Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3112, del 19 giugno 2014
Sviluppo sostenibile.Legittimità diniego realizzazione impianto eolico da 200 kw per carenza documentale
E’ legittimo il diniego di realizzazione dell’impianto eolico da 200 kw in quanto la richiesta dell’Amministrazione, volta a ottenere dati tecnici progettuali più precisi, non è stata soddisfatta. Da ciò la valutazione di insufficienza degli elaborati tecnici previsti dall’art. 6, comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e i conseguenti ordini di non effettuare gli interventi previsti, ai sensi del successivo comma 4, che il Collegio reputa essere stati adottati nel legittimo esercizio del potere pubblico e dunque meritevoli di conferma. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 03112/2014REG.PROV.COLL.
N. 08052/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8052 del 2013, proposto da:
Comune di Pescopagano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Federico Tedeschini, Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso Federico Tedeschini in Roma, largo Messico, 7;
contro
Palgreen s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Nania, Luigi Petrone, con domicilio eletto presso Roberto Nania in Roma, via Carlo Poma, 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. BASILICATA - POTENZA: SEZIONE I n. 00397/2013, resa tra le parti, concernente diniego realizzazione di un impianto eolico da 200 kw
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Palgreen s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli Avvocati Roberto Nania, Andrea Abbamonte e Federico Tedeschini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Al fine di realizzare tre impianti di micro generazione di energia elettrica da fonte eolica, per la potenza nominale di 200 kw ciascuno, la società Palgreen s.r.l. ha avviato per ciascuno di essi, presso il Comune di Pescopaganico, la procedura abilitativa semplificata – P.A.S. prevista dall’art. 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, allegando varia documentazione che ha in seguito integrato secondo le richieste degli uffici comunali.
Con separati provvedimenti (n. 6515, n. 6516 e n. 6517 del 12 novembre 2012), il responsabile del procedimento ha ordinato alla società di non realizzare gli interventi finalizzati alla realizzazione degli impianti.
La Palgreen ha impugnato tali provvedimenti con distinti ricorsi, che il T.A.R. per la Basilicata, sez. I, riuniti i giudizi, ha accolto con sentenza 8 luglio 2013, n. 397.
Il Tribunale regionale ha ritenuto che l’insufficienza dell’integrazione documentale, posta dal Comune a base degli atti adottati, avrebbe dovuto essere valutata alla stregua delle richieste istruttorie, non potendo l’Amministrazione introdurre elementi nuovi nei provvedimenti di diniego senza avere prima attivato un contraddittorio sui punti critici della documentazione richiesta, che avrebbe potuto condurre (non a un diniego, ma) a una più dettagliata richiesta istruttoria.
In particolare, il T.A.R. contesta la difesa contenuta nel controricorso di primo grado del Comune, secondo la quale la presentazione isolata delle singole richieste, da parte della società, mimetizzerebbe il reale intento di realizzare un mini parco eolico, incompatibile con la procedura intrapresa. Questa motivazione, pur suscettibile di essere valutata dall’Amministrazione una volta riaperti i procedimenti in questione, non comparirebbe però né nella richiesta di integrazioni del 24 settembre 2012 né nei provvedimenti impugnati, cosicché – pure nella sua astratta idoneità a supportarli – non troverebbe in realtà alcun concreto riscontro negli atti.
Contro la sentenza il Comune ha interposto appello, chiedendone la riforma.
L’appello ricostruisce dettagliatamente la normativa di settore, che consterebbe del ricordato decreto legislativo n. 28 del 2011 (recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili) e delle c.d. linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (approvate con decreto del Ministro per lo sviluppo economico 10 settembre 2010, n. 47987).
Nel merito, sostiene che il Comune avrebbe dovuto valutare esclusivamente la legittimità e la completezza della documentazione allegata alla comunicazione ex art. 6 del decreto legislativo citato; essendo questa insufficiente, avrebbe potuto adottare direttamente i provvedimenti negativi; tuttavia, avrebbe comunque chiesto alla società le integrazioni necessarie; in mancanza di queste (in particolare, risulterebbe che la Palgreen non sarebbe titolare delle aree, potendo vantare solo un contratto preliminare costitutivo di diritto di superficie, e dunque – a norma dell’art. 11.4 delle linee guida – non potrebbe avvalersi della P.A.S.), non avrebbe potuto fare altro che vietare l’esecuzione degli interventi progettati, essendo tra l’altro inapplicabile l’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, a torto evocato dal T.A.R.
La società Palgreen si è costituita in giudizio per resistere all’appello.
Oltre a contestare le tesi della controparte, la società ripropone i profili di illegittimità dedotti in primo grado e non esaminati dal Tribunale territoriale: nessuno dei rilievi formulati nei provvedimenti impugnati – che la memoria dettagliatamente analizza – sarebbe idoneo a giustificare l’emissione dell’ordine di non effettuare il previsto intervento.
In vista dell’udienza di discussione, entrambe le parti hanno depositato memorie.
All’udienza pubblica del 29 aprile 2014, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il decreto legislativo n. 28 nel 2011, ricordato in narrativa, reca l’attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.
Si tratta di una disciplina che il T.A.R. giudica “piuttosto scarna”, perché omette di considerare la dettagliata regolamentazione disposta con le linee guida approvate con il decreto ministeriale n. 47987 del 2010.
Le linee guida distinguono fra interventi che richiedono l’autorizzazione unica (par. 10), interventi soggetti a denuncia di inizio attività – D.I.A. e interventi di attività edilizia libera (parr. 11 e 12, in relazione all’art. 6 del decreto legislativo).
Per esercitare la progettata attività d’impresa, la società Palgreen ha fatto ricorso alla procedura semplificata, trasmettendo al Comune documentazione varia, di cui l’Ente ha chiesto l’integrazione, che tuttavia ha condotto all’adozione di provvedimenti di divieto.
Il successivo ricorso della società è stato accolto dal T.A.R., che, nei provvedimenti comunali, ha ravvisato la violazione dei principi di partecipazione e contraddittorio procedimentale.
2. Ritiene tuttavia il Collegio di escludere la violazione delle garanzie partecipative, censurata del Tribunale territoriale.
In primo luogo, infatti, il privato è stato messo in condizione di interloquire ampiamente con il Comune (anche al di là di quanto testualmente prevede l’art. 6, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 2011) e di depositare nuova documentazione, seppure giudicata non sufficiente dall’Amministrazione.
Ma, soprattutto, l’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 non è richiamato a proposito, in quanto la D.I.A., e gli atti a questa assimilati (come, nel caso di specie, la P.A.S.) non sono quelle “istanze di parte” che la disposizione ricordata presuppone, bensì atti privati, volti a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 29 luglio 2011, n. 15). Di conseguenza, essi rimangono estranei al perimetro di applicabilità dell’art. 10 bis.
3. Nell’eventualità di un esito di tal genere, la società appellata ha riproposto puntualmente - in via subordinata - le censure con cui contesta la valutazione di insufficienza data dal Comune alla sua seconda produzione documentale. Tale riproposizione, svolta nella memoria di costituzione nel giudizio di appello, contraddice e rende inefficace l’eccezione di inammissibilità - formulata solo nella memoria di replica del 7 aprile 2014 – derivante dalla mancata impugnazione del capo della sentenza nel quale il T.A.R. avrebbe affermato la completezza della documentazione presentata già all’avvio della procedura semplificata.
4. Viene allora in gioco, anzitutto, il par. 11.4 delle linee guida, secondo il quale “il ricorso alla DIA e alla comunicazione è precluso al proponente che non abbia titolo sulle aree o sui beni interessati dalle opere e dalle infrastrutture connesse”.
Come prima premessa dell’ordine di non realizzare gli interventi progettati, il Comune afferma che, nella fattispecie, mancherebbe il titolo prescritto, poiché la società - in sede di integrazione documentale - si sarebbe limitata a presentare un contratto preliminare di superficie.
In disparte la questione delle date (il Comune sostiene che il contratto sarebbe stato stipulato dopo la dichiarazione di disponibilità dei terreni presentata con la P.A.S.; la società replica che tale contratto sarebbe la rinnovazione di un contratto precedente, sottoscritto nei termini), è da escludere che contratto in questione non rappresenti quel titolo sulle aree interessate, al quale le linee guida condizionano il ricorso alla procedura semplificata.
Vero è che il contratto non accorda alcuna anticipata immissione nel possesso dei beni concessi e che anzi il concedente autorizza la Palgreen a realizzare e a gestire la centrale eolica solo “dopo la stipula dell’atto notarile”.
La circostanza che la norma evochi genericamente un “titolo”, da un lato, la possibilità di ottenere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., dall’altro, inducono invece a concludere per l’idoneità del contratto preliminare a integrare l’elemento prescritto dalla normativa.
Questa soluzione interpretativa è anche coerente con l’orientamento espresso in una recente sentenza di questo Consiglio di Stato (sez. V, 2 luglio 2012, n. 3860) che - seppur contestata dal Comune, per essere relativa all’ipotesi, in un certo senso inversa, in cui l’imprenditore aveva formulato una richiesta di autorizzazione unica ex art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, utilizzando a tal fine contratti preliminari anziché definitivi - ha considerato il contratto preliminare di superficie come strumento idoneo a integrare il titolo di disponibilità del suolo richiesto dal citato art. 12, comma 4 bis.
5. E’ invece la rimanente documentazione presentata a non apparire coerente con le richieste comunali, come finisce per ammettere - almeno in parte - la stessa Società appellata. Per limitarsi ai punti non controversi, basterà ricordare:
- la diversità tra la planimetria catastale presentata e quella richiesta
- la diversa posizione dell’aerogeneratore rispetto al progetto allegato alla P.A.S.
- la variazione del percorso della linea MT di connessione rispetto al tracciato riportato sulla planimetria allegata alla P.A.S.
- la mancanza dell’accettazione da parte dell’ENEL della voltura del preventivo di connessione, già intestato alla Bionergy s.r.l. (la Palgreen si è limitata a depositare la ricevuta di consegna della richiesta relativa);
- il mancato deposito presso la Regione degli elaborati progettuali previsti dalla legge 5 novembre 1971, n. 1086 e dalla legge delle Regione Basilicata 6 agosto 1997, n. 38.
In definitiva, la richiesta dell’Amministrazione, volta a ottenere dati tecnici progettuali più precisi, non è stata soddisfatta. Da ciò la valutazione di insufficienza degli elaborati tecnici previsti dall’art. 6, comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e i conseguenti ordini di non effettuare gli interventi previsti - ai sensi del successivo comma 4 - che il Collegio reputa essere stati adottati nel legittimo esercizio del potere pubblico e dunque meritevoli di conferma.
6. Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione dei ricorsi originari.
Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
Tuttavia, considerata la particolarità e la novità della vicenda, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Michele Corradino, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)