TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 2644 del 5 novembre 2012
Rifiuti.Ampliamento impianto trattamento rifiuti in area con alta valenza ambientale.

L’ampliamento dell’impianto di trattamento di rifiuti vista la valenza paesaggistica e naturalistica dell’area sulla quale dovrebbe sorgere avrebbe richiesto una più approfondita istruttoria e ponderazione fra gli interessi in gioco, in considerazione della sostanziale autonomia del manufatto in fieri (realizzazione della sezione fisico-chimica per il trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi provenienti da terzi) rispetto all’impianto esistente (di depurazione delle acque reflue e pertinenziale rispetto allo stabilimento esistente). (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02644/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00057/2007 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 57 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Provincia di Milano, Comune di Bovisio Masciago, Comune di Cesano Maderno, Comune di Limbiate, rappresentati e difesi dagli avv. Marcello Meoli, Claudio Colombo, con domicilio eletto presso Marcello Meoli in Milano, via Adige, 12;

contro

Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. Piera Pujatti, con domicilio eletto presso l’avvocatura regionale in Milano, via F. Filzi 22;

nei confronti di

B.T.E. S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Gianni', con domicilio eletto presso Giuseppe Gianni' in Milano, corso Monforte 21; Ferreri Francesco;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
L.I.P.U., rappresentata e difesa dagli avv. Maria Teresa Vaccaro, Rosalba Folino, con domicilio eletto presso Manuela Argento in Milano, via Ricasoli, 12; Provincia di Monza e Brianza, rappresentata e difesa dagli avv. Elisabetta Baviera, Luciano Fiori, domiciliata per legge presso la segreteria del Tribunale in Milano, via Corridoni n. 39;

per l'annullamento

del decreto della Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio ed Urbanistica, struttura valutazioni di impatto ambientale, del 23 ottobre 2006, con il quale è stata espressa la pronuncia positiva di compatibilità ambientale del progetto di ampliamento di un impianto di depurazione di acque reflue industriali, mediante la realizzazione della sezione fisico-chimica per il trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi in Comune di Cesano Maderno, via Groane.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e di B.T.E. Srl;

Visti gli atti di intervento ad adiuvandum di L.I.P.U. e della Provincia di Monza e Brianza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2012 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il presente ricorso la provincia di Milano ed i comuni di Bovisio Masciago, Limbiate e Cesano Maderno impugnano il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale è stata espressa la pronuncia positiva di compatibilità ambientale del progetto di ampliamento di un impianto di depurazione di acque reflue industriali, mediante la realizzazione della sezione fisico-chimica per il trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi in comune di Cesano Maderno.

A sostegno del proprio gravame i ricorrenti, evidenziando la propria legittimazione attiva in virtù della qualità di enti locali esponenziali delle rispettive comunità e titolari di precise prerogative in materia di tutela del territorio e salvaguardia dell’ambiente messe a repentaglio dall’atto gravato, hanno dedotto i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, della L.R. 12 dicembre 2003, n. 26, del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, del vigente Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti, eccesso di potere per carenza di motivazione, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà, atteso che la valenza paesaggistica dell’area sulla quale dovrebbe sorgere l’ampliamento dell’impianto avrebbe richiesto una più approfondita istruttoria e ponderazione fra gli interessi in gioco, in considerazione della sostanziale autonomia del manufatto in fieri (realizzazione della sezione fisico-chimica per il trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi provenienti da terzi) rispetto all’impianto esistente (di depurazione delle acque reflue e pertinenziale rispetto allo stabilimento esistente);

2) Violazione e falsa applicazione del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, del P.T.C.P. Provinciale, del P.T.C. del Parco delle Groane, del P.R.G. del Comune di Cesano Maderno, eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà, in quanto la sostanziale autonomia dell’impianto di trattamento dei rifiuti contrasterebbe con il tassativo divieto posto dalla disciplina normativa del Parco delle Groane e dalla disciplina urbanistica del comune di Cesano Maderno, che ammettono esclusivamente impianti di depurazione pertinenziali a stabilimenti industriali esistenti, proprio al fine di favorire la tutela ambientale nelle suddette aree di notevole rilievo paesaggistico;

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e ss. del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, dell’art. 6, comma 2, della direttiva comunitaria 92/43/CEE del 21 maggio 1992, eccesso di potere per carenza di istruttoria, avendo l’amministrazione regionale totalmente omesso di considerare la vicinanza dell’impianto al sito di importanza comunitaria “Boschi delle Groane”;

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e ss. del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dell’art. 216 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, dell’art. 17 della L.R. 16 agosto 1993, n. 26, del D.P.C.M. 14 novembre 1997, richiamato dall’art. 2 della L.R. 10 agosto 2001, n. 13, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei fatti, atteso che l’amministrazione intimata non avrebbe considerato adeguatamente l’impatto del progetto sulla limitrofa oasi naturalistica concessa in gestione alla L.I.P.U., qualificata come centro didattico per attività previste nella convenzione stipulata tra il comune di Cesano Maderno e la L.I.P.U.;

5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 29 del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in virtù delle integrazioni al progetto intervenute successivamente alla conferenza di servizi e per le quali sarebbe stata del tutto omessa la fase partecipativa degli interessati.

Si è costituita in giudizio la regione Lombardia, chiedendo la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito.

Hanno proposto atto di intervento ad adiuvandum la L.I.P.U. e la provincia di Monza e Brianza.

Si è costituita in giudizio la B.T.E.s.r.l., che ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva della provincia di Milano e dei comuni di Limbiate, Bovisio Masciago e Cesano Maderno, oltre che l’inammissibilità dell’atto di intervento della provincia di Monza e Brianza, chiedendo, comunque, il rigetto del ricorso per infondatezza nel merito.

Successivamente i ricorrenti hanno proposto ricorso per motivi aggiunti deducendo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 12 aprile 2006, della L.R. 3 settembre 1999, n. 20, della direttiva 85/337/CE, degli artt. 4 e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei fatti e carenza dei presupposti in relazione al parere negativo alla realizzazione del progetto espresso in data 18 aprile 2006 dalla Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità della regione Lombardia, neppure citato nel provvedimento impugnato, oltre che in relazione alla mancanza in capo alla B.T.E. del titolo di proprietà sull’impianto in questione, erroneamente affermato nel provvedimento impugnato, e della conseguente mancanza di legittimazione da parte della stessa a dar corso al procedimento di valutazione di impatto ambientale.

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 23 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Devono, in via preliminare, esaminarsi le eccezioni sollevate dalla controinteressata B.T.E. S.r.l., concernenti l’assunto difetto di legittimazione della provincia di Milano e dei comuni di Limbiate, Bovisio Masciago e Cesano Maderno, oltre che l’inammissibilità dell’atto di intervento della provincia di Monza e Brianza.

Con riferimento alla provincia di Milano, deve, effettivamente convenirsi che, in seguito all’istituzione della provincia di Monza e Brianza e del subentro della stessa nella titolarità dei rapporti giuridici in precedenza facenti capo alla prima relativamente ai comuni trasferiti nella nuova circoscrizione territoriale, come quello di Cesano Maderno, non sussiste più l’interesse della provincia di Milano alla decisione del presente ricorso. L’impugnazione va, di conseguenza, dichiarata improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, ma non inammissibile, atteso che, al momento della proposizione del ricorso, era ancora la provincia di Milano ad esercitare le competenze provinciali sul territorio dell’attuale provincia di Monza e Brianza - che è succeduta alla stessa - in relazione alla mancata elezione degli organi di quest’ultima, avvenuta solo nel 2009. Ai sensi dell’art. 2, commi 4 e 6, della legge 2004, n. 146, infatti, fino alla data delle prime elezioni degli organi elettivi della provincia di Monza e della Brianza, gli organi della provincia di Milano hanno continuato ad esercitare le loro funzioni nell'ambito dell'intero territorio della circoscrizione come delimitato dalle norme vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge.

L’intervento della provincia di Monza e Brianza è, invece, pienamente ammissibile.

La stessa, succeduta a titolo particolare alla provincia di Milano nella titolarità dei rapporti giuridici in precedenza facenti capo alla prima relativamente ai comuni trasferiti nella nuova circoscrizione territoriale, è divenuta, infatti, titolare di un interesse collegato a quello principale del ricorrente e dallo stesso dipendente.

La disciplina dettata dall'art. 110 c.p.c., in tema di successione nel processo, presuppone, invero, il venir meno della parte processuale, sicché nell'ipotesi di successione a titolo particolare tra enti con trasferimento "ex lege" di una parte dei beni e dei rapporti ad ente di nuova istituzione, senza estinzione dell'ente i cui beni e rapporti sono in parte trasferiti, il processo prosegue tra le parti originarie secondo la disciplina dettata dall'art. 111 c.p.c., essendo irrilevanti le modificazioni delle posizioni giuridiche attive e passive successive all'inizio della controversia (cfr., tra le tante, Cass. civ., sez. I, 26 luglio 2002, n. 11045).

La sentenza pronunciata contro il dante causa spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare, pur se pronunciata senza la sua partecipazione al giudizio (pur se efficacia indiretta, secondo i fautori della tradizionale teoria dell’irrilevanza, contrapposta all’efficacia diretta che si avrebbe, invece, per i sostenitori della teoria della rilevanza). Di conseguenza, il successore a titolo particolare è pienamente legittimato ad intervenire nel giudizio, acquisendo, così, la qualifica di parte (cfr. art. 111 c.p.c.). Egli, dunque, non è litisconsorte necessario ed assume tale qualità solo eventualmente ed in un momento successivo, laddove decida di intervenire.

La ratio della suddetta disposizione di legge in punto di intervento si ravvisa, dunque, nell'esigenza di salvaguardare il diritto di difesa dell'avente causa, il quale è il reale titolare della res litigiosa.

Riguardo alla qualificazione giuridica, detto intervento è ascrivibile alla categoria dell'adesivo dipendente, dal momento che il successore particolare non propone una domanda nuova, bensì pone in essere un'attività preordinata a sostenere la medesima pretesa fatta valere dal dante causa, risultando immutato l'oggetto del giudizio.

Anche nel processo amministrativo, infatti, l’intervento ad adiuvandum, la cui finalità è sostenere le ragioni del ricorrente, è ammissibile se ed in quanto l’interveniente risulti titolare di un interesse dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall’accoglimento del ricorso. Ai sensi dell’art. 28, comma 1, c.p.a., infatti “Se il giudizio non è stato promosso contro alcuna delle parti nei cui confronti la sentenza deve essere pronunciata, queste possono intervenirvi, senza pregiudizio del diritto di difesa”.

Con riferimento ai comuni ricorrenti, invece, il collegio ritiene l’eccezione di inammissibilità da disattendere, in relazione alla prossimità dei territori di Limbiate e Bovisio Masciago rispetto all’area di intervento, ricompresa nell’ambito territoriale di Cesano Maderno.

Tutti e tre i comuni sono, del resto, intervenuti alla conferenza di servizi indetta per il procedimento di VIA del progetto quali enti locali invitati perché specificamente interessati, esprimendo tutti parere negativo in relazione ai rilevanti impatti ambientali sul territorio.

Deve, in proposito, richiamarsi il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, per il quale la legittimazione ad impugnare gli atti di localizzazione degli impianti di recupero dei rifiuti spetta a tutti i soggetti che si trovano in vicinanza dell'impianto e in stabile collegamento con il relativo territorio. Come tali, detti soggetti sono legittimati ad agire per il rispetto della normativa anche procedimentale di settore, una volta che essa sia posta a tutela della corretta localizzazione dell'impianto. I soggetti interessati alla localizzazione sono non solo gli appartenenti al comune di ubicazione, ma anche i cittadini dei comuni limitrofi: di conseguenza, va riconosciuta la qualità di soggetto interessato anche a tale Comune limitrofo, quale ente competente alla tutela degli interessi della collettività dei propri cittadini. E ciò anche ai fini della partecipazione alla conferenza di servizi ex art. 208 d.lgs. 152/2006 in qualità di ente locale interessato, indipendentemente dal fatto che l'impianto non sia ubicato nel territorio dei due comuni, ma sia solo limitrofo ad esso (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 2011, n. 5193).

Nel merito, il collegio, dopo l’approfondito esame delle censure dedotte e delle specifiche controdeduzioni delle parti avverse, è dell’avviso che il ricorso ed i motivi aggiunti siano fondati soprattutto in ragione della censura che costituisce il fulcro sul quale ruota l’intera impugnazione, costituita dal contrasto del progetto con il complesso della disciplina paesaggistica, di tutela ambientale ed urbanistica vigente nel contesto territoriale di cui si discute.

In proposito, deve premettersi che la domanda di concessione per la realizzazione del depuratore (costituito da un impianto di trattamento di acque di scarico e deposito fanghi) fu presentata nel 1978 e in un primo tempo negata con provvedimento del marzo 1979 dal comune di Cesano Maderno in virtù del vincolo ambientale sussistente sull’area, ricompresa nel Parco delle Groane da poco istituito. Su istanza di riesame motivata proprio dall’esigenza di tutela ambientale ed in particolare di tutela delle acque dall’inquinamento, la domanda venne sottoposta al parere regionale, che si espresse favorevolmente in quanto l’intervento, pur ricadendo all’interno del perimetro del parco delle Groane, doveva essere inteso come adeguamento igienico di edifici esistenti, come tale ammesso dall’art. 7 della relativa legge istitutiva (L.R. n. 31/1971) fino all’approvazione del piano territoriale di coordinamento. Il comune rilasciò, quindi, nel luglio del 1980, la concessione edilizia per la realizzazione dell’impianto.

Da quanto premesso risulta evidente che la realizzazione del depuratore, pur se in area vincolata di rilevanza paesaggistica, fu permessa solo in ragione delle esigenze di tutela delle acque di scarico dall’inquinamento che l’impianto poteva assicurare, perché al servizio dello stabilimento industriale preesistente, e dunque presupponeva lo stretto vincolo pertinenziale tra il depuratore e lo stabilimento.

Al momento della proposizione del presente ricorso, il sito interessato dal progetto di ampliamento del depuratore si trova, come risulta dal P.R.G. del comune di Cesano Maderno, in area posta all’interno dell’ambito tipomorfologico n. 9 “Parco Regionale delle Groane e di Salvaguardia Ambientale”, ove non è consentita la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti, in parte in zona F3 (standards comunale per insediamenti produttivi) ed in parte in zona F4 (standards sovracomunale per verde pubblico di interesse ambientale) ed in zona per verde stradale, ed è prevalentemente incluso nella classe I dal piano di zonizzazione acustica del comune, area particolarmente protetta ove il limite diurno è pari a 50 decibel e quello notturno a 40.

Il sito è, inoltre, inserito dal P.T.C. del Parco delle Groane nell’ambito della zona per servizi di interesse comunale, ove sono ammessi servizi ed impianti annessi all’industria, compresi gli impianti di depurazione, ma ai sensi dell’art. 16, lett. g), del P.T.C. in tutto il parco è vietata la realizzazione e l’esercizio di nuovi impianti di gestione dei rifiuti urbani e/o speciali.

L’area è, inoltre, posta a poca distanza dal torrente Garbogera, principale corso d’acqua che attraversa il Parco, e prossima a siti di rilevanza ambientale come il Sic Boschi delle Groane e l’oasi naturalistica di proprietà comunale, gestita dalla L.U.P.I. (Lega Italiana Protezione Uccelli) al fine di valorizzare l’ambiente naturale salvaguardandone la fauna e di svolgere attività educativa e didattica, sulla base di una convenzione stipulata con il comune di Cesano Maderno, che ha effettuato allo scopo notevolissimi investimenti, riconosciuta dalla provincia di Milano come oasi di protezione della fauna venatoria.

Ne consegue che le esigenze di tutela ambientale non si sono di certo attenuate nel corso degli anni.

Il progetto sottoposto alla procedura di VIA presentato dalla B.T.E. S.r.l., odierna controinteressata, qualifica l’intervento come ampliamento di un impianto di depurazione di acque reflue industriali, mediante la realizzazione della sezione fisico-chimica in aggiunta a quella biologica esistente per il trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi, evidenziando l’accessorietà del medesimo rispetto al preesistente depuratore, posto al servizio del parimenti preesistente stabilimento industriale.

Solo in virtù di tale accessorietà, in considerazione della succitata normativa che esclude autonomi impianti di trattamento rifiuti, la VIA ha avuto esito positivo.

Tuttavia, in seguito alla suddetta trasformazione e, soprattutto, alla previsione della ricezione di rifiuti pericolosi e non pericolosi da parte di terzi, l’impianto assume, in realtà, una conformazione completamente diversa dalla precedente, mediante l’incremento della capacità di esercizio da 5.500 abitanti equivalenti a 46.000 abitanti equivalenti, aggiungendosi al depuratore al servizio dello stabilimento industriale una sezione fisico-chimica per il trattamento di rifiuti che prescinde, dunque, dal vincolato servizio allo stabilimento industriale, accogliendo una notevolissima quantità di rifiuti pericolosi e non pericolosi provenienti da terzi e scaricandoli in seguito alla depurazione nelle acque del torrente Garbogera. Viene meno, di conseguenza, la vincolata funzione pertinenziale dell’impianto, la sola che ne aveva permesso la realizzazione. Di questo, oltretutto, sembra essersi resa conto la stessa B.T.E., che in relazione al progetto di cui si discute ha presentato una domanda di autorizzazione integrata ambientale per “impianti nuovi”, come si evince dalla documentazione versata in atti (cfr.istanza di A.I.A. del 14 dicembre 2010). Tale circostanza, inoltre, risulta ben evidenziata dal parere contrario espresso dal Parco delle Groane sulla suddetta istanza di A.I.A. il 14 dicembre 2011.

Risulta, di conseguenza, violata la normativa succitata, che esclude la possibilità di realizzazione di nuovi impianti di trattamento rifiuti in ragione della particolare valenza naturalistica dell’area e delle esigenze di tutela ambientale alla stessa sottese.

Risulta, inoltre, integrata la censura di eccesso di potere per carenza di motivazione, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, atteso che la valenza paesaggistica dell’area sulla quale dovrebbe sorgere l’ampliamento dell’impianto, testimoniata anche dall’esistenza a poca distanza del Sic Boschi delle Groane e dell’oasi naturalistica gestita dalla L.U.P.I., dalla presenza del torrente Garbogera, oltre che, naturalmente, dal vincolo paesaggistico, avrebbe richiesto una più approfondita istruttoria e ponderazione fra gli interessi in gioco, in considerazione della sostanziale autonomia del manufatto in fieri rispetto all’impianto di depurazione esistente.

Del pari fondato risulta il ricorso per motivi aggiunti.

Riguardo alla prima censura con lo stesso dedotta, ed in particolare alla carenza di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, dall’esame del provvedimento impugnato nulla risulta in merito al parere negativo alla realizzazione del progetto espresso in data 18 aprile 2006 dalla Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità della regione Lombardia, neppure citato nel provvedimento impugnato.

La rilevanza delle argomentazioni contrarie alla realizzazione del progetto nello stesso contenute avrebbero quanto meno richiesto un’accurata istruttoria ed una specifica motivazione sul punto.

In relazione, invece, alla seconda doglianza, relativa alla mancanza in capo alla B.T.E. del titolo di proprietà sull’impianto in questione al momento dell’instaurazione del procedimento di VIA da parte della stessa, erroneamente affermato nel provvedimento impugnato, e della conseguente mancanza di legittimazione da parte della stessa a dar corso al procedimento di cui si discute, deve osservarsi che dalla documentazione versata in atti risulta che la controinteressata, al momento della presentazione dell’istanza alla regione, non fosse titolare di alcun diritto di proprietà sullo stabilimento industriale, in precedenza di proprietà della Snia Viscosa S.p.a. e successivamente della Nylstar S.p.a., atteso che il contratto preliminare di compravendita sottoscritto da B.T.E. non ha avuto esecuzione. Solo in data 26 ottobre 2010, infatti, il fallimento di Nylstar S.r.l. ha venduto a B.T.E. mediante la procedura dell’asta le aree di sua proprietà, comprendenti anche il depuratore di cui il fallimento era proprietario. Tali circostanze non risultano contestate dalla controinteressata e si considerano, pertanto, provate a tutti gli effetti, ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a..

Di conseguenza, non risponde al vero la titolarità dell’impianto di depurazione da parte dell’Azienda committente asserita dall’amministrazione intimata alla pagina 3 del decreto di VIA, risultandone, dunque, un ulteriore difetto di istruttoria e un ulteriore travisamento dei presupposti di fatto.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso principale ed i motivi aggiunti vanno dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse in relazione alla provincia di Milano, mentre vanno accolti con riferimento agli altri ricorrenti, e, per l’effetto, va disposto l’annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese di giudizio in parte seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo ed in parte si compensano, sussistendone giusti motivi in relazione alla complessità della vertenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara improcedibili per la provincia di Milano e li accoglie per i restanti ricorrenti, disponendo, per l’effetto, l’annullamento del provvedimento impugnato.

Condanna la regione Lombardia e la B.T.E. s.r.l., in via solidale, alla parziale rifusione delle spese di giudizio nei confronti dei tre comuni ricorrenti e della LIPU, sempre in via solidale, che si liquidano in euro 4.000, compresi gli oneri di legge. Spese compensate per il resto tra tutti i ricorrenti, la regione Lombardia, la B.T.E. S.r.l., la L.I.P.U. e la provincia di Monza e Brianza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Maurizio Santise, Referendario

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/11/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)