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Cass. Sez. III n. 12944 del 12 aprile 2006
Pres. Postiglione Est. Teresi Ric. Pecoraro
Rifiuti. Alghe marine

Le alghe marine rientrano nel novero dei rifiuti in quanto "rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle spiagge marittime"

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Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza in data 19 luglio 2005 il Tribunale di Taranto in Manduria condannava Pecoraro Gregorio alla pena e dell'ammenda per avere, quale sindaco del Comune di Manduria, effettuato uno stoccaggio di rifiuti non pericolosi [alghe marine] in assenza di autorizzazione.

Rilevava il Tribunale che sopra un'area sita in località Marina di Manduria erano state depositate alghe marine [in parte essiccate e in parte scaricate di recente] che occupavano circa 10.000 metri quadrati per un'altezza di un metro e mezzo.

Il deposito era stato effettuato dalla s. r. l. Igieco, senza alcuna autorizzazione, in forza di contratto d'appalto stipulate col Comune di Manduria per la pulizia del litorale e per il deposito dei rifiuti sull'area comunale di contrada Marina con la dichiarata finalità di rifertilizzazione dei terreni

Le alghe costituivano rifiuti urbani non pericolosi ai sensi dell'art. 7, comma 2, lettera d, del d. lgs. n. 22/1997 ed erano state oggetto di smaltimento non autorizzato, non potendosi ravvisare deposito temporaneo ex art. 6 lettera m del citato decreto perché ammassate in luogo diverso da quello di produzione.

Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione ed erronea applicazione di norme giuridiche; mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine:

- alla qualificazione delle alghe marine come rifiuti, trattandosi di prodotto naturale e non di frutto di attività umana;

- all'omesso riconoscimento dell’esclusione delle sostanze dal novero dei rifiuti perché riutilizzabili nelle normali pratiche agricole ai sensi dell'art. 8 del citato decreto;

- al disconoscimento della segnalata ipotesi di deposito temporaneo;

- all’affermazione di responsabilità perché nella delibera n. 190 del 13 giugno 2001, [con cui era stata affidata alla società Igieco la pulizia e la manutenzione del litorale con la messa a disposizione dei terreni comunali della marina di Manduria], cui il sindaco aveva partecipato, non si era fatto cenno alle alghe, né era stato menzionato alcun particolare regime di raccolta, stoccaggio e smaltimento che prevedesse il deposito sui terreni comunali. Il sindaco era estraneo a tali operazioni sia perché in una precedente delibera era stato espressamente previsto il conferimento delle alghe sulla proprietà comunale, sia perché era stato il dirigente dell’ufficio tecnico comunale ad autorizzare l’Igieco a scaricare le alghe in contrada Marina con la comunicazione 30 maggio 2001, ignota al sindaco, il quale non poteva essere considerato il costante referente per l’attività di raccolta e deposito delle alghe tanto più che egli era rimasto in carica per soli 5 giorni dall'adozione della delibera.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Con motivi nuovi depositati il 6 marzo 2006 il ricorrente deduceva che la data del reato andava anticipata all’8 giugno 2001, giorno della cessazione dalla carica di sindaco, sicché il reato era prescritto.

Il primo motivo, col quale si sostiene che le alghe marine non sarebbero qualificabili come rifiuti, é infondato poiché le stesse rientrano nella previsione normativa ex art. 7, comma 2, lettera d, del d. lgs. n. 22/1997 che comprende i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle spiagge marittime.

Anche il secondo motive non é puntuale perché censura in punto di fatto la decisione fondata,
invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, dato che sono stati menzionati gli
elementi probatori emersi a carico dell'imputato ed é stata confutata ogni obiezione difensiva, con   logica motivazione che non può essere censurata.

La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto che in una vasta area di proprietà comunale veniva effettuata attività di deposito di alghe che solo in parte venivano messe in riserva ai fini di un eventuale e successivo utilizzo quali sostanze concimanti e che, quindi, erano state compiute operazioni di deposito preliminare prima di quello definitivo in discarica o presso altri luoghi autorizzati ed esattamente non ha ravvisato l’istituzione di un deposito temporaneo (art. 6 lett. m decreto citato).

Le modalità di conservazione denotano, infatti, che l’area dell'accumulo è stata trasformata di fatto in deposito degli stessi, mediante una condotta ripetuta, consistente nell'abbandono - per un tempo considerevole e comunque non determinato - di una notevole quantità, che occupava uno spazio cospicuo.

La provvisorietà e lo stoccaggio in attesa di un trasferimento, da attuare in tempi prevedibilmente lunghi, non escludono la sussistenza dell’illecito.

Anche il terzo motivo è infondato.

Nel concetto di attività di gestione di rifiuti sono comprese tutte le fasi dell'impiego degli stessi consistenti in: operazioni preliminari (conferimento, spazzamento, cernita, raccolta e trasporto); operazioni di trattamento (trasformazione, recupero, riciclo, innocuizzazione) ed operazioni di deposito (temporaneo e permanente nel suolo o sottosuolo).

Qualsiasi attività volta all'eliminazione dei rifiuti, comprendente tutte le fasi che vanno dalla raccolta alla discarica, sono soggette all'autorizzazione regionale, sicché per il loro smaltimento degli stessi e indispensabile ottenere la prescritta autorizzazione.

Premesso che “il deposito temporaneo di rifiuti ai sensi dell'art. 6, punto m), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 è legittimo soltanto ove sussistano alcune precise condizioni temporanee quantitative e qualitative; in assenza di tali condizioni, il deposito di rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti è equiparabile giuridicamente all’attività dl gestione di rifiuti non autorizzata. prevista come reato dall'art. 51 del d. lgs. 22/1997” (Cass. Sez. III n. 7140, 21 marzo 2000, Eterno, RV 216977) ed inoltre che costituisce attività di stoccaggio quella consistente in operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché di recupero degli stessi, consistente nella messa in riserva di materiali, e non già un mero "deposito temporaneo", ossia un raggruppamento di rifiuti, prima della loro raccolta, nel luogo di produzione, per il quale è necessario che le successive operazioni di raccolta, recupero o smaltimento avvengano non oltre il successive trimestre, ovvero il materiale raccolto non superi i venti metri cubi, va rilevato che correttamente il deposito in luogo diverso dalla produzione non integra il concetto normativo di deposito temporaneo di rifiuti.

Incensurabile, infine, è l’affermazione di responsabilità perché, rilevato che l’asserzione dell'indagato sulle dimissioni dalla carica e sulla loro decorrenza non è assistita da dati di riscontro, il conferimento, con delibera della Giunta comunale n. 190 del 13 giugno 2001, alla società Igieco dell'incarico di pulizia delle spiagge, con la messa a disposizione dei terreni comunali della marina di Manduria [cfr. verbale di concordamento 12 giugno 2001 allegato alla delibera], costituisce espressa ed ampia autorizzazione al compimento di attività di smaltimento di rifiuti in un sito di proprietà comunale, sicché è irrilevante che non vi sia esplicita menzione delle alghe marine e che in altra precedente delibera tale rifiuto fosse stato indicato.

Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento.