SINDROMI NIMBY E BANANA TRA QUALIFICAZIONE GIURIDICA E RIPARTO DI GIURISDIZIONE

di Massimo MARASCA

Pubblicato in Giur. merito 10\2011 si ringrazia l'Editore

Sommario:1. Il fatto. L 2. I motivi della sentenza. L 3. Premessa. L 4. Evoluzione normativa e perpetuatio iurisdictionis.L 5.Causa petendi e qualificazione giuridica. L 6. Considerazioni.

1. IL FATTO

Alcune persone, proprietarie di unità immobiliari nei nelle vicinanze di un sito di deposito e essiccazione dei rifiuti per il trattamento del combustibile da essi derivato (CDR), citavano la Presidenza del Consiglio e il Commissario per l'emergenza rifiuti davanti al Tribunale di Napoli, domandando l'indennizzo ex art. 46 l. n. 2356 del 1865 e il risarcimento dei danni scaturenti dall'installazione del descritto impianto. In par ticolare, si dolevano della non conformità dell'impianto alla normativa comunitaria e a quella interna e proponevano, eventualmente, una disapplicazione di quest'ultima. Allegavano, inoltre, la circostanza che il ciclo dei rifiuti non era completamente operante che ciò comportava esalazioni continue con persistenti fuoriuscite di liquami.

Si costituiva le parti convenute, le quali ritenevano che le esalazioni provenivano da un impianto industriale nei pressi del sito.

Il Tribunale di Napoli respingeva la domanda di indennizzo ex art. 46 l. n. 2356 del 1865 e dichiarava il difetto di giurisdizione sul risarcimento dei danni, ravvisando la potestas iudicandi del giudice amministrativo.

2. I MOTIVI DELLA SENTENZA

La motivazione della sentenza del gennaio 2011 prende le mosse dalla qualificazione giuridica dell'azione promossa dagli attori, ritenendo che gli attori abbiano formulato due distinte domande: una intesa ad ottenere un indennizzo per il danno sofferto dai proprietari di fondi in occasione dell'esecuzione di un'opera pubblica e l'altra volta ad ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all'installazione del sito.

Riguardo alla prima domanda, il giudice partenopeo ha rigettato la pretesa degli attori, poiché la stessa difettava dei presupposti necessari al suo riconoscimento e, in modo più specifico, la pacifica legittimità dell'opera, la quale veniva appunto contestata dai cittadini.

Relativamente alla seconda domanda, la pronuncia in commento reputa, invece, che gli attori abbiano «inequivocabilmente» chiesto il risarcimento dei danni conseguenti alla decisione di realizzare l'impianto senza prima verificare il funzionamento completo del ciclo dei rifiuti, dolendosi così non di un comportamento mero della Pubblica Amministrazione, ma di un atto di gestione del territorio, riservato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 34 d.lg. n. 80 del 1998 (così come modificato dalla sentenza di Corte costituzionale n. 204 del 2004). Ne conseguiva la declaratoria di difetto di giurisdizione.

3. PREMESSA

Molto spesso, allorquando si profili la costruzione di opere pubbliche, i cittadini si organizzano in associazioni e/o comitati per opporsi alla stessa e al fine di tutelare degli interessi della collettività, che potrebbero essere pregiudicati sia in termini patrimoniali sia in termini non economici. La tutela di questi interessi, la cui qualificazione giuridica è discussa e che richiama le sindromi NIMBY (1) 1 e BANANA (2) , investe, oltre alla fondatezza nel merito, anche il profilo dell'individuazione dell'organo giurisdizionale munito di potestas iudicandi. Il Tribunale di Napoli affronta questo tema delicato, esaminando la pretesa risarcitoria degli attori e declinando la giurisdizione ordinaria in presenza di un diritto soggettivo incomprimibile, cioè il diritto all'ambiente salubre (3).

È, invece, pacifica e condivisibile la decisione in merito alla sussistenza della giurisdizione ordinaria (4) riguardo all'indennizzo ex art. 46 l. n. 2356 del 1865, fattispecie nella quale la compressione del diritto di proprietà, che si attua in funzione della costruzione di un'opera pubblica, espressiva dell'esercizio legittimo del potere amministrativo, e nei confronti di un soggetto, proprietario confinante e estraneo al procedimento di espropropriazione, è compensata dall'erogazione di un indennizzo (5) , quale serio ristoro per il pregiudizio subito, trattandosi di un'espropriazione larvata (6).

4. EVOLUZIONE NORMATIVA EPERPETUATIO IURISDICTIONIS

Preliminarmente si deve rammentare che la materia dei rifiuti, soprattutto nella regione Campania, si connota per la natura costantemente emergenziale, il che ha portato ad un rapido susseguirsi di normative settoriali, le quali hanno inciso anche sul riparto giurisdizionale. Ad avviso di chi scrive la tecnica legislativa che va criticata aspramente, poiché la norma, che dovrebbe essere generale e astratta, diviene specifica, immediata e redatta ad hoc, segnando il passaggio dall'emergenza rifiuti all'emergenza giudiziaria, provocando incertezze applicative, impedendo la stratificazione di orientamenti giurisprudenziali consolidati e generando ostacoli nella trattazione degli affari (7) , mentre deve essere apprezzato il recente tentativo del codice del processo amministrativo di fornire una bussola all'interprete in modo da venire a capo di questa bailamme giuridica.

Occorre ripercorrere schematicamente l'evoluzione normativa relativa alla giurisdizione sui rifiuti (8).

Attualmente la materia è regolata dall'art. 133, lett. p), d.lg. 2 luglio 2010, n.104, cosiddetto codice del processo amministrativo, il quale stabilisce che «le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5 comma 1 l. 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, quand'anche relative a diritti costituzionalmente tutelati».

L'articolo del codice del processo amministrativo recepisce, dunque, da un lato le normative speciali e dall'altro l'orientamento della Corte costituzionale in tema di riparto giurisdizionale.

Quanto alle normative speciali ed emergenziali, va rammentato, innanzitutto, l'art. 3 d.l. 30 novembre 2005, n. 245, convertito con modifiche nella l. 27 novembre 2006, n. 21, il quale aveva individuato, per la prima volta nel nostro ordinamento, la competenza giurisdizionale esclusiva e funzionale del Tar Lazio nelle controversie in parola. Con il successivo d.l. 23 maggio 2008, n. 90, art. 4, il legislatore fronteggia l'emergenza della Campania e istituisce la giurisdizione esclusiva nella materia relativa alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, quand'anche siano riscontrabili dei comportamenti della Pubblica amministrazione.

Infine, la correttezza dell'intervento legislativo è stata confermata dalla Corte costituzionale, la quale l'art. 4 d.l. n. 90 del 2008, nell'attribuire la complessiva azione di gestione dei rifiuti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non è norma innovativa, bensì norma ricognitiva che ribadisce principi di diritto preesistenti ed il cui contenuto è stato ritenuto conforme a Costituzione e ciò anche quando la materia devoluta al giudice amministrativo possa avere ad oggetto diritti fondamentali incom primibili (9) e l'azione dell'amministrazione sublimarsi in comportamenti mediatamente amministrativi.

Tuttavia, la fattispecie esaminata dal Tribunale di Napoli da un punto di vista cronologico si colloca anteriormente alle rammentate riforme legislative, cosicché la stessa, in base al principio della perpetuatio iurisdictionis, rimane assoggettata alla disciplina previgente, ovvero quella dettata dall'art. 34 d.lg. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall'art. 7 l. 21 luglio 2000, n. 205 e inciso dalla giurisprudenza di Corte costituzionale (10) , la quale ha espunto dal tessuto normativo il riferimento ai meri comportamenti della pubblica amministrazione, che non fossero, neanche mediatamente, riconducibili al pubblico potere (11) , disposizione che prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per quegli atti e provvedimenti che afferiscano all'uso del territorio. Ne discende una relativa irrilevanza delle successive modifiche normative e le sentenze di corte costituzionale che le hanno riguardate (12).

La reciproca indifferenza tra la sentenza del Tribunale e l'evoluzione normativa e giurisprdenziale illustrata è, però, solo relativa, poichè è la stessa sentenza, ivi annotata, che richiama i principi giurisprudenziali della nota sentenza di Corte costituzionale n. 204 del 2004. Ciò che muta è il parametro normativo di riferimento, poiché il Tribunale di Napoli richiama espressamente l'art. 34 d.lg. n. 80 del 1998 e la giurisdizione esclusiva in materia di urbanistica, avente ad oggetto tutte le forme di uso del territorio.

5.Causa petendie qualificazione giuridica

È noto che il criterio di riparto tra la giurisdizione ordinaria e quella del giudice amministrativo va individuato nella causa petendi e non nel petitum formale (13). In pratica sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, laddove il privato faccia valere un diritto soggettivo, mentre, se il privato intende far valere un interesse legittimo, si ha la giurisdizione amministrativa. In virtù dei principi costituzionali (artt. 103, 113, Cost), detto criterio è derogato nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, nelle quali sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché trattasi di «particolari» (14) materie nelle quali vi sia «un'inestricabile nodo gordiano» (15) tra diritti e interessi e nelle quali i rapporti tra la Pubblica amministrazione e i privati siano connotati dalla dialettica autorità-libertà (16). Orbene, nella fattispecie affrontata dal Tribunale di Napoli la questione si complica, poiché la posizione giuridica dei privati si connota per la diffusività e per il lamentato e, a detta del giudice estensore, consequenziale pregiudizio derivante dall'installazione dell'impianto oggetto di causa. I riferiti caratteri collocano dette posizioni giuridiche in un limbo d'incertezza circa la loro qualificazione giuridica, che oscilla tra il polo dei diritti soggettivi e quello degli interessi legittimi. Il ragionamento seguito dal giudice partenopeo è sostenibile, laddove, pur non rimarcando espressamente il descritto dilemma, riconduce la causa petendi degli attori nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché gli interessi, di cui essi opinano la lesione, può essere risarcita solo a seguito della demolizione giuridica del provvedimento che autorizzava l'impianto. In sostanza il Tribunale di Napoli privilegia un'interpretazione conforme al principio di concentrazione (17).

6. CONSIDERAZIONI

Sebbene, come appurato, la posizione del Tribunale di Napoli appaia sostenibile, sia stata sposata anche dal da altri tribunali della Campania (18) e, in concreto, sia conforme alle recenti soluzioni normative, permangono, ad avviso di chi scrive, alcuni coni d'ombra che derivano dalle crepe della disciplina legislativa.

Innanzitutto, si deve constatare che la sentenza in commento sembra aderire ad una nozione ampia di «uso del territorio» e di provvedimenti o comportamenti amministrativi, tali da abbracciare, perfino, la le immissioni intollerabili ex art. 844 c.c. intese quali conseguenze dell'esercizio del potere pubblico. La conclusione pare eccessiva, considerato che le immissioni intollerabili sono conseguenze non preventivate dalla Pubblica amministrazione e, quindi, espressive dell'esercizio di un potere. Anzi, a parere di chi scrive il superamento del limite di tollerabilità, che in alcuni casi è espressamente previsto dalla legge, dimostrerebbe la carenza assoluta di potere con conseguente disapplicazione dell'atto amministrativo (19). Inoltre, vale la pena osservare che, sebbene davanti al giudice amministrativo sia stata riconosciuta la tutela risarcitoria specifica, permangono, anche dopo il codice del processo amministrativo (20) , dubbi circa l'ammissibilità di una tutela (inibitoria-ripristinatoria) in forma specifica (21) , il che potrebbe, nonostante i limiti dell'art. 4 LAC, a configurare la giurisdizione del giudice ordinario.

Altre perplessità permangono sulla necessità della pregiudiziale amministrativa anche quando vengano in rilievo diritti fondamentali e ciò nonostante i principi affermati dal giudice delle leggi (22) e la recente previsione del codice del processo amministrativo (23). In effetti, ciò che appare decisamente poco condivisibile è distinguere giurisdizione, rimedi, disciplina e intesità della tutela dei diritti fondamentali, soprattutto quelli denominati «a zoccolo duro» (24) , a seconda che gli stessi si confrontino o meno con un potere amministrativo. A parere di chi scrive, opinando in questo modo si rischia di trasformare il giudice amministrativo da «giudice nell'amministrazione» a «giudice dell'amministrazione» (25) , snaturando quella che era la ratio originaria di detto organo giurisdizionale, cioè quella di colmare i vuoti di tutela (26) e differenziando irragionevolmente le tutele (27) a scapito dei privati.

Peraltro, ad avviso di chi scrive, nella fattispecie in esame la discrasia emerge anche dalla implicita presa di posizione sull'applicabilità dell'istituto della translatio iudicii(28) allorquando venga declinata la giurisdizione nelle cause instaurate anteriormente all'anno 2007 (29). Un esplicito esame della questione sarebbe stato funzionale a fugare ogni dubbio sulle garanzia di avere un giusto processo e un'effettività di tutela anche quando tra le parti del processo vi sia una pubblica amministrazione che abbia agito autoritativamente.

Conclusivamente è da osservare che permane la differente natura tra giudice ordinario e giudice amministrativo, che non pare essere stata colmata dalle recenti novelle legislative e giurisprudenziali soprattutto quando vengano in rilievo i diritti fondamentali.

 

 

Note

(1)Con NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile") si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite, come ad esempio grandi vie di comunicazione, cave, sviluppi insediativi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche e simili. L'atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, o comunque possibili, gli oggetti del contendere ma, contemporaneamente, nel non volerli nel proprio territorio a causa delle eventuali controindicazioni sull'ambiente locale. DaWikipedia.it

(2)L'acronimo BANANA sta per Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything (lett. "Non costruire assolutamente nulla in alcun luogo vicino a qualunque cosa") ed indica l'atteggiamento di opposizione a qualsiasi opera pubblica anche a prescindere dagli effetti negativi che la stessa possa avere. DaWikipedia.it.Sulle problematiche connesse alla decisioni urbanistiche e all'effetto NIMBY si vedaPizzanelli, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Politiche ambientali e realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, X di Studi della sezione di diritto pubblico dell'economia/Università degli studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di diritto per l'economia, Milano, 102 ss.

(3)Cass., sez. un., 6 ottobre 1979, n. 5172, inForo it., 1979, I, 2302, nel caso Cassa per il Mezzogiorno c. Langiano, Masino e Donadio.

(4)La giurisprudenza amministrativa reputa, infatti, che la situazione giuridica del proprietario che chiede l'indennizzoexart. 46 l. n. 2359 del 1865 è riconducibile ad una posizione astrattamente tutelata dall'ordinamento come diritto soggettivo nei confronti della amministrazione, e, quindi, è proponibile davanti al giudice ordinario, a prescindere da ogni questione sul suo fondamento nel merito. Tale conclusione in tema di giurisdizione resta ferma anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 34 d.lg. 31 marzo 1998, e dell'art. 53 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, in quanto, soprattutto alla luce dei citati arresti della C. cost. n. 204 del 2004 e n. 196 del 2006, deve escludersi che le controversie aventi per oggetto l'indennità dovuta dalla p.a. ai sensi della l. n. 2359 del 1865, art. 46, per i danni derivanti dall'esecuzione di opere di pubblica utilità al terzo proprietario di un immobile confinante, estraneo ad un procedimento espropriativo, possano rientrare nella giurisdizione esclusiva in materia di urbanistica (si veda Cons. Stato, sez. VI, 13 marzo 2008, n. 1059, B.C. Com. Salerno,Foro amm. CdS, 2008, 3, 850).

(5)Secondo la Cassazione l'art. 46 l. n. 2359 del 1865 disciplina due diverse e non confondibili fattispecie: a) l'asservimento del fondo, che trova causa nella procedura espropriativa definita o da definire mediante decreto ablatorio (di asservimento), il quale ne costituisce condizione indispensabile, con la conseguenza che l'indennità, indipendentemente dai criteri di stima prescelti dal legislatore, opera all'interno della categoria-espropriazione e nell'ambito di applicazione dell'art. 42 Cost.; b) il danno permanente derivante dalla perdita o diminuzione di un diritto in conseguenza dell'esecuzione dell'opera pubblica, il quale riguarda quei soggetti che, quand'anche un procedimento espropriativo vi sia stato, ne siano rimasti completamente estranei (in quanto proprietari di suoli contigui a quelli sui quali è stata eseguita l'opera) o abbiano subito un danno non per effetto della mera separazione (per esproprio) di una parte di suolo, ma in conseguenza dell'opera eseguita sulla parte non espropriata ed indipendentemente dall'espropriazione stessa ovvero in conseguenza della sua utilizzazione in conformità della funzione cui è destinata (c.d. espropriazione larvata). L'indennizzo dovuto a tale specifico titolo non compete al proprietario del fondo espropriando, già indennizzato sia per l'occupazione temporanea che per l'espropriazione o l'asservimento, ma esclusivamente ai proprietari degli immobili circostanti l'opera pubblica, non assoggettati alla procedura espropriativa. Cass., sez. I, sent. n.19972 del 16 settembre 2009,in italgiureweb.it.

(6)Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di espropriazione, l'indennizzo di cui all'art. 46 l. n. 2359 del 1865 presuppone che il diritto di proprietà del privato, per effetto della legittima realizzazione di un'opera pubblica, abbia subito l'imposizione di una servitù o un danno consistente nella perdita o diminuzione delle facoltà essenziali inerenti al godimento dell'immobile nella sua intrinseca ed originaria destinazione e che tra la realizzazione dell'opera e il danno sussista un nesso causale. Ne consegue che la situazione di vantaggio oggetto del pregiudizio determinato dalla c.d. espropriazione larvata deve preesistere all'esecuzione dell'opera e deve formare oggetto di allegazione e prova da parte del richiedente. (Cass., sez.I, sent. n. 19229 del 4 settembre 2009, initalgiureweb).

(7)Sul punto si rinvia alle interessanti considerazioni svolte nella relazione in materia di diritto e procedura penale redatta da Maria Vittoria Foschini in Roma 21 settembre 2010 in occasione del Gruppo di lavoro sulla normativa in materia di rifiuti, corso organizzato dal C.S.M.http://appinter.csm.it/incontri/relaz/20131.pdf.

(8)Chieppa, inil Codice del processo amministrativo,Le Nuove leggi amministrative, Milano, 2010, 650.

(9)C. cost., sent. 5 febbraio 2010, n. 35, con nota diLogiudice,I confini della giurisdizione esclusiva, inaltalex http://www.altalex.com/index.php?idnot=49145; in termini analoghi anche C. cost. 18 febbraio 2011 n. 54, in D&G,2011,29, secondo cui va dichiarata la manifesta infondatezza della q.l.c. - sollevata in riferimento all'art. 103 comma 1 Cost. - dell'art. 4 d.l. n. 90 del 2008 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla l. n. 123 del 2008, nella parte in cui, secondo la prospettazione del remittente, attribuirebbe alla giurisdizione amministrativa esclusiva la totalità delle controversie attinenti all'attività posta in essere nel campo della gestione dei rifiuti, indipendentemente dalla situazione giuridica di volta in volta rilevante.

(10)C. cost., 6 luglio 2004, n. 204, inForo it., 2004, 2594, con note di diFracchia,La parabola dl potere di disporre il risarcimento: dalla giurisdizione «esclusiva» alla giurisdizione del giudice amministrativoeTravi,La giurisdizione esclusiva prevista dagli artt. 33 e 34 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, dopo la sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, inForo it., 2004, 10, 1, 2598-2605; C. cost. 28 luglio 2004, n. 281, la quale dichiarò l'incostituzionalità dei commi 3 e 4 dell'art. 34 d.lg. n. 80 del 1998 nella parte in cui il decreto delegato, violando i limiti della legge delega,istituiva una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno. Si rinvia aIannotta,Osservazioni in tema di comportamenti e di giurisdizione amministrativa, inRiv. giur. ed., 2005, f. 3, in cui si effettua l'analisi di alcune rilevanti pronunce giurisprudenziali in materia urbanistica dopo le sentenze C. cost. nn. 204 e 281 del 2004. Si veda ancheConti,Corte costituzionale, riparto delle giurisdizioni e art. 34 d.lg. n. 80 del 1998: fu vera rivoluzione?, inUrb. e app., 2004, 1031-1044.

(11)C. cost. 11 maggio 2006, n. 191, inForo it., 2006, f. 6, 1, 1625-1629 con nota diTravi,Principi costituzionali sulla giurisdizione esclusiva ed occupazioni senza titolo dell'amministrazione.

(12)Non si ignora che, secondo la dottrina e la giurisprudenza,le sentenze ablative della Corte costituzionale restano sottratte al principio dellaperpetuatio iurisdictionis, ma nella fattispecie de qua è proprio il d.l. n. 245 del 2005 a non rilevare, poiché normativa sopravvenuta. Per i rapporti tra sentenze di Corte costituzionale e art. 5 c.p.c. si veda Cass., sez. un., n. 28545 del 2008 (initalgiureweb.it) ePassante, Subart. 5 c.p.c., inCommentario Breve al codice di procedura civile, Padova, 2009, 45 ss.

(13)Sui criteri di riparto e sulla loro evoluzione si vedaCaringellaL'evoluzione storica dei criteri di riparto, inIl riparto di giurisdizione, a cura di Caringella, De Nictolis, Garofoli,Poli,Trattato di giustizia amministrativa, Milano, 2008, 3 ss.

(14)Cfr. sent. n. 204 del 2004 cit.

(15)Cfr. sent. n. 204 del 2004 cit.

(16)Applica la coppia autorità/libertàNigro,Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale contro la pubblica amministrazione (Il problema di una legge generale sul procedimento amministrativo), inRiv. proc. civ., 1980, 252 ss., ora inNigro,Scritti giuridici, III, Milano, 1996, 1435 ss.

(17)Garofoli, inLa giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo evoluzione, dubbi interpretativi e posizioni antistoriche, Relazione tenuta al Convegno «Il codice del processo amministrativo», Lecce, 12 novembre 2010 inhttp://www.giustizia-mministrativa.it/documentazione/studi_contributi/Garofoli17112010.htm, il quale, al par. 5, afferma che il codice del processo amministrativo avrebbe codificato il principio di concentrazione, di cui la giurisprudenza avrebbe già fatto ampiamente richiamo prima dell'entrata in vigore dello stesso.

(18)Secondo il Tribunale Salerno in 6 maggio 2008, inDe Jure, le controversie in materia urbanistica (nel caso di specie, relativa all'attivazione di un sito di stoccaggio di rifiuti confezionati in balle e quindi all' uso o gestione del territorio regionale) va regolata, sul piano della tutela giurisdizionale, dall'art. 34 comma 1 d.lg. n. 80 del 1998, come successivamente modificato, con conseguente giurisdizione esclusiva anche in sede cautelare del g.a. che ha anche la potestà di contemperare o di limitare i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute in rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre.

(19)In questo senso si veda Cass., sez. un., ord, n. 4908 dell'8 marzo 2006 initalgiureweb, la quale in parte motiva sostiene che tra immissioni intollerabili e potere pubblico non ci sarebbe alcun nesso.

(20)Sulle tecniche di tutela esperibili davanti al giudice amministrativo si vedaDi Felice, inLe tecniche di tutela del giudice amministrativo nei confronti dei comportamenti illeciti della p.a.http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studi_contributi/De_felice.htm.

(21)Sulla differenza tra tutela in forma specifica e tutela risarcitoria si vedaCaringella-Buffoni,Manuale di diritto civile, Roma, 2011, 1265 ss i quali evidenziano la diversità di presupposti, funzione e oggetto delle stesse, con conseguente possibilità di cumulo.

(22)Battaglia, Il giudice amministrativo e la tutela dei diritti fondamentali,Commento a C. cost. n.140 del 2007, inGiornale dir. amm., 2007, 1167.

(23)Gisondi, Subart.30, inCodice del nuovo processo amministrativo, a cura di Caringella e Protto, ed. Dike- 2010, 369 ss.,

(24)Per una trattazione aggiornata della tutela del diritto alla salute e sulla sua incomprimibilità si vedaFerrara,Il diritto alla salute: i principi costituzionali, inTrattato di biodiritto, a cura di Rodotà, Zatti, Ferrara, Milano, 2010, 3 ss.

(25)Per i rischi connessi a questa trasformazione si rinvia alla lettura della sentenza di C. cost. n. 204 del 2004 cit.

(26)Marino,La giurisdizione nell'esperienza contemporanea, Milano, 2008, 123 ss., secondo cui l'istituzione del giudice amministrativo non era intesa a sottrarre la potestas iudicandi al giudice ordinario,ma quella di colmare il vuoto creatosi a seguito della legge abolitrice del contenzioso amministrativo. Difatti, il rischio sarebbe stato quello che per gli «altri affari«, diversi dai diritti civili e politiciexart. 2 LAC, sarebbe rimasta una sorta di autodichia della pubblica amministrazione.

(27)Tuttavia, a seguito del codice del processo amministrativo si registra un progressivo avvicinamento del processo amministrativo al processo ordinario, trasformando il primo da un giudizio sull'atto a un giudizio sul rapporto. In questo senso, sebbene in termini critici per la mancata previsione in termini generali dell'azione di adempimento, dell'azione di condanna ad unfacerespecifico e per la previsione di un termine di decadenza e non di prescrizione per il risarcimento del danno consequenziale all'annullamento dell'atto,Chieppa,op. cit., 46 ss.

(28)Per una trattazione dell'istituto dellatranslatio iudiciie delle sue conseguenze si vedaGasperini,Discussione delle questioni di giurisdizione e translatio iudicii(art. 59 l. n. 69 del 2009), III, inIl processo civile competitivo, a cura di A. Didone, 2010, Torino, 129 ss, la quale esamina in modo approfondito le modalità tecniche della trasmigrazione da un giudizio a un altro, declinando i possibili effetti anche negativi, preclusioni e decadenze, sulla domanda del privato.

(29)È interessante osservare che la tutela die diritti fondamentali opera, allorquando venga dichiarato il difetto di giurisdizione relativo, anche sotto un profilo strettamente processuale applicando l'istituto dellatranslatio iudicii.La fattispecie, esaminata dal Tribunale partenopeo, è anteriore all'entrata in vigore della l. 18 giugno 2009, n. 69, la quale, all'art. 59 comma 1, stabilisce che «Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo». Pertanto, questa norma, stante il disposto dell'art.11 delle preleggi, è applicabile solo alle cause instaurate successivamente alla sua entrata in vigore. La soluzione si giustifica anche considerando il precedente art. 58, il quale, differentemente, reca una disciplina transitoria. Ne consegue che occorre tener conto del quadro giurisprudenziale preesistente. Sul punto si devono, quindi, condividere le considerazioni diArcuri,La translatio iudicii:dalla giurisprudenza delle alte corti alla riforma in arrivo, translatio iudiciitra le giurisdizioni, marzo 2009, relazione al corso di Formazione decentrata del CSM,http://appinter.csm.it/incontri/relaz/17502.pdfil quale rammenta il quadro giurisprudenziale alla riforma, in particolare l'autore afferma che «è noto che, disattendendo il propriojus receptum (ex plurimis: Cass., sez. un., n. 7039 del 2006; Cass., sez. un., n. 19218 del 2003; Cass., sez. un., n. 17934 del 2003; Cass., sez. un., n. 8089 del 2002; Cass., sez. un., n. 7099 del 2002; Cass., sez. un., n. 6041 del 2002; Cass., sez. un., n. 2091 del 2002; Cass., sez. un., n. 14266 del 2001; Cass., sez. un., n. 1146 del 2000; Cass., sez. un., n. 1166 del 1994; Cass., sez. un., n. 10998 del 1993) le sezioni unite della Corte di Cassazione (con le sentenze gemelle nn. 4109 del 2007 e 23738 del 2007) avevano affermato la possibilità dellatranslatio iudicii dal giudice ordinario al giudice speciale. Peraltro, era stato affermato anche che la trasmigrabilità della causa dal giudice ordinario al giudice speciale, e viceversa, non richiedesse necessariamente la pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione di giurisdizione, ma era possibile anche nel caso di sentenza del giudice di merito, che abbia declinato la giurisdizione (sez. un., sent. 22 febbraio 2007, n. 4109). Ilrevirementdella Cassazione fu, poi, condiviso dalla Corte costituzionale che, con sentenza n. 77 del 2007 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 30 l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui non prevedeva che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione. La Consulta, tuttavia, non condivise le conclusioni delle sezioni unite in punto di «percorso» da seguire per arrivare alla affermazione dellatranslatio iudiciide qua: secondo le sez. un., è sufficiente una interpretazione costituzionalmente orientata; secondo la Consulta, è necessario l'intervento della Corte delle Legge che si pronunci «modificando» le norme processuali silenti sul punto. Per il giudice di merito si profilavano, allora, due percorsi diversi, onde fare applicazione del meccanismo della translatio iudicii tra giudici di merito: in prima ipotesi, rimettere gli atti alla Consulta per una declaratoria di incostituzionalità delle norme del c.p.c. laddove non prevista la trasmigrabilità del giudizio, al precipuo fine di salvare gli effetti della domanda proposta al giudicesine potestas decidendi(come sembra suggerire la stessa Consulta); in seconda ipotesi, recepire l'insegnamento espresso dalla Suprema Corte e superare l'impasse in via ermeneutica (come affermato dalle sezioni unite). Alcuni tribunali di merito avevano sposato questa seconda linea ermeneutica (cfr. App. Bari, sez. fer., 22 agosto 2007; Trib. Catanzaro, sent 21 gennaio 2008, Est. Arcuri), poiché conforme al principio costituzionale del giusto processo». Per una recente adesione al secondo indirizzo si veda Trib. Sulmona, causa 734-06, Est. Marasca pronunciata in data 16 giugno 2011, inedita.

 

---------------------------

 

 REPUBBLICA ITALIANA                                   
                      IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                               
Il  Tribunale  di  Napoli  in  composizione  monocratica,  II sezione civile, in
persona  della  dott.ssa  Grazia  Bisogni,  ha emesso la seguente               
                     SENTENZA                                                   
nella  causa  civile  iscritta  al  n. 14783 del ruolo generale degli affari    
contenziosi dell'anno 2003                                                      
                       TRA                                                      
O.  O.,  A.  L.,  R. M., B. R., S. A., C. E., M. F., M. E., P. F., S. G.,  C. N.
e  S. V., rapp.ti e difesi dagli avv.ti Andrea Faiello e Gabriella  Campajola,  
presso  il  cui studio elett.nte domiciliano a Giugliano  in Campania via V. V.,
in virtù di procura a margine della citazione                          ATTORI  
                        E                                                       
Presidenza  del  Consiglio dei Ministri e Commissario di Governo per l'emergenza
rifiuti,  bonifiche e tutela e delle acque della Regione Campania  ex oo.P.C.M. 
n. 2425\96, in persona dei rapp.nti in carica, ope  legis  rapp.ti  e difesi    
dall' Avvocatura dello Stato, presso la quale domiciliano a Napoli, via A. D.  CONVENUTI  
                        E                                                       
M.  M.  e S. T., Sa. An. e O. T., M. D. e D. A. A., D. R. S. e S. C., S.  M.  e 
M.  P., Ma. Ma., P. C., in proprio e quale erede di C. G., Ca.  Gi., C. A. e C. 
R., quali eredi di C. G., tutti rapp.ti e difesi dagli  avv.ti  Andrea  Faiello 
e  Gabriella Campajola, presso il cui studio  elett.nte domiciliano  a Giugliano
in Campania via V. V., in virtù di procura a margine delle comparse d'intervento
depositate il 27.1.2005                                            INTERVENTORI VOLONTARI
OGGETTO:  indennizzo ex art.46 legge 2359\1865;                                 
risarcimento danni da illecito civile CONCLUSIONI All'udienza  di  precisazione 
delle conclusioni del 19.10.2010 parte attrice si richiamava alle conclusioni   
rese  all'udienza  del 2.2.2010.                                                
Parte convenuta si richiamava alle conclusioni di cui alla comparsa di risposta.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Occorre premettere che citazione del 12.5.2003, gli attori indicati in epigrafe sostenevano di essere proprietari di talune unità immobiliari, ubicate nel territorio del Comune di Giugliano in Campania, nei pressi del sito di deposito e di essiccazione di rifiuti solidi urbani per il trattamento del combustibile derivato dai rifiuti (CDR), installato nella località "Ponte Riccio", in esecuzione della normativa di "emergenza rifiuti", gestita per delega governativa dal Presidente del Consiglio dei Ministri e, in forza di sub-delega, dai suoi vice e sub-commissari, in una zona a vocazione prettamente agricola e nella quale si trovava anche il mercato ortofrutticolo di Giugliano in Campania. Sostenevano che poiché in Campania non tutto il ciclo del trattamento dei rifiuti previsto dalla normativa in materia era funzionante, i rifiuti che in precedenza erano conferiti a discarica non erano trattati con procedimenti chimici o termici, ma erano ammassati su precarie piattaforme di stoccaggio, imballati in involucri di materiale sintetico che, in attesa di subire il preventivo processo di essicazione, e posti all'aria aperta, costituivano un ammasso produttivo di continue e nocive esalazioni in danno della salute e dell'ambiente. Lamentavano, dunque, che l'intera area di deposito dell'impianto CDR "Ponte Riccio" era divenuta un'immensa discarica senza alcun trattamento dei rifiuti, e che il continuo transito degli automezzi di trasporto, omesso qualsiasi controllo di pulizia, di pesatura del carico e del materiale trasportato, causava persistenti fuoriuscite di liquami e fanghi lungo tutto il percorso. Affermavano, dunque, in quanto proprietari degli immobili, di avere subito danni consistenti nella diminuzione di valore dei propri beni, raffrontando il valore di mercato degli stessi prima e dopo la realizzazione dell'impianto. Si riservavano anche di agire in separata sede per far valere il danno alla salute. Ritenevano, dunque, di avere diritto all'indennizzo di cui all'art. 46 della legge 2359\1865, nonché al risarcimento dei danni ulteriori derivanti dall'illegittimità del provvedimento di installazione dell'impianto per contrasto con la normativa comunitaria (direttive CEE 96\61 e 94\67) e, in subordine, della normativa interna di attuazione (Legge 24.4.98 e d.m. 21.7.98), sostenendo che, in particolare, l'illegittimità risiedeva principalmente nell'avere permesso l'installazione senza avere prima assicurato il funzionamento completo del ciclo di trattamento dei rifiuti. Affermavano la competenza del tribunale ordinario sia in relazione alla domanda fondata sull'art.46, sia su quella risarcitoria. Chiedevano, quindi, che, disapplicato il provvedimento autorizzativo dell'installazione dell'impianto, i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni. Chiedevano, quindi, all'adito giudice di condannare i convenuti in solido all'indennizzo e\o al risarcimento dei danni subiti quali titolari dei diritti dominicali sugli immobili di loro proprietà per effetto della realizzazione dell'opera pubblica in virtù della normativa richiamata.

I convenuti si costituivano in giudizio e riferivano che con ordinanza n. 2425\96 del Presidente del Consiglio dei Ministri ed, in seguito, con ordinanza n.2470\96 del Ministro degli Interni, quale delegato al coordinamento della Protezione Civile, il Presidente della Regione Campania era stato nominato Commissario Delegato per lo Smaltimento dei Rifiuti, con l'incarico, tra l'altro, di redigere il piano d'interventi d'emergenza per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili, speciali, tossici -nocivi, per il perdurare della situazione d'emergenza nella Regione Campania. I resistenti non contestavano, dunque, l'attribuitagli titolarità del lato passivo del rapporto dedotto in giudizio, ma negavano che quanto lamentato dagli attori si fosse verificato, sostenendo che dalle relazioni redatte dall'ARPAC emergeva che le esalazioni oggetto di doglianza, in realtà, provenivano da altra fonte, costituita dai trattamenti industriali operati in prossimità dell'impianto. Chiedevano, dunque, il rigetto della domanda.

All'udienza del 27.1.2005 intervenivano in giudizio, quali proprietari di altri immobili siti nei pressi dell'impianto in questione, i soggetti indicati in epigrafe. è bene subito qualificare come litisconsortile l'intervento da costoro spiegato ex art.105 c.p.c. i quali, associandosi alle pretese di parte attrice, hanno fatto valere il proprio diritto di proprietà nei confronti dei medesimi convenuti, formulando il medesimo petitum.

Ciò premesso, gli attori e gli interventori, la cui vantata titolarità della proprietà degli immobili indicati nei rispettivi atti costitutivi non è mai stata contestata dai resistenti, hanno, dunque, proposto due diverse domande, l'una, volta al pagamento dell'indennizzo disciplinato dall'art.46 della su citata legge 2359\1865, l'altra, diretta a conseguire il risarcimento del danno patrimoniale derivante dall'illegittimità della realizzazione dell'impianto di cdr sito a Giugliano in Campania, località "Ponte Riccio".

Prima di procedere alla qualificazione della seconda delle domande proposte, è bene subito affermare l'infondatezza della pretesa avanzata ex lege 2359\1865. L'articolo in discorso, in vigore al momento della proposizione della domanda, in quanto abrogato, con l'intera legge, dall'articolo 58 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 30 giugno 2003 (abrogazione ribadita dall'articolo 24 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112) dispone che "è dovuta una indennità ai proprietari dei fondi, i quali dall'esecuzione dell'opera di pubblica utilità vengano gravati di servitù, o vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto". La norma disciplina un'ipotesi di responsabilità cd. "da atto lecito", che consente di reclamare non una pretesa risarcitoria, bensì un indennizzo volto a compensare il sacrificio alla proprietà che lecitamente è imposto al privato dalla legittima realizzazione di un'opera pubblica. è, dunque, vero che la disposizione in commento non richiede necessariamente che la situazione contemplata venga a determinarsi in conseguenza di un procedimento espropriativo, in quanto trattasi di una forma di tutela accordata a coloro che, quand'anche un procedimento espropriativo vi sia stato, o ne siano rimasti concretamente estranei (in quanto proprietari di suoli contigui a quelli sui quali è stata eseguita l'opera), o abbiano subito un danno non già per effetto della vera separazione (per esproprio) di una parte di suoli, bensì in conseguenza dell'opera eseguita sulla parte espropriata e indipendentemente dall'espropriazione stessa. è, tuttavia, da considerare che la norma in esame, è fondatamente invocabile allorché la compressione non trascurabile del diritto dominicale si manifesti in conseguenza dell'esecuzione o della presenza dell'opera pubblica, ovvero della sua utilizzazione, in conformità della funzione per la quale è stata progettata e realizzata, arrecando al proprietario un pregiudizio permanente (cosiddetta espropriazione larvata) (cfr. Cassazione civile, sez. I, 28/07/2010, n. 17679). Il presupposto, dunque, della norma in esame, che non ricorre nelle prospettazioni di parte attrice e che non è emerso dalla condotta istruttoria, è il carattere legittimo dell'opera pubblica e della sua utilizzazione. Nel caso concreto, invece, gli attori e gli interventori, lungi dal condividere la legittimità del provvedimento amministrativo con il quale è stata decisa la realizzazione dell'impianto, hanno posto a base della lamentata riduzione di valore di mercato dei propri beni proprio l'illegittimità della scelta operata dalla p.a., riservando espressamente ad altro giudizio le pretese risarcitorie per lesione del diritto alla salute.

La domanda, dunque, ancorata alla fattispecie normativa ora verificata non può essere accolta.

Passando alla disamina della pretesa risarcitoria, in ragione della prospettazione offerta da parte attrice in citazione, questo giudice ritiene di non avere giurisdizione alla luce dell'art.34 del d.lgs. 80\1998. Invero, parte attrice ha, in citazione, inequivocabilmente individuato la causa dei danni lamentati nell'assunta illegittimità del provvedimento con il quale è stata disposta l'installazione dell'impianto di cdr in questione, ritenendo che lo stesso è stato adottato in violazione delle su indicate norme comunitarie ed interne "concernenti la regolamentazione tecnica di sicurezza e delle procedure autorizzative previste con particolare riferimento al tipo, quantità, caratteristiche dei rifiuti da smaltire, le caratteristiche dell'impianto di smaltimento e la qualità e quantità delle emissioni nell'ambiente" (cfr. pag.6 citazione), ribadendo, altresì, che l'illegittimità dell'atto censurato risiede nell'avere "permesso l'installazione medesima senza prima avere assicurato il funzionamento completo del ciclo di trattamento dei rifiuti", e mirando espressamente a conseguire "la disapplicazione del provvedimento autorizzativo dell'impianto CDR" (cfr. ut supra ibidem). Giova, a questo punto, ricordare che seguito della sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004 (applicabile anche ai giudizi in corso) - con la quale è stata dichiarata (anche) la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 34 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 (nel testo novellato dall'art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205), nella parte in cui devolveva alla giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie, in materia urbanistica ed edilizia, nelle quali vi sia stato, non già un atto o un provvedimento dell'Amministrazione, ma un comportamento di questa non altrimenti qualificato - l'inosservanza, da parte della p.a., delle regole tecniche, ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato davanti al g.o., sia quando tenda a conseguire la condanna ad un "facere", sia quando abbia per oggetto la richiesta del risarcimento del danno patrimoniale, giacché una siffatta domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'Amministrazione, bensì un'attività materiale soggetta al rispetto del principio generale del "neminem laedere" (cass. s.u. 22521\2006). Nel caso in esame, tuttavia, tenuto conto di ciò che gli istanti hanno chiaramente dichiarato in citazione, la fonte delle pretese risarcitorie non è stata individuata nella condotta, meramente materiale della p.a. convenuta, di gestione dell'impianto (che, oltretutto, fu affidata, con ordinanza del Commissario di Governo n.34 del 30.1.2002, acquisita dal c.t.u. C. M., ad un soggetto terzo, la FIBE s.p.a.), bensì nella decisione in sè di realizzare l'impianto oggetto di causa, senza avere prima assicurato, a dire degli istanti, il funzionamento completo del ciclo di smaltimento dei rifiuti, tanto da richiedere la disapplicazione del relativo provvedimento amministrativo, come ribadito anche negli scritti difensivi finali depositati dagli attori ai sensi dell'art.190 c.p.c. il 7.1.2011 (pagg. 3 e 4). Al giudice adito, dunque, è stato prospettato l'avvenuto compimento di un atto di gestione del territorio, direttamente espressione ed attuativo degli interessi pubblici di tutela della salute pubblica, connessi allo smaltimento dei rifiuti, ed è stato richiesto di sindacare la legittimità dell'esercizio del potere autoritativo. Del resto, tale conclusione è conforme alla pronuncia della Cassazione civile, sez. un., 28/12/2007, n. 27187 che ha stabilito che "Anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 cost.) - allorché la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della p.a. di cui sia denunciata l'illegittimità, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come quella della gestione del territorio - compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie in ordine alla sussistenza in concreto dei diritti vantati, al contemperamento o alla limitazione di tali diritti in rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre, nonché all'emissione dei relativi provvedimenti cautelari che siano necessari per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie e eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti" (principio di diritto enunciato nell'interesse della legge, ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c., in presenza di ricorso dichiarato inammissibile avverso l'ordinanza emessa dal tribunale ordinario, in sede di reclamo, con la quale era stato confermato il provvedimento assunto dal giudice monocratico, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., che aveva ordinato al Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Campania di astenersi dall'installare e porre in esercizio l'impianto di discarica dei rifiuti nel territorio del Comune di Serre).

Nè si può ritenere che l'adito giudice dovesse preventivamente rimettere la causa sul ruolo istruttorio allo scopo di sollecitare il contraddittorio delle parti sul difetto di giurisdizione ora pronunciato. Infatti, la questione di rito in discorso, lungi dal costituire un tema 'a sorpresa', è stata introdotta dagli stessi istanti, sia pure in senso affermativo, i quali espressamente hanno dedicato l'ultimo capoverso delle premesse in diritto della citazione alla "competenza del tribunale ordinario". In tale capitolo del libello introduttivo, a pag. 7, gli attori hanno, infatti, ritenuto esistente la cognizione del tribunale ordinario non solo sulla domanda fondata sull'art.46 sopra detto, ma anche sull'"azione volta ad ottenere il risarcimento del danno da illegittimo provvedimento o comportamento della p.a." (cfr. atto menzionato).

La complessità delle questioni giuridiche trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da O. O., A. L., R. M., B. R., S. A., C. E., M. F., M. E., P. F., S. G., C. N. e S. V., nonchè da M. M. e S. T., Sa. An. e O. T., M. D. e D. A. A., D. R. S. e S. C., S. M. e M. P., Ma. Ma., P. C., in proprio e quale erede di C. G., Ca. Gi., C. A. e C. R., quali eredi di C. G., contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti, bonifiche e tutela e delle acque della Regione Campania, così provvede:

rigetta la domanda fondata sull'art.46 della legge 2359\1865;

dichiara il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni per esservi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

compensa tra le parti le spese di lite.

Napoli, 14.1.2011

Il giudice

Dott.ssa Grazia Bisogni