TAR Toscana Sez. II n.1615 del 8 novembre 2016
Rifiuti.Attività di gestione dei rifiuti in zona vincolata paesaggisticamente

L’attività di gestione rifiuti in zona vincolata paesaggisticamente, in ragione della sua potenzialità lesiva, sia soggetta (anche) all’autorizzazione dell’Autorità preposta al vincolo, a prescindere dalla circostanza che venga svolta in impianto già esistente o meno.

Pubblicato il 08/11/2016

N. 01615/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01052/2013 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1052 del 2013, proposto da:
S.r.l. Piandisieve in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Taddei Elmi C.F. TDDGNN80E22D612S e Alberto Maria Bruni C.F. BRNLRT51C17D612G, con domicilio eletto presso il loro studio in Firenze, via Lamarmora 14;

contro

la Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale é domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;
la Provincia di Firenze, ora Città Metropolitana di Firenze in persona del Sindaco Metropolitano in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Anna Lucia De Luca C.F. DLCNLC66B45I054Z, con domicilio eletto presso l’Avvocatura della Città Metropolitana di Firenze in Firenze, via de' Ginori 10;
l’Unione Montana Comuni del Mugello – S.U.A.P Sportello Unico per le Attività Produttive in persona del legale rappresentante p.t. ed il Comune di San Piero a Sieve in persona del Sindaco in carica, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- dell'atto unico n. 67 del 6.5.2013 emesso dal S.U.A.P. dell'Unione Montana dei Comuni del Mugello, con cui è stata disposta la chiusura del procedimento relativo al rilascio alla Società Piandisieve s.r.l. dell'autorizzazione ai sensi dell'art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 per l'esercizio dell'attività di recupero rifiuti non pericolosi presso l'impianto di via Massorondinaio 12/B a San Piero a Sieve;

- dell’atto dirigenziale n. 1454 del 19.4.2013 della Provincia di Firenze e dell’allegato atto istruttorio di chiusura del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del D. Lgs. n. 152/2006;

- dei verbali delle conferenze dei servizi indette dalla Provincia di Firenze del 16.3.2011, del 17.12.2012 e del 25.1.2012, nonché di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici e della Provincia di Firenze, ora Città Metropolitana di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2016 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La s.r.l. Piandisieve è titolare di un insediamento industriale che si occupa di trattamento e trasformazione di materiali inerti per confezionare calcestruzzi e conglomerati, posto in via Massorondinaio n. 12/B a San Piero a Sieve. Il 6 agosto 2010 ha presentato al S.U.A.P. dell’Unione Montana dei Comuni del Mugello una domanda di autorizzazione ai sensi dell’art. 210 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per l’esercizio dell’attività di recupero di rifiuti non pericolosi da svolgersi entro l’impianto esistente. La domanda è stata inizialmente esaminata dalla Provincia di Firenze, cui era stata trasmessa dal S.U.A.P., per verificare se il progetto dovesse essere sottoposto alla Verifica di Impatto Ambientale, e tale adempimento è stato escluso con atto dirigenziale della Provincia di Firenze n. 3482 del 28 ottobre 2010. Poi, su indicazione di quest’ultima, stante l’intervenuta abrogazione dell’art. 210 D. Lgs. n. 152/2006 la domanda originaria è stata rettificata dalla s.r.l. Piandisieve in domanda da valere ai sensi dell’art. 208 del medesimo Decreto Legislativo e nuovamente trasmessa alla Provincia, con le integrazioni necessarie per adeguarsi alle prescrizioni indicate nel suddetto atto dirigenziale provinciale del 28 ottobre 2010.

Dopo una richiesta di integrazioni la stessa Provincia ha convocato la conferenza dei servizi prevista dall’art. 208 del D. Lgs. n. 152/06, che si è conclusa negativamente per l’opposizione della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici (nel seguito: “Soprintendenza”). Con nota del 29 marzo 2011 la Provincia ha comunicato al S.U.A.P. dei Comuni del Mugello l’esistenza dei suddetti motivi ostativi all’accoglimento della domanda presentata dall’odierna ricorrente affinché quest’ultimo provvedesse ad informarla, ma esso ha a ciò provveduto solo il 25 ottobre 2012.

La ricorrente ha allora presentato osservazioni e la Provincia di Firenze ha quindi convocato una nuova conferenza dei servizi per il 17 dicembre 2012, cui la Soprintendenza non si è presentata adducendo carenze documentali ed esigenza istruttorie. La conferenza è stata riconvocata per il 25 gennaio 2013 e la Soprintendenza ha comunicato che, alla luce delle osservazioni presentate dall’odierna ricorrente, era necessario svolgere un’ulteriore verifica sulla legittimità delle procedure paesaggistiche pregresse. La conferenza si è conclusa con la decisione di ritenere non superato il parere negativo espresso dalla Soprintendenza nel corso della prima conferenza del 16 marzo 2011 e la Provincia di Firenze quindi, con atto istruttorio del 19 aprile 2013 approvato con Atto Dirigenziale n. 1454 di pari data, ha proposto di chiudere negativamente il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione richiesta dall’odierna ricorrente. Il SUAP dei Comuni del Mugello ha definitivamente disposto tale negativa chiusura del procedimento comunicandola all’odierna ricorrente con provvedimento 6 maggio 2013, n. 67, e facendo proprie le motivazioni dell’atto dirigenziale della Provincia. I provvedimenti sono allora stati impugnati con il presente ricorso per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituite l’Avvocatura dello Stato per la Soprintendenza e la Provincia di Firenze, ora Città Metropolitana di Firenze, chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza del 18 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La presente controversia riguarda la legittimità della decisione di chiudere negativamente il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione all’attività di recupero rifiuti non pericolosi richiesta dalla ricorrente, denegata per il lungo lasso di tempo trascorso e la mancanza di certezze circa il rispetto della normativa vigente in materia di protezione del paesaggio.

1.1 La ricorrente, con primo motivo, lamenta che non le potrebbe essere addebitato il lungo di lasso di tempo trascorso dall’apertura del procedimento mentre il rilascio dell’autorizzazione ex art. 208 D. Lgs. n. 152/06 non doveva, a suo dire, essere subordinato ad alcuna verifica riguardante la legittimità paesaggistica dell’impianto in questione né al parere positivo della Soprintendenza. Sostiene che la norma di cui all’art. 208, comma 7, D. Lgs. n. 152/2006 secondo la quale “nel caso in cui il progetto [oggetto della domanda di autorizzazione] riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell’art. 146 di tale decreto in materia di autorizzazione”, varrebbe per i progetti che abbiano ad oggetto “nuovi impianti” di smaltimento rifiuti o comunque modifiche esterne agli impianti esistenti e tali perciò da incidere sul paesaggio ma non quando, come nel caso di specie, la domanda di autorizzazione ed il relativo progetto riguardino un’attività da svolgersi in un impianto già esistente, senza modificare l’aspetto esteriore degli edifici.

Con secondo motivo deduce difetto di istruttoria e motivazione del diniego opposto alla sua richiesta autorizzativa, la quale si fonda su una presunta incertezza sin ordine al rispetto della normativa in materia di protezione del paesaggio. La Soprintendenza, ente preposto alla tutela del vincolo, peraltro avrebbe reso, nel corso del procedimento, pareri tra loro contraddittori.

Con terzo motivo si duole che l’iniziale parere negativo reso dalla Soprintendenza in occasione della conferenza dei servizi del 16 marzo 2011 risulterebbe comunque di per sé viziato per difetto di istruttoria e motivazione, avendo dichiarato che l’impianto realizzato dalla ricorrente ricadrebbe in zona sottoposta a vincolo paesaggistico per la sua “vicinanza” al fiume Sieve senza verificarne l’esatta distanza, tant’è vero che successivamente ha ritenuto necessario effettuare un sopralluogo in loco, peraltro mai effettuato. Inoltre non sono stati indicati i manufatti e le opere edilizie che si troverebbero all’interno della zona posta a meno di 150 metri dalla sponda del fiume e per i quali non risulterebbe esistente l’autorizzazione paesaggistica.

Con quarto motivo la ricorrente lamenta che il suo impianto sarebbe legittimato anche sotto il profilo paesaggistico poiché l’autorizzazione paesaggistica non sarebbe stata necessaria, in quanto l’area in questione non era da considerarsi vincolata ai sensi dell’art. 82, comma 5, d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, secondo il quale il vincolo paesaggistico “non si applica nelle zone A e B e – limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione – alle altre zone, come delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ai centri edificati perimetrali ai sensi dell’art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865”. L’esclusione dal vincolo riguarderebbe non solo le zone già edificate (A e B di cui al D.M. 1.4.1968 n. 1444), ma anche tutte le altre zone che siano comprese nel programma pluriennale di attuazione e abbiano perciò formato oggetto di pianificazione urbanistica ovvero quelle zone che, nei Comuni privi del p.p.a., siano state inserite negli strumenti urbanistici attuativi. L’area su cui sorge l’impianto de quo, al momento dell’entrata in vigore del d.l. 27 giugno 1985, n. 312 conv. in l. 8 agosto 1985, n. 431, era stata fatta oggetto di specifica pianificazione mediante la variante di recupero di cui alla delibera comunale consiliare 1 agosto 1985, n. 127 approvata dalla Regione Toscana con delibera giuntale 3 febbraio 1986, n. 948, ed era stata inserita nel correlativo piano attuativo convenzionato. Inoltre gli impianti erano già esistenti, all’epoca, da almeno venti anni e sono stati sanati.

Con quinto motivo deduce che l’impianto sarebbe comunque conforme alla normativa paesaggistica poiché la variante di recupero ex art. 29 della L. 28 febbraio 1985, n. 1985 – all’interno della quale sono ricompresi tutti gli edifici esistenti sull’area – e il correlato piano attuativo convenzionato sono stati approvati rispettando l’iter procedimentale previsto dalla Legge della Regione Toscana 2 novembre 1979, n. 52, all’epoca vigente, secondo cui “l’approvazione con delibera della Giunta regionale di strumenti urbanistici attuativi, redatti nella forma e con le procedure di cui al comma 3, equivale alle autorizzazioni previste dalla legge n. 1497/1939”. L’approvazione della variante urbanistica da parte della Giunta Regionale, in forza di quanto disposto dall’art. 3, comma 1, L.R. n. 52/1979, avrebbe quindi sostituito l’autorizzazione paesaggistica prevista dall’art. 7 L. 1497/1939.

1.2 La Città Metropolitana replica alle deduzioni della ricorrente evidenziando, in particolare, che non risulterebbe prodotta la comunicazione e la trasmissione dell’autorizzazione rilasciata in sanatoria dal Comune e, quindi, verrebbe meno la possibilità di assumere la sua legittimità quale parere favorevole rilasciato.

2. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

2.1 Il primo motivo deve essere trattato prioritariamente, poiché mette in discussione l’esistenza stessa del potere in capo alla Soprintendenza di esaminare la domanda presentata dalla ricorrente e il suo accoglimento determinerebbe la maggior soddisfazione dell’interesse azionato da questa.

Il motivo è infondato.

L’art. 208 del D. Lgs. n. 152/06 prevede un procedimento unico di approvazione degli impianti di smaltimento e recupero rifiuti, il cui provvedimento terminale sostituisce qualunque atto concessorio o autorizzatorio di organi regionali, provinciali e comunali. Lo stesso, al comma sette, recita che “nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione”. La lettura di questa disposizione evidenzia che il legislatore non ha distinto nel senso indicato dalla ricorrente e che l’autorizzazione paesaggistica è comunque necessaria, laddove l’attività di smaltimento e recupero rifiuti debba essere effettuata in zona vincolata paesaggisticamente. La norma infatti richiama tout court l’applicazione dell’articolo 146 del D. Lgs. n. 42/2004 all’interno di un procedimento autorizzatorio unico, al fine di inserire in esso la verifica da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico stante l’importanza degli interessi pubblici connessi, senza prevedere differenziazioni a seconda che l’attività di smaltimento debba svolgersi in impianti nuovi o già esistenti. L’interpretazione letterale della norma di cui al comma 7 dell’art. 208 del D. Lgs. n. 152/06 porta quindi a conclusioni diverse da quelle propugnate dalla ricorrente.

Sotto un profilo teleologico è poi da dire che l’oggetto della tutela paesaggistica nella materia de qua non può ritenersi limitata alla verifica sulla costruzione di nuovi impianti per lo smaltimento dei rifiuti, ma deve ritenersi estesa al controllo di compatibilità dell’attività stessa con la tutela del vincolo, a prescindere dal fatto che venga svolta in impianti esistenti o di nuova costruzione, poiché essa è idonea a incidere negativamente sull’ambiente. L’interpretazione della ricorrente porterebbe a restringere il controllo sulla tutela del vincolo paesaggistico ai soli aspetti urbanistico-edilizi, finendo per identificare gli interessi pubblici connessi alla tutela dell’ambiente con quelli al corretto sviluppo dell’attività edilizia. Questa invece costituisce una parte, sia pur rilevante, della tutela ambientale ma non la esaurisce. Appare quindi logico che l’attività di gestione rifiuti in zona vincolata paesaggisticamente, in ragione della sua potenzialità lesiva, sia soggetta (anche) all’autorizzazione dell’Autorità preposta al vincolo, a prescindere dalla circostanza che venga svolta in impianto già esistente o meno.

2.2 È invece fondato il secondo motivo con cui viene denunciato il contraddittorio atteggiamento assunto dalla Soprintendenza nel caso di specie. Questa, infatti, dapprima nella conferenza dei servizi del 16 marzo 2011 ha rappresentato che non risultava che le fosse stato trasmesso il provvedimento di sanatoria di cui alla delibera comunale consiliare 189/1986; poi, nella conferenza del 17 dicembre 2012 non si è presentata e con nota scritta ha rappresentato la necessità di svolgere un sopralluogo, che non è stato effettuato e, infine, nella conferenza del 25 gennaio 2013 ha espresso la necessità di effettuare un’ulteriore verifica chiedendo un parere al Ministero, che però non è stato reso e nemmeno risulta sia stato richiesto. L’atteggiamento appare contraddittorio e ben lungi da quel canone di coerenza e ragionevolezza che costituisce principio generale dell’azione amministrativa.

Questo vizio di istruttoria si è ripercosso sui provvedimenti finali il cui contenuto è contraddittorio e perplesso.

L’atto istruttorio provinciale 17 aprile 2013 dà atto della mancanza di certezze circa il rispetto della normativa in materia di protezione del paesaggio (punto primo), e la constatazione avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a proseguire l’istruttoria e non a chiuderla, né men che meno a rimettere la riapertura del procedimento alla volontà della stessa Soprintendenza che di tale incertezza era responsabile (punto secondo del citato atto istruttorio provinciale).

Non meno perplesso appare l’atto dirigenziale provinciale n. 1454/2013 che ha approvato il suddetto atto istruttorio, poiché in ordine alla compatibilità paesaggistica del progetto della ricorrente si esprime al condizionale evidenziando che l’area interessata dall’impianto “risulterebbe” non legittimata in base alla normativa sulla protezione del paesaggio.

Il provvedimento terminale emesso dal S.U.A.P. non aggiunge alcunché, essendo integralmente motivato per relationem a quest’ultimo provinciale suddetto.

La mancanza di certezza sulla compatibilità paesaggistica del progetto presentato dalla ricorrente avrebbe dovuto portare le Amministrazioni a continuare e concludere il procedimento con un atto finale esprimente una volontà provvedimentale univoca, cosa che non è avvenuta nel caso di specie. Per tali motivi il ricorso deve essere accolto e gli atti impugnati devono essere annullati, con assorbimento delle ulteriori censure. A fini conformativi le competenti Amministrazioni dovranno riesaminare il progetto della ricorrente e fornire una risposta compiuta e precisa in ordine al rispetto, da parte del medesimo, della normativa in tema di tutela del vincolo paesaggistico.

Le spese seguono la soccombenza e pertanto le Amministrazioni intimate, in solido tra loro, sono condannate al loro pagamento a favore della ricorrente nella misura di € 3.000,00 (tremila/00) cui devono essere aggiunti gli accessori di legge.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Condanna le Amministrazioni intimate, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali a favore della ricorrente nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente

Luigi Viola, Consigliere

Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Alessandro Cacciari        Saverio Romano