La Tassa e la Tariffa rifiuti alla luce del “mille proroghe” e della circolare Ifel-Anci del 2 marzo 2010

di Alberto PIEROBON

 

 

Nell’ormai famoso decreto denominato “milleproroghe” (d.l. 30 dicembre 2009, n.194 come convertito, con modificazioni e integrazioni, in Legge 26 febbraio 2010,n. 25 (1)), una sorta di galassia normativa dove – indipendentemente dal colore del Governo in carica, quale italico vizio del Legislatore - si coacervano disparate disposizioni che paiono essere collegate dal comune denominatore di “cerchiamo di introdurre a questa specifica norma un emendamento, un rinvio, una sospensione”, ovvero in una sorta di “assalto alla diligenza”, come peraltro doviziosamente testimoniato dai lavori e dagli emendamenti proliferanti in sede di conversione del decreto, dai lavori delle Commissioni, eccetera, all’articolo 8, titolato “Proroga in termini di materia am bientale”,  troviamo vari disposizioni che ci interessano (2)

Nell’ormai famoso decreto denominato “milleproroghe” (d.l. 30 dicembre 2009, n.194 come convertito, con modificazioni e integrazioni, in Legge 26 febbraio 2010,n. 25 (1)), una sorta di galassia normativa dove – indipendentemente dal colore del Governo in carica, quale italico vizio del Legislatore - si coacervano disparate disposizioni che paiono essere collegate dal comune denominatore di “cerchiamo di introdurre a questa specifica norma un emendamento, un rinvio, una sospensione”, ovvero in una sorta di “assalto alla diligenza”, come peraltro doviziosamente testimoniato dai lavori e dagli emendamenti proliferanti in sede di conversione del decreto, dai lavori delle Commissioni, eccetera, all’articolo 8, titolato “Proroga in termini di materia ambientale ”,  troviamo vari disposizioni che ci interessano (2), ma qui occorre soffermarci sul comma 3 del medesimo articolo, che ha prorogato  al 30 giugno 2010 il termine per l’emanazione del regolamento ministeriale attuativo dell’art. 238 (tariffa rifiuti) del d.lgs. 152/2006 ss.mm. e ii.
Più esattamente la “originaria” disposizione, più volte rimaneggiata con altra decretazione di “urgenza” (sigh!),  ora così recita:
“Ove il regolamento di cui al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non sia adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 giugno 2010, i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (Tia) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”.
Viene altresì disposto che i comuni attualmente applicanti la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) potranno passare alla tariffa per la gestione dei rifiuti (non tanto la Tia come tariffa igiene ambientale o tariffa integrata ambientale, a seconda dell’uzzolo del legislatore e degli specialisti che si “divertono” a coniare acronimi, i quali ultimi  tradiscono certe scuole di pensiero o certe “visioni”, se non afflati) laddove il prefato Regolamento ministeriale non sia venuto alla luce.
Come i primi commentatori hanno evidenziato (3), il passaggio dalla tassa alla tariffa – comunque sia - si presenta problematico (e criticabile sotto vari profili), massimamente considerando anche tutte le implicazioni (non ancora del tutto perspicuamente affrontate e chiarite) poste dalla sentenza della Corte Costituzionale n.238 del 2009 la quale, tra altro, ha affermato la natura tributaria della tariffa.
In effetti, l’Ifel (Fondazione Anci) ha emanato una circolare esplicativa sulla Tariffa Igiene Ambientale, datata 2 marzo 2010 (prot. 15/FL/AR/SS/mf‐10), la quale circolare sostanzialmente - ci si passi la seguente, semplicistica, sintesi - afferma:

  1. la gestione (rectius, ricomprensione) del provento tariffario nei bilanci comunali trattandosi, appunto, la Tia di un tributo;
  2. la necessità di riadeguare la disciplina regolamentare della tariffa (riappropriandosi del linguaggio e degli utensili di lavoro conosciuti dagli enti locali piuttosto che dalle utilities), in particolare modificare la disciplina sulla riscossione, sulle sanzioni,  e molto altro ancora;
  3. la problematica dei rimborsi Iva che l’Anci ritiene debba essere risolto dal  Governo.

In via generale le preoccupazioni di Ifel-Anci sono condivisibili, sembra però mancare nel predetto documento una sorta di “fluidità”  ricostruttiva della scansione normativa (delle varie disposizioni susseguentesi  in parte qua).
Va detto che le previsioni di cui alla normativa settoriale dell’ambiente, per quanto qui rileva, l’art. 238 del d.lgs. 152/2006 ss.mm. e int. implicitamente manifestavano (vedi, seppur con alcuni distinguo, anche l’art. 264 cit. d.lgs., ma, si veda, soprattutto la normativa, introdotta da varie disposizioni delle leggi “finanziarie” degli ultimi anni (4))  la volontà di “tenere in vita” la Tarsu (evitando qui di discettare sulla tipologia di abrogazione, e suo intervento, presente nella disciplina della tariffa), perlomeno in via transitoria, ovvero fino all'avvento della completa  disciplina (e qui, appunto, si richiama il Regolamento e la sistematica della tariffa collegata anche all’assimilazione) della nuova tariffa, appunto ex cit. art. 238.
Diversamente, i comuni sarebbero costretti a passare dalla  tassa alla tariffa ora vigente (ovvero ex art. 49 del d.lgs. 22/97 ss.mm. e int.) in modo pressappochistico se non, come sembra accadere – anche censurabilmente in alcune realtà comunali – pasticciare, addirittura, sulla stessa tassa spacciandola per (rewampandola quale) tariffa sulla scorta di una (invero non condivisibile) sentenza del Consiglio di Stato del 2009, ovvero introducendo i famosi coefficienti ("k") e rimodulando taluni  aspetti della architettura della Tarsu nella prospettiva tariffaria.
In altri termini, a noi pare essere fondatametne condivisibile mantenere due regimi tra loro diversamente ordinati, piuttosto che cercare di “stampellarli” e/o di integrarli in un qualche modo, a nostro modesto avviso senza (quasi sempre) con ciò considerare le implicazioni delle diverse nature e delle diverse logiche sottese ai due proventi, ancorchè essi proventi non siano dissimili.
Sotto altri profili la prefata sentenza della Corte costituzionale, se ha avuto il pregio di entrare finalmente sulla (più volte lamentata) questione della natura del provento tariffario, ribadendo utilmente alcuni concetti, pur tuttavia, come abbiamo già avuto occasione di osservare già dall’estate scorsa, sempre in questa Rubrica, il medesimo Giudice non ha però sfruttato l’occasione per meglio chiarire altri (importanti) “aspetti” della tariffa (5), talché – a nostro modesto avviso - rimane confermata la preoccupazione (e la necessità di dotarsi di una sorta di “scudo” protettivo da certuni espedienti di sapore casereccio e/o di indole ingegneristica, non intonati ad complessivo  sistema che vede integrato e reso, per quant o possibile, coerente l’aspetto economico, contabile, giuridico, organizzativo e tecnico) circa i “miscelamenti” , diremmo anzi – considerando la diversa provenienza, cultura, se non valori e interessi originari e/o di riferimento – i “meticciamenti” delle discipline che si vorrebbero invece disinvoltamente introdurre, ancora una volta in modo “colonizzante” , del tipo  taglia e incolla,a mo’ fotocopia, in una sorta di trapianto di organo dove non si considera la tipicità (e la crisi di rigetto) del soggetto e le implicazioni complessive dell’intervento, il tutto tramite mere deliberazioni comunali, in alcuni casi (sic!) con il rimaneggiamento (parziale) dei regolamenti comunali e/o con altri espedienti (che rimangono “parti” isolate dallo insieme, si badi che la sommatoria delle parti p orta però ad un risultato diverso dall’insieme, perché non siamo nel mondo della computazione, ma in quello della cultura giuridica, in un sincretismo di materie e di logiche/obiettivi necessitante di un team, non più di singole individualità, per quanto capaci e preparate esse siano) tesi a soddisfare la voracità commerciali e/o le “malconsigliate” scelte di spicciola amministrazione, quale (falso) alibi di un ribaltamento dei costi “fuori” dal (più responsabile) sistema della fiscalità locale, ovvero spacciato come il realizzarsi di una giusta e corretta (in quanto pretesamente… misurabile con un criterio obiettivo e frutto di una scelta comportamentale) imputazione al cittadino-utente del costo del servizio di gestione dei rifiuti da quest’ultimo (asseritamente: effettivament e) fruito (e sul quale sistema ci sarebbe, invece, molto onestamente, davvero da ri-dire … in termini tecnici e non “modaioli”).
La prospettazione fatta dall’Ifel-Anci, si ripete nei suoi intenti - in linea di massima – condivisibile,  sicuramente nella volontà di gettare - nel limaccioso mare di incertezza normativa e operativa -  una sorta di salvagente al quale i funzionari e gli addetti  degli enti locali e/o loro aziende possano (bene o male) “aggrapparsi” (o sentirsi uniti in questa comune disperazione), sembrano però essere ancora limitate e limitanti.
A noi pare che l’orientamento dell’Ifel non abbia sfruttato appieno l’occasione per precisare talune posizioni e/o problematiche, tra le quali, sommessamente, ci permettiamo evidenziare le seguenti:

  1. com’è noto la disciplina comunitaria in materia di Iva prevede la sua applicabilità in
    presenza di taluni servizi resi  - con tariffe autoritariamente determinate e in regime di monopolio legale dal soggetto pubblico (la cosiddetta “privativa” per i rifiuti urbani e per quelli assimilati) - pertanto, il problema dell’applicabilità e del rimborso dell’Iva, ad ogni evidenza, non può essere affrontato solamente dai comuni (e dalle sue associazioni), bensì più responsabilmente e correttamente in via legislativa. In proposito ci si permette rammentare, a chi ha qualche anno in più di età e di esperienza alle spalle, la famosa questione dell’Iva sulla concessione dei loculi cimiteriali, alla quale aveva dato interpretazione - per la non applicazione dell’Iva -  una sentenza della Corte di Lussemburgo ancora nel 1989 (promossa da alcuni comuni emiliani, tramite i l Prof. Avv. Tesauro), ma che si è dovuto aspettare il 1993 per vedere, definitivamente risolta,  in via normativa, la questione di cui trattasi (chiaro che oggi esistono altri rimedi, fra i quali lo istituto della “disapplicazione” della normativa nazionale configgente con quella comunitaria, ma sfidiamo gli operatori degli enti locali ad assumersi – in questo quadro dove nemmeno le Agenzie delle entrate fatte oggetto di stillicidici quesiti da parte di comuni e/o dei gestori dei servizi pubblici, hanno dato cenno di riscontro - la responsabilità della non applicabilità dell’Iva alla tariffa…..);
  2. per effetto della nota sentenza Corte costituzionale n.384 del 2009 se la tariffa è un tributo dovrebbe, come dire….. “ritornare” ai Comuni, e quindi (prosegue il sillogismo) dovrebbe rientrare nel bilancio (rectius, nella contabilità) comunale. Però, da come pare leggersi dalla prefata circolare, se siamo in presenza –in un trend quasi inesorabile, ancorché criticabile per la sua assenza di ricerca di efficienza o quantomeno di supporto motivazionale e/o giustificativo – di un aumento di costi del servizio, allora, per effetto della cennata consequenzialità di cui alla  natura tributaria della tariffa, si avrebbe una Iva indetraibile sui costi, e quindi, anche applicandosi il pro-rata, si potrebbe realisticamente ipotizzare per i comuni un aumento “reale” del su o impatto (dal 6 al 10%). Questo ulteriore costo, giocoforza, andrebbe ribaltato come un aumento della tariffa. In altri termini i cittadini-utenti (parzialmente ove non si raggiunga la copertura totale dei costi, nel quale caso essa avverrebbe attraverso le altre entrate comunali) si vedrebbero aumentare la tariffa per effetto di questa scelta comunale. La circolare poteva quindi segnalare, come  propugnato da esperti del settore nei circuiti specialistici della contabilità degli enti locali, che gli effetti della sentenza sul bilancio comunale derivanti dalla più volte citata sentenza Corte costituzionale n. 238/2009, pone una non lieve questione di legittimità per i bilanci comunali relativi all’esercizio 2010. Mentre, pare più logico considerare come dalla natura tributaria della tariffa derivi la riconduzione del suo gettito nel tit olo I° delle entrate del bilancio comunale (ovvero nelle entrate tributarie) a tacere dei vari principi pubblicistici in parte qua invocabili. Non va poi sottaciuto come sotto il profilo gestionale, organizzativo e contrattuale (con i soggetti gestori del servizio) non possano essere d’emblée risolti: siamo già a marzo (il termine per l’approvazione dei bilancio preventivi per i comuni è al 30 aprile) e non sono state emanate istruzioni o circolari ministeriali al riguardo;
  3. occorre altresì intervenire sui (rimaneggiare, se non riscrivere, quantomeno parzialmente i) regolamenti comunali, ma non solamente per gli aspetti indicati nella circolare in esame, quanto relativamente a talune (posto che rimane la riserva di legge ex art. 23 Cost.) questioni poste nel complesso dalla disposizione (anch’essa inattuata) di cui all'art. 195, comma 2, lett. e), del d.lgs. 152/2006 ss.mm. e ii. (come da ultimo sostituito dal D.Lgs. 4/2008), ovvero relativamente alla assimilazione, alle superfici assoggettabili (contrastate da recente giurisprudenza che nasce dalla costola della Tarsu, ma che soccomberà nella eventuale, piena e integrale, attuazione della predetta nuova disciplina), alla entrata in
    vigore della disciplina de qua, alle riduzioni previste (in forma non discrezionale, ma ancorate a criteri obiettivi, cioè verificabili, non rimessi quindi all’arbitrio del calcolo delle utilities che redigono comodi piani economici finanziari, dove le note “pieghe”  consentono loro di tesaurizzare interessanti somme, ovvero di convogliarle nel coacervo delle loro attività di ramo) a fronte di avvio dei rifiuti al recupero tramite soggetti terzi (fuori privativa), all’applicazione di una apposita (specifica: addirittura trinomia) tariffa per gli assimilati,all’esonero per certe categorie di soggetti (per esempio la GDO) aventi un limite di metraggio oltre il quale (automaticamente) sono esclusi dalla tariffa (salvo per gli uffici e altri modesti casi), all’esclusione dei rifiuti di imba llaggio secondari e terziari, eccetera, eccetera;
  4. è ancora opportuno che nei Regolamenti comunali vengano previste le riduzioni della
    tarsu o della tariffa  e che, comunque sia, la costruzione della tariffa o della tarsu rispetti pienamente la disciplina (e la logica sottesa) di riferimento, in particolare per la tariffa il metodo normalizzato di cui al d.P.R. 158/1999 quantomeno per rendere comparabili e giudicabili i servizi resi da diversi soggetti o in diverse realtà) tramite dettagliati e analitici piani economici-finanziari redatti (ancora una volta) non discrezionalmente, solitamente “gonfiando” la parte fissa (che funziona da paracadute e che intercetta il massimo dell’utenza in funzione redistributiva, sganciata da logiche di riduzione immediata) e limitando la parte variabile, ciò, tra altro, per evitare che i ricorsi e/o le censure che stanno “fioccando” alimentate dai soggetti che si attenzionano sempre più ai loro costi - complice anche la contingenza economica - comportino il venir meno e la illegittimità di siffatte scelte  regolamentari - ma non solo: anche organizzative e strategiche  - da parte, non tanto dei comuni, quanto delle loro utilities: e questo è forse un punto ancora più delicato e toccato – solamente di… “striscio” - dall' Ifel-Anci, ma che necessita un coraggioso approfondimento;
  5. infine, tornando ai rapporti tra i comuni ed i soggetti gestori, sembra venire tralasciato un altro importante aspetto riguardante il ruolo che giocheranno le Autorità d'Ambito (per gli ATO) posto che - ex artt.202-204 d.lgs. 152/2006 ss.mm. e int.anche alla luce dell'art. 23bis
    della legge 166/2009 - saranno proprio questi Enti a concretamente disciplinare anche questi rapporti (addirittura condizionando i comuni, posto che le  A.d.A. (ATO) sono chiamate a decidere e congeniare, al concreto, le gare, le relative discipline, gli affidamenti, eccetera) e quindi facendo passare i comuni (in ultima analisi: gli utenti) quali pagatori di decisioni altrui, difficilmente controllabili e sindacabili nel sistema dianzi delineato (fuori del controllo e del linguaggio degli enti locali: di qui la necessità per questi ultimi di apprestare inediti strumenti oltre il semplice contratto di servizio, ma questo è un altro argomento);
  6. Infine, non si condivide l’affermazione contenuta nella circolare secondo la quale gli affidamenti relativi all’esazione del tributo vengano, in buona sostanza, mantenuti fermi allo status quo: occorre ribadire che si deve applicare (salvo la ricorrenza dell’affidamento cosiddetto in house e/o di altre “specificità” che richiederebbero ben altri approfondimenti rispetto al presente intervento) il principio della regola dell'evidenza pubblica, evitando infingimenti di vario stampo.

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(1) In G.U., S.O. n.48 del 27 febbraio 2010.
(2) Più esattamente, con riserva di intervenire partitamente:
“1. All'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, il termine di cui al primo periodo è differito al 28 febbraio 2010.
2. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, le parole: «31 dicembre 2009» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2010».
3. All'articolo 5, comma 2-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, le parole: "entro il 31 dicembre 2009" sono sostituite dalle seguenti: «entro il 30 giugno 2010».
3-bis. All’articolo 281, comma 2, alinea, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, le parole: «entro cinque anni» sono sostituite dalle seguenti «entro sette anni».
4. All'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro».
4-bis. All’articolo 4, comma 1-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380, le parole: «1 gennaio 2009» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2011».
4-ter. Il termine previsto dall’articolo 2, comma 7, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2008, è prorogato al 30 giugno 2010.
4-ter. Il termine previsto dall’articolo 2, comma 7, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.99 del 28 aprile 2008, è prorogato al 30 giugno 2010 [si tratta dei Centri Comunali di Raccolta].”.
(3) Per esempio S. Trovato e G. Trovati, vari articoli, si vedano (senza “trovare” l’autore) La corsa delle tariffe comunali, in “Il sole 24 Ore” dell’1 marzo 2010, Da luglio per la Tia possibile il via libera, in “Il Sole 24 Ore” del 2 marzo 2010 e, sempre il medesimo autore, La Tia entra nei bilanci 2010 dei comuni, in “Il Sole 24 Ore” del 4 marzo 2010, Le istruzioni di Federambiente, in “Il Sole 24 Ore” del 5 marzo 2010.
(4) Per una ricostruzione (diacronica, ma non solo) dei proventi di cui trattasi ci si permette rinviare al commento dell’art. 238 contenuto nel “Nuovo codice dell’ambiente” (a cura di N. Lugaresi-S. Bertazzo), Maggioli, Rimini, 2009, p. 939-962.
(5) Sembra (cit. articolo di G. Trovati del 5.3.2010) che esista un parere di un noto costituzionalista, acquisito dalla Federambiente per il quale la sentenza si sarebbe limitata a dichiarare infondata la questione sollevata dal giudice, cosicchè essa pronuncia non vincolerebbe niuno, talché per Federambiente, la fatturazione con Iva sarebbe un “atto dovuto”