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Cass. Sez. III sent.17663 del 11 maggio 2005 (c.c. 3-3-2005)
Pres. Zumbo Rel.Onorato Ric. Del Medico

Urbanistica. Lottizzazione abusiva. Criterio distintivo tra semplice abuso edilizio e lottizzazione abusiva.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 03/03/2005
Dott. ONORATO Pierluigi - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 306
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 46707/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DEL MEDICO Antonio, nato a Treggiano (BA) il 2.4.1975;
avverso la ordinanza resa il 22.11.2004 dal tribunale di Bari;
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso;
Udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale MURA Antonello, che ha concluso chiedendo di dichiararsi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale e di rigettare il ricorso.
Udito il difensore dell'indagato, avv. MARIANI Giuseppe, che ha insistito sulla questione di legittimità costituzionale e sul ricorso;
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
1 - Con ordinanza del 22.11.2004 il tribunale di Bari, in sede di riesame, ha confermato il sequestro preventivo disposto il 13.10.2004 dal g.i.p. dello stesso tribunale sopra un'area di circa 21.600 mq. sita in una zona agricola del comune di Bari, sulla quale la società proprietaria "Euro Immobiliare s.r.l." stava costruendo un parcheggio per rimessaggio industriale, realizzando così una notevole trasformazione del territorio in contrasto con gli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti.
Il legale rappresentante della società, Antonio Del Medico, veniva indagato per i reati di cui all'art. 31 e all'art. 44, comma 1, lett. a) e c) D.P.R 380/2001.
Ha osservato il tribunale:
che l'area sequestrata ricadeva in zona E2, destinata ad attività primarie, e per una piccola parte in zona S, cioè strada;
che la predetta società era titolare di una concessione edilizia, e di un successivo permesso di costruire in variante, per la realizzazione di un rimessaggio all'aperto per macchine agricole, che consentiva l'asportazione del terreno vegetale per circa 15 cm. di profondità, la formazione di una massicciata in pietrisco e la parziale pavimentazione in asfalto, con idonee pendenze e relativa vasca di accumulo delle acque meteoriche (cisterna), oltre a due varchi di ingresso con cancelli e alla piantumazione lungo i confini;
che in data 18.11.2003 la società comunicava all'ente competente la ultimazione dei lavori;
che in data 13.7.2004 si verificava un infortunio sul lavoro durante l'impermeabilizzazione della cisterna interrata in fase di ultimazione;
che durante un sopralluogo in data 15.7.2004 la Polizia Municipale verificava le seguenti difformità rispetto al progetto assentito: a) non risultavano realizzati i cancelli pedonali previsti nel progetto;
b) era stata realizzata una seconda cisterna non prevista nel progetto; c) la cisterna prevista era stata realizzata con una profondità diversa da quella assentita; d) erano stati istallati 24 fari, montati su 6 pali, per la illuminazione dell'intera area; e) era stata costruita una cabina elettrica ENEL in cemento armato. Secondo il consulente nominato dal pubblico ministero la presumibile totale asfaltatura dell'area e la installazione dei fari per la illuminazione denotavano la volontà di realizzare un parcheggio- rimessaggio all'aperto, con possibilità di lavaggio, di veicoli industriali (peraltro già parcheggiati numerosi all'interno dell'area). Inoltre, secondo il consulente, lo stesso permesso di asportazione del terreno vegetale per circa 15 cm, di massicciata e di parziale asfaltatura, rappresentava "una mancata tutela delle caratteristiche naturali e ambientali" imposta dagli strumenti urbanistici nonché una notevole trasformazione dell'assetto del territorio.
Tanto premesso, il tribunale ha ritenuto integrato il fumus del reato di cui all'art. 44 lett. a) DPR 380/2001, atteso che le difformità riscontrate contrastavano con il titolo abilitativo. Inoltre l'opera eseguita:
contrastava con l'art. 4 del D.M. 1444 del 2.4.1968, che per le zone E prevede la dotazione minima di mq. 6 per abitante da riservare complessivamente a servizi di istruzione o ad altri servizi di interesse comune, esclusi però i parcheggi;
contrastava con l'art. 2.8 delle N.T.A. del piano regolatore comunale di Capurso, a norma del quale le zone E2 sono destinate prevalentemente all'agricoltura e alla tutela di caratteristiche naturali e ambientali, non ammettono attività industriali o estrattive e consentono costruzioni connesse con l'agricoltura solo a determinate condizioni, tra cui quella di mq. 6 destinati a urbanizzazione secondaria e servizi per ogni 100 mc. di volumetria destinata alla residenza;
contrastava con l'art. 2.6 delle N.T.A. laddove questo prevede che nelle zone E1 ed E2 le nuove costruzioni, sia abitative sia produttive, sono ammesse prevalentemente per soddisfare necessità della produzione agricola, le quali - in mancanza di strumenti urbanistici generali - devono risultare da piani di utilizzazione o di sviluppo aziendale, nella specie inesistenti;
contrastava con l'art. 2.5 delle N.T.A. laddove questo prevede l'inedificabilità assoluta per le zone S: ne' - contrariamente a quanto sostenuto dal difensore - era applicabile la circolare ministeriale 5980/70, atteso che si trattava di un parcheggio privato e integrato da altre opere. In secondo luogo - ha osservato il tribunale - ricorreva anche il fumus del reato di lottizzazione abusiva di cui all'art. 44 lett. c) D.P.R. 380/2001, trattandosi di un intervento di nuova costruzione che comportava la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio - secondo la definizione di cui all'art. 3 lett. e) D.P.R. 380/2001 - autorizzato in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Esisteva infine il periculum in mora perché i lavori erano ancora in corso e perché i terreni lottizzati erano suscettibili di confisca. 2 - Il Del Medico, col ministero del difensore, ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre motivi a sostegno.
2.1 - Col primo motivo deduce errata configurazione del reato di lottizzazione abusiva per illegittimità costituzionale degli artt. 30/1 e 44/1 lett. c) DPR 380/2001.
Sostiene che la recente interpretazione giurisprudenziale secondo cui il reato di lottizzazione abusiva materiale è a consumazione alternativa, potendosi realizzare sia ove manchi l'autorizzazione amministrativa sia ove l'autorizzazione contrasti con gli strumenti urbanistici vigenti, confligge con gli artt. 3, 27 e 97 Cost.. Contrasta col principio di uguaglianza e ragionevolezza perché la norma così interpretata riserva lo stesso trattamento sanzionatorio a due condotte diverse (la lottizzazione abusiva c.d. formale e quella c.d. sostanziale), le quali, pur essendo equivalenti nell'offesa alla pianificazione urbanistica del territorio, sono percepite dalla collettività come differenti, anche perché nella seconda ipotesi di reato (la lottizzazione abusiva sostanziale) si carica sul privato un onere di verifica sulla legittimità dell'autorizzazione amministrativa che non può ragionevolmente gravare su chi si sia fidato della pubblica amministrazione. Vi è poi contrasto con l'art. 27 Cost. giacché la norma irroga una sanzione penale identica, finalizzata alla rieducazione del condannato, sia a chi abbia trasformato il territorio senza richiedere l'autorizzazione amministrativa sia a colui che l'abbia trasformato invocando preventivamente il controllo pubblico. Infine la norma contrasta con l'art. 97 Cost. laddove impone al cittadino comune, sia esso proprietario, committente o costruttore, di verificare la legittimità del comportamento della pubblica amministrazione, che invece, essendo ispirata al principio del buon andamento e dell'imparzialità, si presume legittima. In altri termini, secondo il ricorrente, dall'art. 97 Cost. deriva direttamente anche il principio di affidamento del cittadino nei pubblici poteri.
2.2 - Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 5 c.p. come risultante dalla sentenza 364/1988 della Corte Costituzionale, posto che deve considerarsi scusabile quella ignoranza della legge penale che dipende dal comportamento della pubblica amministrazione. Nel caso di specie, secondo il difensore, mancava l'elemento soggettivo e anche la oggettiva lesività del reato di lottizzazione abusiva.
2.3 - Col terzo e ultimo motivo si denuncia errata configurazione dei reati di cui all'art. 44 lett. a) e lett. c) DPR 380/2001. In particolare - secondo il ricorrente - non è configurabile alcuna violazione dello standard minimo prescritto per le zone agricole dall'art. 4 del D.M. 1444/1968; così come non è ravvisabile alcun contrasto con l'art. 2.8, o con l'art. 2.6 o con l'art. 2.5 delle N.T.A. perché sotto il primo profilo è stata rispettata la destinazione d'uso del parcheggio alla agricoltura, sotto gli altri profili non sono state realizzate costruzioni abitative o produttive. Quanto alla zona S poi sono ammissibili le opere previste dalla circolare Min. LL.PP. del 30.12.1970. In secondo luogo non è ravvisabile il reato di lottizzazione abusiva per più ragioni: posto che in fatto il parcheggio realizzato è preordinato al ricovero all'aperto di mezzi agricoli, quali trattori, escavatori, furgoni, camion, autovetture etc., tale destinazione non appare in contrasto con la natura agricola della zona, stante l'assenza di volumetrie, secondo copiosa giurisprudenza amministrativa; inoltre in tanto può ravvisarsi lottizzazione abusiva, invece che semplice abuso edilizio, in quanto siano state realizzate opere che comportino un'apprezzabile trasformazione urbanistica del territorio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3 - Non v'è dubbio che nella fattispecie de qua sussista il fumus del reato di cui all'art. 44 lett. a) del D.P.R. 380/2001. Infatti, la società proprietaria del terreno, la "Euro Immobiliare s.r.l.", stava costruendo in un'area di circa 21.600 mq. un parcheggio per rimessaggio industriale che era difforme dal permesso di costruzione e contrastante con i generali strumenti di disciplina urbanistica vigenti nella zona.
Era difforme dal titolo abilitativo ottenuto perché: a) non risultavano realizzati i cancelli pedonali previsti nel progetto; b) era stata realizzata una seconda cisterna non prevista nel progetto;
c) la cisterna prevista era stata realizzata con una profondità diversa da quella assentita; d) erano stati istallati 24 fari, montati su 6 pali, per la illuminazione dell'intera area; e) era stata costruita una cabina elettrica ENEL in cemento armato. L'intervento era inoltre in contrasto con la disciplina urbanistica vigente, perché con esso in zona E, destinata a usi agricoli, e in zona S, caratterizzata da inedificabilità assoluta, si era realizzato (anche se non ancora completato) un parcheggio per rimessaggio industriale, già parzialmente occupato da furgoni, autocarri telonati, autocarri frigoriferi, macchine operatrici per lo spostamento di terra e autovetture. In particolare, non erano stati osservati: a) l'art. 2.8 delle N.T.A. del piano regolatore comunale, che vieta la destinazione delle zone E2 a usi diversi da quelli agricoli; b) l'art. 2.6 delle suddette N.T.A., che esclude nelle zone E2 nuove costruzioni, sia abitative sia produttive, che non siano finalizzate alle necessità della produzione agricola risultanti da strumenti urbanistici generali o da specifici piani di utilizzazione o di sviluppo aziendale (nella fattispecie inesistenti); c) l'art. 2.5 delle medesime N.T.A. che impone la inedificabilità assoluta nella zona S, destinata a strada.
L'asserzione difensiva che il parcheggio era destinato solo al ricovero di mezzi agricoli, ed era quindi compatibile con la destinazione agricola della zona, configura una circostanza di fatto, che esula dalla cognizione del giudice cautelare di legittimità, ed è per giunta contrastante con le valutazioni operate dai giudici cautelari di merito.
4 - Ad avviso del collegio, invece, non si ravvisa il fumus della lottizzazione abusiva di cui all'art. 44 lett. c) D.P.R. 380/2001. Il delicato criterio distintivo tra semplice abuso edilizio e lottizzazione abusiva è dato dall'art. 30, comma 1, D.P.R. 380/2001, il quale definisce come lottizzazione quelle opere o quegli atti giuridici che comportino una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni a scopo edificatorio.
Secondo autorevole dottrina, ai fini previsti in detta norma, per trasformazione urbanistica od edilizia si deve intendere il conferimento all'area di un diverso assetto territoriale, attraverso impianti di interesse privato e di interesse collettivo, in modo da creare "una nuova maglia di tessuto urbano". Sembra evidente che nella fattispecie concreta non è stata creata nessuna nuova "maglia" di tessuto urbano, sicché non vi era la previa necessità di una specifica autorizzazione lottizzatoria o di un piano esecutivo di urbanizzazione.
Invero, gli "interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio" di cui all'art. 10 D.P.R. 380/2001 (e in particolare, come nel caso presente, gli interventi di nuova costruzione definiti nell'art. 3 lett. e) dello stesso testo unico) richiedono il permesso di costruire, ma non sempre abbisognano di un piano di lottizzazione autorizzato o di altro strumento di pianificazione urbanistica. Risulta implicitamente dal menzionato art. 30, comma 1, D.P.R. 380/2001 che questi strumenti di urbanizzazione sono richiesti per gli interventi di "trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni". Nonostante la analoga formulazione letterale, occorre dunque individuare una differenza tra i primi (di cui all'art. 10) e i secondi interventi (di cui all'art. 30/1).
Orbene, questa differenza non sembra potersi fondare sulla fragile e arbitraria diversità semantica tra "territorio" e "terreno" (che pure qualche illustre autore ha tentato); ma va connessa alla funzione intrinseca della lottizzazione, la quale assolve al compito di dare attuazione allo strumento generale di pianificazione urbanistica, ove questo esista, o di formulare comunque un piano particolareggiato di urbanizzazione. Nella convenzione lottizzatoria, infatti, si stabilisce un programma concreto di realizzazione delle opere di urbanizzazione mediante il versamento dei relativi contributi pecuniari o mediante la esecuzione diretta delle opere e la cessione delle aree necessarie da parte del privato lottizzatore. Ne deriva che quando la nuova costruzione realizzata dal privato non presuppone opere di urbanizzazione primarie o secondarie e quindi non implica una pianificazione urbanistica, essa richiede certamente il previo permesso di costruire (a tutela dell'interesse pubblico al preventivo controllo di tutti gli interventi trasformativi dell'assetto territoriale), ma non necessita anche di un'autorizzazione lottizzatoria, giacché in tal caso, mancando appunto una lottizzazione, non è pregiudicata la riserva pubblica di pianificazione urbanistica.
Alla luce di questi principi si deve concludere che nel caso di specie è stata realizzata una nuova costruzione in difformità dal permesso di costruzione rilasciato, ma non sussiste alcuna urbanizzazione del territorio e neppure una formazione di lotti a scopo edificatorio. In altri termini, il parcheggio e rimessaggio privato (non pubblico) per veicoli industriali e civili non implicava vere e proprie opere di nuova urbanizzazione (non apparendo tale il semplice allaccio della linea elettrica per i sei pali di illuminazione): insomma non era univocamente funzionale a un nuovo assetto urbanistico, e non era tale quindi da interferire con la riserva pubblica di programmazione territoriale.
Mancando una lottizzazione o un piano particolareggiato di urbanizzazione, manca il presupposto per l'applicazione degli standards urbanistici previsti dal d.m. 2.4.1968 (v. art. 1), ai quali invece ha fatto riferimento sia il g.i.p. sia il tribunale del riesame.
5 - Da quanto osservato nel paragrafo precedente discende la irrilevanza della dedotta questione di legittimità costituzionale degli artt. 30, comma 1, e 44, comma 1, lett. c) D.P.R. 380/2001. Gli altri moto vi dedotti dal difensore sono infondati o assorbiti. Poiché non si fa questione del periculum in mora, sussistono tutti i requisiti di legittimità del sequestro preventivo, ma solo limitatamente alla contravvenzione di abuso edilizio e non anche a quella di lottizzazione abusiva.
P.Q.M.
dichiara irrilevante la dedotta eccezione di illegittimità costituzionale; annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, e quella resa dal g.i.p. di Bari il 13.10.2004, limitatamente al reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. c) D.P.R. 380/2001; rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 3 marzo 2005.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2005