Consiglio di Stato Sez.V n. 6875 del 13 ottobre 2021
Rumore.Provvedimenti contingibili

L’art. 9 della l. 447/1995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità e igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica. Inoltre, se è vero che l’istituto dell’ordinanza contingibile e urgente, con la quale è consentito fronteggiare le situazioni di emergenza anche al prezzo del sacrificio temporaneo di posizioni individuali costituzionalmente tutelate, non può essere impiegato per conferire un assetto stabile e definitivo agli interessi coinvolti, questo non significa che i provvedimenti contingibili debbano considerarsi automaticamente illegittimi solo perché sprovvisti di un termine finale di durata o di efficacia. Sicché anche misure non definite nel loro limite temporale possono essere reputate legittime, quando esse siano razionalmente collegate alla concreta situazione di pericolo accertata in rapporto alla situazione di fatto.


Pubblicato il 13/10/2021

N. 06875/2021REG.PROV.COLL.

N. 04190/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4190 del 2015, proposto da
Comune di Tezze sul Brenta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso prima dall’avvocato Alberto Cartia, poi dall’avvocato Francesca Mazzonetto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44;

contro

HP Hotel s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore Giampaolo Berti, costituito anche in proprio, rappresentati e difesi dall’avvocato Danni Livio Lago, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Ardizzi in Roma, via Golametto, 4;
ARPAV - Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale del Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Cartia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Roberto Colagrande in Roma, viale Liegi, 35 B.;
Regione Veneto, non costituita in giudizio;
Luigi Sartor, Lorenzo Temporin, Angela Faggio, Margherita Guarnieri, Debora Lando, Giuseppe Bressan, Floriana Baggio, Michele Massino, Luca Mocellin, Stefania Marin, Rita Maria Miglioranza, Diego Beltramello, Angela Tonello, Mario De Poli, Stefania Mascarello, Francesco Sbrissa, Stefano Peruzzo, Agostino Lunardon, Giuliana Berti, Paola Rigato, Dario Salamina, Alda Sandri, Ruggero Covolo, Gabriella Cattelan, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione terza) n. 105/2015, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello;

Visto l’appello incidentale di ARPAV - Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale del Veneto;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di HP Hotel s.r.l. e Gianpaolo Berti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 23 settembre 2021 il Cons. Anna Bottiglieri e preso atto delle richieste di passaggio in decisione, senza preventiva discussione, depositato in atti dagli avvocati Mazzonetto, Lago e Cartia;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Il Sindaco del Comune di Tezze sul Brenta, in esito a esposti di cittadini residenti in prossimità dell’Hotel Villa Pigalle, gestito da HP Hotel s.r.l., che lamentavano il disturbo recato dalle emissioni sonore in orario notturno provenienti dalla struttura ricettiva in occasione delle serate di intrattenimento musicale danzanti e all’aperto ivi organizzate, giusta relativa licenza in capo al rappresentante legale della società, signor Gianpaolo Berti, e sulla scorta delle misurazioni fonometriche effettuate dall’ARPAV presso una abitazione della stessa zona per effetto di uno di tali esposti, adottava con atto n. 90 del 15 ottobre 2014 una ordinanza ex art. 9, comma 1, della l. 26 ottobre 1995, n. 447, Legge quadro sull’inquinamento acustico. Il provvedimento intimava al predetto rappresentante legale: a) di limitare le emissioni rumorose e contenerle entro i limiti di legge; b) di adottare tutti gli accorgimenti necessari a limitare le emissioni rumorose accertate dall’ARPAV, con particolare riferimento alle aree confinanti con le vicine abitazioni; c) di predisporre e trasmettere all’Amministrazione comunale, nel termine di 30 giorni, un piano di bonifica redatto da un tecnico competente in acustica, recante il dettaglio degli interventi finalizzati alla riduzione delle emissioni entro i limiti di legge, da effettuarsi entro 60 giorni.

HP Hotel e il signor Gianpaolo Berti impugnavano l’ordinanza e gli atti presupposti (verbale di accertamento/contestazione di illecito amministrativo ARPAV n. 89109/2014; diffida comunale n. 9296/2014) con ricorso e motivi aggiunti proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto. Nel giudizio così instaurato l’Amministrazione comunale si costituiva in resistenza, e alcuni cittadini spiegavano atto di intervento ad opponendum.

L’adito Tribunale, Sezione terza, con sentenza ex art. 60 Cod. proc. amm., ritenendo la parziale illegittimità dell’atto, accoglieva l’impugnativa quanto alle prescrizioni sopra riportate sub b) e c). Compensava tra le parti le spese del giudizio, salva la refusione a carico del Comune di quanto versato dalla parte ricorrente a titolo di contributo unificato.

Il Comune di Tezze sul Brenta ha proposto appello avverso detta sentenza. Esposte articolatamente alcune vicende, anche risalenti, che hanno preceduto l’adozione dell’ordinanza per cui è causa, ha dedotto: 1) Violazione di legge, contraddittorietà, illogicità, irrazionalità; travisamento dei fatti; carenza di motivazione; 2) Palese violazione dell’art. 12 del D.M. 16 marzo 1998; eccesso di potere; difetto di motivazione; travisamento dei fatti; 3) Errata applicazione dell’art. 9 della l. 447 del 1997; carenza di motivazione; illogicità. Ha concluso per la riforma della sentenza gravata e l’accertamento della legittimità degli atti impugnati.

HP Hotel e il signor Giampaolo Berti si sono costituiti in resistenza, spiegando eccezioni di rito e di merito e domandando la reiezione del gravame.

ARPAV ha proposto ricorso incidentale avverso la stessa sentenza, chiedendone l’annullamento. Previamente rappresentato di non essersi costituita nel giudizio di primo grado ma di aver comunque predisposto una relazione illustrativa, a suo tempo versata al fascicolo di causa dall’Amministrazione comunale, volta a confutare le censure formulate avverso gli atti gravati con particolare riferimento ai profili di natura tecnica, ha dedotto: 1) Infondatezza per violazione del D.M. 16 marzo 1998, n. 351800, All. A, del D.P.C.M. 14 novembre 1997, della l. n. 447 del 1995; illogicità e ingiustizia manifesta; difetto di motivazione; violazione del principio di legalità; 2) Infondatezza per illogicità manifesta; erronea applicazione di principi giurisprudenziali; violazione del D.M. 16 marzo 1998, n. 351800, All. A, e della l. n. 447 del 1995; difetto di motivazione; violazione del principio di legalità.

Tutte le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive.

La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 settembre 2021.

DIRITTO

1. In via preliminare, va delibata l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello principale del Comune di Tezze sul Brenta e dell’appello incidentale di ARPAV, spiegata dagli appellati HP Hotel s.r.l. e signor Giampaolo Berti.

1.1. L’eccezione fonda sul fatto che, successivamente alla proposizione degli appelli, il Comune di Tezze sul Brenta ha adottato, sempre in relazione alle serate musicali dell’Hotel Villa Pigalle, due provvedimenti che, in tesi, avrebbero sostanzialmente superato il disposto dell’ordinanza contingibile e urgente ex art. 9, comma 1, della l. 26 ottobre 1995, n. 447, Legge quadro sull’inquinamento acustico, n. 99/2014, parzialmente annullata dal primo giudice con la sentenza di cui le parti pubbliche appellanti chiedono la riforma.

Tali provvedimenti consistono:

- nell’ordinanza comunale n. 85 del 29 ottobre 2015, che, si precisa, è stata contestata dagli interessati con ricorso proposto innanzi al Tar per il Veneto, che lo ha respinto con sentenza n. 518/2021, per la quale pende ancora il termine per l’impugnativa. Questa, previa citazione nel preambolo anche della ridetta ordinanza n. 99/2014, ha disposto: “1) che la ripresa dell’attività di musica all’aperto […] sarà autorizzata solo dopo che gli accorgimenti necessari a contenere le emissioni entro i limiti di legge […] vengano posti in atto; 2) che ogni evento sonoro all’aperto venga precedentemente comunicato al Comune di Tezze sul Brenta mediante dichiarazione resa da parte del titolare/legale rappresentante dell’HP Hotel Srl-Hotel Pigalle, attestante la data e l’orario di svolgimento della manifestazione e il rispetto degli interventi adottati e dichiarati nella relazione del 09.07.2015”;

- nelle “Precisazioni” di cui alla nota 6 luglio 2017, n. 8616, a sua volta sostituiva, sempre in tesi, dell’appena citata ordinanza n. 85 del 2015, che non specifica più l’obbligo di previa comunicazione di “ogni evento sonoro”, ma si limita a prescrivere il solo onere di esporre nel luogo del programmato evento un cartello nel quale rendere pubblico l’orario dell’attività di pubblico spettacolo, con la precisazione, in particolare, dei giorni e delle ore di chiusura della stessa attività.

I deducenti evidenziano altresì:

- che HP Hotel, come da SCIA 10 novembre 2016, è stata sostituita nell’esercizio dell’attività di organizzazione di pubblici spettacoli e intrattenimenti cui si riferiscono tutti i provvedimenti qui menzionati dalla nuova locataria VP Consulting s.r.l.;

- che, nondimeno, il 28 luglio 2020 il Comune ha comunicato, oltre che a VP Consulting, anche a HP Hotel, priva da tempo per quanto sopra di qualsiasi titolo negoziale sull’attività di pubblico spettacolo, nonché al signor Gianpaolo Berti, l’avvio del procedimento ex artt. 7 e 8l. 241 del 1990 volto all’emanazione dei provvedimenti amministrativi conseguenti al mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’ordinanza n. 85/2015, che si è concluso con l’atto 5 agosto 2020, con il quale il Comune ha ribadito gli ordini a suo tempo impartiti con la stessa ordinanza n. 85/2015;

- che anche siffatto provvedimento, confermativo dell’ordinanza n. 85/2015, è stato impugnato innanzi al Tar Per il Veneto da VP Consulting e dal signor Gianpaolo Berti (r.g.n. 1145/2020).

1.2. In definitiva, i deducenti, illustrate ad abundantiam anche questioni estranee al presente giudizio, sostengono che le parti appellanti principale e incidentale, per effetto dell’ordinanza n. 85/2015 e del provvedimento di “Precisazioni” del 6 luglio 2017, che avrebbero superato e sostituito il disposto dell’ordinanza contingibile e urgente n. 99/2014 oggetto dell’odierno giudizio, non potrebbero ritrarre alcun vantaggio dall’accoglimento dell’odierno gravame.

1.3. Sul punto, si rileva, in linea generale, che l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta - sulla falsariga del processo civile - a tre condizioni (titolo; interesse ad agire; legittimazione), da valutarsi in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, che facciano emergere, per un verso, la lesione concreta e attuale della parte che agisce in giudizio, per altro verso, la possibilità di questa di trarre una effettiva utilità dall’eventuale buon esito dell’azione. L’interesse al ricorso, quale condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificarne la persistenza in relazione a ciascuno di tali momenti (tra tante, Cons. Stato, VI, 1° febbraio 2018, n. 666; V, 10 settembre 2010, n. 6549). Agli stessi principi soggiacciono i mezzi di impugnazione (Cons. Stato, V, 4 ottobre 2019, n. 6689; 27 dicembre 2013, n. 6256), ove l’interesse a impugnare una sentenza amministrativa si ricollega di suo a una situazione di soccombenza, anche parziale, da intendersi in senso sostanziale e non formale (Cons. Stato, III, 7 luglio 2014, n.3441; IV, 6 agosto 2013, n. 4132).

Correlativamente, per costante giurisprudenza, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse quando il processo non possa per qualsiasi motivo produrre un risultato utile per la parte ricorrente in primo grado o appellante, in quanto la decisione di annullamento non può comportare più alcuna utilità neppure meramente strumentale o morale (Cons. Stato, II, 14 giugno 2021, n. 4567; 27 aprile 2020, n. 2707; 6 maggio 2019, n. 2904). In altre parole, la dichiarazione di improcedibilità della domanda per sopravvenuta carenza di interesse presuppone il verificarsi di una situazione di fatto o di diritto, del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, per avere fatto venire meno per il ricorrente l’utilità della pronuncia del giudice (Cons. Stato, IV, 9 settembre 2009, n. 5402; 11 ottobre 2007, n. 5355).

1.4. Calando i citati principi ermeneutici nella fattispecie, l’eccezione in esame si rivela infondata.

1.5. Quanto all’appellante principale Comune di Tezze sul Brenta, non può essere condiviso il postulato, da cui partono gli appellati, che l’ordinanza sopravvenuta n. 85/2015, seguita dalle precisazioni del 6 luglio 2017 e dall’atto del 5 agosto 2020, abbia fatto venir meno gli effetti dell’ordinanza qui in esame n. 99/2014, tali nuovi provvedimenti “costituendo espressione di nuova funzione amministrativa con rivalutazione degli interessi e rinnovato apprezzamento dei fatti” (pag. 6 della memoria depositata il 32 luglio 2021).

Al riguardo, va innanzitutto dato atto che la tesi contrasta frontalmente con l’accertamento sulla natura e sugli effetti dell’ordinanza n. 85/2015, siccome emergente dalla sentenza del Tar per il Veneto, Sezione terza, n. 518/2021 citata dagli stessi deducenti - non risultante né sospesa nè tantomeno riformata in appello - che, esclusa l’appartenenza anche di questo atto al novero dei provvedimenti contingibili e urgenti di cui all’art. 9, comma 1, della l. 447 del 1995, perché rientrante nell’ordinario potere di gestione amministrativa dirigenziale di cui all’art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ha chiarito che l’ordinanza n. 85/2015 “ha verificato il rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente ordinanza contingibile e urgente n. 99/2014 (nella parte non annullata da questo Tribunale)”, e si è quindi posta in continuità con quest’ultima.

E’ poi dirimente osservare che l’emissione di sonorità disturbanti costituisce fatto il quale, essendo suscettibile di reiterazione nel tempo, legittima a ogni sua manifestazione l’accertamento della antigiuridicità della relativa condotta e l’esercizio dei rimedi inibitori e ripristinatori previsti dal vigente ordinamento. Tanto è del resto avvenuto nel caso di specie, in cui i due provvedimenti comunali di cui trattasi conseguono a due diversi verbali di accertamento e contestazione di illecito amministrativo (l’ordinanza sindacale n. 99/2014 all’atto ARPAV 89109/2014; l’ordinanza dirigenziale n. 85/2015 all’atto ARPAV n. 81997/2015).

Per tale motivo, la presenza di più atti finalizzati a fronteggiare tali eventi, che, ancorchè simili, sono distinti e autonomi sia sotto il profilo materiale che sotto quello giuridico, non può essere considerata, come in sostanza chiedono gli appellati, alla stregua di una regolazione progressiva, o per fasi, in cui ognuno di essi è automaticamente sostituito dal successivo (effetto che, con ogni evidenza, indurrebbe, piuttosto che inibire, la ripetizione dell’illecito amministrativo), ma testimonia esclusivamente l’operatività di vari provvedimenti, che possono porsi in un rapporto di mera sovrapposizione o anche di continuità, ma che, in ogni caso, non si confondono.

Conseguentemente, non viene meno l’interesse dell’Amministrazione all’accertamento giudiziale della legittimità di ciascuno di essi, nel perseguimento dell’utilità costituita dalla tutela dello stesso bene pubblico che ne ha determinato ogni volta l’adozione.

1.6. Quanto all’appellante incidentale, non è seriamente dubitabile l’interesse di ARPAV a ottenere, a fronte del contrario convincimento maturato dal primo giudice, l’auspicato pronunziamento di appello circa l’attendibilità delle modalità di rilevamento delle emissioni sonore, che l’Ente, come specificato, ha utilizzato nel procedimento concluso con l’ordinanza sindacale in esame e che utilizza anche in altri procedimenti.

Infatti, al di là di quanto già rilevato al capo che precede, si tratta della verifica della bontà di una azione accertativa che, oltre ad avere effetti autonomi diretti, derivanti dalla possibilità degli accertati di estinguere anticipatamente, ai sensi dell’art. 16 della l. 24 novembre 1981 n. 689, la sanzione ex art. 10 della l. 47 del 1995 mediante il pagamento della somma in misura ridotta portata dal verbale di accertamento, ha effetti endoprocedimentali, che si collocano a monte della fase deliberativa, spettante ad altra autorità, avente a oggetto, eventualmente, sia la determinazione della sanzione integrale, che, come nel caso di specie, l’adozione di provvedimenti di natura inibitoria e ripristinatoria. In quanto tale, essa, di suo, non può mai essere intaccata dalla sopravvenienza di provvedimenti ascrivibili a detta seconda fase, che, anche al di là del loro contenuto, non intercettano il proprium dell’accertamento, che resta fermo, con conseguente perdurante interesse dell’Ente a difenderne in giudizio la legittimità.

Inoltre, e in ogni caso, va rammentato che la sentenza di annullamento del giudice amministrativo - oltre al c.d. effetto caducatorio o demolitorio, consistente nell’eliminazione dell’atto impugnato - produce anche un effetto conformativo in ordine alle regole alle quali la pubblica amministrazione si dovrà attenere nell’attività futura e dunque istituisce un vincolo sostanziale per i successivi ed eventuali segmenti di azione amministrativa, la cui ampiezza si rapporta alla natura e caratteristica del vizio rilevato (da ultimo, Cons. Stato, IV, 2 marzo 2020, n. 1489).

E, quanto a questo specifico aspetto, oltre a rilevare come sopra l’interesse generale di ARPAV a perseguire la conferma delle sue ordinarie modalità di intervento, va considerato come nella fattispecie non possano allo stato neanche escludersi ulteriori accertamenti dell’Ente sulle emissioni sonore derivanti dagli eventi organizzati nella struttura ricettiva in parola: la problematica, infatti, per un verso, è molto risalente (l’appello principale, a pagina 3, data al 1998 le due prime ordinanze sindacali, nn. 42 e 45, tendenti a limitare l’intensità di dette emissioni), e, per altro verso, non risulta ancora sopita (dalla stessa prospettazione che assiste l’eccezione in esame emerge la sua persistenza quantomeno sino all’estate 2020).

2. Può quindi passarsi all’esame del merito degli appelli.

3. Il primo giudice ha ritenuto la parziale illegittimità dell’ordinanza comunale n. 99/2014 sotto due differenti aspetti.

4. Ha sostenuto che ARPAV non avrebbe effettuato correttamente le indagini volte a misurare le emissioni sonore, in quanto la rilevazione del livello di rumore ambientale e la rilevazione del rumore residuo sono state effettuate in momenti diversi (rispettivamente: la notte tra sabato e domenica 9 e 10 agosto 2014; la notte di mercoledì 13 agosto 2014), nei quali è diversa la frequentazione del locale e la programmazione delle attività, con l’effetto di portare a un risultato inattendibile. In rapporto a quanto deciso in una fattispecie analoga (Tar per la Lombardia, IV, 243/2014), ha quindi concluso che le due rilevazioni avrebbero dovuto essere effettuate nello stesso momento o comunque alle stesse condizioni di rumorosità dell’ambiente circostante residuo. Ha ulteriormente evocato la possibile incidenza sul rilevamento dell’antropizzazione della zona e di una vicina strada a intenso scorrimento veicolare.

4.1. Dette argomentazioni formano oggetto delle articolate censure di cui al primo e secondo motivo dell’appello principale e dell’intero appello incidentale, che, tra altro, espongono come l’indirizzo giurisprudenziale seguito dalla sentenza sia stato superato (Tar per la Lombardia, III, 2150/2020).

Le doglianze sono fondate.

4.2. Il tema in esame deve essere affrontato tenendo conto di quanto disposto dal decreto del Ministero dell’ambiente 16 marzo 1998, Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico, in applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. c), della l. 447 del 1995.

Esso stabilisce nell’Allegato A, Definizioni, punti 11, 12 e 13, che:

- il “Livello di rumore ambientale (LA)” è il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato «A», prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo, ed è costituito dall’insieme del rumore residuo e da quello prodotto dalle specifiche sorgenti disturbanti, con l’esclusione degli eventi sonori singolarmente identificabili di natura eccezionale rispetto al valore ambientale della zona;

- il “Livello di rumore residuo (LR)” è il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato «A», che si rileva “quando si esclude la specifica sorgente disturbante”. Esso “Deve essere misurato con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale e non deve contenere eventi sonori atipici”;

- il “Livello differenziale di rumore (LD)” è la differenza tra il livello di rumore ambientale (LA) e quello di rumore residuo (LR).

Tali previsioni fanno emergere che: a) le modalità da impiegarsi per la misurazione del livello di rumore residuo e del livello di rumore ambientale devono essere identiche; b) il livello di rumore residuo non deve contenere eventi sonori atipici.

Nessuna prescrizione impone invece la coincidenza dei due rilevamenti ritenuta dal primo giudice, enunciato che si rivela, quindi:

- privo di supporto normativo;

- contrastante vieppiù con la prescrizione di cui al predetto punto 12, secondo cui la misurazione del livello di rumore residuo presuppone l’esclusione della specifica sorgente disturbante. Infatti è evidente che, in applicazione di tale regola, il livello di rumore residuo non poteva essere misurato né in contemporanea alla misura del rumore ambientale né negli stessi giorni della settimana di questa, perché, così facendo, come osserva ARPAV, “sarebbe stato impossibile misurare il valore rilevabile in assenza delle propagazioni sonore della discoteca e del connesso rumore provocato dalla presenza antropica (precedente e successiva allo svolgimento degli spettacoli e delle attività musicali) direttamente connessa all’attività di intrattenimento” svolta nella struttura ricettiva. In altre parole, l’applicazione del principio della coincidenza comporterebbe una falsata misurazione del livello di rumore residuo, in quanto condizionata dalla doppia misurazione o comunque dall’influenza del rumore ambientale.

4.3. Resta da segnalare l’irrilevanza del rilievo dei resistenti che evidenziano che nella fattispecie le misurazioni ARPAV sono stati effettuate non solo in giorni ma anche in orari differenti, da cui le asserite diverse condizioni di rumorosità dell’ambiente circostante: basti osservare al riguardo, in uno alla difesa di ARPAV, che gli orari in parola sono pressochè sovrapponibili (dalle ore 23.26 alle ore 00.47 della notte tra sabato e domenica 9 e 10 agosto 2014; dalle ore 22.44 alle ore 23.36 della notte di mercoledì 13 agosto 2014) e risultano peraltro vantaggiosi per gli accertati quanto al livello di rumore antropico di fondo, indubbiamente più alto all’ora della seconda rilevazione rispetto a quella della prima.

4.4. Quanto invece all’ulteriore affermazione del primo giudice circa l’incidenza pregiudizievole per gli interessati delle emissioni sonore determinate da altri fattori, è fondata la censura del Comune di Tezze sul Brenda che lamenta come la relativa motivazione non risulti ancorata a un rilevato vizio dell’accertamento.

Va specificato che la sentenza impugnata, dopo aver ritenuto l’inattendibilità delle rilevazioni di ARPAV in forza di un principio (della coincidenza dei rilevamenti) come visto inesistente, introduce, ed esaurisce, tale ulteriore questione con un passaggio (“senza contare, altresì, l’incidenza derivante dalla circostante antropizzazione e dalla presenza della strada a intenso scorrimento veicolare posta anch’essa nelle immediate vicinanze della struttura e delle abitazioni considerate”) che, pur considerando trattarsi di sentenza “semplificata”, non assurge al livello argomentativo minimo proprio della motivazione giudiziale demolitoria, connotandosi piuttosto come una mera ipotesi o preoccupazione.

Ed è bene aggiungere che anche inteso come tale il passaggio si rivela insostenibile sotto il profilo logico, attesa l’esorbitanza dello sforamento del limite delle emissioni sonore che viene in rilievo nella fattispecie.

In particolare, ARPAV, come emerge dal fascicolo di causa, in applicazione del citato D.M. 16 marzo 1998, ha determinato il rumore della discoteca per cui è causa nel modo che segue: ha sottratto dal valore del rumore ambientale, della strada e della discoteca, risultato pari a 55 dB, il valore del rumore residuo, della strada, risultato pari a 40 dB, ottenendo così un valore differenziale corrispondente a 15 dB (a finestre aperte) e a 13 dB (a finestre chiuse). Si tratta di un valore di molto superiore al limite fissato dall’art. 4 del D.P.C.M. 14 novembre 1997, Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore, adottato ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a), della l. 447 del 1995, che lo colloca, all’interno degli ambienti abitativi, a 5 dB per il periodo diurno e a 3 dB per il periodo notturno.

5. La sentenza impugnata ha ritenuto la parziale illegittimità dell’ordinanza comunale n. 99/2014 anche rilevando che due delle impartite prescrizioni (adozione di misure di mitigazione e di un piano di bonifica acustica), in quanto prive del carattere della temporaneità e della provvisorietà, esorbitano dai presupposti e dalla ratio dell’ordinanza contingibile e urgente di cui all’art. 9, comma 1, della l. 447 del 1995.

L’appellante Comune evidenzia nel terzo motivo come tale conclusione non abbia considerato l’equilibrio con cui l’ordinanza ha contemperato i sottesi interessi: in particolare, l’Amministrazione rappresenta di non avere disposto, a fronte della costante ripetizione nella struttura ricettiva de qua di eventi notturni altamente rumorosi, posti in essere nonostante le lamentele di numerosi cittadini residenti nella zona e le precitate ordinanze sindacali del 1998, alcuna restrizione dell’orario di apertura dell’attività, come pure le era consentito (Cons. Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4041), e di aver invece prescritto accorgimenti compatibili con la sua prosecuzione, mediante l’unico mezzo previsto dalla Legge quadro sull’inquinamento acustico per fronteggiare una siffatta evenienza pregiudizievole per la salute pubblica.

5.1. Secondo l’art. 9 comma 1 della l. 447 del 1995 “Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell’ambiente, secondo quanto previsto dall’articolo 8 della L. 3 marzo 1987, n. 59 , e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell’ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri”.

5.2. Questa Sezione del Consiglio di Stato (V, 6 marzo 2013, n. 1372) ha al riguardo affermato che l’art. 9 della l. 447/1995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità e igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica. Inoltre, se è vero che l’istituto dell’ordinanza contingibile e urgente, con la quale è consentito fronteggiare le situazioni di emergenza anche al prezzo del sacrificio temporaneo di posizioni individuali costituzionalmente tutelate, non può essere impiegato per conferire un assetto stabile e definitivo agli interessi coinvolti, questo non significa che i provvedimenti contingibili debbano considerarsi automaticamente illegittimi solo perché sprovvisti di un termine finale di durata o di efficacia (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011, n. 3922 e 13 agosto 2007, n. 4448). Sicché anche misure non definite nel loro limite temporale possono essere reputate legittime, quando esse siano razionalmente collegate alla concreta situazione di pericolo accertata in rapporto alla situazione di fatto.

5.3. Alla luce di tali arresti, la censura è fondata, non potendosi concordare con la sentenza appellata che compie in sostanza, sbrigativamente, una non consentita equiparazione tra il modello provvedimentale in parola e quello degli ordinari provvedimenti contingibili e urgenti, senza considerare in nessun modo né la specialità del modello stesso e l’area di intervento che la giurisprudenza amministrativa gli assegna proprio in considerazione di detta specialità, nè la concreta rispondenza delle misure adottate a definire un equilibrato assetto di interessi, volto a fronteggiare la problematica accertata senza al contempo comportare, per il privato, un sacrificio sproporzionato, elementi tutti che vanno invece in questa sede riconosciuti in senso favorevole all’Amministrazione comunale appellante.

Può solo aggiungersi che non è neanche condivisibile l’ulteriore rilievo del primo giudice in ordine alla carenza nel provvedimento di considerazioni inerenti “l’attuale sistema predisposto dalla società per contenere le emissioni sonore”: non vi era infatti alcuna ragione per esternare sul punto specifiche motivazioni, profilandosi l’inadeguatezza del predetto sistema per tabulas, in rapporto agli accertamenti effettuati dall’ARPAV.

6. Per tutto quanto precede, l’appello principale e l’appello incidentale devono essere accolti.

Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, accoglie l’appello principale e l’appello incidentale, disponendo per l’effetto la riforma della sentenza impugnata e la reiezione del ricorso di primo grado.

Condanna la parte ricorrente in primo grado alla refusione in favore delle parti appellanti delle spese dei due gradi del giudizio, liquidate complessivamente in € 4.000,00 (euro quattromila/00) per ciascuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2021 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Federico Di Matteo, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore