L'OGGETTO DELL'AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA E LA TUTELA DEGLI INTERESSI COLLETTIVI DEI CONSUMATORI
di Paolo FIORIO
pubblicato su Giurisprudenza di Merito 5-2009 Si ringrazia l'editore

In attesa che entri in vigore l'art. 140-bis si propongono alcune riflessioni sulla natura dell'azione e della legittimazione ad agire accordata alle associazioni rappresentative dei consumatori. Mentre le azioni dirette all'accertamento del diritto dei singoli consumatori ed utenti al risarcimento del danno o alla restituzione delle somme possono rientrare tra gli strumenti di tutela propriamente collettiva per i quali gli enti esponenziali possono godere di una legittimazione ordinaria, le azioni dirette ad ottenere la determinazione degli importi minimi dovuti ai singoli consumatori aderenti sono difficilmente riconducibili nell'ambito dei classici istituti processuali, rappresentando un nuovo strumento la cui disciplina deve essere rintracciata nelle pur scarne disposizioni contenute nell'art. 140-bis.


Sommario: 1. Premessa. - 2. L'oggetto dell'azione collettiva risarcitoria: necessità di distinguere tra domande di accertamento e domande (di condanna) dirette alla determinazione degli importi minimi. - 3. Nelle azioni di accertamento del diritto risarcitorio o restitutorio dei singoli consumatori l'associazione fa valere un proprio diritto soggettivo collettivo? - 4. (segue): la legittimazione ad agire degli enti che rappresentano gli interessi collettivi (art. 2601 c.c., art. 28 l. n. 300 del 1970, art. 140 cod. consumo). - 5. (segue): la legittimazione delle associazioni di consumatori per le domande di mero accertamento dell'illegittimità dei comportamenti plurioffensivi. - 6. (segue): l'accertamento del diritto al risarcimento del danno rientra tra gli strumenti di tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti? (modello oggettivo e soggettivo dell'interesse collettivo). - 7. (segue): il modello oggettivo e soggettivo degli interessi collettivi nel diritto positivo e nell'elaborazione giurisprudenziale. - 8. (segue). Analisi economica: il contenzioso collettivo come bene pubblico (problemi di azione collettiva ed esternalità positive). - 9. (segue): l'azione di accertamento del diritto risarcitorio o restitutorio come azione a tutela degli interessi collettivi e la legittimazione ordinaria delle associazioni rappresentative. - 10. Il confine tra l'individuale ed il collettivo nell'art. 140-bis: la domanda di accertamento del diritto risarcitorio o restitutorio e la domanda diretta alla determinazione della somma minima dovuta. - 11. Gli effetti della sentenza e «l'assetto variabile» dell'oggetto dell'azione collettiva risarcitoria. - 12. Conclusioni.


1. PREMESSA
L'introduzione nel nostro ordinamento dell'azione collettiva risarcitoria è stata alquanto travagliata. Dopo anni di discussioni e dibatti sugli organi di informazione nelle aule del parlamento e nella letteratura giuridica, stimolati prima dalla nota vicenda degli illeciti anticoncorrenziali da parte delle principali imprese assicurative, poi dagli altrettanto celebri scandali finanziari, l'azione collettiva risarcitoria, impropriamente nota anche come class action, è stata approvata nella legge finanziaria per il 2008.
Il nuovo art. 140-bis cod. consumo, introdotto con l'art. 2 comma 445 l. n. 244 del 2007, ha suscitato veementi critiche da parte delle organizzazioni imprenditoriali ed ha sollecitato numerosi interventi della dottrina che in diverse occasioni ha sottolineato i non pochi difetti del nuovo testo. Proprio quando le associazioni legittimate ad agire avevano oramai preannunciato l'avvio di numerose azioni collettive risarcitorie, il legislatore con l'art. 36 d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per estendere la legittimazione passiva anche alla Pubblica Amministrazione (ma presumibilmente per poter apportare alcune importanti modifiche al testo approvato), ha rinviato l'entrata in vigore della norma all'1 gennaio 2009, termine ulteriormente prorogato di ulteriori sei mesi dall'art. 19 d.l. 30 dicembre 2008, n. 207.
La lettura e l'interpretazione delle nuove norme nel momento in cui si scrivono queste pagine rischia di essere attività non solo faticosa, ma anche sottoposta ad un notevole livello di incertezza. Anche pochi colpi di penna del legislatore potrebbero modificare radicalmente il fragile castello sul quale poggia il nuovo istituto. Tali considerazioni rendono oggi opportuno delimitare il campo d'indagine alle linee generali dell'azione collettiva risarcitoria, ed in particolare all'individuazione dell'oggetto dell'azione e della natura della legittimazione ad agire attribuita agli enti esponenziali (che come vedremo possono incidere anche sul problema degli effetti del giudicato della sentenza), anche attraverso un confronto con le azioni collettive vigenti di cui all'art. 140 cod. consumo.
2. L'OGGETTO DELL'AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA: NECESSITÀ DI DISTINGUERE TRA DOMANDE DI ACCERTAMENTO E DOMANDE (DI CONDANNA) DIRETTE ALLA DETERMINAZIONE DEGLI IMPORTI MINIMI
Per individuare l'oggetto del processo collettivo risarcitorio sono preliminarmente necessarie alcune osservazioni generali sul modello di azione collettiva delineato dall'art. 140-bis, ed in particolare sul sistema di autoinclusione (c.d. opt-in).
Il comma 1 prevede che i soggetti legittimati agiscono «a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti» per richiedere «l'accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettanti ai singoli consumatori o utenti». La sentenza che definisce il giudizio, ai sensi del comma 5, «fa stato anche nei confronti dei consumatori ed utenti che hanno aderito all'azione collettiva». Ai sensi del comma 4 il Tribunale, accertato il diritto al risarcimento del danno o alla restituzione delle somme, «determina i criteri in base ai quali liquidare la somma da corrispondere o restituire ai singoli consumatori o utenti che hanno aderito all'azione o che siano intervenuti in giudizio» e, se possibile allo stato degli atti, «determina la somma minima da corrispondere a ciascun consumatore o utente». Il comma 2 precisa poi che coloro che intendano avvalersi della tutela prevista dall'art. 140-bis «devono comunicare per iscritto al proponente la propria adesione all'azione collettiva» entro l'udienza di precisazione delle conclusioni in appello.
La previsione dell'adesione dei singoli danneggiati, ed in particolare gli effetti interruttivi della prescrizione e l'estensione del giudicato ad essa riconnessi, sono emersi nel dibattito parlamentare solo con il passaggio della legge finanziaria per il 2008 tra il Senato e la Camera. Il disegno di legge governativo (e quelli improntati su tale modello), quello approvato dal Senato ed il testo unificato presentato dall'on. Maran alla Commissione Giustizia della Camera non disciplinavano gli effetti del giudicato e non individuavano la platea dei potenziali interessati all'azione. Tali proposte non prevedevano né meccanismi di autoesclusione propri delle class action (c.d. opt-out) né sistemi di autoinclusione (c.d. opt-in), proponendo quindi sostanzialmente un ampliamento delle azioni già previste dall'art. 140 cod. consumo. Precedentemente all'approvazione del nuovo art. 140-bis il dibattito dottrinale si era infatti incentrato sui profili di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost. dei sistemi di matrice statunitense fondati sull'opt-out (1). La discussione sull'opposto modello di auto inclusione e l'analisi delle soluzioni adottate da altri ordinamenti è stata scarna e non ha potuto contribuire ad un corretto inquadramento sistematico nel nostro ordinamento processuale di tale meccanismo ed alla conseguente individuazione dei profili pratici ed applicativi che forse meritavano una più approfondita e specifica disciplina.
Innanzitutto occorre sottolineare che il comma 4 della norma in esame prevede che «se possibile allo stato degli atti (2), il giudice determina la somma minima da corrispondere a ciascun consumatore o utente»; quando invece allo stato degli atti (ovvero per le peculiarità specifiche del caso esaminato) non sia possibile la determinazione della somma minima il tribunale può limitarsi ad accertare la condotta illecita posta in essere dal convenuto ed il conseguente diritto al risarcimento del danno dei consumatori o utenti danneggiati, individuando i criteri per la liquidazione della somma da corrispondere o da restituire a coloro che abbiano aderito all'azione o che siano intervenuti in giudizio.
L'art. 140-bis subordina quindi il contenuto del provvedimento richiesto al giudice in ragione delle specifiche caratteristiche della domanda avanzata in giudizio dall'attore collettivo, toccando il problema, comune a tutti gli ordinamenti, del rapporto tra questioni comuni a tutto il gruppo dei danneggiati e questioni personali.
L'assenza di ogni riferimento nell'art. 140-bis al criterio della communality, ovvero alla prevalenza delle questioni comuni a tutti i potenziali danneggiati, rispetto alle questioni personali, che rappresenta uno tra gli aspetti più controversi per tutti i modelli di azioni collettive risarcitorie (3), pare nel nostro caso trovare giustificazione proprio nel riferimento contenuto al comma 4 («se possibile allo stato degli atti») dal quale si può evincere che il contenuto della sentenza che definisce l'azione risarcitoria collettiva può sensibilmente variare a seconda delle peculiarità di ogni situazione processuale.
Se si condivide che ogni capo della sentenza pronunciata ex art. 140-bis esclude valutazioni di carattere individuale e riferite ai singoli aderenti (4), dovendo invece procedere ad un accertamento su scala collettiva, o quantomeno aggregata, pare potersi affermare che la tutela collettiva in esame sia invocabile in situazioni diverse, con la conseguenza che anche la decisione delle azioni collettive può comportare una gamma di provvedimenti differenti (5).
Il riconoscimento del diritto alla restituzione di somme ed al risarcimento del danno richiede sempre (i) l'accertamento di un «comportamento illegittimo» imputabile al convenuto; (ii) l'esistenza di un danno o di un indebito pagamento; e quanto alle domande risarcitorie (iii) l'esistenza del nesso di causalità tra l'illecito ed il danno. Effettuati tali accertamenti, che attengono all'esistenza del diritto, il concreto ristoro del soggetto leso richiede la quantificazione del danno subito individualmente o la determinazione della somma da restituire.
Se si traspongono tali requisiti per l'emanazione del provvedimento risarcitorio o restitutorio dal piano individuale a quello collettivo sono ipotizzabili due differenti approcci: quello proprio delle class action statunitensi per le quali è richiesta la prevalenza delle questioni comuni a tutti i membri della classe rispetto a quelle personali ad ognuno (6); quello adottato per class actions in Australia (7) ed in Canada (8), o quello ancora diverso emerso in Germania o in Inghilterra (9) che, seppur con alcune distinzioni, consentono la decisione anche solo di una questione di fatto o di diritto comune a tutti i membri del gruppo. Il primo modello ha certamente il pregio di consentire una diretta e forse più immediata tutela risarcitoria; il secondo permette invece un allargamento della tutela collettiva che può riguardare anche gruppi o classi connotate da una più marcata disomogeneità, relativamente alle quali l'accertamento si può fermare anche solo ad una o più delle questioni comuni, ovvero ad uno dei tasselli necessari per il riconoscimento del diritto individuale al risarcimento del danno.
L'azione collettiva risarcitoria prevista dall'art. 140-bis, quantomeno con riferimento al rapporto tra questioni comuni a tutti i membri della classe e questioni individuali, può rappresentare una sintesi tra i due modelli in quanto pare consentire l'accesso alla tutela collettiva sia in quelle situazioni in cui, data la forte predominanza degli aspetti comuni a tutti gli aderenti, è possibile una sentenza che determini la (ovvero, come si dirà, condanni alla) corresponsione degli importi minimi dovuti, sia laddove una più marcata differenziazione tra le posizioni individuali aggregate non permetta pronunce diverse dall'accertamento, seppur con i tratti di una condanna generica rafforzata.
Basti pensare al caso in cui l'oggetto della domanda collettiva riguardi la restituzione di una penale illegittimamente corrisposta ed il caso del danno conseguente alla distribuzione di un prodotto difettoso. Mentre nella prima situazione le questioni personali possono essere pressoché inesistenti ed è pertanto ipotizzabile un provvedimento con cui si individui la somma minima da restituire ad ogni aderente (10), nella seconda ipotesi le stesse possono risultare prevalenti (si pensi ad esempio all'esistenza o meno del danno che può variare da soggetto a soggetto, al concorso di altre cause nella sua produzione, alle modalità di utilizzo personali del bene ecc.) imponendo l'arresto della tutela collettiva al mero accertamento dell'illecito.
L'individuazione della natura dell'azione (e conseguentemente della legittimazio ne ad agire delle associazioni legittimate) si può pertanto porre in termini differenti a seconda che l'associazione attrice richieda una mera sentenza di accertamento o, accanto a questa, anche un provvedimento (di condanna) diretto alla determinazione degli importi minimi dovuti ai singoli consumatori aderenti (11).
Pare pertanto opportuno procedere in maniera separata all'analisi dei problemi e delle soluzioni prospettabili con riferimento alla legittimazione ad agire riconosciuta alle associazioni rappresentative per le domande di accertamento o di condanna generica e per quelle di dirette alla determinazione degli importi minimi dovuti.
3. NELLE AZIONI DI ACCERTAMENTO DEL DIRITTO RISARCITORIO O RESTITUTORIO DEI SINGOLI CONSUMATORI L'ASSOCIAZIONE FA VALERE UN PROPRIO DIRITTO SOGGETTIVO COLLETTIVO?
A partire dalla metà degli anni Settanta il dibattito dottrinale sull'emersione e sulla tutela degli interessi diffusi e collettivi ha sottolineato che, con il passaggio ad un sistema economico predominato dai rapporti di massa, le relazioni soggettive (e di conseguenza i contatti sociali e la stessa funzione del contratto) si sono trovate ad essere disciplinate da categorie e strumenti giuridici anche processuali formatisi per dirimere e disciplinare rapporti fra singoli che mal si adattano a relazioni spersonalizzate non coincidenti con gli interessi predeterminati e predefiniti dei rapporti di scambio propri dell'era mercantile ed anche, per certi versi, di quella che ha visto emergere la grande società per azioni (12). In questo contesto si è sottolineato che anche la giustizia deve dare protezione a violazioni di massa che coinvolgono categorie, classi, collettività e non più individui (13). All'emersione di rapporti economici e giuridici superindividuali è seguita prima la nascita e l'organizzazione e successivamente anche il riconoscimento di rappresentatività di enti e realtà organizzate quali titolari dei rapporti collettivi spersonalizzati relativamente ai quali la nuova azione collettiva risarcitoria è solo l'ultimo approdo a cui è pervenuta l'evoluzione legislativa in materia.
L'interrogativo di fondo posto dal nuovo art. 140-bis pare il seguente: l'azione diretta all'accertamento dell'illegittimità della condotta e del conseguente diritto risarcitorio o restitutorio degli aderenti rientra nella tutela degli interessi collettivi oppure è la manifestazione di una differente prerogativa giudiziaria attribuita dal legislatore agli enti esponenziali? Per tentare di fornire una risposta ci si deve domandare se anche per l'azione promossa ai sensi dell'art. 140-bis possa riproporsi l'orientamento emerso in giurisprudenza e dottrina secondo il quale l'ente rappresentativo che agisce a tutela degli interessi collettivi fa valere un proprio diritto.
4. (segue): LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE DEGLI ENTI CHE RAPPRESENTANO GLI INTERESSI COLLETTIVI (ART. 2601 C.C., ART. 28 L. N. 300 DEL 1970, ART. 140 COD. CONSUMO)
Dottrina e giurisprudenza, prima con riferimento all'art. 2601 c.c. che attribuisce alle associazioni professionali il diritto di agire in giudizio contro gli atti di concorrenza sleale (14), successivamente con riguardo all'art. 28 l. n. 300 del 1970, che conferisce alle organizzazioni sindacali la legittimazione ad agire per la repressione della condotta antisindacale (15), hanno chiarito che gli enti esponenziali fanno valere diritti propri.
Analoghe conclusioni sono state riproposte anche con riferimento alle azioni inibitorie e ripristinatorie attribuite alle associazioni rappresentative dei consumatori previste all'art. 140 cod. consumo (16), relativamente alle quali la Cassazione in una recente decisione (17) ha qualificato come diritti soggettivi, seppur a natura collettiva (18), gli interessi (nel caso alla correttezza dei messaggi pubblicitari) tutelati dalle associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale, aderendo all'orientamento secondo cui «gli interessi diffusi (in quanto pertinenti alla sfera di più individui in relazione alla loro qualificazione o in quanto considerati nella loro particolare dimensione) sono adespoti e possono essere tutelati in sede giudiziale solo in quanto il legislatore attribuisca ad un ente esponenziale la tutela gli interessi dei singoli componenti di una collettività, che così assurgono al rango di interessi collettivi».
La qualificazione degli interessi collettivi come diritti soggettivi a natura collettiva ha trovato una precisa conferma nella l. n. 281 del 1998 (le cui disposizioni sono state oggi inserite nel codice del consumo) con la quale il legislatore ha consacrato i diritti dei consumatori definendoli come fondamentali ed includendovi anche il diritto «alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti» (art. 2 comma 2, lett. f) (19). L'art. 2 cod. consumo prevede inoltre che «sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa». L'art. 137 disciplina i requisiti necessari affinché un'associazione possa essere considerata come rappresentativa a livello nazionale dei diritti e degli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti. L'art. 139 prevede che: «Le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'art. 137 sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti». Pare pertanto assodato che anche le associazioni di consumatori che agiscano a tutela degli interessi collettivi facciano valere in giudizio situazioni giuridiche a scala superindividuale (o collettiva) di cui sono rappresentanti e titolari ex lege (20).
5. (segue): LA LEGITTIMAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI DI CONSUMATORI PER LE DOMANDE DI MERO ACCERTAMENTO DELL'ILLEGITTIMITÀ DEI COMPORTAMENTI PLURIOFFENSIVI
Fatta tale premessa, occorre tornare al problema di fondo individuato per verificare se l'azione prevista dall'art. 140-bis si discosti dal modello di tutela degli interessi collettivi in precedenza delineato dall'art. 140 cod. consumo e se con tale azione l'associazione faccia valere qualcosa di diverso da una pretesa collettiva. Un Autore ha ritenuto di dover distinguere a seconda che l'azione collettiva sia esercitata in assenza di adesioni da parte dei singoli consumatori (situazione in cui l'associazione agirebbe quale legittimata ordinaria, facendo valere un diritto proprio), dal caso in cui l'ente abbia ricevuto adesioni all'azione ed operi pertanto quale sostituto processuale dei singoli consumatori ed utenti (21).
Tale interpretazione, che tocca alcuni tra i problemi di vertice posti dalle nuove norme, sottintende che l'adesione da parte dei singoli consumatori determini un mutamento genetico all'azione, facendole perdere la natura collettiva.
A ben vedere non pare che, quantomeno con riferimento alle domande di accertamento-condanna generica, l'art. 140-bis introduca nel suo complesso strumenti incompatibili con la tutela degli interessi collettivi già in passato previsti dagli artt. 2, 139 e 140 cod. consumo (22).
L'art. 140-bis comma 1 precisa infatti che le associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori sono legittimate «ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti» richiedendo «l'accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione di somme spettanti ai singoli consumatori o utenti». L'inquadramento dell'azione collettiva risarcitoria nell'ambito della tutela degli interessi collettivi può trovare conferma anche al comma 2 ove si fa nuovamente riferimento agli «interessi collettivi fatti valere» dalle associazioni non iscritte e al comma 3 che subordina l'ammissibilità dell'azione alla presenza di «un interesse collettivo suscettibile di adeguata tutela». L'insieme delle previsioni appena ricordate può far ritenere che nelle intenzioni del legislatore l'accertamento di un comportamento illecito plurioffensivo e del conseguente diritto risarcitorio o restitutorio dei consumatori rientra tra gli strumenti di tutela degli interessi collettivi.
Tale conclusione, che pare inserirsi nel percorso normativo che ha segnato l'evoluzione delle azioni collettive dei consumatori nell'ultimo ventennio, necessita però di alcune puntualizzazioni necessarie per chiarire se il riferimento agli interessi collettivi sia solo il frutto di un omaggio retorico al ruolo svolto dalle associazioni di consumatori (23), del tutto incompatibile con il quadro complessivo della tutela giudiziaria collettiva e con i principi generali dell'ordinamento.
L'espresso riconoscimento della legittimazione a richiedere l'accertamento della violazione degli interessi collettivi dei consumatori conseguenti ad un comportamento plurioffensivo non pare una novità rispetto agli strumenti già in passato accordati alle associazioni rappresentative.
Sia l'inibitoria dell'utilizzo di una clausola abusiva, sia l'inibitoria di un comportamento lesivo degli interessi collettivi dei consumatori presuppongono che il giudice proceda all'accertamento dell'abusività della clausola o dell'illegittimità del comportamento (24). Anche la domanda dell'associazione diretta ad ottenere le misure ripristinatorie, prevista dall'art. 140 lett. b) cod. consumo è diretta a correggere o ad eliminare le violazioni accertate e presuppone pertanto che il Tribunale accerti dette violazioni (25).
Del resto, anche in assenza di specifiche previsioni normative che attribuiscano la legittimazione a proporre domande di accertamento, una volta riconosciuta la natura ordinaria della legittimazione ad agire dell'associazione, sulla base del principio generale di rango costituzionale di cui all'art. 24 Cost. («Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi»), si deve concludere che la domanda di accertamento dell'illegittimità di un dato comportamento non richieda una specifica previsione di legge, essendo sufficiente verificare il concreto ed attuale interesse ad agire dell'associazione (26), ovvero la sussistenza di una situazione di pregiudizievole incertezza collettiva relativa a diritti o rapporti giuridici che non sia eliminabile senza l'intervento del giudice (27). Già prima dell'introduzione dell'art. 140-bis l'orientamento giurisprudenziale prevalente ha fatto ampio ricorso alle pronunce di mero accertamento dei comportamenti lesivi degli interessi collettivi dei consumatori (28).
6. (segue): L'ACCERTAMENTO DEL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO RIENTRA TRA GLI STRUMENTI DI TUTELA DEGLI INTERESSI COLLETTIVI DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI? (MODELLO OGGETTIVO E SOGGETTIVO DELL'INTERESSE COLLETTIVO)
Pur ritenendo che le associazioni rappresentative siano legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi per richiedere l'accertamento dell'illegittimità di un determinato comportamento, bisogna appurare se il passo successivo, ovvero l'accertamento del diritto dei singoli consumatori al risarcimento del danno o alla restituzione di somme, fuoriesca dalla tutela collettiva e riguardi invece esclusivamente il perseguimento di diritti soggettivi isomorfi o omogenei ad una pluralità di danneggiati con essa incompatibili.
Per rispondere a tale interrogativo è necessario chiarire se l'interesse collettivo possa o meno configurarsi anche come la somma di una serie di diritti soggettivi omogenei, o se invece debba necessariamente consistere in un qualcosa di diverso dall'aggregazione di una pluralità di pretese individuali seriali.
Nell'intenso dibattito dottrinale sorto a partire dagli anni Settanta del secolo scorso si sono contrapposte due differenti concezioni e definizioni degli interessi collettivi (29); un primo modello di carattere oggettivo, un secondo che ha sottolineato la natura soggettiva di tali interessi (30).
L'orientamento che individua gli interessi collettivi secondo un criterio oggettivo trae le proprie origini nella nozione di categoria affermatasi nel sistema corporativistico (31), ed è stato successivamente riadattato in conformità con i principi democratici affermatisi con la Costituzione repubblicana. L'interesse collettivo viene in particolare definito dalla dottrina giuslavoristica, come «l'interesse di una pluralità di persone a un bene idoneo a soddisfare un bisogno comune. Esso non è la somma di interessi individuali, ma la loro combinazione ed è indivisibile nel senso che viene soddisfatto, non già da più beni atti a soddisfare bisogni individuali, ma da un unico bene atto a soddisfare il bisogno della collettività» (32). In tale ottica si è conseguentemente ritenuto che si tratterebbe di interessi che si possono realizzare soltanto nella dimensione del gruppo o di intere categorie di individui ma che non possono essere riferiti né a singoli individui e quindi assumere una dimensione privata né possono assumere rilevanza pubblica e quindi essere confusi con l'interesse generale (33). La caratteristica comune a tale categoria di interessi consisterebbe nel fatto che essi riguardano sempre un bene non suscettibile di appropriazione esclusiva e «rispetto al quale il godimento dei singoli, o dei gruppi, non è limitato dal concorrente godimento degli altri membri della collettività», così che «se l'interesse che sta alla base delle situazioni soggettive tradizionali è per sua natura differenziato, il proprium dell'interesse diffuso è di essere, per sua natura, indifferenziato» (34).
L'orientamento che individua invece la nozione di interessi collettivi secondo un criterio soggettivo, le cui origini storiche sono da rintracciare nelle dottrine più marcatamente liberali (35), partendo dalla premessa per cui gli interessi collettivi e diffusi non sono un tertium genus rispetto ai diritti soggettivi ed agli interessi legittimi, arriva ad affermare che l'interesse collettivo è una qualifica che tocca un gruppo di interessi fra loro correlati, ma non designa una situazione di vantaggio di natura diversa rispetto a quelle aggregate (36). Tra gli interessi collettivi può pertanto essere ricompresa qualsiasi situazione soggettiva di vantaggio, giuridicamente rilevante e non di mero fatto, e quindi diritti soggettivi collettivi o interessi legittimi collettivi (37). In tale ottica si è pertanto affermato che per interesse collettivo dovrebbe intendersi una formula descrittiva di una estesa pluralità di interessi individuali consistenti in un rapporto diretto e «proprio» fra soggetto e bene: «l'interesse diffuso non esprimerebbe alcuna alterità rispetto alla sommatoria degli interessi individuali riconducibili agli appartenenti al gruppo» (38).
Tale impostazione pare del resto fondarsi sul rilievo per cui una contrapposizione tra le posizioni di vantaggio individuali rispetto a quelle su scala collettiva sarebbe in fin dei conti frutto di un'astratta finzione in quanto solo gli uomini possiedono dei bisogni e anche i bisogni che appartengono collettivamente ad un gruppo o ad una classe di soggetti si risolvono sempre in bisogni comuni a tutti gli individui che ne fanno parte (39). La differenza tra diritti soggettivi individuali ed interessi collettivi sta nel fatto che mentre per i primi il soddisfacimento del bisogno avviene esclusivamente su base individuale, per i secondi, realizzandosi una solidarietà di interessi tra i soggetti coinvolti, il bisogno di uno dei componenti non può essere soddisfatto se non sia soddisfatto il bisogno degli altri (40); affinché possa operare una solidarietà di interessi è necessaria una consapevolezza diffusa della dimensione non meramente individuale del fenomeno ed una conseguente organizzazione necessaria per il raggiungimento dello scopo comune (41).
Seguendo l'orientamento che individua gli interessi collettivi secondo un criterio soggettivo può essere pertanto giustificata una tutela giurisdizionale collettiva anche in presenza di un interesse omogeneo di una pluralità di soggetti allo svolgimento, nel rispetto delle regole, di un'attività da parte di un altro soggetto ed in particolare di un impresa che opera nell'ambito di rapporti di massa (42).
7. (segue): IL MODELLO OGGETTIVO E SOGGETTIVO DEGLI INTERESSI COLLETTIVI NEL DIRITTO POSITIVO E NELL'ELABORAZIONE GIURISPRUDENZIALE
L'idea diffusa per cui l'interesse collettivo debba essere visto nella sua dimensione oggettiva, come bene distinto e diverso dalle posizioni individuali di vantaggio, ha trovato un appiglio normativo nel secondo considerando della Direttiva 98/27/CE ove si è specificato che «per interessi collettivi si intendono gli interessi che non ricomprendono la somma degli interessi di individui lesi da una violazione».
Tale riferimento non pare tuttavia poter risolvere in maniera definitiva il problema in esame in quanto la Direttiva sopra richiamata, in un contesto di armonizzazione minima, non ha vietato agli Stati membri l'introduzione di misure diverse e più rigorose per la tutela degli interessi collettivi.
L'art. 3 lett. b) l. n. 281 del 1998 [oggi art. 140 lett. b) cod. consumo], introducendo nel nostro ordinamento le azioni ripristinatorie e riparatorie dirette all'eliminazione degli «effetti dannosi» delle violazioni accertate (e quindi un rimedio non preventivo, ma successivo e riparatorio), è andato sicuramente oltre gli obblighi comunitari che imponevano solo l'introduzione delle azioni inibitorie (e, in conseguenza a queste, dell'ordine di pubblicazione del provvedimento e delle misure coercitive pecuniarie).
Proprio la previsione di un'azione ripristinatoria a tutela degli interessi collettivi ha contribuito a scalfire l'idea per cui l'azione collettiva non possa essere diretta a tutelare anche i diritti isomorfi o omogenei dei consumatori danneggiati da un illecito plurioffensivo. Con essa il legislatore ha infatti accordato alle associazioni legittimate il diritto di chiedere la rimozione o la correzione delle conseguenze pregiudizievoli già verificatesi, quale effetto della lesione degli interessi protetti (43).
Un più preciso indice normativo dal quale si può evincere che il nostro ordinamento si è discostato dal modello oggettivo degli interessi collettivi è rintracciabile all'art. 67-ter lett. i) cod. consumo che, seppur inserito nella specifica disciplina dedicata alla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari, rappresenta l'unica fonte normativa che fornisce una definizione di interessi collettivi dei consumatori, individuati come «gli interessi di un numero di consumatori che sono stati o potrebbero essere danneggiati da un'infrazione». Il riferimento alla posizione dei consumatori come danneggiati, da un lato, ed alla loro individuazione quantitativa («un numero di consumatori») porta a ritenere che la tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori danneggiati non sia aliena alle tecniche di tutela collettiva.
Mentre in ambiti quali la tutela dell'ambiente l'interesse collettivo è più difficilmente riconducibile alle posizioni di interesse individuale, nel settore della tutela dei consumatori le sovrapposizioni tra l'individuale e il collettivo sono più frequenti (44), quasi da rappresentare una costante di tutti gli intereventi a difesa di tali soggetti.
L'idea dell'interesse collettivo, inteso anche quale possibile mera sommatoria di interessi individuali seriali organizzati in una consapevole e solidaristica dimensione superindividuale (ma, beninteso, a ciò non limitato in quanto comprensivo certamente anche di quei beni indivisibili), emerge in una serie di decisioni dei giudici di merito (45) e in una recente pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
Nonostante i giudici di merito abbiano in diverse occasioni affermato che il professionista convenuto con un'azione collettiva non può essere condannato al risarcimento del danno o alla restituzione di somme in favore dei singoli soggetti danneggiati (46), con percorsi tortuosi ed in alcuni casi un po' barocchi, anche se corretti e conseguenti alle restrizioni che comportava il sistema di tutela collettiva allora vigente, una serie di decisioni, relative per lo più alla corresponsione degli interessi anatocistici, sono arrivate ad emettere provvedimenti con una diretta portata sulle posizioni individuali dei consumatori.
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'illegittimità del rifiuto opposto da una banca al riconoscimento del diritto dei clienti al rimborso delle somme percepite rigettando però la domanda diretta ad inibire il rifiuto del rimborso, affermando l'inammissibilità di un'inibitoria a contenuto negativo (47). Il Tribunale di Milano, sempre sulla stessa materia, ha fatto un passo ulteriore in quanto, dichiarata l'illegittimità del rifiuto della banca, le ha anche inibito di opporre quale ragione del rifiuto alla restituzione delle somme percepite la legittimità delle clausole anatocistiche dei suoi contratti (48). Il Tribunale di Palermo ha poi ordinato ad una banca di astenersi dal respingere le istanze avanzate da consumatori, titolari di rapporto di conto corrente bancario, finalizzate al ricalcolo dell'esposizione debitoria qualora il rifiuto fosse fondato esclusivamente sulla piena validità ed efficacia della clausola che prevedeva detta capitalizzazione e non su diverse eccezioni, inerenti il singolo rapporto di conto corrente bancario, opponibili al cliente (49). Un ulteriore passo è stato poi nuovamente compiuto dal Tribunale di Torino il quale, accertato l'inadempimento su scala collettiva di un operatore telefonico, ha individuato quale misura idonea ad eliminare le conseguenze dannose, accertate ex art. 140, lett. b) cod. consumo, l'invio da parte dell'impresa convenuta di una lettera contenente una spiegazione chiara e univoca che, stante la mancata attivazione del servizio, i consumatori avevano diritto, previa domanda ed accertamento della sussistenza dei requisiti indispensabili, alla restituzione di tutti i canoni pagati alla Telecom a far data dalla sottoscrizione del contratto (50).
In una recente sentenza le Sezioni Unite della Cassazione (51), nell'affermare il diritto di un'associazione di consumatori ad agire avanti il giudice ordinario per l'ini bitoria di un messaggio pubblicitario ingannevole, ha fornito una definizione di interessi diffusi, divenuti collettivi in conseguenza dell'attribuzione della loro tutela ad un ente esponenziale, come interessi «pertinenti alla sfera di più individui in relazione alla loro qualificazione o in quanto considerati nella loro particolare dimensione». La Corte ha inoltre ritenuto che il ricorso alla tutela collettiva si giustifica anche in considerazione dell'esigenza «di evitare che una pluralità indefinita di interessi identici sia richiesta con un numero indeterminato di iniziative individuali seriali miranti agli stessi effetti, con inutile aggravio del sistema giudiziario e conseguente dispersione di una risorsa pubblica; e con frustrazione, inoltre, dell'effetto di incentivazione dell'aggregazione spontanea di più individui in un gruppo esponenziale» (52).
8. (segue). ANALISI ECONOMICA: IL CONTENZIOSO COLLETTIVO COME BENE PUBBLICO (PROBLEMI DI AZIONE COLLETTIVA ED ESTERNALITÀ POSITIVE)
A conclusioni molto simili giunge anche la letteratura giuseconomica che inquadra la situazione dei danneggiati dagli illeciti di massa tra i problemi di azione collettiva (53), ovvero nell'ambito dei fenomeni per i quali le semplici dinamiche di mercato e l'esercizio individuale dei diritti riconosciuti dall'ordinamento sono inidonei a produrre beni pubblici (public goods). In tale ottica si ritiene «pubblico», «comune» o «collettivo» un bene che, usufruito da un individuo Xi, appartenente ad un gruppo Xn, sia accessibile anche agli altri membri del gruppo, non essendo possibile escludere coloro i quali non hanno contribuito alla sua produzione, impedendo loro di trarne i conseguenti benefici (54). La nozione di public good è quindi intesa come una posizione di vantaggio metaindividuale che non si discosta di molto dall'interesse collettivo, anche se inteso secondo il tradizionale modello oggettivo (55).
Se si considera la posizione degli appartenenti ad un gruppo di soggetti danneggiati da un illecito plurioffensivo, l'enforcement (ovvero l'applicazione e l'effettività) del diritto sostanziale (56) è considerabile come bene pubblico (57). La sanzione degli illeciti, ed in particolare i meccanismi di responsabilità civile, assolvono infatti sia ad una funzione riparatoria sia ad una più generale funzione di deterrenza (58) e di prevenzione dei comportamenti scorretti, allocando sui responsabili le conseguenze dei comportamenti illegittimi.
Il contenzioso conseguente agli illeciti di massa ha quindi come effetto diretto la reintegrazione dei danneggiati, producendo allo stesso tempo esternalità positive anche per i soggetti non appartenenti al gruppo dei danneggiati quali appunto la deterrenza dal compimento di illeciti per il futuro, l'individuazione di standard comportamentali, l'informazione del pubblico sulle caratteristiche dei prodotti e sui comportamenti delle imprese, lo stimolo alle riforme normative, il contenimento dei costi della giustizia (59).
La funzione di deterrenza dell'istituto della responsabilità civile deve tuttavia fare i conti con le caratteristiche degli illeciti di massa e con la difficoltà che le azioni risarcitorie possano essere effettivamente esercitate da soggetti che, come i consumatori, accusano «problemi di azione collettiva» e non hanno alcun incentivo ad investire nel contenzioso (60).
La produzione di beni pubblici (nel nostro caso l'attuazione del diritto sostanziale e la deterrenza) dipende fortemente dalle caratteristiche e dalla composizione del gruppo di riferimento. Nell'opera che meglio ha affrontato i problemi di azione collettiva Mancur Olson (61) ha suddiviso i potenziali gruppi in due categorie: «latent group» e «privileged group». Tale distinzione poggia sul diverso grado di interesse e sugli incentivi che i singoli componenti del gruppo hanno per agire. Sono privilegiati i gruppi in cui vi sia almeno un componente che possa trarre benefici maggiori dei costi necessari per attivarsi individualmente e fornire il bene collettivo. Gruppi latenti sono per contro quelli in cui nessun soggetto sia in grado di trarre dal proprio intervento benefici maggiori rispetto ai costi affrontati per procurare il bene collettivo (62); in questo caso la disgregazione del gruppo, l'elevato numero dei partecipanti e l'assenza di auspicabili benefici individuali rischiano di impedire che il gruppo possa godere del bene collettivo. I consumatori danneggiati compongono certamente un gruppo latente in quanto l'interesse individuale è spesso modesto e la capacità di aggregazione è ostacolata dalla sostanziale estraneità e dall'assenza di relazioni stabili tra i diversi soggetti danneggiati. In presenza di un danno individuale modesto, anche se globalmente rilevante, i singoli danneggiati non hanno incentivi ad agire individualmente in giudizio preferendo subire il danno piuttosto che affrontare il rischio di sostenere costi elevati per ottenere il risarcimento. In queste situazioni nemmeno la cooperazione tra i danneggiati è sufficiente ed idonea a superare l'inerzia e l'apatia individuale in quanto la dispersione territoriale e la disaggregazione sociale dei membri del gruppo comporta costi di coordinamento eccessivamente elevati. In presenza di gruppi latenti il raggiungimento del bene pubblico richiede quindi l'introduzione di selective incentives (63), ovvero di interventi normativi che consentano il superamento dei problemi di azione collettiva assegnando incentivi economici o specifici strumenti giuridici, quali la legittimazione ad agire a tutela degli interessi comuni, che facilitino un comportamento attivo del gruppo dei danneggiati o di soggetti terzi e che consentano l'ottenimento del bene pubblico (64).
Ricondotti i problemi connessi agli illeciti di massa nell'ambito dei problemi di azione collettiva, si può concludere che l'accertamento del diritto dei singoli consumatori o utenti ad ottenere la restituzione di somme o il risarcimento del danno realizza un bene pubblico o un interesse collettivo sotto due distinti profili: da un lato l'accertamento dell'illiceità del comportamento è un bene relativamente al quale non è consentita l'esclusione di alcuni dei potenziali danneggiati appartenenti al gruppo e può essere usufruito in maniera indistinta da parte di tutti i consumatori danneggiati (anche a prescindere dagli effetti del giudicato, gli aderenti infatti non possono appropriarsi dei benefici della sentenza, impedendo ad altri danneggiati di avvalersi della decisione collettiva); dall'altro, la domanda collettiva, colmando il vuoto lasciato dai comportamenti razionalmente apatici dei singoli danneggiati, dota gli strumenti risarcitori di quel minimo di effettività indispensabile per realizzare gli obiettivi di prevenzione e di deterrenza immanenti ad ogni sistema giuridico.
9. (segue): L'AZIONE DI ACCERTAMENTO DEL DIRITTO RISARCITORIO O RESTITUTORIO COME AZIONE A TUTELA DEGLI INTERESSI COLLETTIVI E LA LEGITTIMAZIONE ORDINARIA DELLE ASSOCIAZIONI RAPPRESENTATIVE
L'elaborazione dottrinale che ha fornito una definizione degli interessi collettivi secondo il «modello soggettivo», l'art. 67-ter, lett. i) cod. consumo (che come si è detto rappresenta l'unica vera e propria definizione di «interessi collettivi dei consumatori» presente nel nostro ordinamento positivo), l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di merito che ha applicato l'art. 140 cod. consumo nelle controversie seriali, nonché le affermazioni delle Sezioni Unite fanno fondatamente ritenere che gli strumenti processuali collettivi affidati alle associazioni di consumatori già prima dell'approvazione dell'art. 140-bis consentissero la tutela di diritti individuali omogenei, isomorfi o seriali lesi da comportamenti plurioffensivi, attraverso pronunce di accertamento dell'illegittima ed unitaria condotta imprenditoriale quale presupposto per l'accertamento del diritto individuale al risarcimento del danno.
Da tali premesse si può ritenere che, quantomeno con riferimento alla domanda diretta all'accertamento dei diritti di natura risarcitoria o restitutoria dei consumatori aderenti, l'art. 140-bis prevede un'azione tipicamente collettiva, relativamente alla quale l'associazione fa valere in giudizio un proprio interesse istituzionale, coincidente con la tutela di quello collettivo e dei diritti isomorfi aggregati, organizzati e da esso rappresentati (65).
Tale impostazione si pone per altro in netta controtendenza rispetto alle dottrine liberali che, riducendo l'interesse collettivo ad una mera somma di interessi individuali, volevano arrivare a negare la stessa dimensione superindividuale dei fenomeni sociali; la riconduzione nell'ambito dell'interesse collettivo delle posizioni individuali omogenee comporta infatti un'espansione del collettivo che, non sostituendosi ai diritti individuali, li rafforza in una solidaristica dimensione organizzata in forza della quale i beni pubblici dell'attuazione del diritto sostanziale e della deterrenza, acquistano quella forza minima necessaria per affrontare le dinamiche proprie della società dei consumi di massa e per superare i problemi di azione collettiva che esse comportano.
L'art. 140-bis ha quindi segnato due significativi passi in avanti rispetto alla disciplina previgente. Da un lato, si sono chiariti i problemi interpretativi in precedenza sorti dall'applicazione dell'art. 140, lett. a) e b), eliminando ogni dubbio circa il fatto che le associazioni rappresentative dei consumatori siano legittimate a richiedere pronun ce collettive di accertamento dell'illegittimità del comportamento tenuto dall'impresa e del conseguente diritto risarcitorio o restitutorio dei singoli consumatori. Dall'altro, la previsione per cui l'adesione produce l'effetto interruttivo della prescrizione ha colmato un vuoto che in passato rendeva le azioni collettive un'arma spuntata in quanto il singolo danneggiato, per far valere l'accertamento contenuto nella sentenza collettiva nei confronti del convenuto soccombente (66), avrebbe dovuto attendere il suo passaggio in giudicato, con il rischio di vedere prescritto il proprio diritto.
10. IL CONFINE TRA L'INDIVIDUALE ED IL COLLETTIVO NELL'ART. 140-BIS: LA DOMANDA DI ACCERTAMENTO DEL DIRITTO RISARCITORIO O RESTITUTORIO E LA DOMANDA DIRETTA ALLA DETERMINAZIONE DELLA SOMMA MINIMA DOVUTA
Se si vuole fornire una lettura non rinunciataria delle nuove norme, imposta dalle intenzioni del legislatore, espressamente dichiarate all'art. 2 comma 445 l. n. 244 del 2007 che, anche se con toni un po' enfatici, afferma che il nuovo strumento è diretto ad «innalzare i livelli di tutela» dei consumatori, si deve verificare se l'azione collettiva risarcitoria vada oltre la dimensione meramente collettiva o superindividuale e se possa consentire una più diretta tutela dei diritti soggettivi omogenei, seriali o isomorfi.
Mentre il comma 1 riconduce alla «tutela degli interessi collettivi» la domanda di accertamento del diritto risarcitorio o restitutorio dei singoli consumatori, il comma 4 precisa che la sentenza che definisce il giudizio, «se possibile allo stato degli atti», determina la somma minima da corrispondere a ciascun consumatore o utente. Tale norma, come si è notato, sottintende innanzitutto che il contenuto della sentenza possa variare a seconda delle peculiarità di ogni azione.
Se le caratteristiche del caso sottoposto al Tribunale non consentano l'individuazione dell'importo minimo, il giudizio di accoglimento della domanda collettiva può limitarsi all'accertamento della condotta illecita del convenuto ed al conseguente diritto, necessariamente su scala collettiva, al risarcimento del danno o alla restituzione, individuando i criteri per la sua liquidazione.
In questo caso, come autorevolmente sottolineato in dottrina, non si andrebbe al di là di una sentenza di accertamento, o, meglio della condanna generica rafforzata, che rientra comunque tra le sentenze di accertamento (67). Se si considera che già con riferimento ai giudizi individuali per il risarcimento del danno l'art. 278 c.p.c. viene interpretato dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, nel senso che sia sufficiente l'accertamento della sussistenza di un fatto potenzialmente produttivo del danno (68), la natura di condanna generica della sentenza non sembra incompatibile con la dimensione collettiva dell'azione. Pare quindi conforme alla natura del processo collettivo, che non può certo affrontare le questioni individuali che comporterebbero un'inefficiente allocazione delle risorse giudiziarie e la sua sostanziale paralisi, ritenere che i profili personali ad ogni singolo aderente quali l'esistenza o meno del danno, del nesso causale e dell'eventuale concorso di colpa del danneggiato non debbano essere considerati in sede collettiva ma solo nei giudizi o nelle procedure conciliative individuali di completamento (69).
Qualora invece le specificità del caso consentano di determinare non solo il diritto, ma anche la somma minima oggetto del provvedimento risarcitorio o restitutorio, che potrebbe anche coincidere con l'integrale «danno» effettivamente subìto (situazione che certamente può più agevolmente verificarsi nelle azioni restitutorie) (70), si è in presenza di un vero e proprio provvedimento di condanna provvisionale (71), e conseguentemente di un titolo esecutivo che può essere fatto valere da ogni singolo consumatore aderente o intervenuto (72).
Tra la prima e la seconda ipotesi, ovvero tra la sentenza di accertamento (per la quale l'associazione fa valere gli interessi collettivi dei quali è titolare e rappresentante) e quella di condanna pare risiedere la distinzione tra collettivo ed individuale e la conseguente possibilità di individuare (qualora ritenuto necessario non solo per un pur utile inquadramento teorico) la natura della legittimazione ad agire dell'ente rappresentativo che qui fa valere le posizioni, seppur aggregate, che rimangono però diritti soggettivi individuali alla liquidazione di quanto dovuto.
Mentre infatti l'accertamento dell'illegittimità della condotta imprenditoriale ed il conseguente diritto, sempre su scala collettiva, al risarcimento o alla restituzione rientra tra gli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti quale necessario strumento di deterrenza dal compimento di illeciti plurioffensivi (73) e di attuazione dei diritti sostanziali riconosciuti singolarmente e collettivamente ai consumatori, la liquidazione del danno e la formazione di un titolo esecutivo, che solo il singolo danneggiato può far valere, determina il sorgere di una situazione sostanziale di vantaggio di esclusiva appropriazione individuale.
11. GLI EFFETTI DELLA SENTENZA E «L'ASSETTO VARIABILE» DELL'OGGETTO DELL'AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA
Proprio la natura anfibia [o meglio «l'assetto variabile» (74) dell'oggetto] dell'azione collettiva risarcitoria può consentire di fornire una giustificazione razionale ed efficiente dell'introduzione del sistema dell'opt-in (che impone ai consumatori che intendano avvalersi della tutela collettiva di comunicare la propria adesione scritta all'azione) (75) e della conseguente limitazione del giudicato ai soli aderenti (76), che, ad una prima lettura, è risolto in maniera opposta rispetto a quanto affermato dall'orientamento prevalente consolidatosi con riferimento alle azioni collettive previste dall'art. 140-bis cod. consumo.
Pur non essendo possibile ripercorrere in questa sede le diverse posizioni emerse per individuare gli effetti della sentenza collettiva nei giudizi individuali, si può ricordare che l'orientamento maggioritario ritiene che, in considerazione del fatto che la sentenza collettiva pronunciata ai sensi dell'art. 140 cod. consumo è stata resa con la partecipazione del professionista al giudizio e nel rispetto del suo diritto di difesa (77), il convenuto, risultato soccombente nel giudizio collettivo, può vedersi opporre dai terzi l'efficacia della decisione, mentre non può valersi dell'accertamento a lui favorevole per contrastare l'identica azione collettiva o l'azione individuale nella quale è sempre consentito eccepire che si tratta di decisione inter alios acta e, in quanto tale, non vincolante (78). Tale interpretazione si fonda principalmente sul rilievo per cui l'efficacia della sentenza secundum eventum litis rappresenta un principio sancito nel nostro ordinamento in materia di obbligazioni solidali (art. 1306 c.c.) e di obbligazioni indivisibili (art. 1317 c.c.), applicabile anche alla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi. Proprio la collocazione della norma nella disciplina generale delle obbligazioni ha portato parte autorevole della dottrina a ritenere che non si tratti di un fenomeno eccezionale, bensì di un principio generale, applicabile ad ogni fattispecie diversa dai rapporti bilaterali non altrimenti disciplinata (79) o comunque suscettibile di applicazione analogica qualora si ritenga che la tutela collettiva, pur non rientrando nell'ambito delle situazioni di contitolarità di una medesima situazione giuridica, tipica delle obbligazioni solidali, riguardi invece gli effetti rilessi, dell'accertamento collettivo quale pregiudiziale alla tutela individuale (80).
Si pensi ad esempio al caso in cui l'associazione, in presenza di un comportamento illecito plurioffensivo che abbia già danneggiato i consumatori ma i cui effetti siano ancora attuali, richieda con la medesima azione, ai sensi dell'art. 140, l'inibitoria del comportamento e, ai sensi dell'art. 140-bis, l'accertamento del diritto dei singoli al risarcimento del danno o alla restituzione delle somme. Condividendo l'orientamento dottrinale prevalente emerso con riguardo alle azioni inibitorie e ripristinatorie di cui all'art. 140 cod. consumo, la sentenza inibitoria (e quindi anche il suo presupposto, ovvero l'accertamento dell'illegittimità del comportamento contestato) avrebbe effetto per tutti i consumatori danneggiati, mentre stando ad un'interpretazione letterale dell'art. 140-bis comma 5 il medesimo accertamento, necessario per il riconoscimento del diritto dei singoli consumatori o utenti al risarcimento del danno o alla restituzione delle somme, avrebbe effetto per i soli aderenti (81).
Tale soluzione interpretativa, oltre che contraddittoria, sarebbe certamente contraria all'esigenza di evitare un contrasto tra giudicati e di realizzare un'efficiente allocazione delle risorse giurisdizionali. Il singolo danneggiato, nonostante il giudicato positivo sull'azione collettiva a cui non ha aderito, dovrebbe infatti riaffrontare tutte le questioni comuni già discusse e decise in contradditorio con il convenuto nell'azione collettiva, senza potergli opporre l'accertamento dell'illegittimità del comportamento.
Per fornire una lettura del nuovo strumento che consenta di evitare un contrasto tra giudicati e un'inutile dispersione di risorse giurisdizionali, ma che allo stesso non sottovaluti eccessivamente la formulazione letterale della prima parte del comma 5, pare opportuno distinguere gli effetti della sentenza resa ai sensi dell'art. 140-bis, individuando quelli che non possono prescindere dall'adesione da parte dei danneggiati da quelli ad essa svincolati.
La necessità di aderire all'azione e la conseguente limitazione degli effetti del giudicato ai soli aderenti può infatti valere proprio per le posizioni di vantaggio individuali e non per quelle collettive che le associazioni ed i comitati rappresentativi possono azionare ai sensi dell'art. 140-bis. Una stretta connessione tra il sistema dell'opt-in e gli effetti della sentenza è certamente ravvisabile per l'interruzione- sospensione, della prescrizione, per la determinazione della somma minima da corrispondere ai danneggiati, per la partecipazione alla camera di conciliazione (82).
Non pare invece ravvisabile un'identica interdipendenza tra l'adesione e l'accertamento dell'illiceità del comportamento tenuto dall'impresa o della vessatorietà di una clausola inserita in un contratto standardizzato (83).
Qui l'associazione agisce certamente a tutela degli interessi collettivi e le questioni affrontate nel giudizio collettivo sono pregiudiziali rispetto alla decisione della doman da risarcitoria o restitutoria individuale. In presenza, ad esempio, di una clausola contrattuale che preveda una penale illegittima, l'azione inibitoria, che ha efficacia anche nei confronti dei soggetti estranei al giudizio, si conclude con l'accertamento del carattere abusivo della clausola, che rappresenta un presupposto necessario per l'accoglimento della domanda individuale diretta alla ripetizione dell'indebito. Sarebbe conseguentemente illogico ritenere che, in assenza della domanda inibitoria, perché non proposta o non proponibile a seguito della cessazione della condotta illecita, il medesimo accertamento che il tribunale è chiamato ad effettuare in sede collettiva risarcitoria, non possa valere nei confronti di tutti i consumatori ed utenti danneggiati.
12. CONCLUSIONI
Alla luce delle considerazioni sopra esposte si può ritenere che il ricorso alle categorie tradizionali sia possibile, senza snaturare i principi generali, solo per quanto riguarda le domande di accertamento relativamente alle quali, così come riconosciuto al comma 1, l'attore rappresentativo agisce a tutela degli interessi collettivi richiedendo l'accertamento del diritto al risarcimento del danno spettante ai singoli consumatori o utenti. In tale contesto l'adesione rappresenta lo strumento tecnico necessario affinché, anche per contemperare il diritto di difesa del convenuto, il singolo consumatore possa godere dei benefici dell'interruzione della prescrizione e dell'accesso alle procedure di conciliazione.
Se si ritiene invece che l'associazione attrice possa richiedere anche una sentenza di condanna provvisionale diretta al pagamento della somma minima dovuta pare necessario riconoscere che l'azione collettiva risarcitoria costituisca un nuovo istituto processuale la cui disciplina è da rintracciare nelle pur scarne disposizioni contenute all'art. 140-bis.
Non potendo essere questa la sede per una più puntuale ricostruzione sistematica delle azioni collettive risarcitorie previste dall'art. 140-bis ci si può limitare ad individuare i principali profili della peculiare disciplina che connota questo nuovo istituto:
(i) il processo collettivo può avere configurazioni estremamente differenti a seconda delle caratteristiche specifiche dell'illecito di massa fatto valere in giudizio: può riguardare tanto classi omogenee (per le quali è possibile anche un provvedimento di condanna provvisionale o integrale) quanto classi disomogenee (per le quali la presenza di questioni personali di particolare rilievo non consente che in sede collettiva si possa andare oltre una sentenza di accertamento che, al crescere dei profili comuni può arrivare fino ad una condanna generica);
(ii) a fronte di una realtà economico-sociale complessa, l'art 140-bis introduce un'azione composita nella quale i soggetti legittimati ad agire possono far valere contemporaneamente gli interessi collettivi e assumere anche un ruolo rappresentativo ed aggregativo di quelle pretese che fuoriescono dal collettivo e riguardano il diritto individuale alla liquidazione del danno;
(iii) in ogni caso il giudizio collettivo, per essere concretamente gestibile, e per assicurare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 comma 2 Cost., riguarda solo ed esclusivamente le questioni comuni, impregiudicate tutte le eccezioni personali oggetto di valutazione solo nei giudizi o nelle procedure di conciliazione di completamento;
(iv) con l'inclusione nel gruppo il singolo consumatore, pur in assenza di una domanda giudiziale individuale, aderisce all'azione diretta all'accertamento dei profili comuni a tutta la classe e si avvale dei connessi benefici anche strettamente individuali quali l'interruzione della prescrizione, la determinazione della somma minima dovuta (e la formazione del relativo titolo esecutivo), l'accesso alle procedure di conciliazione per la liquidazione del danno;
(v) a fronte di tali benefici, per realizzare un'efficiente utilizzo delle risorse giudiziarie, e per non sottoporre il convenuto ad un contenzioso eccessivo, il singolo aderente è vincolato «nel bene e nel male» dalla sentenza collettiva e rinuncia a far valere le questioni comuni con un autonomo giudizio individuale;
(vi) per consentire un adeguato accesso alla giustizia e per una riduzione dei costi connessi, e quindi per rendere effettivi i diritti sostanziali fatti valere, l'autoinclusione nel gruppo è possibile anche per tutto il giudizio d'appello e non richiede la proposizione di una vera e propria domanda giudiziale individuale (con conseguente onere di assistenza tecnica e di allegazione) ma un'adesione deformalizzata (ad eccezione della forma scritta necessaria per assicurare la certezza e la trasparenza) ad un'azione proposta da un soggetto adeguatamente rappresentativo.
Anche seguendo la ricostruzione prospettata, si deve tuttavia riconoscere che la nuova azione collettiva risarcitoria, pur rappresentando un decisivo passo in avanti per la tutela dei consumatori, presenta difetti notevoli non solo per il continuo degrado della tecnica normativa utilizzata, ma soprattutto per la previsione del sistema di autoinclusione che presuppone un comportamento attivo del consumatore e notevoli costi di aggregazione a carico dell'associazione attrice. Se si considera infatti che la tutela risarcitoria collettiva è destinata ad operare principalmente in presenza di illeciti di massa che comportano danni individuali modesti, ma costi sociali e collettivi ingenti, permane il dubbio, che solo la prassi potrà sciogliere, che l'efficacia deterrente del nuovo istituto sia alquanto modesta. Se si pensa, ad esempio, un illecito che colpisca per poche decine di euro qualche milione di consumatori, l'efficacia dissuasiva dell'art. 140-bis, è strettamente connessa ad alquanto improbabili adesioni di massa. Come si è accennato i gruppi (o classi) dei consumatori sono latenti con la conseguenza che i meccanismi di aggregazione comportano costi elevati e non sono di per sé sufficienti alla soluzione dei problemi di azione collettiva (84).
NOTE
(1) Cfr. RESCIGNO, Sulla compatibilità del modello processuale della class action ed i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano, in Giur. it., 2000, 2228; ORESTANO, Interessi seriali, diffusi e collettivi: profili civilistici di tutela, in www.judicium.it, par. 10.
(2) Il corsivo è mio.
(3) In argomento per una comparazione tra le soluzioni emerse nei sistemi di common law negli Stati Uniti, in Australia e in Canada v. MULHERON, The class action in common law legal system, Oxford, 2004, 165 ss.
(4) Cfr. CAPONI, Litisconsorzio aggregato. L'azione risarcitoria in forma collettiva dei consumatori, in www.judicium.it, 2008 III 6 e III 22; BONA, L'obiettivo finale dell'azione collettiva risarcitoria: il risarcimento del danno e la restituzione delle somme, in CONSOLO - BONA - BUZZELLI, Obiettivo, class action: l'azione collettiva risarcitoria, Milano, 2008, 115 il quale rileva che la sentenza di accertamento deve riguardare «l'illegittimità delle condotte imputate all'impresa convenuta e, sul piano causale, la loro potenziale idoneità, evidentemente con modalità sommaria e valutazione probabilistica secondo l'orami consolidato criterio della probabilità logica, a produrre le conseguenze pregiudizievoli lamentate dalla classe dei consumatori o utenti, ciò prescindendo dalla prova che effettivamente i singoli danneggiati siano stati danneggiati»; CONSOLO, I contenuti decisori del processo collettivo, la condanna generica con provvisionale allo stato degli atti e il perimetro di efficacia della sentenza, in Obiettivo class action, cit., 217 secondo il quale in caso di condanna provvisionale si avrà comunque un provvedimento «con riserva delle eccezioni di merito individuali», da farsi valere sia nei giudizi di merito, sia nei giudizi di opposizione ex art. 615 c.p.c.
(5) Cfr. CHIARLONI, Il nuovo articolo 140-bis del codice del consumo: azione di classe o azione collettiva?, in Analisi giuridica dell'economia, 2008, 1, 122 ss.
(6) In argomento, anche per riferimenti, si rinvia a MARENGO, Garanzia processuale e tutela dei consumatori, Torino, 2007, 64 il quale rileva che il presupposto della «predominanza» delle questioni comuni su quelle individuali, è stato affrontato dalla giurisprudenza in maniera piuttosto restrittiva, specialmente nei casi di mass tort litigation. Dopo un lungo dibattito, con soluzioni oscillanti tra l'applicabilità e l'inapplicabilità della Rule 23, si è rafforzata e poi definitivamente consolidata con il caso Amchem Products Inc. v. Windsor, 821 US 591, 117 S Ct 2231 (1997) la soluzione maggiormente restrittiva. Nello stesso senso, con riferimento alle azioni nei confronti delle imprese produttrici di tabacchi v. BONA, «Class action», «Group Action» e «azione collettiva risarcitoria»: modelli europei a confronto, in Obiettivo class action, cit., 12.
(7) La disciplina delle class actions introdotta dal Governo federale australiano nel 1992, forse proprio in ragione dei limiti dell'istituto nella sua configurazione statunitense, ha notevolmente ammorbidito il requisito della communality. Da un lato, la section 33C (1) del Part IVA prevede infatti che la «classe» sia composta da almeno sette persone; che le domande si fondino su circostanze identiche, simili o anche solamente collegate; che esse diano luogo almeno ad un substantial common issue di fatto o di diritto, dall'altro la section 33C (2) del Federal Court of Australia Act estende il ricorso alla class action alle controversie che involgano individual issues, includendovi i giudizi che abbiano ad oggetto pretese risarcitorie. In argomento cfr. MULHERON, The class action in common law legal system, cit., 214 ss.; MARENGO, Garanzia processuale e tutela dei consumatori, cit., 89 ss.; BONA, «Class action», «Group Action» e «azione collettiva risarcitoria», cit., 24 ss.
(8) La legislazione delle province canadesi, in termini sostanzialmente identici, non richiede né l'identità, né la predominanza delle questioni comuni, essendo invece sufficiente che la loro risoluzione sia suscettibile di incidere sul giudizio. Sul punto cfr. MARENGO, Garanzia processuale e tutela dei consumatori, cit., 86, nt. 124 il quale riporta alcuni casi in cui la Supreme Court of British Columbia ha ritenuto che la idoneità di un prodotto all'uso cui è destinato debba considerarsi questione comune sufficiente a fondare la certification, riservando a successivi giudizi individuali l'accertamento della negligenza del produttore, la verifica del nesso di causalità e la quantificazione dei danni.
(9) Il legislatore inglese con l'introduzione del c.d. Group Litigation Order entrato in vigore nel 2000 ha voluto superare i limiti delle tradizionali representative suit, le quali richiedono, come emerso nell'interpretazione giurisprudenziale a partire dal XIX secolo, l'identità del titolo, dell'interesse e del provvedimento richiesto per tutti i soggetti rappresentati (così GIUSSANI,Azioni collettive risarcitorie nel processo civile, Bologna, 2008, 147 ss.), limitandone pertanto l'applicabilità ai casi di mass tort litigation. Il Group Litigation Order consente invece, con meccanismi particolari,che oggetto dell'azione di gruppo siano anche solo questioni di diritto o di fatto comuni o anche solo connesse, apportando così una distinzione tra trial of common issues e trial of individual issues. Cfr. in particolare Rule 19.10: «A Group Litigation Order («GLO») means an order made under rule 19.11 to provide for the case management of claims which give rise to common or related issues of fact or law (the «GLO issues»)»; Practice Direction 15: «The management court may give direction 1) for the trial of common issues and 2) for the trial of individual issues. Common issues and test claims will normally be tried at the management court. Individual issues may be directed to be tried at other courts whose locality is convenient for the parties». Un approccio simile è stato seguito anche in Germania con il c.d. processo modello che può riguardare anche solo una stessa questione di diritto o di fatto comune. In argomento cfr. CONSOLO - RIZZARDO, Due modi di mettere le azioni collettive alla prova: Inghilterra e Germania, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 896; CAPONI, Strumenti di tutela collettiva nel processo civile: l'esempio tedesco, in Le azioni collettive in Italia. Profili teorici ed aspetti applicativi, a cura di Belli, Milano, 2007, 66 e ss.; HODGES, Multi party actions, Oxford, 2001; MARENGO, Garanzie processuali, cit., 74 ss.
(10) Come rilevato da CONSOLO, I contenuti decisori del processo collettivo, cit., 217 dovrà trattarsi di una somma uguale per tutti, o comunque dovuta a ciascuno per multipli di un importo base uguale.
(11) In tal senso cfr. CAPONI, Oggetto del processo e giudicato «ad assetto variabile», in Foro it., 2008, V, 203 s.
(12) Cfr. RUFFOLO, Interessi collettivi o diffusi e tutela del consumatore. Il problema e il metodo. Legittimazione, azione e ruolo degli enti esponenziali associativi, Milano, 1985, 119 ss. il quale ritiene che con la spersonalizzazione dei rapporti si possa parlare di una concezione oggettiva del negozio e dell'illecito.
(13) CAPPELLETTI, Appunti sulla tutela giurisdizionale di interessi collettivi o diffusi, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, Padova, 1976, 191 ss.
(14) Cass. 20 dicembre 1996, n. 11404, in Dir. ind., 1997, 313; App. Milano, 2 luglio 1998, in Dir. ind., 1999, 57; App. Perugia, 20 ottobre 1990, in Arch. civ., 1991, 1.
(15) Cfr. Cass., sez. un., 6 maggio 1972, n. 1380, in Riv. giur. lav., II, 945; Cass., 24 maggio 1976, n. 1050, in Giur. it., 1976, I, 1, 477, con nota di TARUFFO, Competenza e procedimento per l'opposizione ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori; Cass., 23 giugno 1976, n. 2343 e Cass., 3 giugno 1976, n. 1986, ivi, 451, con nota di PERA,Il procedimento di repressione della condotta antisindacale ed il rito del lavoro; tra le più recenti, v. Cass., 17 gennaio 2001, n. 616, in Giur. civ., 2002, I, 2023; Cass., sez. un., 10 maggio 2001, n. 192, ivi, I, 1395; Cass., sez. un., 15 giugno 2000, n. 436, in Giur. it., 2000, 1921; Cass., sez. un., 29 febbraio 2000, n. 49, in Rep. Foro it., 2000, voce Sindacati, n. 91. In dottrina, cfr. VIGORITI, Interessi collettivi e processo. La legittimazione ad agire, Milano, 1979, 150 ss.; PUNZI, La tutela giudiziale degli interessi diffusi e degli interessi collettivi, cit., 18 ss.; COSTANTINO, Note sulle tecniche di tutela collettiva, cit., 1009 ss., spec. 1030; COSTANTINO, Brevi note sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi davanti al giudice civile, in Le azioni a tutela degli interessi collettivi, cit., 234 ss.; PROTO PISANI A., Appunti preliminari per uno studio sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi (o più esattamente superindividuali) innanzi al giudice civile ordinario, ivi, 279 ss.
(16) In dottrina cfr. BIANCA, Note sugli interessi diffusi, in La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi e diffusi, cit.,73 ss. secondo il quale l'ente esponenziale assume come proprio l'interesse diffuso di cui si fa portatore con la conseguenza che la sua lesione costituisce un danno dell'ente medesimo, che è legittimato ad avvalersi dei rimedi risarcitori previsti in caso di illeciti civili; COSTANTINO, Note sulle tecniche di tutela collettiva, cit., 1031; COSTANTINO, La tutela collettiva risarcitoria: note a prima lettura dell'art. 140-bis del codice del consumo, in Foro it., 2008, cit., 20; CHIARLONI, Appunti sulle tecniche di tutela collettiva dei consumatori, cit., 14; CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Profili generali, Padova, 2006, 230; DALFINO, Appunti in tema di tutela in forma specifica e per equivalente degli interessi collettivi, in Le azioni collettive in Italia, cit., 140. In senso contrario cfr. PETRELLI, Interessi collettivi, cit., 140 e ss. la quale ritiene che si tratti di un'ipotesi di legittimazione straordinaria, «una sorta di azione popolare sui generis, nell'interesse della generalità dei consumatori»; ARMONE, Commento all'art. 1469-sexies (Azione inibitori), in La nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile, a cura di Barenghi, Napoli, 1996, 249.
(17) Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7036, in Corr. giur., 2006, 784 ss., con nota di DI MAJO, I diritti soggettivi (collettivi) delle associazioni dei consumatori.
(18) Cfr. CAPONI, Litisconsorzio aggregato, II, 8 il quale ritiene che accanto a diritti soggettivi individuali, esistono diritti soggettivi collettivi che riguardano beni non suscettibili di appartenenza individuale di cui può essere titolare solo una collettività più o meno determinata di soggetti.
(19) Cfr. CAPONI, Litisconsorzio aggregato, II, 6 secondo il quale l'elencazione dei diritti fondamentali dei consumatori «è il programma di intervento di un governo che agisce nella prospettiva dello Stato sociale di diritto».
(20) In argomento v. ancora CAPONI, Litisconsorzio aggregato, II, 9 il quale, partendo dal presupposto per cui il soggetto giuridico è una fattispecie individuata dall'ordinamento, ritiene che la collettività dei consumatori ed utenti possa essere considerata come soggetto giuridico organicamente immedesimato nelle associazioni rappresentative.
(21) Cfr. BRIGUGLIO, L'azione collettiva risarcitoria (art. 140-bis Codice del consumo) in ventuno domande e ventuno risposte, Torino, 2008, cit., 15 ss.
(22) Rileva una sostanziale continuità tra i rimedi previsti dall'art. 140 e 140-bis cod. consumo, PAGNI, Azione inibitoria delle associazioni e azione di classe risarcitoria: le forme di tutela del codice del consumo tra illecito e danno, in Analisi giuridica dell'economia, 2008, 1, 129.
(23) Così invece CAPONI, Litisconsorzio aggregato, cit., par. III, 5; Escludono che con l'azione prevista dall'art. 140-bis l'attore collettivo faccia valere interessi propri CONSOLO, I contenuti decisori, cit., 211; DE SANTIS, L'azione risarcitoria collettiva, cit., 215.
(24) In tal senso cfr. CHIARLONI, Appunti sulle tecniche di tutela collettiva dei consumatori, cit., 18 ss.; CHIARLONI, Per la chiarezza di idee in tema di tutele collettive dei consumatori alla luce della legislazione vigente e dei progetti all'esame del Paralamento, in Le azioni collettive in Italia, cit., 34; MARINUCCI, Azioni collettive e inibitorie da parte delle associazioni di consumatori, in Consumatori e processo. La tutela degli interessi collettivi dei consumatori a cura di Chiarloni e Fiorio, Torino, 2005, 66 ss.; MENCHINI, Azioni seriali e tutela giurisdizionale: aspetti critici e prospettive ricostruttive, in www.judicium.it., 4: «Oggetto della domanda e del giudizio collettivo è la questione a rilevanza ultraindividuale che il giudice è chiamato a risolvere: rispettivamente, l'accertamento e la valutazione del fatto storico ovvero l'interpretazione della pattuizione o della norma di legge controversa». ORESTANO, Interessi seriali, diffusi e collettivi, cit., nt. 75: «può peraltro rilevarsi che la pronunzia inibitoria presuppone l'accertamento in ordine alla illegittimità della condotta, al quale sembra poter allora poter essere limitato il provvedimento giudiziale, con la precisazione che l'accertamento può essere tale solo in astratto (a prescindere, cioè, dalle peculiarità del singolo rapporto)».
(25) MENCHINI, Azioni seriali, cit., par. 4; MARINUCCI, Azioni collettive e inibitorie, cit., 67.
(26) Ad identiche conclusioni giunge anche MARINUCCI, Azioni collettive e inibitorie, cit., 66 s. la quale, pur non riconducendo la domanda di accertamento ad un diritto soggettivo dell'associazione, ritiene che la regola generale secondo cui l'accertamento di situazioni di fatto o di situazioni giuridiche prodromiche richiede un'espressa previsione normativa (sulla quale ex multis v. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, Torino, 2004, 16, nt. 23) sia inapplicabile qualora coinvolga interessi collettivi; in tale situazione infatti essa rappresenta una forma di tutela insostituibile che non incontra limiti in ragione del principio di economia processuale ravvisabile nel contenzioso individuale.
(27) Secondo il prevalente orientamento della Cassazione deve trattarsi di un'incertezza non meramente soggettiva, bensì concreta, attuale, obiettiva: cfr. Cass., 8 giugno 2005, n. 12013, in Rep. Foro it., 2005, voce Cosa giudicata civile, n. 46; Cass., 9 settembre 2003, n. 13186, in Rep. Foro it., 2003, voce Procedimento civile, n. 145; Cass., 29 novembre 1991, n. 12818, in Rep. Foro it., 1991, voce Procedimento civile, n. 104; Cass., 26 aprile 1990, n. 3461, in Foro it. , 1990, I, 1889. Tale situazione di incertezza relativa a diritti o rapporti giuridici deve essere pregiudizievole; Cass., 26 maggio 1993, n. 5889, in Foro it., 1994, I, 507] e il pregiudizio è rappresentato dalla lesione attuale di un diritto o dal pericolo attuale, e non meramente potenziale di tale lesione. cfr. Cass., sez. un., 15 gennaio 1996, n. 264, in Giur. civ., 1996, I, 2324. In argomento v. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Profili generali, cit., 255.
(28) Cfr. Trib. Torino 20 novembre 2006, in Foro it., 2007, I, 1298, con nota di Palmieri, confermata da App. Torino 24 febbraio 2009, al momento inedita, che ha dichiarato che il mancato adempimento ad una serie di contratti telefonici, ed in particolare la mancata attivazione del servizio in unbundling, costituisce un comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e degli utenti; Trib. Palermo 29 maggio 2006, in Foro it., 2006, I, 2542; Trib. Palermo, 28 febbraio 2008, in Giur. it., 2008, 2751 con nota di FIORIO, Le azioni a tutela degli interessi collettivi dei consumatori di cui all'art. 140 c. cons. (con una digressione sull'azione collettiva risarcitoria prevista all'art. 140-bis) che, dichiarata la vessatorietà della clausola operante nei rapporti di conto corrente bancario intrattenuti con clienti consumatori che prevedeva il calcolo di interessi anatocistici, hanno inibito alle banche di astenersi dal respingere le istanze avanzate da consumatori, titolari di rapporto di conto corrente bancario, finalizzate al ricalcolo dell'esposizione debitoria; Trib. Milano, 15 settembre 2004, in Giur. it, 2005, 1017, con nota di De Santis che ha dichiarato illegittimo il rifiuto di una banca. al riconoscimento del diritto della propria clientela di consumatori alla restituzione delle somme, indebitamente percepite in base alla clausola contrattuale che prevedeva il calcolo anatocistico trimestrale degli interessi debitori; Trib. Torino, 19 febbraio 2003, in Giur. it., 2004, 953 che ha accertato l'illegittimità del rifiuto della banca al riconoscimento del diritto al rimborso delle somme indebitamente percepite applicando la clausola che prevedeva l'applicazione degli interessi anatocistici. In senso contrario, isolatamente, cfr. App. Torino 1 marzo 2005, in Corr. giur., 2005, 112 che ha negato la legittimazione dell'associazione a proporre domande di mero accertamento in quanto non previste all'art. 3 l. n. 281 del 1998 (oggi art. 140 cod. consumo).
(29) In generale sulla nozione di interesse v. JAEGER, L'interesse sociale, Milano, 1964, 3 secondo il quale esso consiste nella «relazione tra un soggetto, cui fa capo un bisogno e il bene idoneo a soddisfare tale bisogno, determinata nella previsione generale ed astratta di una norma». Sulla distinzione tra interessi diffusi e collettivi, spesso utilizzati come sinonimi, nel senso che mentre i primi si riferiscono ad uno stadio fluido di aggregazione degli interessi individuali, i secondi riguardano quelle situazioni nelle quali la dimensione superindividuale ha acquistato rilevanza ed organizzazione v. VIGORITI, Interessi collettivi e processo, cit., 61; PETRELLI, Interessi collettivi e responsabilità civile, Padova, 2003, 1 ss.
(30) In argomento anche per ulteriori riferimenti cfr. PETRELLI, Interessi collettivi e responsabilità civile, cit., 1 ss.; ORESTANO, Interessi seriali, diffusi e collettivi, cit.
(31) In argomento diffusamente cfr. VIGORITI, Interessi collettivi e processo, cit., 45 ss. il quale rileva che nell'epoca fascista interesse collettivo e corporativo erano usati come sinonimi ed erano inseriti nell'ambito del diritto pubblico, mentre con l'avvento della Repubblica si assiste al passaggio nel campo del diritto privato.
(32) Così SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, 33ª ed., Napoli, 1983, 25.
(33) CAPPELLETTI, Appunti sulla tutela giurisdizionale di interessi collettivi o diffusi, in AA.VV., Le azioni a tutela di interessi collettivi, cit., 192; CAPPELLETTI, Formazioni sociali e interessi di gruppo davanti alla giustizia civile, in Riv. dir. proc., 1975, 366 s. Per una ricostruzione del pensiero di Mauro Cappelletti sull'argomento v. VIGORITI, Impossibile la class action in Italia? Attualità del pensiero di Mauro Cappelletti, in Resp. civ. e prev., 2006, 47 e ss.
(34) Così DENTI, voce Interessi diffusi, in Noviss. dig. it., App., IV, Torino, 1983, 307 secondo cui gli interessi diffusi e collettivi presentano, in comune, la transindividualità e l'indivisibilità dell'oggetto; nello stesso senso v. anche GABRIELLI, Appunti su diritti soggettivi, interessi legittimi, interessi collettivi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, 990 ss. Tale impostazione è stata recepita nell'ordinamento brasiliano che ha sempre dimostrato grande attenzione al dibattito sugli interessi collettivi e diffusi sviluppatosi in Italia a partire dagli anni '70 dello scorso secolo, In argomento cfr. PELLEGRINI GRINOVER, Iprocessi collettivi in Brasile, in www.judicium.it, par. 75: «Nell'ordinamento brasiliano, per definizione legislativa (art. 81 cod. consumo, le cui disposizioni processuali si applicano a tutti gli interessi o diritti diffusi, collettivi e individuali omogenei), gli interessi diffusi e collettivi presentano, in comune, la transindividualità e l'indivisibilità dell'oggetto. Il che significa che la fruizione del bene, da parte di un componente della collettività, implica necessariamente la fruizione da parte di tutti, così come la sua negazione per uno ne rappresenta la negazione per tutti. La soluzione del conflitto è, per natura, la stessa per tutto il gruppo e si può affermare che, se vi fosse litisconsorzio tra i membri, si tratterebbe di litisconsorzio unitario».
(35) Come rilevato da SOLARI, Individualismo e diritto privato, (1911), rist., Torino, 1959, 341 la tradizionale dottrina liberale che vede l'individuo isolato da tutti i rapporti sociali è portata a negare rilevanza al collettivo, imponendo la sua scomposizione in una serie di rapporti individuali. L'idea per cui l'interesse collettivo può essere considerato come la somma degli interessi individuali, pare risalire alle dottrine utilitaristiche ed in particolare a BENTHAM, Introduction to the principles of moral and legislation, trad. it. a cura di DI PIETRO, Introduzione ai principi della morale e della legislazione, Torino, 1998, 91: «L'interesse della comunità è una delle espressioni più generiche che si possano trovare nella fraseologia della morale: non c'è da meravigliarsi che il suo significato vada spesso perduto. Quando ha un significato è il seguente. La comunità è un corpo fittizio, composto dalle singole persone considerate come sue membra. Quindi cos'è l'interesse della comunità? L'interesse dei vari membri che la compongono».
(36) Cfr. VIGORITI, Interessi collettivi e processo, cit., 24; nello stesso senso recentemente DALFINO, Oggetto del processo e del giudicato (e altri profili connessi), in Foro it., 2008, V, 198 secondo il quale «gli interessi collettivi dedotti in giudizio, infatti, costituiscono la proiezione, in una dimensione superindividuale, dei diritti soggettivi individuali e godono della medesima natura (sostanziale) di questi ultimi» e, parrebbe, anche CHIARLONI, Per la chiarezza di idee in tema di tutela collettive dei consumatori alla luce della legislazione vigente e de progetti all'esame del Parlamento, in Le azioni collettive in Italia, cit., 41 secondo il quale «nel nostro caso si tratta di interesse collettivo (così denominato per abitudine semantica e non perché manchi delle caratteristiche del diritto soggettivo) di cui è titolare l'universo dei consumatori e che viene portato in giudizio dall'ente esponenziale».
(37) VIGORITI, Interessi collettivi e processo, cit., 25 il quale svaluta il carattere del bene verso cui si accentrano le aspirazioni di più soggetti e sottolinea invece la consapevolezza che unisce gli interessati nel perseguire un fine comune, distinguendo così l'interesse collettivo da una mera ed anonima comunanza di interessi. L'interesse collettivo può quindi formarsi anche per soddisfare aspirazioni verso beni obiettivamente divisibili, ed in astratto anche individualmente perseguibili, ma che gli interessati perseguono coordinando le loro iniziative.
(38) Così NIGRO, Le due facce dell'interesse diffuso: ambiguità di una formula e mediazioni della giurisprudenza, in Foro it., 1987, V, 18; nello stesso senso v. anche CORASANITI, La tutela degli interessi diffusi davanti al giudice ordinario, in Riv. dir. civ., 1978, I, 186, secondo il quale gli interessi diffusi appaiono come le posizioni omogenee dei componenti una classe di persone (o una formazione sociale in via di autodistinzione o di autorganizzazione) nell'ambito di una collettività più ampia o della stessa collettività generale»; LANFRANCHI, Le animulae vagulae blandulae e l'altra faccia della luna, in La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi e diffusi, cit., XXVIII, secondo il quale il «modello soggettivo» degli interessi diffusi può essere recuperabile, anche de iure condito.
(39) In tale senso pare esprimersi anche JAEGER, L'interesse sociale, cit., 8-9.
(40) Cfr. CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, 3ª ed., Roma, 1946, 10 il quale distingue proprio interessi singolari o individuali e interessi comuni o collettivi in considerazione del fatto che per questi ultimi il bisogno di uno dei soggetti non si realizza se non si soddisfano gli interessi degli altri; su posizioni simili v. anche DI MAJO, La tutela civile dei diritti, 4ª ed., Milano, 2003, 38 e ss. il quale, da un lato afferma che gli interessi superindividuali non riguardano posizione differenziate dei singoli suscettibili di fruizione individuale, dall'altro però afferma che «l'equilibrio ambientale è un bene di cui godono tutti e, si può dire, ne gode anche il singolo ma attraverso una forma di godimento collettivo».
(41) Cfr. VIGORITI, Interessi collettivi e processo, cit., 23.
(42) In tal senso cfr. COSTANTINO, Brevi note sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi davanti al giudice civile, in AA.VV., Le azioni a tutela di interessi collettivi, cit., 232 s.: «appare corretto formulare il problema della tutela giurisdizionale degli interessi collettivi in quanto è possibile individuare l'omogeneo interesse di una pluralità di soggetti allo svolgimento, secondo criteri legali, di un'attività da parte di un altro soggetto»; PROTO PISANI, Appunti preliminari per uno studio sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi (o più esattamente superindividuali) innanzi al giudice civile ordinario, in AA.VV., Le azioni a tutela di interessi collettivi, cit., 264 ss.
(43) In tal senso cfr. ORESTANO, Interessi seriali, diffusi e collettivi: profili civilistici di tutela, cit., par. 6.
(44) ORESTANO, Interessi seriali, diffusi e collettivi: profili civilistici di tutela, cit., par. 7; nello stesso senso v. anche PAGNI, Tutela individuale e tutela collettiva: un'indagine sul possibile raccordo tra i ri medi, in www.judicium.it, par. 4 secondo la quale il collettivo e l'individuale si «intrecciano in modo inestricabile», in «una situazione soggettiva unica, pur nella contitolarità di soggetti diversi».
(45) In argomento cfr. PAGNI, Azione inibitoria, cit.,138 ss.
(46) In senso contrario v. però la recentissima ordinanza Trib. Roma 30 aprile 2008, in Foro it., 2008, 2679 con la quale, in esito ad un'azione proposta in via d'urgenza ai sensi dell'art. 140 cod. consumo, il tribunale ha condannato Sky a restituire mediante riaccredito nella prima fattura utile gli importi illegittimamente addebitati a tutti i propri clienti.
(47) Trib. Torino 19 febbraio 2003, cit.
(48) Trib. Milano 15 settembre 2004, cit.
(49) Trib. Palermo 29 maggio 2006, cit.; nello stesso senso cfr. Trib. Palermo, 28 febbraio 2008, cit.
(50) Trib. Torino 20 novembre 2006, cit., confermata da App. Torino 24 febbraio 2009, inedita.
(51) Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7036, cit.
(52) Sulla possibilità di ricondurre i diritti individuali omogenei nell'ambito degli interessi collettivi, come riferito da PELLEGRINI GRINOVER, I processi collettivi in Brasile, in www.judicium.it, par. 7, si è espressa in Portogallo la Suprema Corte nel settembre del 1997 che ha ritenuto che la legge sull'azione popolare portoghese, diretta alla difesa degli interessi diffusi e collettivi, debba essere interpretata in modo da ricomprendere anche la tutela dei diritti individuali omogenei, consistenti nel caso esaminato, nella restituzione di tariffe indebitamente riscosse dalla Telecom Portogallo.
(53) In generale sui problemi di azione collettiva si può richiamare il fondamentale contributo di OLSON, The Logic of Collective Action: Public Goods and the Theory of Groups, Boston, 1971, trad. it., a cura di S. Sferza, La Logica dell'Azione Collettiva, i beni pubblici e la teoria dei gruppi, Milano, 1983, 27 ss. Più specificamente con riferimento alle class actions nella letteratura statunitense v. YEAZELL, Collective Litigation as Collective Action, 1989 U. Ill.. L. Rev. 43, 1989; MACEY MILLER, The Plaintiffs' Attorney's Role in Class Action and Derivative Litigation: Economic Analysis and Recommendations for Reform, 58 U. Chi. L. Rev. 1, 1991; GRUNDFEST PERINO, The Pentium Papers: A Case Study of Collective Institutional Investor Activism in Litigation, 38 Ariz. L. Rev. 559, 563, 1996; THOMAS HANSEN, Auctioning Class Action and Derivative Lawsuits: A Critical Analysis, 87 Nw. U. L. Rev. 423, 427, 1993.
(54) Un classico esempio di «bene pubblico» è la costruzione dei fari costieri che nessun navigante ha risorse ed interesse a costruire individualmente; il faro è tuttavia un bene pubblico in quanto non è possibile escluderne a priori l'utilizzo da parte di coloro che non hanno contribuito alla sua costruzione e il suo utilizzo da parte di uno dei naviganti non limita l'accesso da parte degli altri. In argomento v. RUBENSTEIN, Why Enable Litigation? A Positive Externalities Theory of the small Claims Class Action, 2006, in www.ssrn.com.
(55) È bene precisare che la nozione di «bene pubblico» utilizzata è differente rispetto a quella di «interesse pubblico», inteso come bene che può essere usufruito indistintamente da parte di tutti i consociati. In considerazione del fatto che i problemi di azione collettiva riguardano le dinamiche di gruppo, la natura pubblica dei beni non esclude che possano rilevare interessi e beni privati perché di esclusivo interesse di un gruppo specifico di soggetti portatori di interessi comuni. Tali beni possono quindi essere pubblici per gli appartenenti al gruppo e privati per i soggetti esterni. Così ad esempio se la valorizzazione delle azioni di una determinata società ottenuta attraverso l'esercizio dei poteri di controllo è un bene privato per coloro che sono estranei alla società, è un bene comune, collettivo, e pubblico per gli azionisti.
(56) Come notato da DERRIDA, La forza del diritto, in Riv. crit. dir. priv., 2005, 193 il concetto di enforcemement è di difficile traduzione nelle lingue dei paesi occidentali. Sull'argomento cfr. in termini generali STELLA, L'enforcement nei mercati finanziari, Milano, 2008.
(57) Cfr. CHAMBLEE BURCH, Cafa's Impact on Litigation as Public Good, 2008, in Cardozo Law rev., 2008, 29.6., 2519. reperibile anche in www.ssrn.com.
(58) Nella letteratura statunitense anche gli autori che esprimono rilievi critici sulle class actions riconoscono come centrale, e spesso prevalente anche sulle ragioni di compensazione, il ruolo della deterrenza, tra i contributi più recenti cfr. COFFEE, Reforming the Securities Class Action: An Essay on Deterrence and its implementation, 106 Col L. Rev (2006)1547; COFFEE, Law and the Market: The impact of Enforcement, (2007), in www.ssrn.com; CHAMBLEE BURCH, Cafa's Impact, cit. 2520.In argomento, con riferimento ai mercati finanziari cfr. AMATUCCI, La vera ambizione delle azioni di classe: brevi note sulla deterrenza, in Analisi giuridica dell'economia, 2008, 1, 11 ss; AMATUCCI, L'azione collettiva nei mercati finanziari come strumento di governo societario, in Riv. soc., 2005, 1341 ss; FERRARINI GIUDICI, Financial Scandals and the Role of Private Enforcement: The Parmalat Case, working paper 40/2005; FERRARINI, Informazione societaria: quale riforma dopo gli scandali?, in Banca impresa società, 2004, 417 s. il quale rileva che l'ordinamento italiano presenta lacune non tanto nelle norme di diritto sostanziale, quanto invece nei sistemi di enforcement pubblico e privato, auspicando che l'organizzazione del processo civile crei adeguati incentivi affinché gli investitori possano agire giudizialmente per il ristoro dei danni in modo che la deterrenza verso gli autori degli illeciti tenga conto dei costi sociali cagionati dai loro comportamenti.
(59) Alcuni autori affermano che il contenzioso costituisce di per sé un bene pubblico in quanto capace di stimolare esternalità positive che vanno anche a beneficio dei soggetti estranei al gruppo dei danneggiati cfr. RUBENSTEIN, Why Enable Litigation?, cit., 14; CHAMBLEE BURCH, Cafa's Impact, cit. 2519.
(60) Cfr. MILLER, Punti cardine in tema di «class action» negli Stati Uniti e in Italia, in Analisi giuridica dell'economia, 2008, 1, 224 ss.
(61) OLSON, op. cit., 56 ss.
(62) Tra le due categorie se ne inserisce una terza, i c.d. «intermediate groups» in cui nessun singolo componente ha incentivi sufficienti per realizzare il bene collettivo, ma un sottogruppo, attraverso forme di coordinamento e coalizione riesce a dividere i costi e ad avere gli incentivi sufficienti per attivarsi.
(63) Cfr. OLSON, op. cit., 63 ss.
(64) L'attribuzione della rappresentanza processuale della classe ad ogni danneggiato, propria delle class action, è infatti uno strumento (o una finzione) che crea un incentivo nei possibili difensori della classe i quali, sperando di percepire consistenti contingent fee in caso di vittoria o transazione, sopportano i costi necessari per il raggiungimento del bene pubblico. La soluzione statunitense, con un approccio pragmatico, sembra partire dalla considerazione che la cooperazione tra i risparmiatori non è sufficiente per risolvere il problema di azione collettiva in quanto il gruppo è disperso e privo di coesione sociale e quindi geneticamente incapace di cooperare (in argomento cfr. GIUSSANI, Mass torts e tutela giurisdizionale: modelli di azione giudiziaria collettiva a confronto sotto il profilo della efficienza economica, in Resp. civ., 2002, 315). La via per assicurare alla collettività il bene pubblico (deterrenza e riparazione) richiede quindi la creazione di un incentivo esterno, che, per essere efficace, deve venire assegnato al soggetto che possa ricavare il maggiore vantaggio dalla produzione del bene pubblico, e quindi a soggetti diversi dai danneggiati, quali sono gli avvocati che difendono in giudizio la classe.
(65) In senso contrario cfr. CAPONI, Litisconsorzio aggregato, cit., par. 11.
(66) Sempre ammesso, così come ritenuto dalla prevalente dottrina, che la sentenza collettiva possa avere efficacia secundum eventum litis, anche nei confronti dei terzi estranei al giudizio, sul punto v. infra par. 11.
(67) In tal senso cfr. CAPONI, Litisconsorzio aggregato, cit., III, 21, il quale rileva che «l'aspetto dichiarativo dell'accertamento giudiziale è sempre accompagnato da un aspetto precettivo, che si proietta verso il futuro e descrive la condotta futura delle parti che realizza l'interesse protetto dal diritto accertato in giudizio». In questo caso la sentenza che definisce il giudizio non sarebbe titolo esecutivo, ma consentirebbe l'iscrizione, da parte dei singoli aderenti o interventori, dell'ipoteca giudiziale. Nello stesso senso cfr. anche CONSOLO, I contenuti decisori del processo collettivo, cit., 214, secondo il quale l'antitesi tra accertamento e condanna generica sarebbe sterile in quanto la condanna generica non è una vera species del genus di condanna, ma una sentenza di accertamento a contenuto complesso. Sulle origini storiche della condanna generica cfr. CHIARLONI, Appunti sulle tecniche di tutela collettiva, cit., 18 il quale rileva che «negli anni Trenta del secolo scorso, alcuni giudici di merito, giustamente preoccupati del fatto che le sentenze di mero accer tamento della responsabilità aquiliana non costituissero titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale (a differenza di quanto avveniva in altri ordinamenti, come il francese) fecero un'opera di manipolazione linguistica e di distorsione concettuale per ottenere l'iscrivibilità della garanzia, dando a quella sentenza il nome di «condanna generica». Operazione avallata poi dal legislatore del nuovo codice con l'art. 278».
(68) Il principio secondo cui la pronuncia di condanna generica richiede necessariamente l'accertamento del diritto controverso in tutti gli elementi che lo compongono non viene accolto nella sua interezza dalla dottrina e dalla giurisprudenza con riferimento al giudizio di responsabilità per il risarcimento del danno. L'orientamento prevalente ritiene infatti sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, ovvero l'esistenza di una condotta illecita e dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa, mentre non solo la quantificazione, ma anche l'esistenza del danno e del nesso di causalità, da valutarsi al momento della pronuncia ex art. 278 c.p.c. in termini di probabilità o di verosimiglianza, possono essere oggetto di valutazione nella fase successiva di determinazione del quantum. Cfr. da ultimo Cass. 31 luglio 2006, n. 17297, in Rep. Foro it., 2006, voce Sentenza civile, n. 83: «Poiché la condanna generica al risarcimento del danno per fatto illecito extracontrattuale postula, quale presupposto legittimante, soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, è riservato al giudice della liquidazione l'accertamento dell'esistenza effettiva del danno e della sua entità, nonché del nesso di causalità fra questo ed il fatto illecito»; nello stesso senso cfr tra le molte Cass. 22 novembre 2000, n. 15066, in Rep. Foro it., 2000, voce Sentenza civile, n. 71; Cass., 7 febbraio 1998, n. 1298, in Rep. Foro it., 1998, voce Sentenza civile, n. 82; Cass. 21 maggio 1997, n. 4511, in Rep. Foro it., 1997, voce Sentenza civile, n. 82; Cass. 15 maggio 1996, n. 4514, in Rep. Foro it., 1996, voce Sentenza civile, n. 13; Cass., 7 maggio 1994, n. 4467, in Rep. Foro it., 1995, voce Sentenza civile, n. 10. Per ampi riferimenti a dottrina e giurisprudenza cfr. MONTANARI, Commento all'art. 278, in Codice di procedura civile commentato, diretto da Consolo e a cura di Consolo e Luiso, Milano, 2007, 2147.
(69) CONSOLO, I contenuti decisori del processo collettivo, cit., 218.
(70) Così CAPONI, Litisconsorzio aggregato, cit., par. III 22 il quale rileva come la somma minima possa essere in realtà la somma totale. L'equivalenza tra somma minima e somma integrale può essere la regola con riferimento alle domande restitutorie che non presuppongono l'accertamento di un danno individualmente variabile e del nesso di causalità. Nello stesso senso cfr. Così MENCHINI, Il nuova azione collettiva risarcitoria e restitutoria, cit., par. 2.
(71) CAPONI, Litisconsorzio aggregato, cit., III 22; CONSOLO, I contenuti decisori del processo collettivo, cit., 218; GIUSSANI, Azione collettiva risarcitoria e determinazone del quantum,in www.judicium.it, par. 2; PAGNI, Azione inibitoria, cit., 135; in senso contrario, cfr. COSTANTINO, La tutela collettiva risarcitoria, cit., 23; BRIGUGLIO, L'azione collettiva risarcitoria, cit., 25 ss; CHIARLONI, Il nuovo articolo 140-bis, cit., 122 ss.
(72) CONSOLO, I contenuti decisori del processo collettivo, cit., 218.
(73) Se tra le finalità dell'azione collettiva risarcitoria è ricompresa anche la deterrenza dai comportamenti illegittimi a larga scala, si può ritenere il diritto a non essere vittima di illeciti rappresenta un bene collettivo non suscettibile di appropriazione individuale (e quindi ricompreso nel c.d. modello oggettivo dell'interesse collettivo) che non si consuma con l'accesso al risarcimento del danno. In generale circa l'effetto di deterrenza delle azioni collettive risarcitorie v. GIUSSANI, Azioni collettive risarcitorie, cit., 53 ss.
(74) La felice espressione di deve a CAPONI, Oggetto del processo, cit., 203 ss.
(75) Cfr. art. 140-bis comma 2.
(76) Cfr. art. 140-bis comma 5.
(77) La giurisprudenza di merito ha precisato che l'accertamento su scala collettiva del comportamento illecito posto in essere dall'impresa convenuta in giudizio non lede in alcun modo il diritto di difesa di quest'ultima la quale ha la piena possibilità di difendersi in sede collettiva su tutte le questioni di rilevanza collettiva e, in sede individuale su tutti gli aspetti specifici ad ogni singolo consumatore danneggiato; cfr. Trib. Milano 15 settembre 2004, in Giur. it., 2005, 1017, con nota di De Santis; Trib. Palermo 28 febbraio 2008, cit.
(78) In tal senso, in termini generali e già prima dell'introduzione dell'art. 1469-sexies c.c. v. già DENTI, Le azioni a tutela di interessi collettivi, in Riv. dir. proc., 1974, 549; TARUFFO, «Collateral estoppel» e giudicato sulle questioni, ivi, 1972, 273 ss., specie 293 ss.; PROTO PISANI, Appunti preliminari per uno studio sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi (o più esattamente: superindividuali) innanzi al giudice ordinario, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, cit., 285; CARPI, L'efficacia «ultra partes» della sentenza civile, Milano, 1974, 123 ss. e 347; COSTANTINO, Brevi note sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi davanti al giudice civile, in Le azioni a tutela degli interessi collettivi, cit., 236. Con riferimento all'azione inibitoria prevista dall'art. 1469-sexies c.c. cfr. TOMMASEO, Commento all'art. 1469-sexies c.c., in ALPA-PATTI (a cura di), Clausole vessatorie nei contratti del consumatore, in Commentario Schlesinger, Milano, 2003, 950; LIBERTINI, Prime riflessioni sull'azione inibitoria dell'uso di clausole vessatorie (art. 1469-sexies c.c.), CeI Europa, 1996, 558 ss. Con riferimento invece alle azioni inibitorie e ripristinatorie introdotte dalla l. n. 281 del 1998 ed oggi contenute all'art. 140 cod. consumo v. PUNZI, La tutela giurisdizionale degli interessi diffusi e degli interessi collettivi, cit., 34; CHIARLONI, Appunti sulle tecniche, cit., 392 ss.; CHIARLONI, Per la chiarezza di idee, cit., 36; CAPONI, Litisconsorzio aggregato, cit., par. II, 4; BOVE, L'oggetto del processo «collettivo» dall'azione inibitoria all'azione risarcitoria (articoli 140 e 140-bis codice del consumo), Relazione svolta al convegno «Dall'azione inibitoria all'azione risarcitoria collettiva», tenutosi a Perugia il 10 aprile 2008, in www.judicium.it, 2008, par. 1; MARENGO, Garanzia processuale e tutela dei consumatori, Torino, 2007, 151 e ss.; MENCHINI, Azioni seriali, cit., par. 6; MARINUCCI, Azioni collettive e azioni inibitorie, cit., 68 ss.; DALFINO, Appunti in tema di tutela in forma specifica e per equivalente degli interessi collettivi, in Le azioni collettive in Italia, cit., 148; PAGNI, Tutela individuale e tutela collettiva nella nuova disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, in La disciplina dei diritti dei consumatore e degli utenti (l. 30 luglio 1998, n. 281), a cura di Barba, Napoli, 2000, 185 e ss.
(79) COSTANTINO, Brevi note sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi davanti al giudice civile, cit., 236; PROTO PISANI, Appunti preliminari, cit., 285; TARUFFO, Intervento, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, cit., 335; ODORISIO, La tutela giurisdizionale dei diritti dei consumatori, in La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi e diffusi, cit., 504 ss.
(80) MARINUCCI, Azioni collettive e azioni inibitorie, cit.,75.
(81) Seguendo un'interpretazione a contrario della prima parte del comma 5 che specifica che la sentenza «fa stato anche nei confronti dei consumatori e utenti che hanno aderito all'azione» si è sostenuto che la sentenza di accoglimento dell'azione non produce alcun effetto nei confronti dei soggetti estranei al giudizio, ovvero i singoli consumatori non aderenti e gli altri enti colegittimati (cfr. CONSOLO, I contenuti decisori, cit., 211; nello stesso senso cfr. RUFFINI, Legittimazione ad agire, adesione e intervento nella nuova normativa sulle azioni collettive risarcitorie e restitutorie di cui all'art. 140-bis del Codice del consumo, in corso di pubblicazione in Scritti in onore di Carmine Punzi, Milano, 2008, consultato per cortese concessione dell'autore all'Associazione Agit, par. 1). Tale conclusione si fonda tuttavia sul presupposto, ampiamente criticato nel testo, per cui con l'azione collettiva risarcitoria l'associazione non fa valere interessi propri e si esclude la sussistenza di un nesso di pregiudizialità-dipendenza necessario per invocare l'efficacia del giudicato secundum eventum litis (cfr. CONSOLO, I contenuti decisori, cit., 211; DE SANTIS, L'azione risarcitoria collettiva, cit., 214 s.).
(82) In assenza di una diversa scelta legislativa, l'interruzione del termine di prescrizione non può infatti prescindere dalla manifestazione di volontà del danneggiato di voler esercitare il proprio diritto. La determinazione della somma minima dovuta, coincidendo con il diritto alla liquidazione del danno, è una pretesa individuale che, in quanto estranea alla tutela degli interessi collettivi, richiede l'individuazione dell'avente diritto e presuppone anch'essa l'adesione. Alle medesime conclusioni si può giungere anche per quanto attiene all'obbligo del convenuto di effettuare la proposta di pagamento prevista al comma 4 e al diritto di accedere alla camera di conciliazione, situazioni che entrambe presuppongano l'individuazione dei danneggiati ed un loro comportamento attivo.
(83) Cfr. MENCHINI, La nuova azione collettiva risarcitoria e restitutoria, cit., par. 3. BOVE, L'oggetto del processo «collettivo», cit., par. 5.
(84) In tal senso, anche per riferimenti alle materie relativamente alle quali l'ordinamento statunitense prevede sistemi di opt-in, e per lo scarso numero delle domande proposte dai consumatori per ottenere la liquidazione dei danni già riconosciuti nelle conciliazioni collettive, cfr. MILLER, Punti cardine, cit., 226 s.