scadente stato di conservazione delle coperture dei tre capannoni, tale da richiedere l’immediata bonifica per rimozione delle coperture dei capannoni 32/A e 32/B, mentre per la copertura del capannone 38 veniva indicata la scadenza di novembre 2016 per l’effettuazione di una delle operazioni di bonifica previste dal d.m. del 6 settembre 1994;
n) in data 25 maggio 2016, l’assemblea dei soci della società, ammessa alla procedura di concordato preventivo, deliberava la trasformazione in società a responsabilità limitata e contestualmente ne disponeva lo scioglimento e la messa in liquidazione, nominando quale liquidatore il dottor Alfredo Cesarini e assumendo la società la nuova denominazione di “Smorlesi Gaetana, Cecilia & C. s.r.l. in liquidazione”;
o) il Sindaco di Montecassiano, con nota del 14 febbraio 2017, inviata al Dipartimento di prevenzione dell’Area Vasta n. 3, alla Regione Marche P.F. Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali, al Commissario Giudiziale, al Commissario liquidatore e alla società, convocava una conferenza di servizi istruttoria per il giorno 7 marzo 2017 al fine di valutare:
1) l’opportunità e/o la necessità di adottare provvedimenti di competenza dell’Amministrazione Comunale;
2) la possibile sovrapposizione o interferenza tra le competenze comunali e quelle regionali in materia di AIA;
3) l’incidenza della procedura di concordato preventivo con l’esercizio di funzioni pubbliche e viceversa.
p) all’esito della Conferenza di servizi il Comune inviava la nota prot. n. 4699 del 20 marzo 2017 chiedendo alla società di far pervenire l’aggiornamento del Piano di manutenzione e controllo con le schede di valutazione dello stato di conservazione delle coperture in amianto dei capannoni, la proposta degli interventi di bonifica da effettuare sulla base delle risultanze del suddetto Piano con il cronoprogramma degli interventi;
q) la società rispondeva affermando la necessità di procedere solo dopo la rilevazione delle operazioni del danno da sisma;
r) il Comune, con la nota prot. n. 5864 del 7 aprile 2017, rappresentava che oltre a non essere menzionati in sede di conferenza di servizi, i danni derivanti dal sisma non erano ostativi agli incombenti richiesti dall’Amministrazione comunale con la nota del 20 marzo 2017 e rilevava l’urgenza di provvedere alla trasmissione della documentazione richiesta entro il 19 aprile 2017;
s) la società riscontrava la nota comunale facendo presente di avere acquisito i preventivi per intervenire, e comunicava che gli interventi sul capannone n. 32 sarebbero iniziati in prossimità dell’estate e sarebbero stati attuati in relazione alla liquidità sopravvenuta con particolare riferimento al fondo imprevisti mentre gli interventi sul capannone n. 38 non sarebbero stati oggetto di intervento immediato poiché da valutarsi in relazione ai danneggiamenti cagionati dal sisma alle strutture sottostanti;
t) a seguito della nota del 23 maggio 2017 del Comune rivolta all’ASUR e del riscontro di quest’ultima con nota prot. 75014 del 4 luglio 2017, il Comune emanava la preannunciata ordinanza n. 16 del 4 agosto 2017 con la quale era ordinato alla società di procedere alla bonifica per rimozione delle coperture dei capannoni nn. 32 A e 32 B, alla bonifica del capannone n. 38 ai sensi del d.m. del 6 settembre 1994, all’aggiornamento del Piano di manutenzione di cui al punto n. 4 del d.m. del 6 settembre 1994;
u) a seguito di sopralluoghi da cui sarebbe emersa la parziale non esecuzione delle opere di smantellamento delle coperture e la non effettuazione delle opere di bonifica, il Comune emanava la deliberazione di Giunta n. 95 del 18 giugno 2018, con la quale determinava di procedere in danno della società all’esecuzione degli interventi mediante bonifica delle coperture dei capannoni n. 32 A e n. 38;
v) in relazione al provvedimento regionale di autorizzazione integrata ambientale del 22 dicembre 2008, la società chiedeva il suo rinnovo il 19 giugno 2018;
w) a seguito del mancato invio della documentazione richiesta dalla Regione Marche con nota prot. n. n. 1424420 del 28 dicembre 2018 da parte della società, la Regione, con il decreto n. 165 del 2 settembre 2015: i) dava atto che la domanda di riesame doveva intendersi ritirata; ii) dava atto che l’AIA del 2008 era scaduta; iii) stabiliva la chiusura dell’installazione subordinatamente alla verifica dell’avvenuta attuazione delle prescrizioni volte alla messa in sicurezza del sito indicate nell’allegato “A”; iv) ordinava alla società di dare attuazione alle prescrizioni secondo le modalità e le tempistiche previste nello stesso allegato “A” e dando mandato all’Arpam della verifica (provvedimento impugnato con il ricorso di primo grado r.g. n. 515/2019);
x) a seguito del rinvenimento di rifiuti diversi da quelli contenenti amianto rinvenuti in stato di abbandono all’interno dello stabilimento, da parte del Comune si instaurava un ulteriore procedimento, ai sensi dell’art. 196 d.lgs. n. 152 del 2006, con lo svolgimento di una conferenza di servizi istruttoria, che si concludeva con l’emanazione, da parte della Regione Marche, del decreto n. 242 del 16 settembre 2021 con il quale, ad integrazione del decreto n. 165, si stabiliva che la società e il Commissario liquidatore, ognuno per la parte di rispettiva competenza, provvedessero alla rimozione dei rifiuti presenti all’interno della sede aziendale e al loro recupero e smaltimento entro il 30 novembre 2021 (decreto impugnato dalla società con motivi aggiunti al ricorso r.g. n. 515/2019 e dal Commissario liquidatore con ricorso iscritto al n. r.g. 596/2021);
y) il Sindaco emanava ordinanza n. 42 del 4 ottobre 2021 con la quale ordinava alla società, al liquidatore e legale rappresentante dottor Cesarini, al Commissario liquidatore (nei limiti della disponibilità economica derivante dalla liquidazione dei beni aziendali) nonché alla ditta Mancini limitatamente ad alcuni capannoni, di provvedere alla classificazione, al recupero e allo smaltimento dei rifiuti ancora presenti all’interno del complesso immobiliare in questione (ordinanza impugnata dalla società con ricorso r.g.n. 649/2021 e dal Commissario Maggi con ricorso r.g.n. 650/2021);
z) in relazione a ulteriori crolli derivanti causati dalle operazioni di smontaggio dei beni ancora presenti all’interno dello stabilimento e a ulteriori sopralluoghi svolti all’interno dello stabilimento, il Sindaco, con ordinanza n. 19 del 2021, ordinava al Commissario liquidatore di procedere entro 20 giorni ad effettuare gli interventi previsti per l’edificio n. 37 come indicati nel verbale di ispezione del 30 luglio 2021; a seguito di domanda del dottor Maggi di annullare in autotutela l’ordinanza n. 19 del 2021 il Sindaco, con ordinanza n. 20 del 31 agosto 2021, confermava il contenuto dispositivo dell’ordinanza e lo estendeva quanto a legittimazione passiva alla società, che impugnava entrambe le ordinanze con ricorso r.g.n. 552/2021 (peraltro, con sopralluogo del 14 ottobre 2021, era accertata l’ottemperanza, da parte del Commissario liquidatore, delle ordinanze nn. 19 e 20 del 2021).
11. Con un primo ordine di censure contenute nel ricorso r.g.n. 515/2019 la società ha impugnato il decreto n. 165 del 2 settembre 2019 della Regione Marche con il quale è stata disposta la chiusura dell’installazione di cui all’AIA del 2008 ed è stato previsto che la società proceda alla messa in conservazione, sicurezza e dismissione del sito secondo le modalità e le tempistiche di cui all’Allegato A.
Inoltre, si prevede da parte della società la presentazione di un Piano di dismissione per il ripristino dei luoghi entro il 31 ottobre 2019, previa effettuazione di attività plurime, tra cui la mappatura dei potenziali rischi per l’ambiente e la sicurezza, con un’analisi delle tematiche indicate nell’Allegato A.
11.1. La società ha articolato un motivo di gravame con il quale ha rilevato la illegittimità per violazione di legge, per violazione e falsa applicazione degli artt. 29 ter, sexies, decies, d.lgs. n. 152 del 2006 e dell’art. 182 l.f. nonché l’eccesso di potere sotto plurimi profili, la violazione dell’art. 97 Cost., nonché il difetto di legittimazione passiva della società ricorrente.
11.2. Con i motivi in aggiunzione al ricorso r.g.n. 515/2019, la società ha impugnato il successivo decreto n. 165 del 2019 della Regione con la quale è stato stabilito che la società Smorlesi e il Commissario liquidatore dottor Maggi, ognuno per la parte di rispettiva competenza, provvedano alla rimozione dei rifiuti presenti all’interno del perimetro aziendale riconducibili alla attività della ex fornace e al loro avvio al recupero e allo smaltimento, previa attività di caratterizzazione nonché al ripristino allo stato dei luoghi stabilendo la data finale del 30 novembre 2021.
Il motivo sollevato è quello di illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, per violazione e falsa applicazione degli artt. 29 ter, sexies, decies, d.lgs. n. 152 del 2006 e dell’art. 182 l.f. nonché l’eccesso di potere per erroneità dei presupposti, il travisamento dei fatti, il difetto di istruttoria e di motivazione, l’illogicità e l’ingiustizia manifesta, la irrazionalità, l’arbitrarietà, lo sviamento di potere, la violazione dell’art. 97 Cost., la contraddittorietà, il difetto di legittimazione passiva, l’illegittimità propria e derivata rispetto al decreto impugnato con il ricorso introduttivo.
11.3. La tesi sostenuta dalla società è che i decreti impugnati siano illegittimi perché l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto che, alla data di emanazione di entrambi i decreti, la gestione della società era in capo al liquidatore giudiziale al quale pertanto avrebbe dovuto essere esclusivamente rivolta la prescrizione oggetto delle impugnative.
La Regione era, infatti, a conoscenza della procedura di concordato preventivo e del decreto di omologa per essere stata informata dalla ricorrente in fase di richiesta di rinnovo dell’AIA, per cui sarebbe viziato per i vizi rubricati il provvedimento che ha indirizzato le prescrizioni anche alla società laddove avrebbe dovuto essere onerato esclusivamente il Commissario.
Sotto altro profilo, la tesi sostenuta dalla società – che costituisce invero la parte principale dei contenziosi in questa sede in esame – è che l’omologazione del concordato preventivo non comporterebbe il trasferimento della proprietà dei beni e dei diritti ceduti, bensì il trasferimento al liquidatore non solo dei poteri di disposizione dei beni stessi per la loro liquidazione e successiva ripartizione del ricavato agli aventi diritto, ma anche di tutti i poteri di gestione ed amministrazione dei beni ceduti.
Il debitore ammesso al concordato subirebbe, infatti, uno “spossessamento”, sia pure attenuato in considerazione del fatto che conserva la mera proprietà dei beni, mentre il potere di disposizione degli stessi risulterebbe affidato ex lege agli organi della procedura.
La possibilità di adempimento degli obblighi di conservazione, messa in sicurezza e dismissione del sito, nonché quelli inerenti la caratterizzazione, verifica e smaltimento dei rifiuti risulterebbe in capo a colui che ha il potere di gestione e disposizione dei beni aziendali e la conseguente detenzione dei medesimi.
Conseguentemente, l’unico soggetto tenuto agli oneri di cui ai decreti regionali impugnati sarebbe il Commissario quale soggetto titolare di una “posizione di garanzia” in ragione della detenzione e della gestione dei beni concordatari ceduti, potendo svolgere la propria attività con pienezza di poteri e relativa, piena responsabilità di adempimento.
Tali conclusioni troverebbero conferma in recenti pronunce del giudice amministrativo e in particolare nella sentenza dell’Adunanza plenaria n. 3 del 26 gennaio 2021.
12. I motivi prospettati dalla società sono in parte infondati e in parte fondati.
La questione è quella della corretta individuazione del/i soggetto/i tenuto/i ad effettuare le operazioni di conservazione, messa in sicurezza e dismissione del sito, nonché quelle inerenti la caratterizzazione, verifica e smaltimento dei rifiuti e la redazione del piano di dismissione.
13. Sotto un primo profilo, la legittimazione passiva della società non può essere negata ed è stata legittimamente individuata dai provvedimenti impugnati, in base al principio “chi inquina paga” né tale principio può essere posto in non cale dalla circostanza per cui l’imprenditore è stato ammesso – peraltro in limine rispetto all’emanazione dei gravati provvedimenti – al concordato preventivo con cessione dei beni e dal fatto che vi sia stato il passaggio di consegne con il verbale del 12 ottobre 2018.
Come rappresentato anche nella sentenza gravata, infatti, ai sensi delle disposizioni del R.D. n. 267 del 1942 s.m.i., a differenza di quanto accade nell’ambito del procedimento fallimentare, nell’ambito del concordato preventivo l’imprenditore non è estromesso dall’amministrazione dei beni aziendali e resta in bonis, mantenendo anche la legittimazione processuale.
Analogo discorso vale anche in relazione al concordato con cessione dei beni, poiché l’impresa è potenzialmente posta in grado di riprendere l’attività una volta che siano stati soddisfatti i creditori e si sia giunti alla chiusura del concordato.
Alla luce di tali elementi ricostruttivi, nel caso in esame non ha rilievo che vi sia stato il 12 ottobre 2018 il passaggio di consegne dei beni aziendali tra la società e il Commissario; neppure rileva il fatto che la società abbia deliberato il proprio scioglimento e la successiva messa in liquidazione, poiché tale evento è meramente accidentale e non determina il venir meno della responsabilità dell’impresa prima della messa in liquidazione definitiva.
Inoltre, ciò che risulta dirimente e che va sottolineato è che l’impresa è sempre stata titolare dell’Autorizzazione ambientale integrata e quindi è sempre stata tenuta ad ottemperare alle prescrizioni relative alla fase di dismissione del sito contenute nell’autorizzazione integrata. Sotto questo profilo, non è sufficiente che sia intervenuta l’omologa del Tribunale prima che la Regione si sia pronunciata sulla domanda relativa al riesame dell’autorizzazione poiché, ai sensi dell’art. 29 octies, comma 11, T.U. ambiente, sino alla pronuncia dell’autorità competente in merito al riesame, il gestore continua l’attività sulla base dell’autorizzazione in suo possesso; tale interpretazione è del resto quella che inibisce qualsiasi lettura strumentale della disposizione, finalizzata ad esimere da responsabilità l’impresa che ha causato l’inquinamento semplicemente non ottemperando alle prescrizioni dell’A.I.A. sino al momento dell’omologa del concordato o del fallimento con cui gli obblighi derivanti dalle prescrizioni ricadrebbero su un altro soggetto.
Inoltre, un significativo rilievo ha la circostanza per cui il decreto di omologa ha riconosciuto una riserva di liquidità significativa alla società (euro 764.729,00), il che sta a dimostrare che la società non è stata affatto privata della propria capacità gestionale. Sotto questo profilo, va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata quale motivo d’appello dalla società e dal dottor Cesarini in relazione al fatto che la sentenza di primo grado avrebbe sindacato le modalità con le quali la società ha proceduto ad adempiere la proposta di concordato vale a dire in relazione a come ha impiegato e/o avrebbe dovuto impiegare la somma sopra indicata.
La sentenza impugnata, al § 7.3., ha assunto come dimostrazione del fatto che la società avrebbe potuto adempiere alle prescrizioni previste dall’AIA, la circostanza che la cifra alla stessa assicurata dal decreto di omologa era assolutamente più che sufficiente ad essere impiegata per svolgere le attività finalizzate ad evitare il deposito dei rifiuti, il danneggiamento dei materiale contenenti amianto e il potenziale inquinamento dell’area e quindi sostanzialmente a risolvere le problematiche ambientali prima della dismissione del sito: nessun profilo di difetto di giurisdizione si rinviene nelle affermazioni della sentenza impugnata.
14. Sotto un secondo profilo, il ricorso della società va accolto per quanto concerne la concorrente legittimazione passiva del Commissario liquidatore che il T.a.r. ha invece sostanzialmente escluso (tanto da avere accolto i ricorsi proposti dal dottor Fabrizio Maggi).
14.1. Il Collegio osserva che, contrariamente rispetto a quanto affermato dalla sentenza impugnata, i principi affermati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 26 gennaio 2021 con riferimento alla procedura fallimentare e ai suoi organi sono estensibili anche alla fattispecie del concordato con cessione dei beni.
14.2. In primo luogo, la sentenza indicata n. 3/2021 ha chiarito che la presenza di rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi assunta dal curatore fallimentare comportino la sua legittimazione passiva all’ordine di rimozione.
Conseguentemente, afferma il supremo consesso, “ricade sulla curatela fallimentare l’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006 e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare”. (…) Nella predetta situazione, infatti, la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare non in riferimento ai rifiuti (che sotto il profilo economico a seconda dei casi talvolta si possono considerare “beni negativi”) ma in virtù della detenzione del bene immobile inquinato (normalmente un fondo già di proprietà dell’imprenditore) su cui i rifiuti insistono e che, per esigenze di tutela ambientale e di rispetto della normativa nazionale e comunitaria, devono essere smaltiti.
Conseguentemente, ad avviso dell’Adunanza, l’unica lettura del decreto legislativo n. 152 del 2006 compatibile con il diritto europeo, ispirati entrambi ai principi di prevenzione e di responsabilità, è quella che consente all’Amministrazione di disporre misure appropriate nei confronti dei curatori che gestiscono i beni immobili su cui i rifiuti prodotti dall’impresa cessata sono collocati e necessitano di smaltimento.
(…) Nell’ottica del diritto europeo (che non pone alcuna norma esimente per i curatori), i rifiuti devono comunque essere rimossi, pur quando cessa l’attività, o dallo stesso imprenditore che non sia fallito, o in alternativa da chi amministra il patrimonio fallimentare dopo la dichiarazione del fallimento.
(…) Per le finalità perseguite dal diritto comunitario, quindi, è sufficiente distinguere il soggetto che ha prodotto i rifiuti dal soggetto che ne abbia materialmente acquisito la detenzione o la disponibilità giuridica, senza necessità di indagare sulla natura del titolo giuridico sottostante.
(…), per la disciplina comunitaria (art. 14, par. 1, della direttiva n. 2008/98/CE), i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o ancora dai detentori precedenti dei rifiuti.
(…) La curatela fallimentare, che ha la custodia dei beni del fallito, tuttavia, anche quando non prosegue l’attività imprenditoriale, non può evidentemente avvantaggiarsi dell’esimente di cui all’art. 192, lasciando abbandonati i rifiuti risultanti dall’attività imprenditoriale dell’impresa cessata.
Nella qualità di detentore dei rifiuti, sia secondo il diritto interno, ma anche secondo il diritto comunitario (quale gestore dei beni immobili inquinati), il curatore fallimentare è perciò senz’altro obbligato a metterli in sicurezza e a rimuoverli, avviandoli allo smaltimento o al recupero.
Il rilievo centrale che, nel diritto comunitario, assume la detenzione di rifiuti risultanti dall’attività produttiva pregressa, a garanzia del principio “chi inquina paga”, è, inoltre, coerente con la sopportazione del peso economico della messa in sicurezza e dello smaltimento da parte dell’attivo fallimentare dell’impresa che li ha prodotti.
In altre parole, poiché l’abbandono dei rifiuti e, più ingenerale, l’inquinamento costituiscono “diseconomie esterne” generate dall’attività d’impresa (c.d. “esternalità negative di produzione”), appare giustificato e coerente con tale impostazione ritenere che i costi derivanti da tali esternalità di impresa ricadano sulla massa dei creditori dell’imprenditore stesso che, per contro, beneficiano degli effetti dell’ufficio fallimentare della curatela in termini di ripartizione degli eventuali utili del fallimento.
Seguendo invece la tesi contraria, i costi della bonifica finirebbero per ricadere sulla collettività incolpevole, in antitesi non solo con il principio comunitario “chi inquina paga”, ma anche in contrasto con la realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell’imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico, si pone in continuità con detto patrimonio.
Né in senso contrario assumono rilievo le considerazioni, pur espresse dalla difesa, concernenti l’eventualità che il fallimento sia, in tutto o in parte, incapiente rispetto ai costi della bonifica. Si tratta invero di evenienze di mero fatto, peraltro configurabili anche in ipotesi riferibili a un imprenditore non fallito, o al proprietario del bene o alla stessa amministrazione comunale che, in dissesto o meno, non abbia disponibilità finanziarie adeguate.
Ciò che rileva nella presente sede è l’affermazione dell’imputabilità al fallimento dell’obbligo di porre in essere le attività strumentali alla bonifica.
In caso di mancanza di risorse, si attiveranno gli strumenti ordinari azionabili qualora il soggetto obbligato (fallito o meno, imprenditore o meno) non provveda per mancanza di idonee risorse.
E il Comune, qualora intervenga direttamente esercitando le funzioni inerenti all’eliminazione del pericolo ambientale, potrà poi insinuare le spese sostenute per gli interventi nel fallimento, spese che godranno del privilegio speciale sull’area bonificata a termini dell’art. 253 comma 2 d.lgs. n. 152-2006”.
14.3. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, la Sezione rileva che le procedure concorsuali del concordato preventivo con cessione totale dei beni e del fallimento, pur differenziandosi sotto il profilo civilistico delle modalità liquidatorie e degli organi, possiedono analoghi effetti finali: infatti, anche nella procedura di concordato con cessione dei beni, così come nel fallimento, l’impresa cessa la propria attività e pone tutto il suo patrimonio residuo a disposizione dei creditori.
In ragione di ciò, i principi sopra riportati della sentenza dell’Adunanza plenaria si attagliano anche alla procedura del concordato preventivo con cessione dei beni, per cui i costi da sostenere per porre rimedio alle “esternalità negative” di produzione (sanitarie, ambientali, di pubblica incolumità, etc.) devono ricadere sul patrimonio residuo dell’impresa che sarebbe destinato a soddisfare la massa creditoria; diversamente opinando, quei costi ricadrebbero sulla collettività incolpevole.
14.4. Ciò trova conferma nel ruolo del Commissario liquidatore: sebbene la società in concordato preventivo mantenga la sua capacità giuridica, questi ne assume la detenzione al fine di procedere alla vendita dei beni aziendali residui, ponendo in essere ogni attività manutentiva funzionale alla liquidazione. Pertanto, il Commissario liquidatore, in ragione della sua posizione di “detentore”, ha l’obbligo, nei limiti delle disponibilità economiche della procedura, di porre in essere ogni attività necessaria a garantire nel perimetro della ex industria il rispetto della tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Ove il Commissario liquidatore fosse ritenuto esente da tali obblighi e la società in concordato non avesse i mezzi per farvi fronte, la collettività sarebbe esposta a rischi ambientali e sanitari cagionati dall’attività imprenditoriale stessa, il che non è ammissibile.
14.5. Le considerazioni sopra esposte consentono, altresì, di accogliere integralmente l’appello n. 8243 del 2022, proposto dal Comune di Montecassiano, tutto incentrato – come si è detto al § 3 – sulla responsabilità (anche) del Commissario liquidatore: la trattazione di tale gravame può quindi considerarsi integralmente assorbita dall’accoglimento delle censure, sostanzialmente analoghe, proposte in parte qua dagli altri due appelli qui in esame.
15. Alla luce di tali considerazioni, i ricorsi proposti dal Commissario liquidatore, rubricati agli r.g.n. 596/2021 e 650/2021, devono essere esaminati e respinti nel merito, riformando sotto questo profilo la sentenza di primo grado.
15.1. Con il primo di essi, il dottor Maggi ha impugnato il decreto della Regione Marche n. 242 del 16 settembre 2021 (oggetto dei motivi aggiunti proposti dalla società nell’ambito dei ricorso r.g.n. 515/2019) laddove stabilisce che il Commissario liquidatore, per quanto di sua asserita competenza debba provvedere alla rimozione dei rifiuti presenti all’interno del perimetro aziendale, riconducibili alle attività della ex Fornace e al loro avvio a recupero/smaltimento, previa attività di caratterizzazione e classificazione nonché al ripristino dello stato dei luoghi.
15.2. Con il secondo, il medesimo Commissario ha impugnato l’ordinanza del Sindaco del Comune di Monteccassiano n. 24 del 4 ottobre 2021 avente ad oggetto “classificazione, rimozione, avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato all’interno del complesso immobiliare ubicato in località Valle Cascia Via Smorlesi n. 5”, laddove ha stabilito che il Commissario liquidatore del concordato preventivo debba “nei limiti della disponibilità economica derivante dalla liquidazione dei beni aziendali” procedere alla “classificazione, alla rimozione, all’avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato all’interno del complesso immobiliare ubicato in località Vallecascia Via Smorlesi n. 5”, con l’avvertimento che “in caso di inosservanza di quanto previsto con la presente ordinanza, si procederà alla esecuzione in danno dando altresì notizia dell’avvenuta inadempienza all’Autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 255, comma 3 d.lgs. n. 152/2006”.
15.3. Con entrambi i gravami il Commissario ha articolato due motivi analoghi:
I) Violazione e/o falsa applicazione art.182 R.D. n. 267/1942.
Violazione e/o falsa applicazione art.181 R.D. n. 267/1942.
Violazione e/o falsa applicazione art. 167, comma 1, L.F.
Violazione e/o falsa applicazione art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
Violazione e/o falsa applicazione del principio comunitario di cui all’art. 174 del Trattato CE “chi inquina paga” e degli artt. 3 ter, 178 e 242 D.lgs. 152/2006.
Difetto di legittimazione passiva.
Violazione principio del giusto procedimento.
Violazione e/o falsa applicazione principi di correttezza e buona fede.
Violazione e/o falsa applicazione del principio di legittimo affidamento del privato e di leale collaborazione.
Violazione e/o falsa applicazione dell’art.97 Cost. e dei principi di buona amministrazione, di efficacia, efficienza ed economicità della azione amministrativa.
La Legge Fallimentare (cfr. art.182, comma 2, R.D. n. 267/1942) stabilisce i tipici e nominati compiti del Commissario Liquidatore nell’ambito della procedura di concordato preventivo con cessione dei beni e, tra essi, non c’è quello dell’amministrazione del patrimonio dell’azienda, che resta in carico alla stessa.
Il Commissario Giudiziale del concordato, infatti, non assume in alcun modo l’amministrazione del patrimonio della società né la gestione dello stesso ma si occupa di tutte le operazioni – e solo di queste - funzionali alla vendita dei beni.
A mente dell’art. 167, comma 1 L.F.: "Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale", e che, peraltro, “l’omologazione del concordato chiude la procedura concordataria a norma dell’art.181 R.D. 267/1942; a seguito di tale provvedimento l’imprenditore ritorna in bonis e, pertanto, non c’è motivo di limitarne l’attività” (T.a.r. per la Toscana, sez. II, 3 aprile 2019 n. 4919).
Secondo la tesi propugnata dal ricorrente, il Commissario liquidatore è un soggetto che, in forza della nomina del Tribunale fallimentare, assume un incarico liquidatorio assimilabile al mandato, che deve svolgere nel rispetto dei limiti che il Tribunale gli impone, ex art.182 I c. L.F., all’atto della nomina, sotto il diretto controllo dei creditori e del Tribunale medesimo; inoltre il Commissario liquidatore deve anche operare in conformità a quanto previsto del decreto di omologa, ove, nel caso di specie, viene chiarito, in conformità a quanto previsto dalla normativa di riferimento, che la procedura non sarebbe stata autorizzata a “sostenere alcuna spesa di gestione della società in corso di procedura…”.
Sotto il profilo della impugnativa dei provvedimenti comunali, il Commissario liquidatore, diversamente da quanto erroneamente ritiene il Sindaco del Comune di Montecassiano, non sarebbe classificabile come “custode e detentore degli immobili di proprietà della società Smorlesi…” in quanto il perimetro delle sue competenze è delineato dall’art. 167 L.F.
Il Commissario liquidatore, a differenza del Curatore fallimentare, non amministrerebbe il patrimonio della società né lo deterrebbe (tanto che non è tenuto ad effettuare alcun inventario e, infatti, il dott. Maggi non lo ha fatto) in quanto, essendo in concordato preventivo, essa conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa.
II) Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti.
Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità e contraddittorietà manifeste.
Violazione e/o falsa applicazione principi di correttezza e buona fede.
Violazione e/o falsa applicazione del principio di legittimo affidamento del privato e di leale collaborazione.
Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Eccesso di potere per motivazione, errata ed insufficiente.
Violazione e/o falsa applicazione art. 3 L. 241/90.
Il Decreto regionale n. 242 del 2021 impugnato ha esteso, rispetto al provvedimento primigenio, al Commissario liquidatore l’ordine di rimozione dei rifiuti presenti all’interno del perimetro aziendale, riconducibili alle attività della ex Fornace Smorlesi e al loro avvio a recupero e/o smaltimento, previa attività di caratterizzazione e classificazione, nonché al ripristino dello stato dei luoghi, stabilendo a tal fine il termine del 30 novembre 2021.
Secondo il ricorrente ciò risulta immotivato, illogico anche perché il Commissario ha operato diligentemente e ha collaborato con la Regione nello smaltimento dei macchinari e dei beni da vendere e non si sarebbe mai sottratto dall’effettuare le operazioni necessarie per porre rimedio ai limitati danni causati dalle operazioni di liquidazione poste in essere dalla procedura.
Con riferimento ai provvedimenti comunali impugnati al Commissario non sarebbe addebitabile alcun comportamento negligente o comunque tacciabile di insufficienza operativa.
15.4. Il primo motivo di entrambi i gravami è infondato sia per le considerazioni sopra indicate al § 13 sia perché:
a) i provvedimenti impugnati hanno correttamente individuato la legittimazione passiva (anche) in capo al Commissario liquidatore, giacché egli ha la materiale detenzione dei beni finalizzata allo svolgimento delle attività funzionali alla liquidazione, sia le risorse economiche derivanti dalla residua attività liquidatoria e, dunque, potendo essere individuato quale soggetto detentore dei rifiuti;
b) sotto il profilo della responsabilità di tipo pubblicistico nel ripristino del sito e nella tutela degli interessi sanitari e ambientali, vi è sostanziale identità degli effetti tra la procedura fallimentare e il concordato con cessione dei beni ai creditori, in ragione della cessazione dell’attività di impresa e della messa a disposizione del patrimonio residuo per il soddisfacimento delle pretese creditorie.
c) conseguentemente, si ribadisce che si applicano anche al concordato preventivo i principi di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2021 secondo cui i costi necessari a porre rimedio alle esternalità negative di produzione ricadono sul patrimonio residuo dell’impresa destinato a soddisfare la pretesa creditoria.
15.5. In relazione al secondo motivo proposto in entrambi i ricorsi, va osservato come, pur non essendo in astratto – essendo tale valutazione fuori dal perimetro della giurisdizione del giudice amministrativo – addebitabile un comportamento inadempiente al Commissario e pur avendo egli provveduto a far rimuovere una parte del materiale, i provvedimenti impugnati non sono affetti dai vizi dedotti non dovendo motivare ulteriormente rispetto al fatto che il sito e industriale deve essere oggetto di ripulitura e smaltimento di quanto ivi abbandonato ad opera dei soggetti che hanno i) cagionato causalmente lo stato di inquinamento; ii) che, pur non avendo direttamente cagionato lo stato di inquinamento, sono titolati a provvedere alle operazioni disposte con i mezzi economici derivanti dalla liquidazione dei beni dell’impresa non potendo ricadere sulla collettività i costi derivanti dalle esternalità negative della produzione.
16. Con il ricorso n. 649/2021 la ditta Smorlesi in liquidazione ha impugnato l’ordinanza del Sindaco del Comune di Montecassiano n. 24 del 4 ottobre 2021 avente ad oggetto “classificazione, rimozione, avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato all’interno del complesso immobiliare ubicato in loc. Vallecascia Via Smorlesi n. 5”, in una con i provvedimenti presupposti.
In particolare, il Sindaco del Comune di Montecassiano, previa comunicazione di avvio del procedimento prot. 6776 del 26 aprile 2021, con ordinanza sindacale n. 24 del 4 ottobre 21, ha proceduto ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 a imporre al dottor Alfredo Cesarini in solido con la società, al dott. Maggi e al sig. Macini Leonardo “di procedere, entro il 30 novembre 2021, alla classificazione, alla rimozione all’avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti presenti in stato di abbandono o deposito incontrollato all’interno del complesso immobiliare sito in Montecassiano (MC), Loc. Vallecascia, Via Smorlesi n. 5”.
Le censure prospettate sono analoghe a quelle del ricorso r.g.n. 515/2019 per cui, in ossequio al principio di sinteticità degli atti processuali ex art. 3 c.p.a., ci si riporta alle motivazioni sopra espresse.
Il ricorso va pertanto respinto con riferimento alla dedotta estraneità della società alle operazioni disposte con l’ordinanza impugnata, non potendosi la società sottrarre per le ragioni sopra indicate.
17. Con il ricorso r.g.n. 552/2021 la società ha impugnato l’ordinanza n. 19 del 10 agosto 2021 avente ad oggetto: “Procedure di controllo, manutenzione e custodia dei manufatti in cemento amianto presenti all’interno dello stabilimento ex Fornace Smorlesi in Via G. Smorlesi n. 5 – Ulteriore provvedimento” nonché gli atti e i provvedimenti presupposti.
Si tratta in particolare dell’ordinanza che ha ad oggetto la rimozione dei detriti contenenti amianto, che l’Amministrazione ha effettuato in danno dei destinatari al fine di ripristinare le coperture dello stabilimento. L’Amministrazione ha sostanzialmente esteso alla Società quanto già disposto nei riguardi del Commissario liquidatore in ordine agli interventi da effettuare con riferimento all’edificio n. 37 così come estrapolati dal verbale di sopralluogo del 30 luglio 2021.
17.1. Con il primo motivo è stata riproposta la censura relativa alla estraneità della società rispetto alle operazioni imposte dal provvedimento per cui si rinvia a quanto già affermato in ordine alla duplice posizione di garanzia della società e del Commissario.
17.2. Con un ulteriore motivo la ricorrente ha affermato la responsabilità delle ditte che hanno rimosso il materiale contenente amianto su incarico del Commissario liquidatore, per cui allo smaltimento dei materiali lasciati nell’area ex industriale dovrebbe provvedere il Commissario.
Anche tale censura è destituita di fondamento, poiché il provvedimento ha legittimamente individuato anche la società in concordato quale soggetto tenuto alle operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti pericolosi e contenenti amianto per cui la circostanza che vi abbiano provveduto ditte incaricate dal Commissario non esime la società dal provvedere per la restante parte.
17.3. Con un terzo motivo la società sostiene che mancherebbero i presupposti di necessità e urgenza e la situazione abilitante del potere sindacale poiché non sarebbero stati individuati gli elementi in grado di rappresentare un’effettiva situazione offensiva e di grave pericolo; inoltre, non sarebbe stato inviato il previo avviso di avvio del procedimento.
Il motivo è infondato, giacché la situazione di pericolo per la pubblica incolumità, sia sotto il profilo sanitario che ambientale, cagionata dalla presenza di rifiuti pericolosi e contenenti amianto, per giunta crollati per i vari eventi sismici e meteorologici occorsi nel tempo trascorso, costituisce presupposto per il potere esercitato e anche esimente dall’avviso di avvio del procedimento essendo auto evidente il pericolo rappresentato dalla tipologia dei rifiuti ivi accumulati.
Conclusivamente, per i sopra indicati motivi, in riforma della sentenza impugnata, l’appello n. 8243 del 2002 va accolto e gli appelli nn. 8404 e 8407 vanno in parte accolti e in parte respinti, con rigetto dei ricorsi di primo grado r.g.n. 596/2021 e 650/2021: di conseguenza, i provvedimenti impugnati in primo grado vanno integralmente confermati non solo nei loro contenuti, ma anche nella totalità dei loro destinatari.
In considerazione della complessità e quantità delle questioni trattate le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione:
accoglie il ricorso r.g.n. 8243/2022 e accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, gli appelli n. 8404 e 8407; per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi nn. 596 e 650 del 2021.
Compensa integralmente tra le parti costituite le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2023 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Carbone, Presidente
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere, Estensore