Ancora sulla dibattuta questone degli inceneritori, un intervento del Dott. Chim. Gioacchino Genchi Dirigente Chimico, Regione Siciliana – ISDE Sicilia
Egr. Dott. Ramacci,
a leggere l’ulteriore replica del Dott. Stefano Maglia nei confronti dei due interventi del Dott. Gianfranco Amendola su Lexambiente in materia di inceneritori c’è da rimanere quantomeno perplessi.
Mi stupisce, infatti, che al Dott. Maglia continuino a sfuggire, con tutta la documentazione (di fonte scientifica accreditata) da tempo disponibile in rete, una serie di dati inoppugnabili che non lasciano argomenti a chi continua a sostenere inevitabile la scelta dell’incenerimento dei rifiuti.
Per brevità di spazio evito le innumerevoli considerazioni che sarebbero necessarie in merito alla martellante propaganda mediatica, televisiva e stampata, che quotidianamente intossica l’opinione pubblica con la benedizione dei guru di turno e la compiacenza dei conduttori televisivi e degli editorialisti.
Mi attengo, quindi, al tecnico e vado diretto al problema, ribaltandone i termini.
Esiste una “convenienza”, di tipo tecnologico, energetico, ambientale, dell’economia dei costi impiantistici, occupazionale, ecc. ecc. per incenerire i rifiuti?
La risposta, sotto qualunque aspetto si consideri il problema, se si eccettua il guadagno dei costruttori e dei gestori (ma non solo) degli inceneritori, è no.
Elenco, sempre per brevità, e mi scuso per la estrema sintesi, solo alcuni dati (reperibili in rete).
1) Emissioni di CO2 : l’incenerimento di RSU, al confronto degli altri impianti di energia elettrica, risulta la fonte maggiore di CO2 /kwh prodotto (940 g contro, p.e., i 900 g di un impianto a carbone ed i 700 g di uno ad olio combustibile ). In più, da una tonnellata di RSU si producono circa 700 kwh e si ricevono circa € 70 di incentivi. Paradossalmente, se gli inceneritori dovessero acquistare sul mercato i permessi di emissione di CO2 dovrebbero pagare una cifra di 10-15 €/tonnellata.
2) Costo di produzione di energia elettrica (€/MWh): impianto idroelettrico (66), impianto eolico (63), incenerimento biomasse (121), impianto fotovoltaico (280), inceneritore RSU (228, senza contare il costo di gestione e trattamento rifiuti prima dell’arrivo all’inceneritore).
3) Bilancio gas serra (-kg CO2/ton RSU): riciclo e compostaggio (-461), Trattamento Meccanico Biologico e Biossidazione spinta e stoccaggio discarica (-402), TMB digestione anaerobica con cogenerazione (-185), inceneritore (-10)
4) Fabbisogno energetico (2006) : totale nazionale 314.090 GWh; produzione da incenerimento RSU 2915 GWh, corrispondente a 0.92%. Se anche si passasse dall’attuale quota di incenerimento (12%) all’ipotesi irrealistica (verrebbe meno la fase del riuso e del riciclo) di bruciare tutto il possibile (fattore x 4), considerati i rendimenti termici di questi impianti, non si potrebbe arrivare a produrre più di qualche % del fabbisogno nazionale.
5) CIP6 e certificati verdi : se si abolissero le agevolazioni truffa con cui si sono assimilate le plastiche (derivate dalla fonte fossile petrolio) alle fonti rinnovabili, chi sarebbe disposto ad incenerire RSU?
6) Bilancio energetico : bruciare RSU significa andare a prelevare nuove risorse (materiali, acqua, energia elettrica, ecc.) per realizzare nuovi prodotti. L’incenerimento recupera solo il potere calorifero di un oggetto, ma non l’energia e le risorse necessarie alla sua produzione. Secondo una ricerca del MIT (Massachusetts Institute of Technology) il risparmio energetico possibile con il riutilizzo ed il riciclaggio è da 3 a 5 volte superiore al recupero energetico realizzabile con l’inceneritore.
7) Costi d’impianto : il costo di un attuale inceneritore e dell’ordine di alcune centinaia di milioni di euro, mentre impianti TMB, compostaggio o del tipo del Centro Riciclo di Vedelago (vedi appresso) hanno costi dell’ordine di alcuni o qualche decina di milioni di euro.
8) Aspetti occupazionali : un impianto di incenerimento occupa un numero di addetti ben inferiore al centinaio, mentre gli impianti di differenziazione, sia a monte che a valle, più tutto l’indotto del riciclo e del recupero vanno ad impegnare parecchie migliaia di lavoratori.
Si potrebbe continuare ancora con molti altri argomenti, a cominciare dai fattori emissivi e dai bilanci di massa degli inquinanti derivanti dall’incenerimento e finire alle gravi conseguenze sanitarie, sempre più acclarate dalla letteratura scientifica, sulla salute umana, ma qui si è voluto porre più l’accento su quelle valutazioni che devono precedere la scelta gestionale dei RSU e che collidono con maggiore evidenza con quelle soluzioni taumaturgiche – scomparsa dei rifiuti ad impatto zero - che vengono propinate quotidianamente all’opinione pubblica all’interno di una scelta, l’incenerimento, data per scontata, visto il confronto errato ed a senso unico che volutamente ed artatamente si fa con la discarica e non già con gli altri sistemi.
Ed allora?
L’alternativa c’è, è sempre più diffusa nel mondo e progredisce anche in Italia, sia nei piccoli che nei grandi centri.
Non la vede e non la vuole vedere, è ovvio, solo chi ha come obbiettivo l’incenerimento ed i lauti introiti degli incentivi pubblici. Da qui all’emergenza e poi alla corsa folle per accelerare la costruzione degli inceneritori il passo è breve e scontato.
Si tratta, invece, di imboccare la scelta virtuosa ed attuabile in tempi estremamente rapidi del Ciclo Integrato : Riduzione alla fonte – Riuso – Riciclo – Raccolta Differenziata Porta a Porta (o varianti) – Compostaggio – Trattamento Meccanico Biologico a “freddo”.
Altro che “partito del non fare”!
Per le più recenti innovazioni tecnologiche – peraltro know how italiano – che consentono una trasformazione vantaggiosa anche della frazione indifferenziata, con percentuali superiori al 95% (altro che 30% di residuo), si rimanda al sito www.centroriciclo.com ed anche www.youtube.com/watch?v=VJ7ZWkSPqOM o similari tramite qualsiasi motore di ricerca.
Ma, allora, che resta da incenerire…?
Cordiali saluti Dott. Chim. Gioacchino Genchi
(Dirigente Chimico, Regione Siciliana – ISDE Sicilia)
a leggere l’ulteriore replica del Dott. Stefano Maglia nei confronti dei due interventi del Dott. Gianfranco Amendola su Lexambiente in materia di inceneritori c’è da rimanere quantomeno perplessi.
Mi stupisce, infatti, che al Dott. Maglia continuino a sfuggire, con tutta la documentazione (di fonte scientifica accreditata) da tempo disponibile in rete, una serie di dati inoppugnabili che non lasciano argomenti a chi continua a sostenere inevitabile la scelta dell’incenerimento dei rifiuti.
Per brevità di spazio evito le innumerevoli considerazioni che sarebbero necessarie in merito alla martellante propaganda mediatica, televisiva e stampata, che quotidianamente intossica l’opinione pubblica con la benedizione dei guru di turno e la compiacenza dei conduttori televisivi e degli editorialisti.
Mi attengo, quindi, al tecnico e vado diretto al problema, ribaltandone i termini.
Esiste una “convenienza”, di tipo tecnologico, energetico, ambientale, dell’economia dei costi impiantistici, occupazionale, ecc. ecc. per incenerire i rifiuti?
La risposta, sotto qualunque aspetto si consideri il problema, se si eccettua il guadagno dei costruttori e dei gestori (ma non solo) degli inceneritori, è no.
Elenco, sempre per brevità, e mi scuso per la estrema sintesi, solo alcuni dati (reperibili in rete).
1) Emissioni di CO2 : l’incenerimento di RSU, al confronto degli altri impianti di energia elettrica, risulta la fonte maggiore di CO2 /kwh prodotto (940 g contro, p.e., i 900 g di un impianto a carbone ed i 700 g di uno ad olio combustibile ). In più, da una tonnellata di RSU si producono circa 700 kwh e si ricevono circa € 70 di incentivi. Paradossalmente, se gli inceneritori dovessero acquistare sul mercato i permessi di emissione di CO2 dovrebbero pagare una cifra di 10-15 €/tonnellata.
2) Costo di produzione di energia elettrica (€/MWh): impianto idroelettrico (66), impianto eolico (63), incenerimento biomasse (121), impianto fotovoltaico (280), inceneritore RSU (228, senza contare il costo di gestione e trattamento rifiuti prima dell’arrivo all’inceneritore).
3) Bilancio gas serra (-kg CO2/ton RSU): riciclo e compostaggio (-461), Trattamento Meccanico Biologico e Biossidazione spinta e stoccaggio discarica (-402), TMB digestione anaerobica con cogenerazione (-185), inceneritore (-10)
4) Fabbisogno energetico (2006) : totale nazionale 314.090 GWh; produzione da incenerimento RSU 2915 GWh, corrispondente a 0.92%. Se anche si passasse dall’attuale quota di incenerimento (12%) all’ipotesi irrealistica (verrebbe meno la fase del riuso e del riciclo) di bruciare tutto il possibile (fattore x 4), considerati i rendimenti termici di questi impianti, non si potrebbe arrivare a produrre più di qualche % del fabbisogno nazionale.
5) CIP6 e certificati verdi : se si abolissero le agevolazioni truffa con cui si sono assimilate le plastiche (derivate dalla fonte fossile petrolio) alle fonti rinnovabili, chi sarebbe disposto ad incenerire RSU?
6) Bilancio energetico : bruciare RSU significa andare a prelevare nuove risorse (materiali, acqua, energia elettrica, ecc.) per realizzare nuovi prodotti. L’incenerimento recupera solo il potere calorifero di un oggetto, ma non l’energia e le risorse necessarie alla sua produzione. Secondo una ricerca del MIT (Massachusetts Institute of Technology) il risparmio energetico possibile con il riutilizzo ed il riciclaggio è da 3 a 5 volte superiore al recupero energetico realizzabile con l’inceneritore.
7) Costi d’impianto : il costo di un attuale inceneritore e dell’ordine di alcune centinaia di milioni di euro, mentre impianti TMB, compostaggio o del tipo del Centro Riciclo di Vedelago (vedi appresso) hanno costi dell’ordine di alcuni o qualche decina di milioni di euro.
8) Aspetti occupazionali : un impianto di incenerimento occupa un numero di addetti ben inferiore al centinaio, mentre gli impianti di differenziazione, sia a monte che a valle, più tutto l’indotto del riciclo e del recupero vanno ad impegnare parecchie migliaia di lavoratori.
Si potrebbe continuare ancora con molti altri argomenti, a cominciare dai fattori emissivi e dai bilanci di massa degli inquinanti derivanti dall’incenerimento e finire alle gravi conseguenze sanitarie, sempre più acclarate dalla letteratura scientifica, sulla salute umana, ma qui si è voluto porre più l’accento su quelle valutazioni che devono precedere la scelta gestionale dei RSU e che collidono con maggiore evidenza con quelle soluzioni taumaturgiche – scomparsa dei rifiuti ad impatto zero - che vengono propinate quotidianamente all’opinione pubblica all’interno di una scelta, l’incenerimento, data per scontata, visto il confronto errato ed a senso unico che volutamente ed artatamente si fa con la discarica e non già con gli altri sistemi.
Ed allora?
L’alternativa c’è, è sempre più diffusa nel mondo e progredisce anche in Italia, sia nei piccoli che nei grandi centri.
Non la vede e non la vuole vedere, è ovvio, solo chi ha come obbiettivo l’incenerimento ed i lauti introiti degli incentivi pubblici. Da qui all’emergenza e poi alla corsa folle per accelerare la costruzione degli inceneritori il passo è breve e scontato.
Si tratta, invece, di imboccare la scelta virtuosa ed attuabile in tempi estremamente rapidi del Ciclo Integrato : Riduzione alla fonte – Riuso – Riciclo – Raccolta Differenziata Porta a Porta (o varianti) – Compostaggio – Trattamento Meccanico Biologico a “freddo”.
Altro che “partito del non fare”!
Per le più recenti innovazioni tecnologiche – peraltro know how italiano – che consentono una trasformazione vantaggiosa anche della frazione indifferenziata, con percentuali superiori al 95% (altro che 30% di residuo), si rimanda al sito www.centroriciclo.com ed anche www.youtube.com/watch?v=VJ7ZWkSPqOM o similari tramite qualsiasi motore di ricerca.
Ma, allora, che resta da incenerire…?
Cordiali saluti Dott. Chim. Gioacchino Genchi
(Dirigente Chimico, Regione Siciliana – ISDE Sicilia)