CORTE DEI CONTI PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE per la Regione CAMPANIA
RELAZIONE Del Procuratore Regionale dott. Arturo Martucci di Scarfizzi in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2007
Emergenza rifiuti

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II - EMERGENZA RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI SOLIDI URBANI – SVILUPPI E AGGIORNAMENTI

Si tratta di un aggiornamento che ci si augurava di non dover fare, ma la realtà operativa e gli atti normativi intervenuti mostrano che non si è fuori dall’emergenza rifiuti e che si stenta oltremodo a tenere sotto controllo una situazione sempre meno gestibile.

Di tale situazione sono testimonianza: l’ulteriore proroga dello stato di emergenza al 31/12/2007; la nomina di un nuovo Commissario Delegato, nella stessa persona del Capo del Dipartimento della Protezione civile, coadiuvato da tre sub Commissari, di cui uno vicario; la ricostituzione, nella nuova Legislatura, della Commissione Bicamerale di inchiesta sul ciclo integrato dei rifiuti (che subentra a quella che terminò i propri lavori con la Relazione del 2006, pervenuta a questa Procura regionale); il mancato completamento anche di uno solo dei due termovalorizzatori previsti; la risoluzione “ex lege” (D.L. n. 245/2005, convertito dalla Legge n. 21/2006) del contratto con le affidatarie del servizio di smaltimento FIBE S.p.a. e FIBE Campania S.p.a., mentre la FISIA impianti, secondo quanto risulta, continua a gestire la costruzione del termovalorizzatore di Acerra.

I provvedimenti normativi si sovrappongono continuamente nell’intento di fronteggiare la perdurante emergenza: anzi, quella che è stata definita in sede di Commissione Bicamerale, relativamente agli anni 2001/2003, come “l’emergenza nell’emergenza”, quasi fosse possibile sottolineare ancor più la situazione di estrema difficoltà della gestione dei rifiuti in Campania, con una spendita, solo in tale limitato periodo, di oltre €. 160.000.000,00.

Si pensi che dal 2004 al 2006 sono intervenute, per disciplinare l’”emergenza” rifiuti, decine di Ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, decine di Ordinanze e di Decreti di Protezione civile nell’arco di un decennio, vari Decreti Legge, poi convertiti in legge, solo nel periodo 2005/2006, innumerevoli Ordinanze Commissariali.

E’ stata poi istituita la Consulta Regionale dei rifiuti; sono state maggiorate le tariffe di conferimento per i comuni che non raggiungono la percentuale massima di raccolta differenziata con incentivi per i comuni che la praticano; sono stati previsti nuovi siti di stoccaggio; sono state autorizzate nuove discariche e la messa in sicurezza di quelle già presenti per lo smaltimento dei rifiuti non particolari provenienti dalle attività di selezione, trattamento e raccolta; in particolare, sono stati conferiti nuovi, ampi poteri straordinari, anche di natura sostitutiva, al Commissario Delegato.

Sembra ormai acclarato – e i provvedimenti normativi intervenuti ne prendono atto – che il nodo centrale, o almeno uno dei principali nodi da sciogliere, è quello della raccolta differenziata, come del resto già in precedenza questo stesso Requirente aveva esposto.

La “differenziata”, infatti, risponde a varie finalità e, se effettuata, innesca un ciclo virtuoso, mentre, se inattuata, determina conseguenze negative a catena.

Gli effetti benefici consistono non solo nei ricavi economici provenienti dalle cosiddette frazioni nobili (carta, legno, alluminio, plastica, vetro, etc.), ma, soprattutto, nella possibilità di far confluire agli impianti di C.D.R. materiale idoneo al confezionamento delle “ecoballe” (ormai stoccate per vari milioni di tonnellate in siti “provvisori”), che dovranno poi essere bruciate dai realizzandi termovalorizzatori.

La mancata, o del tutto insufficiente, raccolta differenziata la cui incidenza determina quindi, per converso, non solo mancati introiti, ma, soprattutto, maggiore produzione di C.D.R. e di residui della lavorazione anche non conformi a legge (spesso gli impianti – che lavorano oltre i propri stessi limiti – sono stati oggetto di sequestro da parte della Magistratura); per non dire dell’interrogativo che si pone sulla stessa capacità di combustione di tali “ecoballe” e sul tipo di energia che se ne potrà ricavare, atteso che proprio la produzione di energia riconvertita rappresentava lo scopo finale del ciclo integrato dei rifiuti.

Nel corso del 2006 non solo è stata resa pubblica la Relazione della Commissione Bicamerale d’inchiesta che ha operato nella scorsa Legislatura, ma è anche pervenuta la Relazione dei Servizi Ispettivi della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha eseguito i suoi lavori dal maggio 2004 al marzo 2005, mentre, con Relazione del passato Commissario delegato, è stato riferito sulla situazione debitoria maturata a carico dello stesso Commissariato.

Ovviamente, i “tagli” delle citate relazioni sono diversi poiché quella parlamentare evidenzia soprattutto (ma non solo) le responsabilità di ordine gestionale e di alta amministrazione,(impostazione iniziale del contratto di affidamento; il nuovo accordo con la FIBE, la sofferenza nei crediti verso i Comuni, le problematiche legate agli impianti di C.D.R. e ai siti di stoccaggio, etc.); quella ispettiva pone in evidenza, per lo più, episodi vari di cattiva gestione del denaro pubblico affluito durante il lungo periodo dell’emergenza al Commissariato; quella del Commissario delegato espone, sostanzialmente “fotografandola”, la situazione debitoria del Commissariato stesso, evidenziando i continui ritardi nei pagamenti, la carenza di giustificazioni contabili, i notevoli contenziosi con varie ditte, etc..

Il quadro d’insieme che ne emerge è piuttosto desolante, non solo per gli episodi puntuali – ovviamente tutti da verificare attentamente per inferirne poi le singole responsabilità – ma, soprattutto, perché il complessivo “modus operandi” ha generato una situazione foriera di possibili rilevantissimi danni patrimoniali che ancora per lo più non si sono conclamati, ma i cui elementi e presupposti sono tuttavia presenti.

Si pensi, soltanto esemplificativamente, ai contenziosi con le società che operano a tutti i livelli in piena emergenza a fronte di una provvista finanziaria spesso insufficiente, alle difficoltà di reperimento dei siti di stoccaggio, alla situazione di estrema difficoltà di rientro nella debenza dei tributi di conferimento dovuti dai Comuni e che dovrebbero almeno in parte alimentare le finanze del Commissariato, alle intuibili difficoltà manutentorie e di funzionamento dell’impiantistica (C.D.R. e, poi, dei realizzandi termovalorizzatori) a causa della composizione del “surplus” di materiale non differenziato che vi affluisce.

Inoltre, vi sono le ingenti spese di personale distribuito tra consorzi, comuni, società e aziende affidatarie dei servizi di raccolta che spesso non viene utilizzato, o non viene utilizzato al meglio, né con modalità sinergiche.

Appare, dunque, ultroneo e anche alquanto fuorviante disquisire se le responsabilità attengano al momento della “raccolta” dei rifiuti o a quello dello “smaltimento”, in quanto trattasi di due fasi integrate, ma è plausibile, per ragioni logiche, pensare che la cattiva gestione della raccolta differenziata determini, poi, anche un insufficiente ciclo di smaltimento, senza, peraltro, sottovalutare i problemi propri di quest’ultima fase, come è dimostrato dal fatto che slitta continuamente l’entrata in funzione del termovalorizzatore di Acerra, la cui attivazione “sperimentale”dovrebbe avvenire nel 2007, mentre i lavori per il termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa segnano il passo.

Questo Requirente, che da qualche tempo aveva iniziato a seguire l’andamento di un quadro che già appariva fortemente preoccupante e che via via si è andato conclamando con le risultanze delle citate Relazioni, ha intrapreso anche varie iniziative, da un canto, enucleando puntuali fattispecie di responsabilità amministrativa e, dall’altro, aprendo varie vertenze e istruttorie nei settori più macroscopicamente indiziari della mancata o insufficiente raccolta differenziata.

Nel corso del 2006 è stata depositata una citazione per danno patrimoniale e non patrimoniale nei confronti di amministratori e membri del Consiglio di amministrazione “pro-tempore” di ASIA S.P.A., per non aver conseguito, negli anni 2002/2004, i livelli minimi di raccolta differenziata (35%) previsti dal Decreto “Ronchi”.

Il profilo di danno per ora evidenziato è costituito dai mancati introiti per la vendita dei materiali che avrebbero dovuto essere differenziati e, pur tenendo conto di ogni possibile elemento di difficoltà o di cause di parziale giustificazione, il pregiudizio complessivo è stato stimato in non meno di €. 5.700.000,00.

Altra vicenda di un certo rilievo, collocabile temporalmente negli anni 2001 – 2002, venuta all’attenzione di questo Requirente, è quella relativa alla Società PAN (Società Protezione Ambiente e Natura S.p.a.), nata per diffondere informazione nel settore ambientale, collegata ad un consorzio, con quote poi confluite nella Regione Campania e nel Commissariato ai rifiuti.

Lo strumento operativo era un “Call Center” rimasto per lo più inattivo e costituito, secondo quanto allo stato degli atti risulta, al di fuori delle funzioni commissariali che erano di diversa natura.

E’ stata quindi depositata una citazione per danni pari a oltre €.3.900.000,00.

E’ stato, poi, depositato atto di citazione (della cui istruttoria si era data notizia lo scorso anno) per l’impianto di tritovagliatura dei rifiuti in Palomonte, autorizzato nel 2002 e mai entrato in funzione perché ritenuto non più rientrante nel piano di gestione dell’emergenza su scala regionale; neanche una seconda destinazione del sito per un impianto selettivo di valorizzazione delle frazioni secche separabili dalla raccolta differenziata ha poi trovato attuazione, mentre è accertata la successiva vandalizzazione dei luoghi.

Dalla vicenda ora enunciata è scaturito un danno di complessivi €. 861.000,00 imputabile sia ad opere edili e di impiantistica, sia ad indennità di occupazione del suolo.

Altra ipotesi di danno che ha costituito oggetto di invito a dedurre riguarda, poi, illegittimi rimborsi di spese ad un sub Commissario per circa €. 35.000,00.

Indagini sono in corso anche per verificare la congruità dei compensi corrisposti da pregresse gestioni commissariali a Commissioni e consulenti esterni, per i quali, peraltro, allorchè trattasi di pareri legali, occorre tenere conto delle tariffe professionali vigenti.

Molte delle evidenziate problematiche hanno origine, come si è anticipato, direttamente o indirettamente, nella mancata o insufficiente raccolta differenziata.

In base ai dati rappresentati nell’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti approvato dal Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, con Ordinanza n. 77 del 10/3/2006 (in G.U. del 24/3/2006), risulta che la stragrande maggioranza dei Comuni della Campania, nell’anno 2004, non ha raggiunto la percentuale minima di raccolta differenziata e tra questi spiccano tutti i Capoluoghi provinciali.

E’ stato, pertanto, costituito, nel 2006, un gruppo di indagine con il compito di appurare le cause di tali inadempimenti, individuandosi inizialmente 36 comuni con maggiore produzione di rifiuti e che risultano non aver dimostrato neanche una tendenziale propensione al progressivo raggiungimento della soglia minima di raccolta differenziata, restando anche al di sotto della percentuale del 20% (la “minima” sarebbe del 35%).

E’ apparso utile, infatti, acquisire una serie di elementi conoscitivi di valutazione relativi alle modalità di gestione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani con particolare riguardo alla raccolta differenziata quali, ad esempio, la disciplina regolamentare adottata, le deliberazioni o determinazioni assunte, i rapporti con il Commissariato ai rifiuti e con i Consorzi di Bacino, gli eventuali finanziamenti o le sovvenzioni ricevute, i dati relativi al totale dei rifiuti e di quelli conferiti agli impianti di C.D.R., nonché ai costi del servizio.

Tali indagini riguardano due Comuni per ognuno dei diciotto Consorzi operanti nella Regione, ivi compresi tutti e cinque i Capoluoghi di provincia, ma, poiché la percentuale di legge (35% di “differenziata”) è stata raggiunta solo da pochi comuni, non si esclude di estendere tale iniziali indagini istruttorie se gli accertamenti disposti ponessero in chiara evidenza una generalizzata e gravemente ingiustificata inadempienza.

Nell’ambito delle attività per la raccolta differenziata un ruolo di rilievo è (o dovrebbe essere) svolto dai Consorzi di Bacino istituiti con Legge Regionale n. 10/93, ciascuno comprendente un numero variabile di Comuni.

Tali Consorzi, strutturati come aziende private e, quindi, per lo più retti da disciplina civilistica, interagiscono con i comuni facenti parte del relativo Bacino per la selezione della “differenziata”, gli eventuali impianti di trasferenza, le “isole ecologiche” e quant’altro si riferisce alla organizzazione ed esecuzione dei servizi di igiene urbana.

Generalmente, i Consorzi dispongono di personale (assunto a tempo determinato e indeterminato), gestiscono appalti e contratti, pagano spesso noli di trasporto e operano in regime di notevole autonomia attraverso i propri organi societari e, talvolta, a causa della esposizione debitoria sovradimensionata rispetto ai crediti (per lo più vantati nei confronti dei comuni inadempienti), se ne è provveduto al relativo commissariamento.

Conclusivamente,da tutto quanto sopra esposto sullo stato del ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani in Campania emerge un quadro pregiudizievole per le pubbliche finanze collegabile anche a originarie scelte discrezionali di natura tecnica che non sono sindacabili in questa sede se non per (accertabile) abnormità, ma viene in rilievo anche una molteplicità di singole erogazioni spesso confliggenti con le norme di settore che, come si è innanzi detto, sono numerosissime, spesso formulate in modo non coordinato e che, comunque, appaiono volte più a vietare che a sanzionare condotte, di guisa che, se può apparire chiara l’esistenza di un danno pubblico, non è agevole individuare singoli, puntuali comportamenti gravemente antidoverosi nella catena delle responsabilità amministrative.

Un dato appare, comunque, abbastanza evidente.

A causa delle scelte operate, spesso incongrue rispetto ai risultati raggiunti, dei rimedi tentati spesso dispendiosi oltre misura, dell’intreccio di competenze che comporta quantomeno tempi lunghi rispetto alla necessaria rapidità delle soluzioni attese, della pletoricità degli apparati preposti in cui prevale la spesa per il personale o, comunque, di parte corrente rispetto agli investimenti, degli sprechi diffusi che, se anche non ancora illeciti, ne sono però il sintomo, la Campania in genere, e Napoli in particolare, ricevono quotidianamente un “vulnus” di discredito collegato ad una crisi di fiducia, sia sotto il profilo delle istituzioni pubbliche coinvolte, sia sotto il profilo delle comunità di cittadini organizzate nel territorio e di cui le suddette istituzioni sono enti esponenziali.

Se tale “vulnus” possa rivestire i caratteri di un autonomo danno all’immagine ingiusto e risarcibile e in quale misura un tal tipo di danno possa ritenersi ricollegabile a singole e specifiche condotte gravemente colpevoli non è facile per ora ipotizzare; ma è certo che di un tale presumibile danno sussistono almeno alcune premesse: quel “clamor fori”, dovuto alla vasta eco che, in più sedi, il fenomeno ha avuto, ed ha tuttora, sui mezzi di comunicazione, e quel “clamor iudicii” che comincia ad innalzarsi dalle aule di giustizia e che la giurisprudenza contabile prende ormai in considerazione ogni qual volta un tal tipo di danno all’immagine viene prefigurato.

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