L'AZIONE DI CLASSE
di Franco De Stefano
Pubblicato su Giurisprudenza di merito n. 6 – 2010. Si ringrazia l’editore
L'Autore analizza le novità che la l. n. 99 del 2009 ha introdotto in materia di azione risarcitoria collettiva, riscrivendo la disciplina di cui alla l. n. 244 del 2007, mai entrata in vigore per esserne stato via via differito l'acquisto di efficacia fino all'1 gennaio 2010. L'azione si ispira ad analoghi istituti di altri ordinamenti, ma ne differisce per il più limitato oggetto e per l'irretroattività: essa non può trovare applicazione per fattispecie maturate prima del ferragosto 2009 e riguarda soprattutto fattispecie riconducibili alle responsabilità contrattuali anche solo indirette e, nel campo extracontrattuale, solo i danni da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
Sommario: 1. Cenni agli istituti anglosassoni. - 2. L'ambito temporale di applicazione. - 3. La legittimazione passiva. - 4. La causa petendi.- 5. La legittimazione attiva. - 6. La scissione tra parte in senso sostanziale e in senso processuale. - 7. L'adesione. - 8. Rapporti tra attore e aderente. - 9. La competenza. - 10. Le fasi del processo. - 11. La valutazione di ammissibilità. - 12. La deformalizzazione del rito. - 13. La pubblicità. - 14. L'istruzione. - 15. La decisione. - 16. Le spese di lite. - 17. L'esecutività differita. - 18. La sospensione in caso di appello. - 19. Gli effetti sostanziali. - 20. Gli effetti processuali.
1. CENNI AGLI ISTITUTI ANGLOSASSONI
Negli U.S.A. la class action consiste nel fatto del membro di un gruppo o categoria class), come, ad es., l'azionista di una società, i parenti delle vittime di un incidente, ecc., cioè di una persona avente uno status analogo a quello di una certa categoria, che intenta un'azione in giudizio per conto di tutti gli altri e con effetto su tutti gli altri (1). Tale azione consiste nell'aggregazione delle domande giudiziali di una categoria a quella che uno degli appartenenti alla classe propone individualmente, considerando il singolo che agisce come legittimato alle domande di tutti (2); ed ha lo scopo di ridurre il numero delle liti per ragioni di economia processuale ed uniformità di giudicato.
Tali azioni hanno finalità risarcitorie (damages class actions) o inibitorie (injunctive class actions): le prime mirano ad ottenere un ristoro economico in favore degli appartenenti alla class (tort mass cases), mentre le seconde hanno funzione risarcitoria solo in via subordinata, essendo volte per lo più ad ottenere la cessazione di comportamenti illeciti.
L'azione, essendo la class potenzialmente composta da un grandissimo numero di soggetti, è esperita per conto del gruppo da un rappresentante (named o class representative ovvero leading plaintiff), che solitamente è la prima persona che esperisce l'azione. L'attore assume la qualità di rappresentante della classe solo per essere stato il primo a far valere l'interesse della categoria e a presentarsene come portavoce; e non occorre alcuna sua posizione particolare rispetto alla classe (3).
Ai sensi della rule 23, lettera (a), delle Federal Rules of Civil Procedure (FRCP) uno o più membri del gruppo possono agire o resistere in giudizio in veste di rappresentanti solo se:
- il gruppo è così ampio da rendere impraticabile il litisconsorzio (numerosity);
- vi sono questioni di fatto o di diritto comuni a tutti i componenti del gruppo (commonality);
- le domande del rappresentante sono rappresentative delle domande e delle difese del gruppo (typicality);
- il rappresentante rappresenta adeguatamente e correttamente gli interessi del gruppo (adequacy).
Nell'ordinamento di Inghilterra e Galles, invece, non c'è un esatto equivalente della class action americana, ma in materia analoga si rinvengono representative actions e group litigation orders.
La representative action, benché di antica tradizione, non ha trovato diffusione, per i costi e soprattutto perché per la liquidazione del danno è richiesta la prova e l'esatta quantificazione del danno, assai gravosa da conseguire, patito da ogni interessato (4).
Più elaborata è la disciplina dei Group Litigation Orders (GLOs) (5): più che un'azione collettiva, è uno strumento processuale, che può disporsi ad istanza di parte o d'ufficio, ove già pendano o è probabile che vengano proposte una pluralità di domande relative ad analoghe questioni di fatto o di diritto.
L'istanza contiene l'esposizione dei fatti, il numero delle parti interessate e le questioni comuni.
Se la Corte dispone il GLO, viene nominato un giudice delegato ed istituito un registro del gruppo, in cui sono iscritte tutte le domande relative al GLO, secondo i criteri esposti nello stesso GLO: solo i soggetti che scelgono l'opt-in sono vincolati dalla sentenza.
Il giudice può selezionare uno o più casi da assumere quali azioni modello e stabilire una data di scadenza per l'iscrizione di nuove domande al registro del gruppo.
2. L'AMBITO TEMPORALE DI APPLICAZIONE
La nuova disciplina italiana dell'azione, ora denominata «di classe» anziché «collettiva risarcitoria» (6), è data dall'art. 49 l. 23 luglio 2009, n. 99, che ha sostituito il testo dell'art. 140-bis del codice del consumo (d.lg. 6 settembre 2005, n. 206): quest'ultimo era stato introdotto dalla l. 24 dicembre 2007, n. 244, al suo art. 2 commi da 445 a 449: ma il momento di acquisto dell'efficacia di tale normativa è stato differito fino all'1 gennaio 2010 (7).
Al contempo, per il comma 2 del medesimo art. 49 l. n. 99 del 2009, il testo dell'art. 140-bis cod. consumo, come sostituito dal comma 1 di quell'articolo, si applica agli illeciti compiuti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge: la quale ultima si identifica nel 15° giorno dalla sua pubblicazione - in G.U. 31 luglio 2009 - e quindi nel 15 agosto 2009. Si è già dubitato della costituzionalità di tale limitazione temporale (8).
Vanno così considerate due fasce:
- una prima, per gli illeciti commessi fino al 15 agosto 2009 e cessati prima di tale data: per essa non è consentita alcuna azione di classe;
- una seconda, per gli illeciti commessi a partire dal 16 agosto 2009: per essa è possibile partire con l'azione di classe, ma solo a far tempo dall'1 gennaio 2010.
Così, occorrerà fare riferimento alle singole fattispecie per individuare il momento in cui l'illecito è rilevante: ad es., in tema di prodotti difettosi, poiché l'illecito si configura - ex art. 119 cod. consumo - al momento della messa in circolazione, alla nuova azione non saranno soggetti i danni, sebbene verificatisi dopo il 15 agosto 2009, da prodotti difettosi già in circolazione ma ritirati dal commercio prima di tale data.
L'elaborazione delle singole figure di illecito in materia di decorrenza della prescrizione consentirà di identificare il termine finale di estrinsecazione della condotta rilevante.
3. LA LEGITTIMAZIONE PASSIVA
Sono legittimati passivi solo gli imprenditori (9) e solo quelli privati, poiché nei confronti della p.a. l'art. 4 l. 4 marzo 2009, n. 15 devolve la materia ad uno o più decreti delegati specifici (10). Tuttavia, per la parte in cui la materia non fosse in concreto oggetto di tali decreti ed ove la p.a. svolgesse attività di impresa, si potrebbe sempre assoggettarla, per principi generali dell'ordinamento, alla disciplina privatistica: sicché, ad es., a meno di future disposizioni, le pubbliche amministrazioni economiche sottostanno all'art. 140-bis cod. consumo.
Occorre poi fare riferimento ai comportamenti illeciti riconducibili all'impresa e quindi agli imprenditori, qualificati come tali ai sensi dell'art. 2082 c.c.; e vanno esclusi quelli dei professionisti in senso stretto, tranne forse il caso di pratiche scorrette o di violazione della normativa anticoncorrenziale (l. 10 ottobre 1990, n. 287), nei limiti in cui questa può loro applicarsi.
Il professionista, ai sensi dell'art. 3, lett. c), cod. consumo, è «la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario»: dall'azione di classe dovrebbe così escludersi la condotta dei soggetti che esercitano un'attività artigianale o professionale in senso stretto; ma vi rientra quella del produttore («il fabbricante del bene o il fornitore del servizio, o un suo intermediario, nonché l'importatore del bene o del servizio nel territorio dell'Unione europea o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo»), bene sussumendosi nella categoria di chi produce o scambia beni o servizi.
4. LA CAUSA PETENDI
Il comportamento illecito per il quale si chiede il risarcimento deve aver leso:
a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c.;
b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
Si tratta di responsabilità contrattuale diretta, ovvero indiretta ma solo quanto ai prodotti difettosi; non si tratta di responsabilità extracontrattuale diversa dalla pratica scorretta (artt. 18 a 26 cod. consumo) o da comportamenti anticoncorrenziali (artt. 1 ss. l. n. 287 del 1990).
Occorre una pluralità di diritti e quindi una pluralità di titolari, sia pure con posizioni identiche, queste potendosi intendere come basate su fatti costitutivi comuni o seriali ed all'assenza di fatti impeditivi o estintivi o modificativi comuni o seriali: si configurano in questo la numerosity e la commonality richieste per le class actions di stampo statunitense. Deve trattarsi di diritti identici, ma in capo ad una pluralità di soggetti e quindi salva la peculiarità caratterizzante del singolo caso di specie: non è un interesse superindividuale rivolto verso un unico bene collettivo, ma è un interesse personale, relativo ad un unitario bene individuale, in capo però ad una pluralità di soggetti; e l'illecito è plurioffensivo, siccome lesivo di plurimi rapporti tra il danneggiante ed una moltitudine di soggetti con lui in contatto.
Oggetto dell'azione sono i diritti di ogni singolo appartenente alla classe, sicché è fatta salva l'azione individuale dei soggetti che, pur appartenendo a questa, non aderiscono all'azione collettiva (art. 140-bis comma 14, secondo periodo, cod. consumo): e per classe può intendersi l'insieme dei titolari di interessi e diritti suscettibili di tutela, che presentano caratteristiche analoghe o - secondo la definizione della norma - identiche, vale a dire in positivo un'identità di fatti costitutivi e in negativo l'assenza di comuni fatti estintivi, modificativi o impeditivi.
Attesa la struttura dell'azione, poi, si può agire anche solo per la pronuncia di responsabilità, anziché - ipotesi forse più frequente - pure per la condanna al risarcimento del danno ed alle restituzioni: tanto può accadere in caso di situazioni di danno estremamente diversificate, per le quali non si può prescindere da una prosecuzione del giudizio personalizzata, volta ad individuare l'esatta entità del pregiudizio inferto al patrimonio di un singolo danneggiato.
La scindibilità del giudizio sull'an da quello sul quantum dovrebbe poi autorizzare l'esperibilità dell'azione anche nelle situazioni di danno meramente potenziale: beninteso, la liquidazione concreta - e cioè il giudizio sul quantum - presupporrebbe sempre un danno verificatosi in concreto; ma l'interesse a conseguire comunque la pronuncia è evidente, per il giudicato sull'affermazione della responsabilità della controparte per il consumatore o utente, il quale potrebbe fondarvi poi un agevole giudizio per la liquidazione, una volta verificatosi il danno (11).
5. LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA
È ora riconosciuta la legittimazione attiva a qualunque appartenente alla classe, cioè ad ognuno dei titolari di quei diritti identici appena visti; solo in via sussidiaria è ammessa quella delle associazioni di tali utenti o consumatori, ma esclusivamente in forza di mandato ad hoc e quindi in base ad ordinarie regole di diritto processuale comune: perciò, nessuna associazione potrebbe da sola intentare un'azione di classe.
Neppure la circostanza che il legale rappresentante di quelle sia egli stesso un utente o consumatore sanerebbe la carenza di legittimazione attiva: occorre sempre che uno degli associati - che abbia la qualità di appartenente alla classe - conferisca uno specifico mandato all'associazione; però, non si richiedono forme solenni, sicché dovrebbe bastare una scrittura privata con firma autenticata. Si noti che il mandato non comporta la cessione del credito da parte del singolo appartenente alla classe: tuttavia, tale cessione - benché non vietata - potrebbe costituire la regola, anche mediante corrispettivo; spetterà alla giurisprudenza l'individuazione di limiti e criteri discretivi che impediscano operazioni di rastrellamento e di «sconto» delle relative posizioni creditorie dei singoli appartenenti.
L'azione può proporsi anche mediante comitati - non necessariamente ad hoc - cui il proponente partecipa, con ciò sottolineandosi il cospicuo impegno finanziario potenzialmente necessario per l'iniziativa: la dizione letterale esclude la necessità, ai fini della legittimazione, di un mandato specifico, potendo bastare che al comitato partecipi il singolo appartenente alla classe e che il comitato assuma la decisione di agire conformemente al suo statuto.
La scelta è opposta rispetto a quella del 2007, quando si era invece riservata la legittimazione alle associazioni: il venir meno di tale filtro amplia enormemente le potenzialità di tutela, ma non tiene conto delle difficoltà e dei costi - in termini di risorse complessive, non solo pecuniarie - dell'azione così concepita e quindi dell'opportunità che il singolo sia adeguatamente sorretto per l'utile prosecuzione dell'azione.
La c.d. adequacy è invero indispensabile anche nell'azione di classe nostrana, come evidenzia l'art. 140-bis, co. 6, ult. periodo, che esige che il proponente sia in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe: è così verosimile che il ruolo delle associazioni - o dei comitati - sia recuperato proprio per le opportunità che la loro organizzazione può offrire ai proponenti.
Rimane comunque ferma la legittimazione delle associazioni a proporre le azioni inibitorie nei casi previsti dalla legge (12).
6. LA SCISSIONE TRA PARTE IN SENSO SOSTANZIALE E IN SENSO PROCESSUALE
Altra caratteristica dell'azione di classe è la scissione tra parte processuale e parte sostanziale (o beneficiario della pronuncia che il processo conclude).
Nell'azione di classe vi sono infatti tre categorie di soggetti legittimati attivamente:
- il proponente, cioè colui che dà corso per primo all'azione;
- l'aderente, cioè colui che dichiara di prendere parte alla medesima, con le forme che si vedranno;
- il proponente di azione instaurata successivamente alla prima, ma anteriormente al termine per le adesioni (eventualmente previa riassunzione dinanzi al giudice davanti al quale pende la prima).
Soltanto il primo dà l'impulso al processo, non essendo ammessi interventi adesivi ex art. 105 c.p.c.; ma gli effetti del giudicato si producono non solo nei confronti di lui, estendendosi anzi a tutti gli aderenti (ed ai proponenti di azioni successive riunite). Il proponente, infatti, agisce nell'interesse e a favore dell'intera classe di consumatori o utenti, derivandogli tale ruolo dalla circostanza di avere proposto per primo un'azione di classe (poi valutata ammissibile).
Perciò, l'aderente non può svolgere alcuna attività processuale in senso stretto; nessuno può formulare richieste di merito o istruttorie in suo nome e quindi gli eventuali avvocati nominati dagli aderenti avranno la possibilità soltanto di comparire a verbale per appoggiare le richieste dell'attore collettivo o svolgere argomentazioni a sostegno di queste. La carenza di qualità di parte in senso processuale esclude sia la comunicazione degli atti del processo agli aderenti, anche se costituiti con procuratore, sia il coinvolgimento di questi nelle decisioni successive: essi non hanno diritto a ricevere le comunicazioni infraprocessuali spettanti ai procuratori delle parti costituite.
7. L'ADESIONE
La scelta italiana è stata quella del c.d. opt in, cioè la necessità di una adesione esplicita all'azione di classe al fine di beneficiare dei relativi effetti; non è stato accettato quindi l'opposto sistema, tipico delle principali class actions statunitensi, del c.d. opt out, per il quale tutti i diritti lesi dall'illecito sono dedotti in giudizio una volta per tutte dal rappresentante della classe ed il singolo deve adoperarsi positivamente se vuole essere escluso dai destinatari della sentenza (13).
L'adesione comporta la rinuncia ad ogni altra azione restitutoria o individuale, fondata - ovviamente - sul medesimo titolo, salvi i soli casi di rinuncia o transazione, cui l'aderente non consenta espressamente, ovvero di estinzione o chiusura anticipata del giudizio.
Per consentire a qualunque titolare di diritti identici a quelli oggetto dell'azione di classe la valutazione dell'opportunità di aderire o meno, sono adottate ingenti forme di pubblicità.
Dal punto di vista formale, l'adesione:
- equivale al dispiegamento di una domanda di contenuto identico a quello del l'atto di citazione, nella quale però attore è l'aderente; non è concesso dispiegare domande ulteriori o connesse, essendo il petitum coincidente con quello stesso dell'attore; ci si dovrebbe però poter limitare, dinanzi alla domanda completa di accertamento di responsabilità e di condanna al risarcimento, a chiedere di beneficiare della sola prima eventuale pronuncia;
- comporta l'accettazione dell'azione collettiva integralmente come prospettata dall'attore collettivo, non potendo complicarsi il processo per questioni relative alle adesioni (14): così, non può contenere altre limitazioni di alcun tipo, o clausole limitative anche relativamente ai rapporti con l'attore collettivo: queste ultime vitiantur sed non vitiant, senza poter indagare sull'effettiva volontà dell'aderente, essendo l'adesione un atto processuale e non negoziale;
- è consentita senza ministero di difensore; ciò non esclude che il singolo aderente possa comunque avvalersene, nel qual caso, ex art. 83 c.p.c., il mandato - oltre che per atto autenticato da notaio - potrebbe apporsi a margine o in calce alla comparsa di adesione, con valida autenticazione della sottoscrizione da parte di chi è nominato procuratore; non è invece valida la nomina a difensore su foglio semplice, senza alcuna congiunzione con l'atto di adesione e senza autentica notarile;
- è contenuta in un «atto di adesione» o comparsa, che deve contenere - ma senza alcuna sanzione - l'elezione di domicilio, l'indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere e l'allegazione della «documentazione probatoria» (è esclusa l'indicazione di prove costituende, atteso l'univoco riferimento a quelle precostituite); non vi è spazio per la sanatoria dei vizi dell'atto di adesione, che possano determinare la nullità della editio actionis (art. 164 comma 4 ss. c.p.c.);
- va depositata nella cancelleria del giudice procedente, entro il termine a tal fine fissato con l'ordinanza che dichiara ammissibile l'azione; la violazione del termine di presentazione - che comporta l'inammissibilità dell'adesione ed esclude la produzione degli effetti (positivi e negativi) dell'azione di classe per il singolo aderente - va rilevata in sentenza;
- può essere depositata anche per il tramite dell'attore e quindi del procuratore di quest'ultimo; non può allora essere spedita per posta, essendo tale modalità prevista solo in via eccezionale, ma neppure per il tramite di persona non legata all'aderente da alcun vincolo; tuttavia, in caso di adesione a mezzo di procuratore, è evidente che quest'ultimo - o, di prassi, persona da lui incaricata - abbia il potere di depositare l'atto; l'irritualità della modalità di produzione comporta l'irricevibilità di questo, rilevabile direttamente dal cancelliere (o dal giudice, anche su segnalazione dell'altro);
- interrompe e sospende la prescrizione del diritto, ai fini degli artt. 2943 e 2945 c.c., fin dal momento del deposito e cioè a prescindere dall'effettiva conoscenza che ne abbia la controparte;
- comporta l'acquisto della qualità di parte in senso sostanziale dell'azione di classe (15).
8. RAPPORTI TRA ATTORE E ADERENTE
È diffusa la tesi della regolazione dei rapporti tra attore e aderente secondo lo schema del mandato, tanto da configurarsi l'adesione stessa come atto complesso, formalmente unitario, sintesi di un conferimento di un mandato al proponente e del dispiegamento della domanda - identica per causa petendi - nei confronti della convenuta. Talvolta si qualifica anzi l'adesione come atto stragiudiziale rivolto all'attore, che assume valenza processuale con il suo deposito in cancelleria (16).
Eppure, la stessa configurazione di un'azione collettiva può comportare perfino l'esclusione di qualunque rapporto diretto tra attore e aderente, dipendendo il diritto di aderire semplicemente da quello di agire riconosciuto all'attore collettivo. In altri termini, a quest'ultimo dovrebbe potersi imporre, quale effetto legale del riconoscimento della sua legittimazione attiva esclusiva, la conseguenza che della sua iniziativa possano avvalersi, anche indipendentemente dalla sua volontà e quindi dalla conclusione di un contratto di mandato, tutti gli appartenenti alla classe.
Il proponente sarebbe quindi un gestore di affari ex lege - divenuto tale in forza della sua scelta di attivare per primo l'azione collettiva in presenza di una pluralità di diritti identici - e non un mandatario. Egli, d'altra parte, deve «curare adeguatamente l'interesse della classe» (non potendo altrimenti la sua azione essere qualificata ammissibile): pare quindi che egli, proponendosi come rappresentante di tutta una classe indifferenziata e potenzialmente neppure individuabile compiutamente nei singoli suoi membri, assuma il rischio di dovere rappresentarli tutti, a prescindere dalla instaurazione di un separato rapporto con ognuno di loro e perfino contro la propria volontà.
Non potrebbe, nell'atto di citazione introduttivo dell'azione di classe, l'attore infatti limitare la classe, introducendo esclusioni soggettive rispetto a tutti coloro che si trovassero ad essere titolari di diritti «identici» (cioè fondati su identici fatti costitutivi): la qualificazione dei requisiti della classe è di certo rimessa in primo luogo all'attore, ma non potrebbe egli determinarne i contorni e l'estensione con sue valutazioni o condizioni, poco importa se arbitrarie o fondate su circostanze oggettivamente riscontrabili.
La classe esiste in natura con riferimento a fatti costitutivi oggettivi identici e, quindi, a prescindere dalla volontà dell'attore collettivo e come tale va preliminarmente verificata dal giudice: perciò, il proponente non potrebbe «ricusare» un aderente, ad es. proprio perché questi non gli ha conferito mandato o non gli ha versato o promesso un corrispettivo o un rimborso spese.
La struttura dell'azione di classe esclude che il processo possa essere complicato e ritardato dalla presenza di questioni relative alle adesioni (17): ed è allora incongruo configurare, all'interno di un'azione collettiva, una serie potenzialmente indefinita di azioni connesse ai rapporti tra il proponente ed uno o più aderenti ovvero tra due o più aderenti, ovvero un potere di veto in capo al primo. Tutte le azioni di tal fatta dovrebbero esulare dall'azione di classe, cui non sarebbero neppure legate da connessione, attesa la radicale differenza di causa petendi (l'illecito compiuto dalla convenuta impresa, quanto all'azione collettiva; i rapporti personali tra le singole parti, quanto alle azioni tra attore ed aderenti o tra aderenti).
Resta, beninteso, il problema delle spese non già connesse ai diritti ed agli onorari, ma agli esborsi in senso stretto, elevati quanto ad oneri di pubblicità e di eventuali accertamenti tecnici in corso di causa. Anche in questo caso pare però che cuius commoda eius et incommoda, sicché il proponente avrà la responsabilità di sopportarli tutti, salvi i volontari - ma, proprio per questo, eventuali - accordi coi singoli aderenti all'atto dell'adesione e beninteso salvo il rimborso in sede di liquidazione delle spese in caso di vittorioso esito dell'azione, ma a carico della soccombente.
Nessuno di tali problemi si pone, invece, qualora l'aderente e l'attore stipulino un accordo volto a regolare i rapporti interni, riconducibile al mandato con rappresentanza (18): ed è ammissibile, se redatto per iscritto, anche un patto con cui il primo riconosca una remunerazione al secondo, anche per le attività svolte dai suoi avvocati, quale quota dell'esito vittorioso della lite. Lo stesso accordo può comportare un conferimento espresso di mandato al proponente a compiere gli atti dell'azione di classe.
9. LA COMPETENZA
L'azione di classe è devoluta al tribunale in composizione collegiale (19).
Contrariamente all'impostazione del 2007, si è scelta una territorialità per così dire concentrata, simile nei fatti alla scelta adottata in altre materie ad alta specializzazione: sono competenti per territorio solo undici tribunali per venti regioni (20), individuate direttamente dal testo della legge. In particolare, si fa riferimento esclusivo al luogo dove ha sede l'impresa convenuta: nonostante la carenza di un'espressa previsione di inderogabilità, questa può ricavarsi dal carattere speciale della norma che la prevede.
È rimessa alla valutazione dei singoli Uffici, benché appaia utile un intervento del Consiglio Superiore della Magistratura, l'individuazione, nelle tabelle di composizione degli uffici (ed anche con variazioni infratriennali, attesa la novità costituita dall'entrata in vigore della normativa), di sezioni o collegi specializzati per tale tipologia di azioni, attesa l'estrema specificità in rito e in merito: infatti, per quanto si voglia ampliare l'oggetto dell'azione di classe, esso è pur sempre delimitato dai diritti dei consumatori e utenti per illeciti contrattuali, ovvero per illeciti anche extracontrattuali ma derivanti da pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali. Altra opzione sarebbe naturalmente lasciare alla competenza del collegio già individuato dalle tabelle vigenti per materia in relazione all'oggetto della singola azione di classe di volta in volta intentata. Certamente, una qualunque previsione tabellare non può essere elusa.
10. LE FASI DEL PROCESSO
La peculiarità dell'istituto sta nella previsione di una fase preliminare per la dichiarazione di ammissibilità, al fine di evitare effetti negativi per l'impresa convenuta e metterla al riparo da azioni speculative o manifestamente infondate o pressioni inde bite, che perturberebbero il mercato. Tale fase preliminare si articola poi in quella introduttiva ed in quella di delibazione dell'ammissibilità.
Superata positivamente la fase preliminare, vi è poi una fase intermedia, nella quale possono costituirsi gli aderenti e deve darsi adeguata pubblicità all'azione. Solo all'esito può procedersi all'istruzione del processo e, poi, alla decisione.
L'interesse lato sensu pubblicistico alla materia nella quale è prevista l'azione di classe impone la partecipazione, nella sola fase preliminare, del pubblico ministero, cui va notificato l'atto di citazione e che può, in dipendenza di questo, intervenire in giudizio. Come in ogni altra ipotesi di partecipazione necessaria, è sufficiente che il pubblico ministero sia posto in grado di prendere parte al processo, ma non occorre che effettivamente intervenga o compaia. È certa la sua facoltà di dispiegare intervento, per sostenere o - plausibilmente - per contrastare l'ammissibilità dell'azione.
L'espressa limitazione alla fase preliminare dell'intervento del pubblico ministero ne esclude la qualità di parte sia nella fase di merito che nei gradi successivi di quest'ultima.
11. LA VALUTAZIONE DI AMMISSIBILITÀ
Fin da questa fase il tribunale può decidere di sospendere il giudizio se sui fatti rilevanti è in corso un'istruttoria davanti a un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo: tanto, evidentemente sul presupposto che l'accertamento di quelli possa fare stato anche nel giudizio civile o che le prove ivi raccolte possano essere utilizzate, semmai coi limiti delle cc.dd. prove atipiche, in quest'ultimo. Non è una sospensione ex art. 295 c.p.c., ma qualcosa di più ampio, perché tra i presupposti c'è anche la pendenza di un'istruttoria di un'autorità indipendente, che tecnicamente giudizio non è. Per bilanciare tale maggiore ampiezza, l'indicata sospensione risulta meramente facoltativa; e, non essendo richiamato l'art. 295 c.p.c., la decisione pare esclusa dal regolamento di competenza alla Suprema Corte.
I requisiti di ammissibilità si ricavano poi a contrario dall'indicazione dei casi di inammissibilità, sicché l'azione è ammissibile:
- se non è manifestamente infondata;
- se non sussiste un conflitto di interessi in relazione ai diritti del proponente (o attore collettivo);
- se non può configurarsi un diritto individuale tutelabile ai sensi del comma 2 dell'art. 140-bis;
- se il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.
La valutazione, eminentemente fattuale quanto all'ultimo punto, comporta invece qualificazioni giuridiche nelle altre ipotesi.
È previsto un reclamo immediato - privo di effetti sospensivi - alla Corte di Appello (21), che decide in tempi rapidi (22) con ordinanza in camera di consiglio. Parte necessaria di tale procedimento resta il pubblico ministero, ma stavolta presso la Corte di Appello. Il reclamo dovrebbe risolversi in una revisio prioris instantiae (conforme mente all'evoluzione interpretativa della funzione delle impugnazioni avviata dalla Suprema Corte) e limitarsi allora ai fatti ed ai documenti esaminati dai primi giudici, senza possibilità di produrre ulteriore documentazione o di esaminare fatti sopravvenuti.
Correttamente si ritiene possibile, per il giudice della fase di ammissibilità, limitare quest'ultima alla sola domanda di accertamento della responsabilità, soprattutto qualora sia estremamente complicato accertare i danni del singolo partecipante alla classe e liquidarne il risarcimento.
Ancora, nel caso in cui sia pronunciata l'inammissibilità (anche se solo in sede di reclamo), devono essere regolate le spese ai sensi degli artt. 91 ss. c.p.c. e, quindi, anche dell'art. 96 c.p.c. in tutti i suoi tre commi; è imposta, a tutela della convenuta, la pubblicità della pronuncia di inammissibilità nelle forme ritenute più opportune, i cui costi sono a carico dell'attore collettivo soccombente.
12. LA DEFORMALIZZAZIONE DEL RITO
Con la stessa ordinanza con la quale l'azione di classe è dichiarata ammissibile (23) il tribunale:
a) fissa i termini e le modalità della pubblicità che ritiene più opportuna nel caso di specie, ai fini di consentire l'adesione degli appartenenti alla classe;
b) definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall'azione: è la definizione della classe e dell'oggetto dell'azione di classe;
c) fissa un termine, espressamente indicato come perentorio, non superiore a 120 giorni dalla scadenza di quello per l'esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell'attore, sono depositati in cancelleria;
d) dispone che copia dell'ordinanza sia trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello sviluppo economico, affinché se ne curi la pubblicità in ulteriori forme, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet;
e) soprattutto, determina altresì il corso della procedura, assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l'equa, efficace e sollecita gestione del processo;
f) in particolare, prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti;
g) ancora, onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti;
h) regola nel modo che ritiene più opportuno l'istruzione probatoria;
i) disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio.
Quanto di cui alle lettere da f) ad i) può essere oggetto pure di un'ordinanza successiva a quella di ammissibilità; sia l'una che l'altra, quanto a tali aspetti, sono modificabili o revocabili in ogni tempo, evidentemente in relazione alla mutata situazione di fatto od anche solo in revisione critica, spontanea o su impulso di parte, delle precedenti statuizioni.
Si assiste alla massima deformalizzazione possibile del processo, il cui sviluppo è sottratto a qualsiasi predeterminazione normativa (tranne i principi generali del rispetto del contraddittorio e dell'esigenza di una gestione equa, efficace e sollecita del processo) ed affidato interamente al giudice. Progredisce così quella tendenza iniziata con l'introduzione del procedimento sommario generale, di cui agli artt. 702-bis ss. c.p.c., con la deregulation dello svolgimento del processo: e si giustifica con la necessaria proporzionalità nell'impiego delle risorse giudiziali, valutando adeguato il contemperamento tra le esigenze costituzionali sottese (24).
L'ordinanza - che potrebbe definirsi «programmatica» - è un vero e proprio «bando» o «editto» regolatore della singola azione, che può avere le caratteristiche più disparate, individuate dalla lungimiranza del giudice e, per quanto possibile, sulla base delle indicazioni delle parti (potendo applicarsi per analogia i principi del c.d. calendario del processo, intesi come cooperazione tra parti e giudice per individuare la concreta tempistica di questo), che allora dovrebbero prospettarle fin dalla fase di ammissibilità (o, se con l'ordinanza di ammissibilità non si provvede, alla prima udienza dopo tale ordinanza). L'ordinanza è modificabile e revocabile in ogni tempo, sicché, per la sua funzione lato sensu istruttoria e non cautelare, non può essere reclamata, ma solo riveduta in sede di decisione nel merito.
Deve sostenersi la possibilità che, tra le misure per ordinare lo sviluppo delle fasi processuali, vi sia anche la fissazione di termini perentori ope iudicis, cioè definiti tali dal giudice, anche in carenza di un'espressa previsione, essendo questi certamente funzionali alla sollecita ed efficace trattazione del processo e rientrando nelle misure atte ad evitare «ripetizioni o complicazioni» nella presentazione di prove od argomenti.
13. LA PUBBLICITÀ
La pubblicità è disposta - sia per l'ordinanza che dichiara l'inammissibilità, sia per quella che, dichiarata l'ammissibilità, fissa i termini e le condizioni per l'intervento - secondo la discrezionalità del collegio giudicante. È imposta dalla legge solo la pubblicità sul sito internet istituzionale del Ministero dello Sviluppo Economico; oltre questo, tutto è giuridicamente possibile: si pensi a pubblicazioni o a siti specializzati, a pubblicità radiotelevisive, su organi di stampa tradizionali, manifesti, spot pubblicitari, inserzioni e così via. A differenza che per le vendite giudiziarie, dove l'art. 490 c.p.c. pone requisiti precisi - benché purtroppo spesso non rispettati - per i soggetti che possono esserne investiti, nulla è qui specificato: e tutto è rimesso alla prudenza del collegio che la dispone, sia quanto ad individuazione del o dei mezzi più adatti in relazione alle peculiarità della singola azione di classe, eventualmente perfino ad hoc.
Quando l'azione è dichiarata ammissibile, la pubblicità ha luogo a cura e spese dell'attore, a meno che, per le particolari forme in concreto disposte, non possa provvedervi, per economia processuale, la cancelleria (ad es., inserzioni sul sito dell'ufficio).
In caso di condanna quale conseguenza della dichiarazione di inammissibilità potrà applicarsi la norma generale dell'art. 120 comma 2 c.p.c., per il quale, se l'inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice, può procedervi la parte a favore della quale è stata disposta, con diritto a ripetere le spese dall'obbligato.
L'esecuzione della pubblicità del termine e delle modalità per l'adesione è significativamente qualificata come condizione di procedibilità della domanda: è onere quindi dell'attore collettivo dimostrare adeguatamente la regolare esecuzione di quella; in difetto, deve dichiararsi la non procedibilità della domanda e, verosimilmente, con sentenza da parte del collegio.
14. L'ISTRUZIONE
La massima deformalizzazione possibile consiste nel fatto che lo stesso giudice determina «nel modo che ritiene più opportuno l'istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio».
È una vera pagina bianca, il compito di riempire la quale è rimesso all'inventiva, alla duttilità ed alla fantasia del singolo giudicante; e sarà la giurisprudenza a stabilire quali siano le formalità non essenziali e quali siano le forme di prova più opportune.
Si aprono inimmaginabili spazi anche per le nuove tecnologie (ad es.: collegamenti via internet con una o più persone informate od esperti o con centri medici o tecnici specializzati ubicati dovunque) e per forme agili di acquisizione di conoscenza (ad es.: testimoni assunti senza la formula di impegno, interrogatori liberi dei responsabili tecnici del convenuto), perfino per una contestualità tutta nuova e fondata appunto sulle opportunità delle nuove tecnologie (collegamenti simultanei in teleconferenza o via internet o equivalenti).
Il tutto, affinché si formi il prudente apprezzamento del giudice (non essendo mutata la formula dell'art. 116 c.p.c., applicabile così anche all'azione in esame), col solo limite che sia consentito alle parti - attore collettivo ed impresa convenuta - di prendere posizione sul mezzo istruttorio in sé, sulla sua assunzione e sulla sua valutazione.
Quanto ai problemi di rito, la soluzione può essere la più varia, purché ispirata appunto alla tutela del contraddittorio ed al conseguimento del risultato tenuto di mira dal legislatore, cioè l'efficace e sollecita definizione del giudizio: si pensi, ad es., a termini brevi e sfalsati e a modalità di comunicazione particolari.
Certo, qualche dubbio può sorgere dinanzi ad una così estrema libertà di forme ed alla delegificazione delle garanzie processuali e della precostituzione normativa dei poteri di giudice e parti: però, l'innovazione costituisce un'occasione preziosa, se accortamente gestita e adeguata ai detti principi ispiratori, per sperimentare la duttilità della risposta di giustizia e la capacità degli operatori di formulare ipotesi di soluzione dei problemi che non siano formalistiche, ma si facciano carico di adeguarsi all'evoluzione della realtà che li sollecita.
I provvedimenti di indicazione delle modalità di istruzione si adottano con l'ordinanza che dichiara ammissibile l'azione, ovvero con una o più ordinanze successive: anche tali ordinanze, sotto questo profilo, non sono reclamabili, perché non cautelari.
Infine, la stretta correlazione tra pubblicità finalizzata all'adesione e cristallizzazione di thema decidendum e thema probandum suggerisce l'inammissibilità di qualsiasi mutatio od emendatio libelli, con inoperatività della relativa facoltà: altrimenti, occorrerebbe riaprire i termini di pubblicità e di adesione ai partecipanti alla classe, tutte le volte che la mutatio o l'emendatio dessero luogo ad un mutamento dei termini definitori della classe o anche solo della domanda cui aderire. Ma questa soluzione è in evidente contrasto con l'esigenza di assicurare la sollecita trattazione del processo ed evitare le complicazioni della domanda originaria, sicché il ricorso ad essa dovrebbe essere limitato a casi effettivamente eccezionali, in cui la mutatio o l'emendatio, non prevedibili con l'ordinaria diligenza, rispondano in concreto alle esigenze degli appartenenti alla classe.
15. LA DECISIONE
Al momento della decisione, anch'essa disciplinabile con l'ordinanza programmatica, il giudice può:
- non giungere all'esame del merito per motivi di rito (pur potendo essere stati senza formalità avviati a soluzione i relativi problemi);
- giunto all'esame del merito, rigettare la domanda;
- giunto all'esame del merito, accogliere la domanda.
Le prime due ipotesi possono comportare anche un'adeguata forma di pubblicità, in applicazione diretta dell'art. 120 c.p.c.
Più complesso è il discorso a farsi sulla pronuncia di accoglimento.
In primo luogo, anche se la domanda sia stata impostata od ammessa come riguardante sia l'accertamento della responsabilità che la liquidazione del danno, il giudice può bene limitare la pronuncia al primo dei due aspetti: infatti, si prevede che egli possa anche soltanto stabilire «il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione» del risarcimento.
Questo potrà avvenire ad es. in quei casi in cui comunque vi sia bisogno di un prosieguo individualizzato sul solo quantum debeatur, impossibile a svolgersi nel processo collettivo, ma da rimettersi ad un successivo giudizio o ad una contrattazione interindividuale od ancora una volta collettiva (25): si tratta di danni diversificati, da valutare appunto caso per caso, come dipendenza di particolari prodotti difettosi (si pensi ai medicinali o ad altri in grado di influire negativamente sulla salute, ma in modo evidentemente diverso sul singolo fruitore).
Così, la scissione tra an e quantum - alla base dell'istituto generale della condanna generica - non è più rimessa alla domanda di parte, ma devoluta al decidente, secondo la peculiarità della singola fattispecie. Beninteso, ove la domanda sia fin dall'inizio stata proposta o stata ammessa esclusivamente quanto all'accertamento della responsabilità, è preclusa - per carenza di domanda, non dispiegabile nella fase successiva a quella introduttiva - qualsiasi pronuncia di condanna, siccome oggetto di domanda nuova.
Ove invece sia possibile una liquidazione, questa può aver luogo anche in via equitativa: anche in tal caso, peraltro, è indispensabile presupposto un positivo accertamento della responsabilità dell'impresa convenuta. È poi previsto che, quando quest'ultima sia un gestore di servizio pubblico o di pubblica utilità, debba tenersi conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate: tale entità, tuttavia, può costituire un parametro per la liquidazione equitativa, ma non la limita, sicché essa dovrebbe integrare tutt'al più il minimo - salvo ipotesi eccezionali, da valutarsi caso per caso - del risarcimento dovuto.
Come per ogni valutazione equitativa, non occorre l'indicazione analitica delle voci di danno o dei criteri e dei singoli passaggi argomentativi e di calcolo, quanto piuttosto una complessiva esplicazione di tutti tali elementi, dalla quale evincere il ragionamento seguito dal giudicante (26).
16. LE SPESE DI LITE
L'unicità dell'attore in senso processuale comporta che sia questi a sopportare per intero il carico dell'anticipazione delle spese fino all'ordinanza di inammissibilità od alla sentenza: è questo un punto debole dell'istituto, potendo dubitarsi della disponibilità degli ingenti mezzi generalmente necessari per l'azione in questione da parte del singolo utente o consumatore. E va pure esclusa l'ammissione dell'attore collettivo al patrocinio a spese dello Stato, non potendo configurarsi in astratto una classe, cioè una moltitudine di individui, di per sé priva degli strumenti per agire in giudizio.
Per quanto visto, i rapporti tra attore collettivo o proponente ed aderenti potranno certo essere regolati, anche quanto alla ripartizione del carico delle spese (ad es., limitandola al caso di irripetibilità dalla convenuta ed indicando una percentuale od un forfait), dall'accordo eventualmente tra loro intercorso. Poiché si è qui sostenuta la libertà, per qualunque appartenente alla classe, di intervenire anche senza alcun accordo o mandato in favore del proponente, in tal caso l'aderente, che tecnicamente non è parte in senso processuale, non può essere né beneficiario, né destinatario di alcuna pronuncia sulle spese processuali.
Il valore della causa è verosimilmente indeterminabile, se la domanda si limita all'accertamento della responsabilità della convenuta; e, per la complessità delle questioni da trattare, ben può qualificarsi «di particolare importanza» ai fini dell'applicazione della tariffa forense.
La circostanza che si tratti di un'azione necessariamente ad attore unico, con unicità di parte in senso processuale, esclude la maggiorazione di cui all'art. 4 commi 4 e 5, della tariffa (27). Inoltre, l'esenzione dall'obbligo di costituirsi a ministero di difensore rende, siccome volontaria, irripetibile la spesa dell'aderente indotta dalla diversa volontà di nominare un avvocato: sicché non possono liquidarsi le spese, i diritti e gli onorari per la costituzione di un aderente a mezzo di difensore; d'altra parte, nessuna posizione processuale diversa o maggiore rispetto a quella dell'attore collettivo potrebbe utilmente essere dispiegata, essendo il thema decidendum definito con riferimento all'atto di citazione dell'attore collettivo.
17. L'ESECUTIVITÀ DIFFERITA
Altra sensibile deroga al regime processuale comune è la previsione di un'esecutività differita.
Infatti, «la sentenza diviene esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione. I pagamenti delle somme dovute effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza». La ratio di tale previsione è individuata nell'incentivazione all'adempimento spontaneo alla sentenza (28); perciò, un precetto intimato prima della scadenza dei centottanta giorni dalla pubblicazione è illegittimo, mentre sono irripetibili le spese per la redazione del precetto stesso intimato prima di detto termine.
Non maturano interessi, né rivalutazione, ma solo in caso di pagamento spontaneo: le consuete formule liquidatorie adoperate nelle pronunce di condanna - che, in presenza di un credito di valore quale quello al risarcimento del danno, correttamente comportano il cumulo tra la rivalutazione fino al momento della decisione e gli interessi sulla sorta capitale, via via ed annualmente rivalutata dalla maturazione delle singole annualità e fino al soddisfo - dovranno tenere conto di tale sospensione. Con ogni probabilità, è opportuno aggiungere «, esclusi detti accessori per il periodo dalla pubblicazione della presente sentenza fino all'eventuale pagamento spontaneo intervenuto entro i centottanta giorni dalla pubblicazione stessa».
Naturalmente, ove manchi o ritardi l'integrale pagamento spontaneo, gli accessori sono dovuti per intero (salva l'imputazione, secondo i criteri generali, degli eventuali pagamenti parziali intercorsi); in caso di contestazione della satisfattività del pagamento occorrerà esaminare la doglianza nell'opposizione a precetto o ad esecuzione dispiegata da parte della condannata.
18. LA SOSPENSIONE IN CASO DI APPELLO
È particolare il regime anche della fase dell'esame dell'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza, di cui agli artt. 283 e 351 c.p.c., davanti alla Corte di Appello. Agli ordinari criteri per l'esame dell'istanza si aggiungono quelli dell'entità complessiva della somma gravante sul debitore, del numero dei creditori e delle connesse difficoltà di ripetizione in caso di accoglimento del gravame: la formula è manifestamente favorevole al condannato e corre il rischio - se interpretata con eccessiva benevolenza - di consentirgli azioni non commendevoli di dismissione del patrimonio, contro cui le azioni revocatorie o i sequestri conservativi potrebbero non rivelarsi sufficienti garanzie per i creditori.
Perciò, la possibilità più ampia di concessione della sospensione deve coordinarsi necessariamente, soprattutto nei casi di evidente fumus boni iuris dell'azione di classe, sia con la sempre sussistente possibilità di una sospensione parziale, sia soprattutto con il regime peculiare dettato dalla disposizione successiva del medesimo comma 13.
Infatti, la Corte, eventualmente accogliendo anche solo in parte l'istanza di sospensione, può comunque disporre che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, la somma complessivamente dovuta dal debitore sia depositata e resti vincolata nelle forme ritenute più opportune: anche in tal caso, la deformalizzazione è massima e tutto resta rimesso alla discrezionalità del giudicante, benché subito possa pensarsi, quale forma di cautela adeguata, ad una polizza fideiussoria o ad analoghi strumenti offerti dal mercato assicurativo o finanziario. È una specificazione del generale potere di imporre cauzione al condannato, con la massima possibile libertà nell'individuazione delle forme ritenute più confacenti alle caratteristiche del caso singolo.
L'appello prosegue poi nelle forme ordinarie, non parendo possibile l'estensione del rito speciale così innovativo previsto per il primo grado anche a quelli successivi, in difetto di espressa previsione di legge: nessuna ordinanza di organizzazione del processo sarà quindi possibile dinanzi al giudice di secondo grado e neppure nel caso in cui, accolto un motivo di gravame in tal senso, sia ammessa o rinnovata l'attività istruttoria eventualmente negata o malamente assunta in primo grado.
19. GLI EFFETTI SOSTANZIALI
L'utilità dell'azione di classe sta nell'estensione degli effetti a tutti gli aderenti, ma - appunto e in dipendenza del meccanismo di opt in - soltanto a questi ultimi.
Ancora, gli aderenti conseguono gli effetti di sospensione ed interruzione della prescrizione dei diritti loro spettanti nei confronti della convenuta, di cui agli artt. 2943 e 2945 c.c., dal momento del deposito dell'atto di adesione e pertanto senza che il relativo atto debba essere materialmente conosciuto dal destinatario debitore: d'altra parte, una volta fissato il termine perentorio per l'adesione, la convenuta diligente potrà compulsare il fascicolo di ufficio del processo per verificare se, da chi e quando siano stati depositati atti di adesione, per ricostruire poi agevolmente la data del dies a quo della sospensione della prescrizione nei confronti di ciascuno di loro.
Al contrario, gli appartenenti alla classe che all'azione non abbiano aderito non beneficiano né risentono del giudicato che si forma sulla domanda introdotta dal rappresentante della classe, né di alcun altro effetto processuale di questa: e conservano anche il diritto di agire in via individuale, con le forme ed i mezzi ordinari, con i relativi vantaggi e svantaggi.
20. GLI EFFETTI PROCESSUALI
Quanto agli effetti processuali dell'azione di classe, va detto che oltre il termine per l'adesione sono precluse altre azioni di classe per gli stessi diritti; se, a tale termine, risultano pendenti più azioni di classe, esse, se pendenti davanti allo stesso tribunale, si riuniscono, altrimenti il giudice successivamente adito (29) ne ordina la cancellazione, con successiva possibilità di riassunzione davanti a quello preventivamente adito (e successiva riunione per trattazione unitaria).
Ancora, gli aderenti non sono pregiudicati dalle rinunce o dalle transazioni intervenute tra il proponente e la convenuta, a meno che non vi abbiano espressamente consentito: solo, si pone il problema delle modalità di tale espresso consenso e, ad es., della validità di una procura conferita all'attore (in caso di adesione con mandato) anche a conciliare o transigere o a rinunciare. Comunque, tali questioni possono rilevare non già nell'azione di classe, ma solo nel successivo giudizio che, dopo la rinuncia o la transazione, l'aderente abbia intentato in proprio per far valere il suo diritto che ritenga tuttora sussistente nonostante l'una o l'altra.
Nessun pregiudizio ricevono poi gli aderenti, conservando quindi i loro diritti originari nei confronti della convenuta, in ipotesi di estinzione o di qualunque altro caso di «chiusura anticipata» del processo: non potendo gli aderenti, cui è precluso di dare impulso al processo per non essere parti in senso processuale, impedire tali eventi, coerentemente i loro effetti non possono loro imputarsi.
Note
(1) Così De Franchis, Dizionario giuridico, Class action, Milano, 1984.
(2) Corapi, La tutela dei consumatori e degli investitori nel diritto statunitense: class actions e derivative suits, in Rass. giur. energia elettrica, 2003, 401.
(3) Bellini, Class actions e mercato finanziario: l'esperienza nordamericana, in Danno e resp., 2005, 817.
(4) Andrews, Multi-party Proceedings in England: Representative and Group Actions, in 11 Duke Journal of Comparative and International Law, 249 (2001).
(5) Civil Procedure Rules del 1998, Part III, Section III.
(6) Tale cambio è criticato da Caponi, Il nuovo volto della class action, in Foro it., 2009, V, 383, par. 2.
(7) Il testo dell'art. 2 comma 447, l. n. 244 del 2007 è stato modificato: dall'art. 36 d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertoto in l. 6 agosto 2008, n. 133), dall'art. 19 d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito in l. 27 febbraio 2009, n. 14) e dall'art. 23 comma 16 d.l. 1 luglio 2009, n. 78 (convertito in l. 3 agosto 2009, n. 102).
(8) Caponi, op. cit., par. 4.
(9) G. Finocchiaro, L'azione di classe, in Guida dir., n. 38, 2009, 32.
(10) È finora stato emanato il d.lg. 20 dicembre 2009 n. 198 (in G.U. 30 dicembre 2009, n. 303, suppl. ord.), che rinvia ad una serie di decreti di attuazione l'individuazione della data di applicabilità (art. 7); comunque, esso si riferisce al ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici - da ottenere senza aggravio di spese! - e non pure al risarcimento del danno.
(11) Un successivo decreto ingiuntivo fondato sulla prova documentale del sopravvenuto danno potrebbe concedersi sulla base del precedente accertamento di responsabilità.
(12) Vedile in Costantino, La tutela collettiva risarcitoria 2009: la tela di Penelope, in Foro it., 2009, V, 389.
(13) Caponi, op. cit., 385.
(14) Costantino, op. cit., 390.
(15) Caponi, op. loc. ult. cit.
(16) Costantino, op. loc. ult. cit.
(17) Costantino, op. loc. ult. cit.
(18) Caponi, op. loc. ult. cit.
(19) Come già stabiliva l'art. 2 comma 448 l. 24 dicembre 2007, n. 244 (che, all'art. 50-bis comma 1 c.p.c., dopo il nu. 7) ha aggiunto il seguente: «7-bis) nelle cause di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al d.lg. 6 settembre 2005, n. 206»), non modificato dalla riforma del 2009. La norma è ribadita all'art. 140-bis comma 4, ult. periodo, cod. consumo, come sostituito dalla riforma del 2009.
(20) Torino: Piemonte e Valle d'Aosta; Milano: Lombardia; Venezia: Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia (con dubbi di compressione delle garanzie costituzionali riconosciute almeno al Trentino - Alto Adige anche in campo giudiziario); Genova: Liguria; Bologna: Emilia-Romagna; Firenze: Toscana; Roma: Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo e Molise; Napoli: Campania, Basilicata e Calabria; Bari: Puglia; Palermo: Sicilia; Cagliari: Sardegna.
(21) Nel termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione se anteriore.
(22) Non oltre 40 giorni dal deposito del reclamo.
(23) Ove la Corte di Appello accolga il reclamo avverso l'ordinanza che l'ha dichiarata inammissibile, tali statuizioni dovrebbero però essere rimesse al Tribunale, per evitare un'ingerenza del giudice, investito del reclamo sulla sola ammissibilità, sull'organizzazione della fase di merito davanti a quello competente.
(24) Caponi, op. cit., 386.
(25) Caponi, op. cit., 387.
(26) Per tutte, v. Cass. 7 gennaio 2009, n. 50, Cass. 6 maggio 2009, n. 10401.
(27) Con maggiorazioni dell'onorario per ogni parte oltre la prima del 20% fino ad un massimo di 10 e, ove le parti siano in numero superiore, del 5% per ciascuna parte oltre le prime dieci e fino ad un massimo di 20; e con previsione, ove - pur nell'identità di posizione processuale dei vari clienti - occorra l'esame di loro situazioni particolari di fatto o di diritto rispetto all'oggetto della causa, del compenso intero secondo tariffa, ma ridotto del 30%.
(28) Caponi, op. loc. ult. cit.
(29) Ipotesi remota, perché la competenza si fonda sul criterio obiettivo della sede dell'impresa; il tenore della norma sembra precludere, davanti al giudice successivamente adito, l'esame della questione relativa, rimessa allora a quello davanti al quale l'azione è stata proposta per prima.