Corte di Giustizia (Terza Sezione) 16 marzo 2023
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 2008/50/CE – Qualità dell’aria ambiente – Sentenza della Corte che accerta un inadempimento – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Obbligo di prendere le misure che l’esecuzione di una tale sentenza comporta – Inadempimento di tale obbligo dedotto dalla Commissione europea – Mancanza di chiarezza della lettera di diffida in ordine alla questione se la sentenza dovesse ancora essere eseguita alla data di riferimento – Principio della certezza del diritto – Irricevibilità»
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
16 marzo 2023 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 2008/50/CE – Qualità dell’aria ambiente – Sentenza della Corte che accerta un inadempimento – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Obbligo di prendere le misure che l’esecuzione di una tale sentenza comporta – Inadempimento di tale obbligo dedotto dalla Commissione europea – Mancanza di chiarezza della lettera di diffida in ordine alla questione se la sentenza dovesse ancora essere eseguita alla data di riferimento – Principio della certezza del diritto – Irricevibilità»
Nella causa C‑174/21,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, proposto il 21 marzo 2021,
Commissione europea, rappresentata da M. Noll-Ehlers e I. Zaloguin, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Repubblica di Bulgaria, rappresentata da M. Georgieva, T. Mitova e L. Zaharieva, in qualità di agenti,
convenuta,
sostenuta da:
Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,
interveniente,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, M. Safjan (relatore), D. Gratsias, N. Piçarra e N. Jääskinen, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: R. Stefanova-Kamisheva, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 settembre 2022,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 novembre 2022,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:
– dichiarare che la Repubblica di Bulgaria, non avendo preso tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, con riferimento alle zone e agli agglomerati BG0001 Sofia, BG0002 Plovdiv, BG0004 nord, BG0005 sud-ovest e BG0006 sud-est;
– condannare la Repubblica di Bulgaria a versare alla Commissione una somma forfettaria di EUR 3 156 al giorno, dalla data di pronuncia della sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), fino alla data di pronuncia della sentenza nella presente causa o, qualora l’infrazione abbia termine prima, fino al 31 dicembre dell’ultimo anno dell’infrazione, per un importo che in ogni caso non può essere inferiore alla somma forfettaria minima di EUR 653 000;
– condannare la Repubblica di Bulgaria a versare alla Commissione, per ciascuna zona di qualità dell’aria, una penalità di EUR 5 677,20 al giorno, a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza della Corte nella presente causa e fino all’anno di completa esecuzione della sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), e
– condannare la Repubblica di Bulgaria alle spese.
Contesto normativo
2 L’articolo 13 della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1), intitolato «Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione della salute umana», al paragrafo 1 dispone quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, PM10, piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI.
(...)».
3 L’articolo 23 di tale direttiva, intitolato «Piani per la qualità dell’aria», così dispone al suo paragrafo 1:
«Se in determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV.
In caso di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini.
Tali piani per la qualità dell’aria contengono almeno le informazioni di cui all’allegato XV, punto A, e possono includere misure a norma dell’articolo 24. Detti piani sono comunicati alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento.
(...)».
4 L’articolo 27 di detta direttiva, intitolato «Trasmissione di informazioni e relazioni», prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri provvedono a far pervenire alla Commissione le informazioni sulla qualità dell’aria ambiente entro i termini richiesti, stabiliti dalle disposizioni d’attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2.
2. In ogni caso, al fine specifico di valutare la conformità ai valori limite e ai livelli critici nonché al raggiungimento dei valori obiettivo, tali informazioni sono messe a disposizione della Commissione entro nove mesi dalla fine di ciascun anno (...)».
5 L’allegato XI della stessa direttiva è intitolato «Valori limite per la protezione della salute umana». Ai sensi di detto allegato, per quanto riguarda il PM10, il valore limite giornaliero è di 50 microgrammi per metro cubo (μg/m3), da non superare più di 35 volte per anno civile, e il valore limite annuale è di 40 μg/m3 per anno civile. Tale allegato precisa che la data entro cui detti valori limite dovevano essere rispettati era il 1° gennaio 2005.
Sentenza Commissione/Bulgaria
6 Nella sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), la Corte ha dichiarato che:
– a causa dell’inosservanza sistematica e continuata, dal 2007 sino al 2014 incluso, dei valori limite giornalieri e annuali applicabili alle concentrazioni di PM10 nelle zone e negli agglomerati BG0001 AG Sofia, BG0002 AG Plovdiv, BG0004 nord, BG0005 sud-ovest e BG0006 sud-est,
– a causa dell’inosservanza sistematica e continuata, dal 2007 sino al 2014 incluso, del valore limite giornaliero applicabile alle concentrazioni di PM10 nella zona BG0003 AG Varna e del valore limite annuale, nel 2007, nel 2008 e dal 2010 sino al 2014 incluso, nella medesima zona BG0003 AG Varna,
la Repubblica di Bulgaria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50.
7 La Corte ha inoltre dichiarato che, a causa del fatto che il superamento dei valori limite giornalieri e annuali applicabili alle concentrazioni di PM10 è persistito in tutte le zone e gli agglomerati suddetti, la Repubblica di Bulgaria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della suddetta direttiva e, segnatamente, all’obbligo di provvedere affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile, con riferimento al periodo dall’11 giugno 2010 sino al 2014 incluso.
Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte
8 A seguito della pronuncia della sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), la Commissione ha chiesto alla Repubblica di Bulgaria, con lettera dell’11 maggio 2017, di comunicarle informazioni sulle misure adottate per eseguire detta sentenza.
9 Con diverse lettere datate tra il 5 giugno 2017 e il 26 settembre 2018, la Repubblica di Bulgaria ha illustrato alla Commissione le diverse misure adottate per eseguire tale sentenza, precisando che taluni valori limite applicabili alle concentrazioni di PM10 erano ormai rispettati in numerosi comuni situati nelle zone interessate da detta sentenza.
10 Sulla base dei dati grezzi relativi alla qualità dell’aria per gli anni 2015 e 2016 la Commissione ha constatato che, in tali anni, il valore limite giornaliero applicabile alle concentrazioni di PM10 non era stato rispettato in nessuna delle sei zone oggetto della sentenza della Corte, mentre il valore limite annuale applicabile a tali concentrazioni era stato superato in tutte queste zone ad eccezione della zona BG0003 AG Varna.
11 Il 9 novembre 2018 la Commissione ha quindi inviato alla Repubblica di Bulgaria una lettera di diffida ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE. In tale lettera, essa constatava che, circa un anno e mezzo dopo la pronuncia della sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), e quasi undici anni dopo l’entrata in vigore della direttiva 2008/50, la Repubblica di Bulgaria non aveva ancora adottato le misure necessarie per porre fine alle violazioni constatate da tale sentenza. Inoltre, essa invitava tale Stato membro a presentare le sue osservazioni entro un termine di due mesi, successivamente prorogato di un altro mese fino al 9 febbraio 2019 (in prosieguo: la «data di riferimento»), e a informarla dei progressi eventualmente compiuti nel frattempo.
12 Dopo aver comunicato una prima serie di informazioni l’8 gennaio 2019, la Repubblica di Bulgaria ha risposto, con lettera del 18 gennaio 2019, alla lettera di diffida prima di inviare, con diverse lettere, informazioni complementari tra il 22 luglio 2019 e il 1º settembre 2020. In tali lettere, essa affermava, in particolare, che il valore limite annuale era stato rispettato per gli anni 2017 e 2018 nella zona BG0005 sud‑ovest, mentre nel 2019 non era stato constatato alcun superamento del valore limite annuale nelle zone BG0005 sud‑ovest, BG0006 sud‑est e BG0001 AG Sofia. Essa precisava altresì che, in taluni comuni situati in tali zone, era stato mantenuto il rispetto dei valori limite relativi alla qualità dell’aria ambiente, mentre i superamenti continuavano a diminuire in altri comuni. Successivamente, la Repubblica di Bulgaria ha affermato di aver adottato diverse misure per limitare i superamenti vietati, in particolare in relazione alle principali fonti di inquinamento costituite dal riscaldamento domestico e dai trasporti.
13 Pur escludendo provvisoriamente la zona BG0003 AG Varna dal procedimento precontenzioso, la Commissione ha considerato che, alla luce delle informazioni fornite dalla Repubblica di Bulgaria nonché delle relazioni sulla qualità dell’aria presentate ai sensi dell’articolo 27 della direttiva 2008/50 per il periodo compreso tra il 2015 e il 2019, tale Stato membro non aveva adottato tutte le misure che comportava l’esecuzione della sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), dato che i valori limite annuali e giornalieri non erano ancora rispettati nelle altre cinque zone menzionate in tale sentenza e il periodo di superamento non era stato limitato al periodo più breve possibile in tali cinque zone.
14 Alla luce di tali circostanze, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
15 Con decisione del presidente della Corte del 18 agosto 2021, la Repubblica di Polonia è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Bulgaria.
Sulla ricevibilità del ricorso per inadempimento
Argomenti delle parti
16 Considerando che i principi generali applicabili al procedimento precontenzioso di cui all’articolo 258 TFUE devono applicarsi mutatis mutandis a quello di cui all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE e ricordando che, in forza della giurisprudenza della Corte, l’emissione di un parere motivato in applicazione dell’articolo 258, primo comma, TFUE presuppone, in via preliminare, che la Commissione possa validamente far valere una violazione di un obbligo incombente allo Stato membro interessato, la Repubblica di Bulgaria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, ne deduce, nel suo controricorso, che, per poter inviare, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, una lettera di diffida, la Commissione deve sostenere che lo Stato membro di cui trattasi è venuto meno al suo obbligo di conformarsi a una sentenza della Corte che accerta un inadempimento.
17 Orbene, la Repubblica di Bulgaria rileva che l’affermazione della Commissione nella lettera di diffida relativa all’asserita mancata esecuzione della sentenza della Corte del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267) è fondata su circostanze di fatto verificatesi prima della pronuncia di quest’ultima, vale a dire su dati relativi alla qualità dell’aria ambiente relativi agli anni 2015 e 2016, cosicché, alla data della lettera di diffida, il 9 novembre 2018, tale istituzione non poteva stabilire con certezza l’esistenza di un inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, né, pertanto, validamente affermare che la Repubblica di Bulgaria non avesse dato esecuzione a tale sentenza. Pertanto, la Commissione avrebbe avviato prematuramente la fase precontenziosa del procedimento di cui all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE in violazione delle esigenze di certezza del diritto.
18 La Repubblica di Bulgaria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, conclude quindi nel senso dell’irricevibilità del ricorso.
19 Pur considerando che l’oggetto sostanziale del presente ricorso per inadempimento non è stato né ampliato né completato alla luce della sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), la Commissione ricorda, nella sua memoria di replica, la giurisprudenza costante della Corte secondo la quale, nel caso di un inadempimento sistematico e continuato delle disposizioni di un atto dell’Unione europea, elementi complementari possono essere prodotti successivamente al parere motivato, dato che l’oggetto del ricorso per inadempimento può estendersi anche a fatti successivi a tale parere.
20 La Commissione indica inoltre che i dati per gli anni 2015 e 2016 mostrano innegabilmente superamenti persistenti dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM10, che la popolazione bulgara ha dovuto tollerare per diversi anni dopo la data menzionata nella sentenza della Corte. In tale contesto, tenuto conto del carattere continuato dell’infrazione, la Commissione ritiene di essere legittimata ad avviare un procedimento precontenzioso. Inoltre, l’argomento secondo cui la Commissione sarebbe formalmente tenuta ad attendere diversi anni dopo la pronuncia della sentenza della Corte ai sensi dell’articolo 258 TFUE prima di «poter chiedere l’esecuzione di tale sentenza» sarebbe fondamentalmente inaccettabile, in quanto un siffatto «periodo di tolleranza» non sarebbe previsto né dai Trattati né dal meccanismo di relazione quale previsto all’articolo 27 della direttiva 2008/50 e neppure deriverebbe dal principio della certezza del diritto.
21 Nella sua controreplica, la Repubblica di Bulgaria precisa che essa chiede che il ricorso sia dichiarato irricevibile sulla base non degli elementi materiali di quest’ultimo, bensì degli elementi temporali che caratterizzano la presente causa. In particolare, il vizio che inficerebbe il ricorso per inadempimento deriverebbe non già da un’estensione del ricorso successivamente alla lettera di diffida, bensì dall’iniziale mancanza di fondamento dell’avvio del procedimento precontenzioso che ha condotto al presente ricorso. In tali circostanze, il fatto che l’oggetto del ricorso riguardi la mancata esecuzione di una sentenza della Corte che accerta un inadempimento «continuato» non può sanare un vizio del genere, poiché il procedimento precontenzioso avviato ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE deve essere regolare al fine di garantire i diritti dello Stato membro interessato.
Giudizio della Corte
22 Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 260, paragrafi 1 e 2, TFUE, uno Stato membro riconosciuto dalla Corte inadempiente a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta, e la Commissione può adire quest’ultima, dopo aver posto lo Stato membro interessato in condizione di presentare le sue osservazioni, qualora ritenga che tali misure non siano state adottate.
23 L’oggetto di tale procedimento è quindi inteso a indurre uno Stato membro inadempiente a eseguire una sentenza per inadempimento (sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia, C‑304/02, EU:C:2005:444, punto 80). Una siffatta esecuzione deve essere avviata immediatamente dopo la pronuncia di tale sentenza e concludersi nel più breve tempo possibile [v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 1985, Commissione/Italia, 131/84, EU:C:1985:447, punto 7, e del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 123 e giurisprudenza ivi citata].
24 Risulta peraltro dalla giurisprudenza della Corte che la data di riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, ossia un inadempimento dell’obbligo di adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta, è quella della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida emessa in forza dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 67).
25 Si deve considerare che, per analogia con la giurisprudenza relativa ai ricorsi per inadempimento fondati sull’articolo 258 TFUE, l’emissione di una lettera di diffida, in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE presuppone, se non si vogliono mettere a repentaglio le esigenze di certezza del diritto, che la Commissione possa validamente far valere una violazione dell’obbligo di adottare tutte le misure che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta [v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2019, Commissione/Spagna (Piani di gestione dei rifiuti), C‑642/18, EU:C:2019:1051, punti 17, 18 e 26 e giurisprudenza ivi citata].
26 Tenuto conto dell’oggetto del procedimento ricordato al punto 23 della presente sentenza, ciò implica che la Commissione è tenuta non solo a verificare, per tutta la durata del procedimento precontenzioso e prima dell’emissione della lettera di diffida, se la sentenza in questione sia stata nel frattempo eseguita o meno, ma anche ad affermare e a stabilire prima facie, con chiarezza, in tale lettera di diffida, che la sentenza non sarà stata ancora eseguita alla data di riferimento.
27 Infatti, non si può validamente contestare a uno Stato membro un inadempimento dell’obbligo di adottare i provvedimenti che l’esecuzione di una sentenza della Corte comporta se dalla lettera di diffida non risulta chiaramente che, alla data di riferimento, l’obbligo di eseguire tale sentenza ancora perduri dalla sua pronuncia.
28 Nel caso di specie, occorre rilevare che, nella lettera di diffida del 9 novembre 2018, la Commissione non ha affermato, con la dovuta chiarezza, né dimostrato prima facie che la sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), non sarebbe stata ancora eseguita alla data di riferimento, ossia il 9 febbraio 2019.
29 In tale lettera, la Commissione indica che gli inadempimenti constatati in tale sentenza fino al 2014 si sono protratti, per le zone e gli agglomerati considerati in detta lettera, nel corso degli anni 2015 e 2016, senza fornire spiegazioni circostanziate né un’analisi dei fatti che indichi che la situazione rilevata nel corso di questi due anni si sarebbe protratta senza alcun miglioramento durante il periodo compreso tra la pronuncia della sentenza, il 5 aprile 2017, e la data di riferimento, il 9 febbraio 2019, rendendo così necessaria l’adozione di misure ai fini dell’esecuzione di detta sentenza.
30 Orbene, né il fatto che tali inadempimenti si siano protratti tra la fine del periodo oggetto della sentenza della Corte, vale a dire il 2014, e un periodo successivo ma anteriore alla data di pronuncia della sentenza, ossia gli anni 2015 e 2016, né il carattere sistematico e continuato di tali inadempimenti rilevato dalla Corte in tale sentenza implicano automaticamente che, tanto alla data di pronuncia di detta sentenza quanto alla data di riferimento, quest’ultima non sarebbe stata ancora eseguita e che si poteva quindi contestare alla Repubblica di Bulgaria di non aver adottato tutte le misure che la sua esecuzione comportava.
31 Pertanto, astenendosi, nella lettera di diffida, dall’affermare e dallo stabilire prima facie, con la necessaria chiarezza, il presupposto indispensabile secondo cui la sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria (C‑488/15, EU:C:2017:267), non sarebbe stata ancora eseguita alla data di riferimento per quanto riguarda le zone e gli agglomerati considerati in tale lettera, la Commissione non ha validamente fatto valere un inadempimento, da parte della Repubblica di Bulgaria, dell’obbligo di adottare le misure che l’esecuzione di tale sentenza comportava.
32 In tali circostanze, occorre respingere il ricorso per inadempimento della Commissione in quanto irricevibile.
Sulle spese
33 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica di Bulgaria ha chiesto la condanna della Commissione alle spese e il ricorso proposto da quest’ultima è stato dichiarato irricevibile, la Commissione dev’essere condannata alle spese.
34 In applicazione dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, secondo il quale gli Stati membri che sono intervenuti nella causa sopportano le proprie spese, la Repubblica di Polonia sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto in quanto irricevibile.
2) La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Repubblica di Bulgaria.
3) La Repubblica di Polonia sopporterà le proprie spese.
Firme