Cass. Sez. III n.27674 del 28 luglio 2025 (CC 2 lug 2025)
Pres. Ramacci Est. Scarcella Ric. Ponziano
Urbanistica.Rapporti tra permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica
La mancanza di autorizzazione paesaggistica rende di fatto le opere ineseguibili e giustifica, in caso di realizzazione, provvedimenti inibitori e sanzionatori in quanto realizzati in violazione del divieto di cui all’art. 146, comma 2, del d. lgs. n. 42/2004 e, di fatto, in assenza di un titolo autorizzativo; correlativamente il titolo edilizio nel frattempo eventualmente rilasciato, in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non è invalido, ma è inefficace
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 6 febbraio 2025, il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Termini Imerese ha rigettato l'istanza di revoca dell'ingiunzione a demolire proposta nell'interesse di Vincenzo Ponziano e Rosa Meccia in data 20 giugno 2024, avente ad oggetto il manufatto meglio descritto in atti ed oggetto della sentenza del GIP presso la Pretura circondariale di Termini Imerese, irrevocabile il 30 marzo 1995 nonché della sentenza del Pretore di Termini Imerese, irrevocabile il 24 aprile 1996.
2. Avverso tale provvedimento hanno proposto congiunto ricorso per cassazione Vincenzo Ponziano e Rosa Meccia a mezzo del comune difensore di fiducia, articolando un unico motivo, di seguito sommariamente enunciato ex art.
173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deducono, con tale unico motivo, il vizio di motivazione per avere il Tribunale ritenuto erroneamente la concessione edilizia in sanatoria rilasciata dal comune di Termini Imerese non idonea a sanare l’abuso in mancanza di nulla osta paesistico.
In sintesi, premessa la cronistoria che ha condotto al rilascio della concessione in sanatoria in data 22 marzo 2010, asseritamente avente ad oggetto l'abuso commesso e accertato in data 22 dicembre 1994, si contesta l'impugnata ordinanza nella parte in cui il giudice ha ritenuto inidonea la concessione in sanatoria poiché lo stato dell'immobile di cui si era richiesta la sanatoria il 27 marzo 1986 non poteva corrispondere allo stato in cui l'immobile si trovava realmente in considerazione dell'ulteriore protrazione dei lavori abusivi avvenuta nel 1994, ritenendo pertanto il giudice “il lastrico solare con copertura piana accessibile, avente struttura piana in cemento armato”, opera diversa e distinta dal “solaio in latero-cemento di metri 7X4 poggiato su un muro di fabbricato preesistente”. Si contesta tale valutazione del giudice dell'esecuzione in quanto nella sanatoria rilasciata si parlerebbe di lastrico solare come copertura piana accessibile e praticabile in conformità alla documentazione prodotta. A fronte dell'onere di allegazione assolto da parte della difesa dei ricorrenti, si sostiene che il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto effettuare i previsti accertamenti dando luogo alla conseguente istruttoria. I testi assunti in sede di incidente di esecuzione avrebbero, peraltro, entrambi confermato che la concessione era stata rilasciata in conformità alle richieste avanzate. Si contesta, poi, l'ordinanza impugnata nella parte in cui ritiene che il permesso di costruire in sanatoria sia inidoneo in quanto ampiamente condizionato ad una serie di prescrizioni, tra cui quella secondo la quale i lavori di completamento restavano subordinati al rilascio del prescritto nulla-osta presso la competente Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali.
Tale assunto, secondo la difesa, sarebbe fuorviante. Nessun nulla osta paesistico andava infatti richiesto a tale Soprintendenza, in quanto nessun lavoro di completamento delle opere sarebbe mai stato iniziato e, in ogni caso, i ricorrenti avrebbero assolto all'onere probatorio incombente per legge, deducendo che per le particelle 9, 10, 11, 18 era intervenuto il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, e, per la particella 17, era stata presentata la relativa domanda, allegando la documentazione relativa all'ottenimento del titolo abilitativo e della domanda presentata per la particella n. 17 a fronte dell'assolvimento di tale onere di allegazione, si insiste, il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto effettuare i previsti accertamenti dando luogo alla conseguente istruttoria.
3. In data 16 giugno 2025 è pervenuta la requisitoria scritta del Procuratore Generale presso questa Corte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Osserva il PG che il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto la illegittimità della concessione edilizia in sanatoria n. 24/2010, rilevando, in particolare, l’avvenuta emissione del provvedimento di revoca di diniego di concessione edilizia in sanatoria, da parte del Comune di Termini Imerese, in assenza dei relativi presupposti applicativi (alla luce della previsione di cui all’art. 49, co. 7, L. n. 449 del 1997, in relazione all’art. 39, co. 4, L. n. 724 del 1994, con riferimento alla domanda presentata ai sensi della legge n. 47 del 1985), la non corrispondenza dello stato dell’immobile di cui alla richiesta di sanatoria allo stato reale dello stesso, in considerazione della ulteriore protrazione dei lavori avvenuta nel 1994 (con completamento della costruzione del solaio), la circostanza dell’essere tale permesso in sanatoria condizionato ad una serie di prescrizioni, tra le quali il rilascio del prescritto nulla osta per il completamento dei lavori, emergendo, dunque, l’avvenuto rilascio della concessione edilizia n. 24/100 in assenza del prescritto nulla osta paesistico, non risultando lo stesso acquisito, né a monte della concessione in sanatoria, né a valle della stessa. Orbene, osserva il PG, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità - cfr. in motivazione Sez. 3, Sentenza n. 42624 del 2022 - … l'estinzione del reato per concessione in sanatoria, a differenza del cosiddetto condono edilizio, non consegue al pagamento di una somma a titolo di oblazione, ma si fonda sul rilascio della concessione sanante da parte dell'Autorità amministrativa, previo accertamento di conformità o di non contrasto delle opere abusive non assentite agli strumenti urbanistici vigenti, approvati o anche semplicemente adottati, nel momento della realizzazione ed in quello della richiesta (Sez.3, n. 6331del 20/12/2007, Rv. 238822). Il Giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di verificare la legittimità e l’efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge (Sez. 3, n. 55028 del 09/11/2018), nonché, ai fini della revoca dell’ordine di demolizione, di valutare la conformità delle opere abusive alla normativa antisismica (cfr. Sez. 3, n. 22580 del 15/01/2019).
Premessa, dunque, la rilevanza della verifica di conformità (anche in relazione alla presenza di una contestazione di violazione della normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio), nel caso in esame il Giudice dell’esecuzione ha evidenziato, oltre alla mancata acquisizione del prescritto nulla osta paesistico, diversi profili incidenti sulla legittimità della concessione in sanatoria, che non appaiono superati dalle deduzioni difensive. In particolare, la dedotta integrazione della domanda in sanatoria (indicata in ricorso come depositata in epoca successiva al dicembre del 1994) e della documentazione richiesta al Comune, nelle more del procedimento amministrativo, non appaiono consentire di superare gli elementi evidenziati dal Giudice dell’esecuzione, relativi alla tardività della produzione documentale a supporto dell’istanza (effettuata, secondo quanto indicato nell’ordinanza impugnata, in data 22.1.2010), e alla ritenuta difformità tra le opere indicate nel titolo - recante la descrizione delle opere di cui alla domanda di sanatoria edilizia presentata in data 27.3.1986 - e quelle descritte in imputazione (relative anche al completamento del solaio in data 22.12.1994), corrispondenti allo stato dei luoghi, a fronte della sola indicazione del lastrico solare contenuta nella concessione in sanatoria. In tali termini, alla luce degli elementi in atti, al di là della valutazione in ordine alle condizioni imposte ai fini del completamento delle opere (tra le quali il rilascio del prescritto nulla osta presso la competente Soprintendenza), le conclusioni a cui perviene l’ordinanza impugnata appaiono immuni da censure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi, trattati cartolarmente nelle forme previste dall’art. 611, cod.
proc. pen., sono infondati.
2. Il giudice dell’esecuzione ha correttamente concluso per la radicale illegittimità della sanatoria edilizia e per la conseguente infondatezza del proposto incidente di esecuzione, evidenziando l’ondivago comportamento posto in essere dall’Amministrazione comunale che, dapprima, ha emesso un provvedimento di diniego relativo all’originaria domanda di sanatoria edilizia avanzata in data 27/03/1986 e, successivamente, lo ha revocato a seguito di una tardiva produzione documentale della Rosa Meccia.
3. Correttamente, il giudice dell’esecuzione ha affermato che l’art. 49, comma 7, L. n. 449/1997, prevede che le disposizioni di cui al penultimo periodo del comma 4 dell’art. 39, L. n. 724/1994, si applicano anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi della L. n. 47/1985, per cui non sia maturato il silenzio assenso a causa di carenza di documentazione obbligatoria per legge;
laddove la disposizione richiamata – art. 39, comma 4, ultimo periodo – stabilisce che “la mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione”.
A tal proposito, il giudice ha valorizzato la giurisprudenza di questa stessa Sezione (il riferimento è alla sentenza n. 30561 del 29/05/2019), laddove si sottolinea che, in tema di reati edilizi, l’omesso adempimento, nel termine perentorio di tre mesi, circa la richiesta dell’amministrazione comunale di integrazione sostanziale della documentazione a supporto di un’istanza di condono, rende detta istanza improcedibile ai sensi dell’art. 39, comma quarto, legge n. 724 del 1994.
3.1. Nel caso di specie, non è dato comprendere sulla base di quale previsione normativa il Comune di Termini Imerese abbia potuto revocare un precedente diniego scaturito da un’ipotesi di improcedibilità statuita espressamente dalla legge.
3.2. Nello specifico, in data 27/03/1986, veniva presentata da Vincenzo Ponziano e dalla moglie domanda di sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 31 della Legge 47/85; in data 29/12/2008 veniva emesso dal Comune di Termini Imerese provvedimento di diniego per carenza di documentazione. Solamente in data 22/01/2010, Rosa Meccia provvedeva al deposito della documentazione richiesta.
Si tratta di un arco temporale maggiore rispetto al termine di tre mesi richiesti dall’art. 39, comma quarto, legge n. 724 del 1994, rendendo in tal modo improcedibile l’istanza di condono.
4. Quanto al primo punto oggetto di contestazione difensiva, non sussistono vizi su quanto sviluppa l'ordinanza impugnata al paragrafo 8 laddove, operando proprio un ricognizione del contenuto letterale della sanatoria edilizia e della imputazione in cui veniva contestata l'abusiva violazione dei sigilli, ossia il completamento della costruzione del solaio nel dicembre del 1994, il giudice dell'esecuzione ha ritenuto come di “solare evidenza” il fatto che lo stato dell'immobile di cui era stata chiesta la sanatoria il 27 marzo 1986 non potesse corrispondere allo stato dell'immobile, in considerazione della protrazione dei lavori abusivi avvenuta nel 1994. In particolare, si ritiene che il lastrico solare con copertura piana accessibile e praticabile, avente struttura portante in c.a.”, oggetto del permesso di costruire in sanatoria n. 24/2010, sia opera diversa e distinta dal “solaio in latero-cemento di mt 7x4 poggiato su un muro di fabbricato preesistente”.
4.1. Nel caso di specie, lo stato dell’immobile di cui è stata chiesta la sanatoria in data 27/03/1986 non corrispondeva allo stato in cui l’immobile si trovava realmente, avendo il ricorrente protratto i lavori abusivi mediante la costruzione del solaio in latero-cemento avvenuta nel 1994, di cui, peraltro, non è stata presentata alcuna domanda di sanatoria.
4.2. Il Consiglio di Stato, sezione terza, con sentenza n. 8801 del 5 novembre 2024, ha affermato che le opere realizzate in modo abusivo in aree sottoposte a specifici vincoli, come quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo; b) se pure realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie; d) vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo; in ogni caso, non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità anche relativa.
4.3. Nel caso di specie, nessuna di tali condizioni appare sussistente, dal momento che, come affermato poc’anzi, l’opera abusiva realizzata in zona vincolata è stata ampliata con la costruzione del solaio.
5. Quanto al secondo punto oggetto di contestazione, correttamente l’ordinanza impugnata, al paragrafo 9, afferma che la concessione edilizia n.
24/2010 è in ogni caso radicalmente illegittima in forza del principio di diritto secondo cui: “è illegittimo, e non determina l’estinzione del reato edilizio di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica” (Sez. 3, n. 28666 del 07/07/2020).
5.1. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione sottolinea come il permesso di costruire in sanatoria è stato condizionato ad una vasta serie di prescrizioni, tra cui quella secondo la quale i lavori di completamento erano subordinati al rilascio del nulla-osta paesaggistico – essendo stato il manufatto realizzato in zona soggetta a vincolo paesaggistico –, nulla-osta che pacificamente non risultava essere stato rilasciato.
5.2. Con riferimento alla circostanza della sussistenza, nel caso di specie, di area vincolata paesaggisticamente, che, essendo la possibilità di una autorizzazione paesaggistica postuma espressamente esclusa dalla legge – ad eccezione dei casi, tassativamente individuati dall’art. 167, commi 4 e 5, relativi agli “abusi minori” – tale preclusione, considerato che l’autorizzazione paesaggistica è correlata al rilascio del permesso di costruire, impedisce anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001; e l’eventuale rilascio della predetta autorizzazione paesaggistica in spregio a tale esplicito divieto, oltre a non produrre alcun effetto estintivo dei reati, non impedisce neppure l’emissione dell’ordine di rimessione in pristino (Sez. 3, n. 23427 del 29/04/2022, Sharov ed altri, non mass.).
5.3. A sostegno di tale orientamento, si osserva, per la migliore comprensione tematica, quanto segue: in caso di abusi in area vincolata, il reato ex art. 44, lett. c), D.P.R. 380/2001 richiede l’assenza del titolo edilizio e della autorizzazione paesaggistica e, in caso di rilascio, prima dell’edificazione, del solo permesso di costruire, in assenza comunque della autorizzazione paesaggistica, tale ultima circostanza determina l’inefficacia del titolo edilizio rilasciato, il quale, in altri termini, non è in grado, in tale peculiare caso, di spiegare di per sé alcun effetto giuridico, nemmeno nel limitato ambito del solo profilo edilizio che, nella fattispecie in esame, è strettamente connesso, al profilo paesaggistico. Consegue che nel caso, ulteriore, ma certamente correlato sotto il profilo della logica giuridica, di avvio, in presenza di opera abusiva già realizzata, di una procedura di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001, in zona vincolata, il rilascio postumo del permesso di costruire, in assenza di autorizzazione paesaggistica non può sanare neppure il limitato profilo urbanistico dell’intervento già posto in essere. Pena, in caso contrario, il paradosso per cui, in caso di rilascio, ab origine, ovvero prima dell’edificazione poi contestata, di un permesso di costruire tuttavia non accompagnato dalla preventiva autorizzazione paesaggistica, ricorrerebbero tanto il reato ex art. 44 lett. c) del DPR 380/2001 che il reato paesaggistico ex art. 181 del d. lgs. 42/2004. Mentre, nel caso più grave, in cui si costruisca già senza alcun previo titolo, neppure edilizio, e tuttavia si ottenga, solo successivamente, il solo permesso di costruire, si verrebbe quantomeno a “sanare” il reato edilizio ex art.
44 lett. c) citato (Sez. 3, n. 5750 del 10/02/2023, D’alterio, Rv. 284314-01).
5.4. Anche sul fronte della giurisprudenza amministrativa, viene affrontato il rapporto tra l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire.
Secondo quanto dispone il primo periodo del comma 4 dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”.
Inoltre, il procedimento del rilascio del nulla osta paesaggistico è un procedimento parallelo e autonomo rispetto a quello per il rilascio del titolo abilitativo edilizio; così come autonome, seppure collegate da un rapporto di presupposizione ed interdipendenza perché vertenti sullo stesso oggetto, risultano le valutazioni rimesse all’autorità amministrativa in merito agli interessi paesaggistici e a quelli urbanistici: le prime finalizzate a verificare la consistenza urbanistica dell’edificazione rispetto ai parametri della zona, le seconde a rilevare la percezione dell’inserimento della consistenza edilizia nello spazio rispetto al contesto paesaggistico di riferimento. Ne deriva che il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico non coincide con la disciplina urbanistico edilizia, ma nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo.
In ragione di quanto sopra, il Consiglio di Stato ha statuito che “il fatto che siano stati rilasciati i titoli edilizi, pur in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non può in alcun modo legittimare anche sotto il profilo paesaggistico il fabbricato in quanto tale esito si porrebbe in contrasto con il principio espresso dalla Corte costituzionale (Corte Cost. 196/2004) secondo la quale l’interesse paesaggistico deve sempre essere valutato espressamente anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici nonché con la giurisprudenza di questo Consiglio che, nelle materie che coinvolgono interessi sensibili, quale quello paesaggistico, limita l’istituto del silenzio assenso solo al ricorrere di previsioni normative specifiche e nel rispetto di tutti i vincoli ordinamentali (Consiglio di Stato n. 6591/2008)”.(Cons. St., Sez. 6, 3 maggio 2022, n. 3446).
Pertanto, la mancanza di autorizzazione paesaggistica rende di fatto le opere ineseguibili e giustifica, in caso di realizzazione, provvedimenti inibitori e sanzionatori in quanto realizzati in violazione del divieto di cui all’art. 146, comma 2, del d. lgs. n. 42/2004 e, di fatto, in assenza di un titolo autorizzativo; correlativamente il titolo edilizio nel frattempo eventualmente rilasciato, in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non è invalido, ma è inefficace” (Cons. St., Sez. 6, 5 settembre 2022, n. 7701).
6. Alla luce di tali argomentazioni, sia la giurisprudenza ordinaria che amministrativa convengono nel ritenere il permesso di costruire inefficace in assenza dell’autorizzazione paesaggistica.
6.1. Nel caso in esame, come correttamente affermato dal giudice dell’esecuzione, poteva pacificamente concludersi che la concessione n. 24/2010, rilasciata dal Comune di Termini Imerese in assenza del prescritto nulla osta paesistico della competente Soprintendenza BB.AA.CC., è totalmente inidonea a sanare l’abuso edilizio accertato con autorità di giudicato.
7. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di entrambi i ricorrenti ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 02/07/2025