Cass. Sez. III n. 23235 del 29 maggio 2015 (Ud 28 gen 2015)
Pres. Teresi Est. Di Nicola Ric. Capriglia
Rumore.Modalità di accertamento del disturbo

Il disturbo previsto dall'art. 659 cod. pen. si identifica con una sensibile alterazione delle normali condizioni in cui si svolgono il riposo, le occupazioni o le altre attività previste dalla norma, con la conseguenza che il fatto di reato è integrato ogni qualvolta si verifichi un concreto pericolo di disturbo che superi i limiti di normale tollerabilità, a prescindere dal mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia per i mestieri rumorosi, la cui valutazione deve essere effettuata con criteri oggettivi riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente dove i suoni o i rumori vengono percepiti. Ne consegue che, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen., l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità

 

RITENUTO IN FATTO

1. E' impugnata la sentenza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale di Trani ha condannato C.V. alla pena di Euro 200,00 di ammenda per il reato previsto dall'art. 659 c.p. perchè, quale amministratore della società "New Moving Center A.S.D.", disturbava il riposo delle persone mediante l'utilizzo di attrezzature sonore poste a servizio dell'attività ginnica.

Accertato in (OMISSIS).

2. Per l'annullamento dell'impugnata sentenza, ricorre per cassazione, tramite il proprio difensore, C.V. articolando un unico complesso motivo, qui enunciato, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

Con esso il ricorrente deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per erronea applicazione della legge penale (art. 659 c.p.) e per la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione.

Premette come la nozione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone di cui all'art. 659 c.p., presupponga che i rumori di schiamazzi e altre fonti sonore indicate nella norma superino la normale tollerabilità ed abbiano l'attitudine a propagarsi e a disturbare, con la conseguenza che contravvenzione in esame non sussiste allorquando i rumori arrechino, come nella specie, disturbo ai soli occupanti di un appartamento, all'interno del quale siano percepiti e non da altri soggetti abitanti nel condominio in cui sia inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti.

La sentenza impugnata si segnala per essere, nel suo iter motivazionale, particolarmente sintetica pervenendo all'affermazione di responsabilità senza che il giudice abbia verificato il superamento del livello sonoro consentito, senza che sia stato effettuato alcun controllo delle dichiarazione del querelante, il quale ha affermato di stare fuori casa durante tutta la giornata e allo stesso tempo ha assunto di aver percepito i disturbi in casa, senza aver considerato, in relazione alla rilevazione fonometrica ed alla propagazione ritenuta possibile anche per effetto del lucernaio esistente all'interno del locale, che tale lucernaio veniva utilizzato solo per arieggiare i locali (così come dichiarato dai testimoni).

Ricorda comunque che, con l'emanazione della legge quadro sull'inquinamento acustico (L. n. 447 del 1995), la condotta di superamento dei limiti di accettabilità delle immissioni, che sono stabiliti a norma della legge medesima, integra gli estremi di un illecito amministrativo, per cui la condotta relativa, proveniente dall'esercizio di mestieri rumorosi, è stata depenalizzata.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

2. Come si evince dal testo della sentenza impugnata, è emerso, in punto di fatto, che il denunziante R.G. - esaminato come teste quale condomino del fabbricato sito in (OMISSIS) (dove è ubicata la palestra New Moving Center A.s.d., gestita dal ricorrente) ed occupante, unitamente alla sua famiglia, l'appartamento al quinto piano - ha riferito la propagazione quotidiana dalla palestra di emissioni sonore provocate dalla diffusione di musica ad alto volume ed incitamenti degli istruttori mediante sistema di amplificazione di notevole potenza.

Il medesimo ha specificato che le attività della palestra avevano inizio alle ore nove - dieci del mattino e proseguivano fino alle ore 21:30, con una temporanea sospensione per la pausa pranzo, in maniera incalzante ed incisiva con basi musicali, urla di sollecitazione e di comando dell'attività fisica ad eseguirsi da parte dei frequentatori.

Ha precisato, inoltre, che le immissioni sonore, già in precedenza intollerabili erano divenute ancora più invasive allorquando il ricorrente aveva realizzato delle prese d'aria sul solaio del piano interrato, sede della palestra, proprio in corrispondenza di un terrazzino interno allo stabile, lasciate, ovviamente, aperte durante le ore di lezione per il cambio d'aria, unitamente all'apertura dei vetri delle finestre poste perimetralmente al locale, ubicate nella zona di transito dei box condominiali.

Ha riferito, ancora, di una serie di esposti rivolti alle forze di Polizia Vigili Urbani e Carabinieri da parte di centinaia di cittadini residenti nella zona di (OMISSIS) e aree limitrofe, senza alcun esito nonchè di alcuni controlli fonometrici eseguiti, non completamente attendibili in quanto realizzati dai tecnici in contraddittorio con il C. e, quindi, previo avviso del loro arrivo e delle operazioni in corso, con conseguente preventiva notevole riduzione del volume delle emissioni da parte del titolare della palestra.

Ha avuto, altresì, modo di evidenziare una serie di limitazioni subite nel godimento della casa e disagi di natura psico-fisica personali, della moglie e dei figli, anche relativamente alla necessaria concentrazione per gli studi nelle ore pomeridiane.

Ha riferito, infine, di aver raccolto personalmente le lamentele e le firme di almeno cinquanta delle novantacinque firme poste in calce all'esposto del 27 maggio 2010 che aveva poi determinato l'avvio dell'azione penale da parte della Procura in sede.

Le dichiarazioni rese dal R. sono risultate in parte confermate dagli stessi testi escussi su richiesta della difesa (alcuni clienti iscritti alla palestra, un istruttore, il fratello dell'imputato), nella parte in cui hanno riferito della pratica di attività ginnico - ricreative all'interno della palestra con ausilio di basi musicali diffuse mediante un sistema di amplificazione (mixer più casse acustiche) mentre è stata registrata una divergenza tra le dichiarazioni dei testi a discarico e quelle rese dal R. esclusivamente riguardo il livello delle emissioni sonore e dei rumori provocati dalle attività svolte nella palestra.

3. Alla stregua delle richiamate risultanze, deve ritenersi che correttamente il primo giudice sia pervenuto ad affermare la responsabilità dell'imputato sul rilievo che, ai fini della sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., comma 1, è sufficiente che l'evento di disturbo, in relazione alla capacità diffusiva dei rumori, sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se di fatto se ne lamentino solo alcune o addirittura nessuna, potendosi, comunque, ritenere leso il bene giuridico tutelato dalla norma e cioè quello dell'ordine pubblico inteso come tranquillità pubblica.

Il disturbo previsto dall'art. 659 c.p. si identifica infatti con una sensibile alterazione delle normali condizioni in cui si svolgono il riposo, le occupazioni o le altre attività previste dalla norma, con la conseguenza che il fatto di reato è integrato ogni qualvolta si verifichi un concreto pericolo di disturbo che superi i limiti di normale tollerabilità, a prescindere dal mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia per i mestieri rumorosi, la cui valutazione deve essere effettuata con criteri oggettivi riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente dove i suoni o i rumori vengono percepiti (Sez. 1, n. 3261 del 23/02/1994, Floris, Rv. 199107).

Ne consegue che, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità (Sez. 1, n. 20954 del 18/01/2011, Toma, Rv. 250417).

Nel caso di specie, relativo all'accertamento della natura molesta della musica, riprodotta ad alto volume, dei suoni e dei rumori provenienti da una palestra per la durata di oltre dieci ore al giorno, esclusa una breve interruzione per la pausa pranzo, il Giudice del merito con congruo accertamento di fatto, insuscettibile di sindacato di legittimità, in quanto fondato su argomentazioni non manifestamente illogiche, ha ritenuto provata, mediante la testimonianza resa da un condomino del fabbricato dove era ubicata la palestra gestita dal ricorrente, la capacità diffusiva dei rumori, come tale idonea a realizzare un concreto pericolo di disturbo tale da superare i limiti di normale tollerabilità, siano stati o meno conseguenza dell'esercizio di una professione o mestiere rumoroso e, in tale ultimo caso, indipendentemente dal mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia.

Il numero (circa un centinaio) delle persone che, per fatto incontroverso, hanno inoltrato l'esposto dai quale sono originate le indagini (il teste ha riferito di avere egli stesso raccolto circa cinquanta firme) da conto del fatto che il disturbo sia stato patito da un numero indeterminato di persone.

Trattandosi di un reato di pericolo, ciò che rileva, dunque, non è il disturbo della tranquillità individuale, bensì la potenzialità diffusiva del rumore e quindi l'idoneità a infastidire un numero indeterminato di persone senza che sia necessario il conseguimento della prova circa l'effettivo disturbo di esse.

Il tribunale si è attenuto a tali principi rilevando come le emissioni sonore ed i rumori cagionati all'interno della palestra, come descritti dai testi escussi, si verificano continuamente per l'intera giornata almeno dalle ore 09 alle ore 21,30, con conseguente propagazione di essi all'interno di uno stabile condominiale costituito, per lo più, da appartamenti per civile abitazione in zona centrale.

Peraltro, il tribunale ha affermato che, dalla stessa documentazione esibita dalla difesa allegata alla memoria difensiva prodotta all'udienza del 24 gennaio 2014, in particolare dalla relazione tecnica redatta dalla Meleam sulla valutazione del potenziale impatto acustico, per il rispetto dei limiti di rumore nei locali pubblici, è risultato un possibile disturbo alle abitazioni limitrofe provocato dalla sorgente sonora puntiforme esistente all'interno della palestra (impianto di amplificazione), tenuto conto della propagazione resa possibile dal lucernaio esistente all'interno del locale, a diretto contatto con le aree condominiali, correggibile attraverso la chiusura del punto d'aria e con la diminuzione dei volumi del mixer degli impianti audio.

Da ciò il tribunale ha correttamente tratto, con maggiore evidenza ed ineccepibile deduzione logica, la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato ritenuto in sentenza.

4. Nè la condotta contestata può essere sussunta nella fattispecie sanzionata in via amministrativa.

Sul punto, questa Corte, con condivisibile orientamento al quale occorre dare continuità, ha affermato che, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone nell'ambito di una attività legittimamente autorizzata, è configurabile: a) l'illecito amministrativo di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, art. 10, comma 2, ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia;

b) il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1, ove il fatto costituivo dell'illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalità o ne costituisca un uso smodato; c) il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 2 qualora la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all'esercizio del mestiere rumoroso, diverse da quelle impositive di limiti di immissioni acustica (Sez. 3, n. 42026 del 18/09/2014, Claudino, Rv. 260658).

Secondo la ricostruzione fattuale, emergente dagli accertamenti conseguiti nel corso del giudizio di merito, deve ritenersi, in assenza di contrarie allegazioni in proposito, che il disturbo, quantunque arrecato nell'esercizio di un mestiere rumoroso, quale può essere, a determinate condizioni, una palestra, abbia ecceduto le sue normali modalità e l'attività sia stata svolta attraverso un uso smodato dei tipici mezzi di svolgimento dell'attività stessa, avendo il ricorrente unito ai rumori necessari altri rumori non necessari e tali dunque da provocare disturbo ad un numero indeterminato di persone sicchè, essendo stato superato il limite della normale tollerabilità, deve trovare applicazione l'art. 659 c.p., comma 1.

Ne consegue che la condotta conserva il rilievo penale assegnato dal primo giudice.

5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2015.