Consiglio di Stato Sez. IV n. 6885 del 4 agosto 2025
Rifiuti.Proprietario che non ha contribuito all'inquinamento del proprio fondo

Il proprietario che non ha contribuito all'inquinamento del proprio fondo non può essere considerato responsabile in forma omissiva per mancato controllo dell'area, salvo che abbia violato uno specifico obbligo giuridico di attivarsi. Un obbligo giuridico di azione è rinvenibile, per esempio, nella mancata segnalazione alle autorità di attività inquinanti in essere sul fondo, delle quali il proprietario era a conoscenza, nonché nell'inottemperanza a specifici ordini dell'autorità propedeutici a prevenire la diffusione di un fattore contaminante, mentre non può essergli ascritta una generica responsabilità da omissione di cautele volte a evitare la propagazione dell'inquinamento sul fondo, posto che la riparazione del danno ambientale grava, a norma di legge, solo sul responsabile della contaminazione (art. 242 cod. amb.) o, in mancanza, sull'amministrazione (art. 250 cod. amb.), non anche sul proprietario incolpevole. 

Pubblicato il 04/08/2025

N. 06885/2025REG.PROV.COLL.

N. 01406/2024 REG.RIC.

N. 01518/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1406 del 2024, proposto dalla Città metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marialuisa Ferrari, Tiziana Sgobbo e Nadia Marina Gabigliani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Vittorio Fedeli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, viale delle Milizie n. 9, presso lo studio dell'avvocato Stefano D'Acunti;

nei confronti

del Comune di -OMISSIS-, della Regione Lombardia e dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Lombardia, non costituiti in giudizio;


sul ricorso numero di registro generale 1518 del 2024, proposto dal Comune di -OMISSIS-, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Laura Pelizzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Vittorio Fedeli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, viale delle Milizie n. 9, presso lo studio dell'avvocato Stefano D'Acunti;

nei confronti

della Città metropolitana di Milano, della Regione Lombardia e dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Lombardia, non costituiti in giudizio, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) per la Lombardia, sede di Milano, Sez. IV, -OMISSIS-, non notificata, con la quale è stato deciso il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS- per l'annullamento:

I. quanto al ricorso introduttivo, della nota della Città metropolitana di Milano prot. n. 297686 del 21 dicembre 2018, notificata in pari data, con la quale è stato avviato il procedimento finalizzato all'individuazione del ricorrente come responsabile dell'inquinamento del sito in località -OMISSIS-, nel Comune di -OMISSIS-;

II. quanto al primo ricorso per motivi aggiunti, del provvedimento n. 3580 del 21 maggio 2019, trasmesso in pari data, avente a oggetto «Ordinanza di diffida all'attivazione delle procedure di cui al Titolo V della parte Quarta del D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152. Sito -OMISSIS- – Comune di -OMISSIS- – Art. 244 del D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152», con il quale la Città metropolitana di Milano, confermando l'individuazione del ricorrente come responsabile delle contaminazioni derivanti da rifiuti interrati nel sito in località -OMISSIS-, nel Comune di -OMISSIS-, ha diffidato il medesimo ricorrente ad adottare gli interventi di bonifica entro sessanta giorni;

III. quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti, del provvedimento del Comune di -OMISSIS- del 20 settembre 2022, prot. n. 14826, comunicato in pari data, avente a oggetto «Sito orfano "-OMISSIS-" – provvedimento ai sensi dell'articolo 250 del d.lgs. 152/2006 per l'esecuzione d'ufficio da parte di Regione Lombardia delle procedure e degli interventi di cui all'articolo 242 del d.lgs. 152/2006», nella parte in cui ha disposto «in danno al responsabile in indirizzo, con avvio sempre a carico di Regione Lombardia delle occorrende procedure e attività di rivalsa per il recupero delle somme spese ai sensi degli articoli 250 e 253 del D.lgs. 152/2006», l'esecuzione d'ufficio delle procedure e degli interventi di bonifica del sito.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2025 il Cons. Martina Arrivi e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Nel presente giudizio è in discussione la legittimità dei provvedimenti adottati dalla Città metropolitana di Milano e dal Comune di -OMISSIS-, odierni appellanti, in relazione all'inquinamento di un terreno di proprietà di -OMISSIS-, odierno appellato.

1.1. Quest'ultimo è proprietario – assieme ai fratelli, per successione dal padre, -OMISSIS-, che morì nel 1985 – di un podere in località -OMISSIS-, nel comune di -OMISSIS-, sulla riva sinistra del fiume Lambro, ove esercita un'impresa agricola di coltivazione e di allevamento. Tra gli anni '50 e '70 del secolo scorso, a seguito di una serie di eventi alluvionali, il padre, -OMISSIS-, eseguì delle opere di difesa fluviale, consistenti nel rafforzamento degli argini attraverso l'innalzamento del piano di campagna, previo riporto nel sito di terre e altri materiali, prevalentemente provenienti da scavi e sbancamenti.

1.2. All'incirca nel 1986, vennero rinvenuti, nella proprietà Gimondi, dei rifiuti interrati. La scoperta diede l'abbrivio a numerose vertenze, civili e amministrative, tra le autorità e i proprietari del sito.

1.3. La prima occasione di attrito emerse nel 1987, quando la Provincia di Milano avviò un procedimento sanzionatorio nei confronti degli eredi di -OMISSIS- per la violazione dell'art. 28 l.r. Lombardia 94/1980, cioè per la mancata segnalazione della presenza di una discarica sul terreno di -OMISSIS-. Il procedimento venne, poi, ritirato, a seguito di interlocuzioni con la proprietà.

1.4. Con ordinanza contingibile e urgente n. 298 del 22 dicembre 1988, il Comune di -OMISSIS- ordinò ai proprietari del podere di -OMISSIS- lo sgombero dei rifiuti interrati, ritenendoli responsabili del loro abbandono, nonché la bonifica dell'area. Il provvedimento venne impugnato dinanzi al T.A.R. Lombardia che, dapprima, ne sospese l'efficacia con ordinanza cautelare n. 296 del 12 aprile 1989 e, poi, lo annullò, con sentenza n. 305 del 28 aprile 1994, per assenza dei presupposti della contingibilità e dell'urgenza. La decisione di primo grado venne confermata in appello con sentenza del Consiglio di Stato n. 1904 del 2 aprile 2001, nella quale si ribadì l'assenza di pericoli gravi e imminenti per la salute locale e si attestò anche un difetto di istruttoria nella ricerca dei responsabili dell'interramento, specificando, quanto ai rifiuti di matrice industriale ritrovati in loco, che «le successive indagini evidenziavano il collegamento con un'industria chimica di Melegnano».

1.5. Nel 1991, il Comune di -OMISSIS- predispose e approvò un piano di bonifica del terreno, che fu aggiornato nel 1993, ma rimase inattuato. Peraltro, sempre nel 1993, il Comune di -OMISSIS- citò in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lodi, gli eredi di -OMISSIS- per ottenere la refusione delle somme spese per il suddetto piano di bonifica, ritenendoli responsabili, iure hereditatis, dell'interramento dei rifiuti. Tuttavia, il Tribunale di Lodi, con sentenza n. 726 del 28 novembre 2001, rigettò la domanda, constatando, oltre alla prescrizione del diritto, l'assenza di responsabilità dei convenuti: in un passaggio della motivazione della sentenza è esposto che «lo stesso Ente, nel proprio atto introduttivo del giudizio, manifesta risultargli che l'area de qua da tempo è stata adibita a discarica abusiva di materiale vario, della quale si sono serviti vari soggetti agenti nella zona, attenuando con ciò, quanto meno, quella responsabilità addossata ai convenuti che pertanto sono da considerarsi estranei ai fatti denunciati, non raffigurandosi nella loro condotta neppure l'elemento soggettivo della intenzionalità».

1.6. Nel 1996, il terreno di -OMISSIS- venne inserito nel piano regionale di bonifica delle aree contaminate. A ciò seguirono, nel 1997, le analisi delle acque di falda, ripetute nel 2006, le quali permisero di rinvenire la presenza di inquinanti.

1.7. Nel 2014, il Comune di -OMISSIS- effettuò la caratterizzazione delle acque di falda e ne confermò l'inquinamento. Pertanto, la Città metropolitana di Milano avviò, nel 2016, un primo procedimento di individuazione del responsabile della contaminazione, ex art. 244 d.lgs. 152/2006 (cod. amb.), nei confronti di -OMISSIS-, il quale si concluse, con decreto del 28 novembre 2016, senza esito, per mancanza di prove del nesso causale tra la presenza di rifiuti nel terreno e l'inquinamento delle acque. Il provvedimento così recita: «In astratto, gli analiti riscontrati nelle acque di falda potrebbero trarre origine dal deterioramento dei rifiuti interrati nel sito evidenziati nel corso delle indagini, ma in assenza di una ricostruzione idrogeologica certa per la definizione della contaminazione delle acque di falda non può essere affermato un nesso causale tra l'interramento e l'inquinamento ritrovato in falda». Inoltre, il provvedimento conferma l'assenza di responsabilità del proprietario del terreno nell'interramento dei rifiuti: «sul piano soggettivo l'attività di interramento dei rifiuti, seppur inizialmente dichiarata dal sig. Gimondi è stata poi posta in essere da terzi non identificati e pertanto non è imputabile in maniera univoca».

1.8. Nel 2018, il Comune di -OMISSIS- estese la caratterizzazione al terreno sottostante il podere, il quale risultò inquinato. Conseguentemente, la Città metropolitana di Milano, con nota prot. n. 297686 del 21 dicembre 2018, avviò un secondo procedimento di individuazione del responsabile della contaminazione nei confronti di -OMISSIS-. La comunicazione è stata impugnata con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato il 19 febbraio 2019 e depositato al T.A.R. Lombardia il 20 marzo 2019.

1.9. All'esito del procedimento, la Città metropolitana emise l'ordinanza n. 3580 del 21 maggio 2019, recante l'individuazione di -OMISSIS- «come responsabile della potenziale contaminazione, pur non avendo una responsabilità diretta sull'abbandono dei rifiuti, in quanto essendo a conoscenza della situazione ambientale non ha attuato nessuna misura atta ad impedire i superamenti delle CSC nei terreni», nonché contenente la diffida di questi ad avviare la bonifica del sito. Il provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti, notificati il 22 luglio 2019 e depositati il 23 luglio 2019.

1.10. Con provvedimento n. 14826 del 20 settembre 2022, il Comune di -OMISSIS-, preso atto che -OMISSIS- non aveva ottemperato alla diffida contenuta nell'ordinanza n. 3580 del 2019, dispose l'esecuzione d'ufficio della bonifica, in danno del responsabile dell'inquinamento, come già individuato alla Città metropolitana. L'atto è stato impugnato con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 19 novembre 2022 e depositato al T.A.R. Lombardia il 16 dicembre 2022.

1.11. A completamento del quadro fattuale, si dà atto che, frattanto, il Comune di -OMISSIS- aveva adottato l'ordinanza n. 20 del 27 aprile 2018, con la quale, su proposta dell'ATS (Agenzia di tutela della salute) competente, aveva disposto il divieto di coltivazione, nell'area di -OMISSIS-, di prodotti a uso alimentare, e che il 4 ottobre 2018 l'azienda agricola di -OMISSIS- era stata sottoposta a sequestro sanitario. Inoltre, la Città metropolitana di Milano aveva avviato un ulteriore procedimento di individuazione del responsabile dell'inquinamento del limitrofo terreno, sempre appartenente a -OMISSIS- e afferente alla sua azienda agricola, sito nel comune di -OMISSIS-. Il procedimento, però, si concluse, con provvedimento n. 5403 del 25 luglio 2022, senza accertamento della responsabilità dell'appellato, per l'assenza di prove circa la conoscenza della presenza di rifiuti interrati in tale fondo.

2. Con sentenza n. 1982 del 31 luglio 2023 (non notificata), il T.A.R. Lombardia ha definito il primo grado del presente giudizio, dichiarando inammissibile – per difetto di interesse – il ricorso introduttivo, proposto contro la comunicazione di avvio del procedimento per l'individuazione del responsabile della contaminazione del terreno, e accogliendo i ricorsi per motivi aggiunti, proposti, rispettivamente, contro l'ordinanza della Città metropolitana n. 3580 del 2019, di individuazione di -OMISSIS- quale responsabile dell'inquinamento ex art. 244 cod. amb., e contro la nota del Comune di -OMISSIS- n. 14826 del 2022, nella parte in cui ha disposto che la bonifica del terreno, avviata d'ufficio, avvenisse in danno del medesimo.

2.1. Il giudice ha ritenuto il provvedimento della Città metropolitana n. 3580 del 2019 «illegittimo sia per violazione della normativa in materia di individuazione dei responsabili della contaminazione di un sito, sia per contrasto con le precedenti determinazioni del predetto Ente e del Comune di -OMISSIS- che, anche all'esito dei conteziosi in sede civile e amministrativa, hanno escluso il coinvolgimento del ricorrente nella produzione dell'inquinamento del sito "-OMISSIS-"».

Il T.A.R. ha escluso che potesse ascriversi a -OMISSIS- una responsabilità da posizione per l'inquinamento del fondo in quanto proprietario, poiché, per giurisprudenza consolidata, ai fini di cui agli artt. 242 e 244 cod. amb., occorre dimostrare che il proprietario del fondo abbia provocato o contribuito a provocare la contaminazione.

Il giudice ha, inoltre, scartato che il ricorrente potesse ritenersi responsabile quale erede di -OMISSIS-, non emergendo alcun contributo di quest'ultimo né nell'inquinamento del fondo né nel pregresso interramento dei rifiuti.

Il T.A.R. ha, parimenti, escluso che potesse riscontrarsi, in capo a -OMISSIS-, una responsabilità omissiva, per essere a conoscenza della presenza di rifiuti interrati e per non aver assunto iniziative volte a prevenire che questi contaminassero il fondo. Ad avviso del primo giudice, nessun obbligo giuridico di attivarsi graverebbe sul ricorrente, essendo le autorità da tempo a conoscenza delle condizioni del terreno ed essendo stato lo stesso Comune di -OMISSIS- a prendersi carico, già nel 1991, della bonifica, che, se non fosse stata abbandonata, avrebbe probabilmente evitato la trasmissione delle sostanze inquinanti al suolo e al sottosuolo. Anche gli esiti dei vari contenziosi, che si sono susseguiti nel tempo, avevano sempre escluso la responsabilità dei proprietari del fondo, inducendo legittimamente il ricorrente a non assumere iniziative e a confidare nella bonifica d'ufficio. A nulla rileverebbe l'ordinanza di sospensione della produzione di prodotti alimentari e il sequestro sanitario dell'azienda agricola del ricorrente, poiché tali atti attestano l'esistenza dell'inquinamento, ma non anche la responsabilità di -OMISSIS-. Il giudice, inoltre, ha rilevato la non linearità dell'azione della Città metropolitana, che, nel 2016, aveva escluso la responsabilità del ricorrente nell'inquinamento delle acque di falda, salvo poi affermarla, nel 2019, con riferimento all'inquinamento del terreno di -OMISSIS-, e salvo, di nuovo, escluderla, nel 2022, per l'inquinamento del terreno di -OMISSIS-, il tutto a fronte del medesimo agente contaminante, ossia i rifiuti interrati.

2.2. Il T.A.R. ha annullato anche il provvedimento del Comune di -OMISSIS- n. 14826 del 2022, limitatamente all'esecuzione della bonifica in danno di -OMISSIS-, quale determinazione consequenziale all'individuazione del responsabile dell'inquinamento.

3. La sentenza è stata appellata con due separati ricorsi dalla Città metropolitana di Milano e dal Comune di -OMISSIS-: l'uno, notificato e depositato il 23 febbraio 2024, è stato iscritto al n. di R.G. 1406/2024; l'altro, notificato il 19 febbraio 2024 e depositato il 23 febbraio 2024, ha assunto il n. di R.G. 1518/2024.

3.1. La Città metropolitana di Milano ha articolato tre motivi di appello.

I) Nel primo («Error in iudicando – Travisamento dei fatti – Contraddittorietà manifesta – Violazione e falsa applicazione dell'art. 244 TUA»), ha censurato la sentenza, nella parte in cui ha escluso la configurabilità di una responsabilità da posizione del proprietario del fondo o di una responsabilità di questi quale erede di -OMISSIS-, perché non è su ciò che si fonda l'accertamento della Città metropolitana, che ha invece ritenuto -OMISSIS- responsabile in proprio e per omissione di cautele.

II) Nel secondo («Error in iudicando – Travisamento dei fatti – Contraddittorietà manifesta – Violazione e falsa applicazione dell'art. 244 TUA»), la Città metropolitana ha contestato la sentenza, nella parte in cui ha negato l'ascrivibilità a -OMISSIS- di una responsabilità per omessa adozione di cautele nella propagazione dell'inquinamento dai rifiuti interrati al fondo. Il ricorrente, sebbene non responsabile – neppure iure hereditatis – del pregresso abbandono di rifiuti, era a conoscenza dello stesso e delle criticità ambientali conseguenti e ha continuato ad esercitare attività di coltivazione e di allevamento, senza in alcun modo preoccuparsi di adottare misure di prevenzione atte ad evitare danni sanitari e ambientali, così permettendo che i rifiuti inquinassero il terreno, nonché acuendo i rischi correlati all'inquinamento, attraverso l'esercizio dell'impresa agricola. Le iniziative di bonifica del Comune di -OMISSIS- non erano idonee a esonerare il ricorrente dal provvedere in proprio: infatti, dette iniziative erano state assunte, nel 1991, prima che venisse annullata l'ordinanza comunale n. 298 del 1988 (che aveva ordinato ai proprietari del podere di -OMISSIS- di rimuovere i rifiuti e di bonificare l'area) e nella prospettiva di poter recuperare gli esborsi dalla proprietà (come dimostrato dalla citazione in giudizio dei proprietari dinanzi al Tribunale di Lodi per il recupero delle spese di bonifica), nonché, comunque, facendo affidamento sulla possibilità di conseguire finanziamenti regionali per le operazioni di bonifica (prospettive, queste, entrambe smentite dall'esito dei contenziosi giudiziari e dalla mancata erogazione dei fondi regionali); in sostanza, l'attivazione del Comune di -OMISSIS- era "precaria" perché subordinata a presupposti incerti, quindi non faceva venire meno l'obbligo del proprietario di attivarsi in proprio; in ogni caso, questi è rimasto inerte anche nei decenni successivi, quando era ormai certo che il Comune di -OMISSIS- non avrebbe proseguito la bonifica; in ogni caso, il piano di bonifica del 1991 riguardava solo la rimozione dei rifiuti, mentre a -OMISSIS- è stata addebitata la mancata assunzione di altre iniziative cautelative.

III) Nel terzo motivo di appello («Error in iudicando Error in procedendo – Travisamento dei fatti – Perplessità – Contraddittorietà manifesta – Violazione e falsa applicazione dell'art. 244 TUA»), la Città metropolitana di Milano ha criticato la sentenza, laddove ha definito non lineare l'attività istruttoria da questa portata avanti. Il primo procedimento di individuazione del responsabile del 2016 è stato avviato sulla base della sola caratterizzazione delle acque di falda, mentre soltanto nel 2018, a seguito di una ulteriore attività di caratterizzazione, si è scoperto che, oltre alle acque, era inquinato anche il terreno. Per tale ragione è stato avviato un secondo procedimento, che ha condotto all'ascrizione al ricorrente della responsabilità per l'inquinamento del terreno. Premesso che non v'è l'obbligo di eseguire un unico procedimento di accertamento della responsabilità a fronte di una medesima fonte inquinante, essendo legittimo l'avvio di distinte procedure per ciascun evento di superamento delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), l'esito dei due procedimenti non è contraddittorio, perché, mentre per le acque non si è riusciti a constatare che queste fossero inquinate a causa dei rifiuti, detta prova si è raggiunta con riferimento al terreno. Non vi è contraddizione neppure tra l'esito del procedimento per cui è causa e la conclusione del procedimento riguardante l'inquinamento del terreno di -OMISSIS-, poiché in quest'ultimo la responsabilità del ricorrente è stata esclusa per mancanza di prove che questi conoscesse la presenza in loco di rifiuti, mentre egli ne era ben consapevole rispetto al terreno di -OMISSIS-.

3.2. L'appello del Comune di -OMISSIS- poggia su un unico articolato motivo, contenente le medesime deduzioni svolte dalla Città metropolitana. In particolare, il Comune ha insistito sulla circostanza che la responsabilità ascritta a -OMISSIS- derivi non dalla mera qualifica di proprietario né dall'interramento dei rifiuti, ma dall'omissione di misure di prevenzione atte a evitare la propagazione dell'inquinamento dai rifiuti interrati al terreno. L'ente ha, inoltre, osservato che il ricorrente non potesse utilizzare lo schermo dell'assenza di colpe nell'abbandono dei rifiuti per giustificare la sua successiva inerzia, egli avendo comunque l'obbligo di assumere le iniziative più opportune per evitare che la presenza di rifiuti abbandonati sul proprio fondo si traducesse in un più esteso danno ambientale. Il Comune ha, di seguito, escluso che tale obbligo di attivarsi sia venuto meno per la bonifica avviata dalla stessa amministrazione comunale, trattandosi di un'iniziativa assunta nella prospettiva di recuperare le spese dallo stesso ricorrente e dalla Regione Lombardia, né per i contenziosi in essere, poiché questi riguardavano la responsabilità da abbandono di rifiuti e non la responsabilità da inquinamento del sottosuolo. Infine, il Comune ha negato profili di contraddittorietà tra gli esiti del procedimento per cui è causa e quelli relativi all'inquinamento delle acque di falda e all'inquinamento del terreno di -OMISSIS-.

4. Si è costituito, per resistere a entrambi gli appelli, -OMISSIS-, deducendo l'infondatezza delle censure avversarie e riproponendo, a norma dell'art. 101, co. 2, cod. proc. amm., un motivo di contestazione dei provvedimenti fondato sulla violazione del contraddittorio procedimentale, in quanto assorbito dal T.A.R. nella sentenza appellata.

5. Le cause sono passate in decisione all'udienza pubblica del 10 luglio 2025.

DIRITTO

6. Preliminarmente, ai sensi dell'art. 96, co. 1, cod. proc. amm., si deve disporre la riunione dei ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

7. Ciò posto, gli appelli – le cui varie censure possono essere analizzate assieme in quanto parzialmente sovrapposte e, comunque, interconnesse – sono infondati.

8. Centrale, per la definizione della controversia, è l'individuazione del titolo della responsabilità imputata, dalla Città metropolitana di Milano, a -OMISSIS-.

8.1. Per concorde affermazione delle parti in causa e per quanto risulta dal provvedimento n. 3850 del 2019, a questi viene addebitata la responsabilità da inquinamento del terreno di -OMISSIS-, in conseguenza dell'omessa adozione di misure idonee a prevenire che i rifiuti interrati nel fondo si deteriorassero e propagassero gli elementi contaminanti al suolo e al sottosuolo. Il provvedimento della Città metropolitana, adottato ai sensi dell'art. 244 d.lgs. 152/2006 (cod. amb.), individua, infatti, «quale responsabile della potenziale contaminazione, il signor -OMISSIS- in qualità di proprietario per successione, in quanto, pur non avendo una responsabilità diretta nell'abbandono dei rifiuti, era a conoscenza della presenza degli stessi e non ha attuato nessuna misura per evitare che determinassero un potenziale contaminazione del terreno sottostante, sul quale sono stati riscontrati i superamenti delle Concentrazione soglia di Contaminazione». L'unico rimprovero che viene mosso all'appellato è, dunque, quello di aver mantenuto un contegno omissivo a fronte del pericolo di inquinamento.

8.2. Per contro, è pacifico che -OMISSIS- non abbia cagionato attivamente la contaminazione, non avendo mai introdotto sostanze inquinanti nel fondo.

8.3. Parimenti, come anche precisato nell'ordinanza della Città metropolitana n. 3850 del 2019, è incontrovertibilmente escluso che l'appellato abbia avuto una qualche responsabilità nell'abbandono di rifiuti nel terreno, in proprio o quale erede del padre -OMISSIS-, dal momento che non è mai stato provato che questi abbia interrato i rifiuti, che, plausibilmente, furono depositati in loco da soggetti terzi. La circostanza è corroborata dagli esiti dei pregressi contenziosi giudiziari: con sentenza n. 1904 del 2001, il Consiglio di Stato confermò l'annullamento dell'ordinanza n. 298 del 1998 (con cui il Comune di -OMISSIS- aveva ingiunto agli eredi di -OMISSIS- di rimuovere i rifiuti e di bonificare il terreno), sia per mancanza dei presupposti del potere extra ordinem ivi esercitato, sia per difetto di istruttoria sulla ricerca dei responsabili dell'interramento dei rifiuti; con sentenza n. 726 del 28 novembre 2001, il Tribunale di Lodi rigettò la domanda, proposta dal Comune di -OMISSIS-, per la refusione delle spese della bonifica avviata d'ufficio nel 1991, non sussistendo prove del fatto che i rifiuti fossero stati interrati da -OMISSIS-.

8.4. Il titolo della responsabilità addebitata all'appellato dalla Città metropolitana è stato esattamente individuato anche dal giudice di primo grado, che, dopo aver scartato la configurabilità di una responsabilità da posizione derivante dalla mera proprietà del fondo e di una responsabilità iure hereditatis per l'abbandono dei rifiuti, ha puntualmente evidenziato che «la Città Metropolitana rinviene il fondamento della responsabilità del ricorrente – pur non avendo egli concorso direttamente all'abbandono dei rifiuti – nella circostanza di essere "a conoscenza della presenza degli stessi [rifiuti] e non [avere] attuato nessuna misura per evitare che determinassero un potenziale contaminazione del terreno sottostante"».

8.5. Trattasi, in definitiva, di una responsabilità da inquinamento in forma omissiva, per mancata prevenzione della capacità contaminante dei rifiuti interrati nel fondo.

9. È bene chiarire che la responsabilità da inquinamento è un istituto diverso da quello della responsabilità da abbandono (o deposito incontrollato) di rifiuti. Le due fattispecie sono, infatti, disciplinate in distinti Titoli della Parte IV del codice dell'ambiente (d.lgs. 152/2006). Il legislatore si premura, tra l'altro, di vietare l'estensione della regolamentazione della responsabilità da inquinamento all'abbandono di rifiuti, laddove, nell'incipit del Titolo V della Parte IV, cod. amb., contenente per l'appunto la disciplina della responsabilità da inquinamento e dei conseguenti obblighi di bonifica, stabilisce che «[f]erma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano: a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo» (art. 239, co. 2, cod. amb.).

9.1. La responsabilità da abbandono o deposito incontrollato di rifiuti (di cui al Titolo I, Parte IV, cod. amb.) è regolata dall'art. 192 cod. amb., che, dopo aver disposto che «[l]'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati» (co. 1), al co. 3 individua le conseguenze della violazione del divieto: salva l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui agli artt. 255 e 256 cod. amb., chiunque viola il divieto di abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti «è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate».

9.2. L'art. 192, co. 3, cod. amb. estende espressamente la responsabilità da abbandono di rifiuti anche al proprietario (o al titolare di diritti reali o personali di godimento) dell'area, al quale la violazione del divieto di cui al co. 1 sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Da tale specificazione normativa la giurisprudenza ha tratto la conclusione che al proprietario del fondo può far carico una responsabilità da omessa custodia, derivante dalla mancata assunzione delle cautele e degli accorgimenti che l'ordinaria diligenza suggerisce per prevenire che terzi possano abbandonare rifiuti sul fondo (Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 161; Id., Sez. IV, 30 agosto 2024, n. 7313). La responsabilità di cui all'art. 192 cod. amb., dunque, è integrata, oltre che dalla commissione di condotte positivamente orientate al deposito dei rifiuti, anche dall'omissione, da parte del proprietario o da chi ha comunque la disponibilità giuridica della cosa, di quei doverosi controlli che potrebbero distogliere terzi soggetti dal compiere le condotte sanzionate dalla norma (Cons. Stato, Sez. IV, 19 marzo 2021, n. 2399; Id., 21 marzo 2024, n. 2746). Il non aver prevenuto la violazione del divieto di abbandono di rifiuti, pur avendo gli strumenti per farlo, equivale ad aver violato il divieto in proprio ed espone il trasgressore alle conseguenti sanzioni, tra cui l'ordine sindacale di rimuovere i rifiuti e avviarli allo smaltimento o al recupero, nonché di ripristinare lo status quo del fondo.

9.3. La responsabilità da inquinamento (di cui al Titolo V, Parte IV, cod. amb.) è integrata dall'aver provocato o contribuito a provocare la contaminazione di un sito oltre le CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) valevoli per i vari elementi inquinanti. Essa determina l'assunzione ex lege degli obblighi di prevenzione, di messa in sicurezza, di bonifica e di rispristino ambientale enucleati dall'art. 240 cod. amb., da adempiersi nel rispetto della procedura operativa di cui all'art. 242 cod. amb. Ai sensi dell'art. 244 cod. amb., ove si riscontri il superamento delle CSC in un determinato sito, la provincia (o, se istituita, la città metropolitana) individua, con apposite indagini, il responsabile della contaminazione e, sentito il comune competente, lo diffida, con ordinanza motivata, ad assumere le necessarie misure di contrasto del danno ambientale. In sostanza, l'art. 244 cod. amb. attribuisce all'autorità competente il potere di compulsare l'adempimento di quegli obblighi (di prevenzione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino) facenti capo ex lege al responsabile dell'inquinamento, ove questi non si sia attivato spontaneamente.

9.4. Rispetto al responsabile dell'inquinamento, completamente diversa è la posizione del mero proprietario del fondo inquinato.

Il cd. proprietario incolpevole, che non ha contribuito all'inquinamento del sito, è tenuto esclusivamente a segnalare alle autorità il superamento o il pericolo di superamento delle CSC e ad adottare le misure di prevenzione del danno ambientale, mentre ha la mera facoltà di assumere in proprio le restanti iniziative di contrasto e riparazione del danno (art. 245 cod. amb.), onde mantenere il fondo libero dai pesi derivanti dall'eventuale attivazione d'ufficio delle autorità. Infatti, il proprietario rimane esposto al privilegio speciale e agli oneri reali sul fondo per il caso in cui, non essendo stato individuato il responsabile dell'inquinamento, le amministrazioni competenti realizzino d'ufficio le misure di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale, rivalendosi poi delle spese sul proprietario, nei limiti del valore del fondo (artt. 250 e 253 cod. amb.). Pertanto, non è configurabile alcuna responsabilità in capo al proprietario dell'area inquinata né, quindi, l'obbligo di bonificare il sito per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri il suo apporto causale all'inquinamento riscontrato (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2020, n. 5372; Id., 28 agosto 2024, n. 7274).

Tra l'altro, la giurisprudenza, superando un contrasto ermeneutico, si è ormai consolidata nel senso che il proprietario incolpevole, tenuto – come visto – all'esecuzione delle sole misure di prevenzione (definite all'art. 240, co. 1, lett. i, cod. amb.), non è obbligato a porre in essere neppure le misure di messa in sicurezza di emergenza (definite all'art. 240, co. 1, lett. m, cod. amb.), queste ultime essendo interventi miranti alla riparazione del danno ambientale e, come tali, gravanti esclusivamente sul responsabile dell'inquinamento (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 settembre 2013, ord. n. 21; Cass. Civ., Sez. Un., 1 febbraio 2023, n. 3077; da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 17 luglio 2023, n. 6957; Id., 19 luglio 2023, n. 7072).

Come noto, l'impianto normativo è stato ritenuto conforme al principio "chi inquina paga" di cui all'art. 191 TFUE, la Corte di giustizia avendo chiarito che il diritto europeo non osta a una normativa nazionale la quale, nell'ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest'ultimo le misure di riparazione, non consente all'autorità competente di imporre l'esecuzione delle misure di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall'autorità competente nel limite del valore di mercato del sito (Corte Giust. UE, Sez. III, 4 marzo 2015, n. 534).

9.5. Alla stregua dei principi esposti, il proprietario che non ha contribuito all'inquinamento del proprio fondo non può essere considerato responsabile in forma omissiva per mancato controllo dell'area, salvo che abbia violato uno specifico obbligo giuridico di attivarsi: «va esclusa, infatti, la configurabilità, quale concorso nel determinare – l'aggravamento di – una contaminazione, del comportamento omissivo del proprietario rispetto a condotte positive cui esso non era tenuto, non essendo responsabile del relativo inquinamento originario, ma che avrebbero potuto costituire a norma di legge solo delle sue mere iniziative volontarie. La posizione di proprietario c.d. incolpevole, in altre parole, non viene meno per il solo fatto che il proprietario avrebbe potuto, in ipotesi, attivarsi efficacemente, ma solo quando la relativa omissione abbia comportato la violazione di un preciso obbligo giuridico di azione positiva, obbligo in difetto del quale è la stessa causalità giuridica a fare difetto (arg. ex art. 40 cpv. cod. pen.)» (Cons. Stato, Sez. V, 9 luglio 2015, n. 3449).

Un obbligo giuridico di azione è rinvenibile, per esempio, nella mancata segnalazione alle autorità di attività inquinanti in essere sul fondo, delle quali il proprietario era a conoscenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2021, n. 780), nonché nell'inottemperanza a specifici ordini dell'autorità propedeutici a prevenire la diffusione di un fattore contaminante, mentre non può essergli ascritta una generica responsabilità da omissione di cautele volte a evitare la propagazione dell'inquinamento sul fondo, posto che la riparazione del danno ambientale grava, a norma di legge, solo sul responsabile della contaminazione (art. 242 cod. amb.) o, in mancanza, sull'amministrazione (art. 250 cod. amb.), non anche sul proprietario incolpevole.

10. Ebbene, nel caso di specie, a -OMISSIS- è stata addebitata una generica responsabilità da inquinamento in forma omissiva, in assenza di specifici obblighi di azione. Riprova ne è che il provvedimento n. 3850 del 2019 della Città metropolitana di Milano menziona, laconicamente, l'omissione di misure volte a evitare la contaminazione del terreno in cui i rifiuti erano depositati, ma non specifica quali misure l'appellato avrebbe dovuto adottare, né, tantomeno, le fonti da cui ricavare l'obbligo di questi di attivarsi. Neppure in giudizio sono emersi specifici obblighi di azione violati dall'appellato.

10.1. Come condivisibilmente osservato dal giudice di primo grado, non sussisteva l'obbligo di allertare le autorità della presenza di rifiuti interrati nel fondo, giacché queste ne erano a conoscenza sin dal 1986 e avevano anche assunto d'ufficio delle iniziative per contrastare il danno ambientale che tali rifiuti avrebbero potuto provocare.

10.2. Parimenti, come anche evidenziato dal T.A.R., nessun obbligo di attivarsi derivava da specifici provvedimenti amministrativi. L'unico ordine autoritativo che l'appellato ha ricevuto è contenuto nel provvedimento del Comune di -OMISSIS- n. 298 del 1988, che aveva ingiunto gli eredi di -OMISSIS- (in quanto ritenuti responsabili dell'interramento di rifiuti) della pulizia del fondo e della bonifica dell'area. Tuttavia, su ricorso degli ingiunti, il provvedimento è stato, dapprima, sospeso in via cautelare (ordinanza del T.A.R. Lombardia n. 296 del 1989) e, poi, annullato (sentenza del T.A.R. Lombardia n. 305 del 1994, confermata in appello con sentenza del Consiglio di Stato n. 1904 del 2001). Ne consegue che l'ordinanza comunale non costituiva titolo idoneo a fondare un obbligo specifico di azione in capo all'appellato.

10.3. In linea generale, poi, non è possibile rinvenire la responsabilità da inquinamento del proprietario nella mancata bonifica del proprio fondo. Come più volte esposto, l'obbligo di bonifica grava esclusivamente sul responsabile della contaminazione e, in mancanza, sull'amministrazione. Addebitare al proprietario una responsabilità da inquinamento per non aver assunto, volontariamente, la bonifica dell'area equivale a estendere surrettiziamente l'obbligo di bonifica al proprietario incolpevole. In questo modo, si inverte la sequenza logica tra cause e conseguenze, poiché la bonifica normativamente è la conseguenza della responsabilità da inquinamento, mentre, secondo il capovolto costrutto logico sopra descritto, la sua omissione finisce per essere riguardata alla stregua di una causa della contaminazione. Soprattutto, in tal modo, si sovverte l'impianto normativo, che – conformemente al principio "chi inquina paga" – esonera il proprietario, che non ha contribuito all'inquinamento, dall'obbligo di bonifica.

Perdono, dunque, rilievo le dissertazioni delle amministrazioni appellanti sulla "precarietà" della bonifica intrapresa dal Comune di -OMISSIS- nel 1991 e poi abbandonata. Quand'anche le operazioni di bonifica fossero state avviate nella prospettiva (poi delusa) di poter recuperare le spese dai proprietari del fondo o dalla Regione Lombardia, comunque i proprietari non sarebbero stati tenuti a subentrare nella bonifica in luogo del Comune, poiché non responsabili dell'inquinamento.

Per la stessa ragione, a costoro non sarebbe stata rimproverabile alcuna omissione, financo laddove il Comune di -OMISSIS- non avesse assunto alcuna iniziativa per il contrasto del danno ambientale: come già esposto, infatti, va esclusa la configurabilità di una responsabilità ambientale nel comportamento omissivo del proprietario incolpevole rispetto a condotte positive cui esso non era tenuto, ma che avrebbero potuto costituire, a norma di legge, solo iniziative volontarie (Cons. Stato, Sez. V, 9 luglio 2015, n. 3449).

10.4. Parimenti, la responsabilità dell'appellato non può rinvenirsi nell'omessa assunzione di "misure di prevenzione" nel senso tecnico del termine, come, invece, parrebbe trapelare dalle difese spiegate in giudizio dalla Città Metropolitana di Milano e dal Comune di -OMISSIS-. È vero che l'esecuzione delle misure di prevenzione rientra tra i pochi obblighi giuridici facenti capo al proprietario incolpevole dell'inquinamento, ai sensi dell'art. 245 cod. amb. Tuttavia, esse sono normativamente definite come «le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia» (art. 240, co. 1, lett. i, cod. amb.) e devono essere adottate entro le ventiquattro ore dalla verificazione di un evento potenzialmente contaminante (art. 242, co. 1, cod. amb., richiamato dall'art. 245 cod. amb.). Pertanto, le misure di prevenzione si caratterizzano per l'urgenza e per l'immediatezza, facendo fronte a un rischio di danno imminente e dovendo essere attivate repentinamente per prevenirlo. La conformazione giuridica delle misure di prevenzione non si confà alla situazione esistente nel caso concreto, ove si è assistito a una lenta e progressiva trasmissione degli inquinanti presenti nei rifiuti interrati al terreno circostante. Inoltre, come anticipato, non è dato sapere quali misure di prevenzione -OMISSIS- avrebbe dovuto adottare e in che arco temporale, né, sotto il profilo eziologico, viene illustrato in che modo l'esecuzione di tali (ignote) misure avrebbe potuto evitare la contaminazione del terreno.

10.5. Di certo, non è possibile far coincidere le misure di prevenzione, astrattamente facenti capo al proprietario del fondo, con la rimozione di rifiuti. In altri termini, non è consentito argomentare che l'appellato, onde prevenire l'inquinamento del fondo, avrebbe dovuto rimuovere e smaltire i rifiuti interrati. Una tale conclusione sarebbe il frutto di una errata sovrapposizione tra la responsabilità da inquinamento (artt. 239 e ss. cod. amb.) e la responsabilità da abbandono di rifiuti (art. 192 cod. amb.), delle quali si sono già tratteggiate le differenze. Solo chi è responsabile per l'abbandono di rifiuti è tenuto a rimuoverli, a smaltirli o a recuperarli e a ripristinare lo stato dei luoghi, ex art. 192, co. 3, cod. amb. Ebbene, come già osservato, nel caso in esame è pacifico che -OMISSIS- non è responsabile – né in proprio né per successione del padre – dell'interramento dei rifiuti nel proprio terreno, neppure a titolo omissivo, ossia per omessa custodia del fondo da illeciti di terzi. L'unico provvedimento che gli ha imputato siffatta colpa (l'ordinanza comunale n. 298 del 1988) è stato annullato e le amministrazioni hanno, in seguito, riconosciuto l'estraneità dell'appellato da siffatta forma di responsabilità. Pertanto, assumere che questi avrebbe dovuto rimuovere i rifiuti per prevenire l'inquinamento del fondo equivale ad addebitargli impropriamente, al di fuori dei presupposti di legge, un obbligo a lui estraneo.

10.6. Infine, nessun rilievo, ai fini della configurazione di una responsabilità da contaminazione del fondo, assume la circostanza che l'appellato abbia continuato a esercitare la propria impresa agricola nonostante fosse a conoscenza della presenza di rifiuti interrati. La causa dell'inquinamento, infatti, non deriva dall'attività agricola né vi è prova che questa abbia acuito la contaminazione. Pertanto, legittimamente il proprietario ha continuato a coltivare il fondo e ad allevarvi il bestiame, non potendosi certo pretendere che, in difetto di responsabilità e prima che pervenisse un apposito ordine sospensivo dell'autorità sanitaria (volto, peraltro, a prevenire il distinto rischio di compromissione della sicurezza alimentare), questi smettesse di godere del proprio fondo. Inoltre, come condivisibilmente osservato dal giudice di primo grado nella sentenza appellata, «[i]nconferente […] si palesa la circostanza legata alle conseguenze della contaminazione dell'area "-OMISSIS-" che hanno indotto il Comune di -OMISSIS-, con ordinanza del 27 aprile 2018, adottata su impulso dell'A.T.S., a vietare la coltivazione di prodotti a uso alimentare, sia umano che animale, essendo stata rilevata la presenza di PCB (PoliCloroBifenili) nel foraggio, nel latte e nel muscolo di vitellone, cui ha fatto seguito il sequestro sanitario dell'azienda agricola del ricorrente. Tale accadimento ha soltanto confermato la contaminazione presente nel sito di proprietà di quest'ultimo, che non ha mai negato la sussistenza della compromissione del terreno, ma ha semplicemente contestato di essere tenuto a sopportare i costi della sua bonifica, non essendo in alcun modo responsabile dell'inquinamento».

11. Le considerazioni innanzi svolte sono sufficienti a giustificare il rigetto degli appelli proposti dalla Città metropolitana di Milano e dal Comune di -OMISSIS-. Si soprassiede, quindi, dallo scrutinio delle questioni relative alla discussa contraddittorietà tra l'esito del procedimento per cui è causa, che ha (illegittimamente) condotto all'individuazione di -OMISSIS- quale responsabile della contaminazione del terreno di -OMISSIS-, e le opposte conclusioni, raggiunte dalla Città metropolitana di Milano, nelle indagini sull'inquinamento delle acque di falda e del terreno di -OMISSIS-. Parimenti, si mantiene assorbito il motivo di censura dei provvedimenti impugnati in primo grado, concernente la violazione del contraddittorio procedimentale, riproposto dall'appellato ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 101, co. 2, cod. proc. amm.

12. Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna, in solido, la Città metropolitana di Milano e il Comune di -OMISSIS- al pagamento, in favore di -OMISSIS-, delle spese del secondo grado di giudizio, liquidate in euro 8.000 per compensi, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

Martina Arrivi, Consigliere, Estensore