TAR Valle d'Aosta Sez. unica n. 32 delò 29 aprile 2021
Rifiuti.Gestione discarica e principio di precauzione
L'applicazione del principio di precauzione comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. È evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l'adozione di atti generali ovvero, ancora, l'adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l'ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l'ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali
Pubblicato il 29/04/2021
N. 00032/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00069/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 69 del 2020, proposto da
-OMISSIS-,in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris, Enzo Robaldo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Enzo Robaldo in Milano, piazza Eleonora Duse 4;
contro
Regione Autonoma Valle d'Aosta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Saverio Marini, Riccardo Jans, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Riccardo Jans in Aosta, piazza Deffeyes, 1;
nei confronti
Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento privo di numero di protocollo, trasmesso a mezzo pec in data -OMISSIS-, mediante il quale la Regione Autonoma Valle d'Aosta ha disposto la sospensione del procedimento per il rinnovo dell'autorizzazione per l'esercizio di una discarica di rifiuti inerti nel Comune di -OMISSIS-;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma Valle d'Aosta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2021 - svoltasi con le modalità di cui all’art. 25 del D.L. n.137/2020 convertito dalla L. n. 176/2020, come modificato dall’art. 1, co. 17, del D.L. n. 183/2020, e al D.P.C.S. del 28.12.2020 - il dott. Carlo Buonauro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Premette in fatto l’odierna ricorrente di essere titolare di un’autorizzazione all’esercizio ed alla gestione di una discarica di rifiuti inerti sita nel Comune di -OMISSIS-. Tale titolo era stato rilasciato in data -OMISSIS-con provvedimento dirigenziale n. -OMISSIS-alla proprietaria dei terreni sui quali sorge la discarica, la -OMISSIS-.
Quest’ultima, con deliberazione della Giunta regionale n. -OMISSIS-, era stata autorizzata ai sensi dell’articolo 10 del D.lgs. n. 36/2003 e dell’articolo 208 del D.lgs. 152/2006, previa approvazione di un progetto di adeguamento tecnico, alla gestione della discarica di rifiuti speciali inerti “fino alla scadenza dell’autorizzazione già rilasciata all’esercizio della discarica, di cui al provvedimento dirigenziale -OMISSIS-, quindi, fino al -OMISSIS-”.
In seguito, la -OMISSIS- ha ceduto un ramo d’azienda ricomprendente la discarica alla ricorrente che, in data -OMISSIS-, ha presentato alla Regione Valle d’Aosta istanza per la voltura dell’autorizzazione (-OMISSIS-) all’esercizio della discarica, ottenendola con provvedimento dirigenziale n. -OMISSIS-.
In data -OMISSIS-, con provvedimento prot. -OMISSIS-, la Regione Valle d’Aosta ha accolto l’istanza presentata dalla ricorrente e, per l’effetto, ha modificato l’autorizzazione di cui alla D.G.R. -OMISSIS-relativamente all’elenco dei rifiuti autorizzati, concedendo, per taluni rifiuti specificamente individuati, la deroga ai valori limite di concentrazione sull’eluato per l’accettabilità in discarica.
Con nota del -OMISSIS-la Regione Valle D’Aosta ha avviato il procedimento avente ad oggetto la “valutazione, ai sensi dell’art. 208, co. 12, del D.Lgs. 152/2006, della modifica alle prescrizioni contenute nell’autorizzazione alla gestione della discarica per rifiuti speciali inerti sita nel Comune di -OMISSIS-, rilasciata all'-OMISSIS- con il Provvedimento Dirigenziale n. -OMISSIS-, nonché di quelle di cui al provvedimento dirigenziale -OMISSIS-, del -OMISSIS-” e la convocazione contestuale della conferenza di servizi istruttoria ex art. 14 l. n. 241, del 1990. Tuttavia, in data -OMISSIS-, tale procedimento è stato sospeso dalla Regione per l’avvio di un’indagine giudiziaria e in quanto “tutta la documentazione afferente al procedimento della discarica […] è stata posta sotto sequestro giudiziario”.
In seguito, in data -OMISSIS-la Società ricorrente ha presentato istanza, ai sensi dell’art. 208, co. 12, d.lgs. n. 152 del 2006, per il rinnovo delle autorizzazioni citate precedentemente rilasciate. Ebbene, nelle more del procedimento il Tribunale di Aosta ha emesso un decreto penale di condanna depositato il -OMISSIS-nei confronti del legale rappresentante e del direttore tecnico della società ricorrente per le fattispecie di reato di cui all’art. 256, comma 1, 2 e 3 del d.lgs. 152/2006. L’autorità giudiziaria, quindi, ha disposto il sequestro preventivo d’urgenza della suindicata discarica ai sensi dell’art. 321, comma 3bis c.p.c. convalidato con provvedimento del G.I.P. di Aosta del -OMISSIS-.
In data -OMISSIS- la società ha quindi sollecitato un riavvio dell’istruttoria del procedimento di rinnovo dell’autorizzazione cui ha fatto seguito, in data -OMISSIS-, il provvedimento sospensivo oggetto di impugnativa.
Avverso tale provvedimento sospensivo parte ricorrente propone ricorso deducendo violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, violazione dell’art. 208 del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, violazione dell’articolo 321 c.p.p., violazione del principio del giusto procedimento, dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, violazione dei principi di buon andamento, leale collaborazione e certezza del diritto, violazione del principio di tipicità e di proporzionalità; eccesso di potere per carenza di motivazione, per travisamento, per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti di fatto, irragionevolezza, ingiustizia manifesta e contraddittorietà.
Parte ricorrente infatti lamenta l’illegittimità del provvedimento sospensivo in quanto atto soprassessorio ed elusivo dell’obbligo di concludere il procedimento ai sensi dell’art. 2 della L. 241/90 e dell’art. 208, comma 12, d.lgs. 152/2006. Inoltre, evidenzia l’impossibilità di poter gestire in sicurezza la discarica che, pur in mancanza di un titolo abilitativo efficace, deve continuare a svolgere l’attività ordinaria, nonché delle preclusioni in ordine alla possibilità di presentare istanze di modifica nella gestione della discarica in relazione al procedimento penale pendente.
Resiste al ricorso la Regione Valle d’Aosta contestando i singoli passaggi argomentativi e chiedendo il rigetto del gravame.
All’udienza pubblica del 16 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Risultano prive di fondamento le censure dedotte dalla ricorrente volte ad evidenziare un’errata applicazione del quadro normativo di riferimento sopra indicato.
Va preliminarmente osservato che il provvedimento è stato adottato avendo come riferimento l’avvio di un procedimento penale a carico del rappresentante legale e del direttore tecnico della società per le fattispecie di reato di cui all’art. 256, co. 1-3, d.lgs. n. 152/2006, cui ha fatto seguito un decreto penale di condanna e un decreto di sequestro preventivo d’urgenza.
Ciò posto, l’amministrazione ha sospeso sino al permanere di quest’ultima misura cautelare il procedimento per il rinnovo dell’autorizzazione, segnalando, tra l’altro, dubbi sul titolo della società all’immissione in possesso finalizzata alla gestione della discarica, formalizzando la volontà di differire la conclusione del procedimento e facendosi carico di riprendere il procedimento non appena conclusasi la fase cautelare penale ancora oggi pendente, esprimendo quindi la volontà di concludere.
Non si riscontra quindi alcun carattere di elusività.
Invero, la Regione ha esercitato il potere sospensivo per come delineato dall’art. 208, comma 9 d.lgs 152/2006 per cui i termini di cui al comma 8 sono interrotti una sola volta da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato. In tal modo è consentito all’Autorità competente di sospendere la fase istruttoria per una sola volta al fine di ottenere integrazioni documentali e chiarimenti utili al Responsabile del procedimento per addivenire a un provvedimento definitivo. Nel caso di specie, dal contenuto dell’atto impugnato si evince che la sospensione è strettamente connessa all’esito della fase cautelare del procedimento penale avviato dalla Procura del tribunale di Aosta, che ha portato al decreto penale di condanna e al sequestro preventivo d’urgenza della discarica. E dunque si ribadisce: 1) la sospensione non è sine die, bensì durerà fino alla conclusione della fase cautelare del procedimento penale; 2) l’art. 208, co. 9, d.lgs. n. 152/2006, al contrario dell’art. 2, co. 7, l. n. 241 del 1990, non pone un limite di 30 giorni per il periodo di interruzione della fase istruttoria nel procedimento amministrativo; 3) sarà onere della società ricorrente presentare gli atti e i documenti afferenti alla conclusione della fase predetta al fine di far riprendere il decorso dei termini per la conclusione del procedimento di rinnovo dell’autorizzazione.
Va inoltre rimarcato che nello stesso provvedimento di sospensione del procedimento, accanto all’esigenza istruttoria di verificare il titolo all’immissione in possesso della discarica, la Regione palesa l’attenzione ai profili di rischio anche per quel che attiene alla salute pubblica, riservandosi di adottare ulteriori atti al fine di sospendere l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 208, co. 13, che ammette queste misure in caso di violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione. Infatti, come si è visto, nel caso di specie, la ricorrente è sospettata non solo di aver violato l’autorizzazione in precedenza rilasciata, ma di aver addirittura posto in essere una condotta penalmente rilevante ex art. 256 del medesimo T.U. in materia d’Ambiente.
Giova inoltre porre in risalto che laddove vi sia un pericolo per la salute umana dipendente da violazione dalle prescrizioni autorizzative ai sensi dell’art. 278 d.lgs 152/2006 sono previsti provvedimenti sanzionatori (dalla diffida alla revoca dell’autorizzazione) secondo la gravità dell’infrazione:
1. a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;
2. b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
3. c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente.
E’ quindi evidente che l’amministrazione abbia proceduto in tal senso anche alla luce del principio di precauzione di derivazione comunitaria e che costituisce uno dei canoni fondamentali del diritto dell'ambiente e alla salute.
Com'è noto, il principio di precauzione può essere definito come un principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente e, se si pone come complementare al principio di prevenzione, si caratterizza anche per una tutela anticipata rispetto alla fase dell'applicazione delle migliori tecniche previste, una tutela dunque che non impone un monitoraggio dell'attività a farsi al fine di prevenire i danni, ma esige di verificare preventivamente che l'attività non danneggia l'uomo o l'ambiente. Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 304 del 2005 nonché TRGA Trentino-Alto Adige, TN, 8 luglio 2010 n. 171) e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, e ciò indipendentemente dall'accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano, come peraltro più volte statuito anche dalla Corte di Giustizia comunitaria, la quale ha in particolare rimarcato come l'esigenza di tutela della salute umana diventi imperativa già in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, atteso che, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili - in tutti i loro ambiti d'azione - della tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato (cfr. Corte di Giustizia CE, 26 Novembre 2002 T132; sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme; Cons. Stato, VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; T.A.R. Lombardia, Brescia, 11 aprile 2005, n. 304). In definitiva l'obbligo giuridico di assicurare un "elevato livello di tutela della salute umana", con l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, tende a spostare il sistema giuridico europeo, dalla considerazione del danno da prevenire e riparare, alla precauzione (principio distinto e più esigente della prevenzione), mediante l’integrazione degli strumenti giuridici, tecnici, economici e politici per uno sviluppo economico davvero sostenibile ed uno sviluppo sociale che veda garantita la qualità della vita e della salute quale valore umano fondamentale di ogni persona e della società (informazione, partecipazione ed accesso). La stessa politica della Comunità in materia mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni, ed è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati alla salute; come significato dalla più autorevole giurisprudenza formatasi sul punto, "l'applicazione del principio di precauzione comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. È evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l'adozione di atti generali ovvero, ancora, l'adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l'ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l'ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali" (Tar Campania, sez. V, 04.01.2021 n. 22, T.A.R Piemonte, I, 3.5.2010 n. 2294).
Cionondimeno non risulta sufficientemente articolata la censura relativa al difetto istruttorio e di motivazione del provvedimento. In particolare, parte ricorrente ha lamentato le difficoltà di esercizio dell’attività ordinaria in assenza di un titolo abilitativo efficace senza fornire chiarimenti in merito a chi stia svolgendo tale attività stante l’indisponibilità del bene per la ricorrente, nella vigenza del decreto di sequestro preventivo che imprime una indisponibilità giuridica.
Le censure, pertanto, sono tutte infondate e vanno conseguentemente respinte.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono il criterio della soccombenza, come di norma.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d'Aosta (Sezione Unica) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione resistente nella misura di complessivi € 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente.
Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2021 - svoltasi con le modalità di cui all’art. 25 del D.L. n.137/2020 convertito dalla L. n. 176/2020, come modificato dall’art. 1, co. 17, del D.L. n. 183/2020, e al D.P.C.S. del 28.12.2020 - con l'intervento dei magistrati:
Silvia La Guardia, Presidente
Carlo Buonauro, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Consigliere