Sez. 3, Sentenza n. 14645 del 23/02/2005 Cc. (dep. 20/04/2005 ) Rv. 231510
Presidente: Savignano G. Estensore: Petti C. Relatore: Petti C. Imputato: Riganti. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Lib.Forli', 24 Novembre 2004)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Pendenza della domanda di condono edilizio - Misure cautelari reali - Adottabilità - Fondamento.
Massima (Fonte CED Cassazione)La presentazione di una domanda di condono edilizio ai sensi dell'art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modificazioni con legge 24 novembre 2003 n. 326, non impedisce l'adozione di una misura cautelare reale sullo stesso bene, sia in quanto ai fini della applicabilità della disciplina sul condono occorre accertare la sussistenza dei presupposti e requisiti di operatività della speciale causa estintiva del reato, sia perchè può risultare necessario impedire l'aggravamento delle conseguenze del reato.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 23/02/2005
Dott. VITALONE Claudio - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 290
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 47751/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RIGANTI Riccardo, nato a Genova il 18 ottobre del 1961;
avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Forlì del 24 novembre 2004;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il P.M. Nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PASSACANTANDO Guglielmo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Osserva:
IN FATTO
Con ordinanza del 24 novembre del 2004, il tribunale de riesame di Forlì
confermava il provvedimento di sequestro preventivo di un fabbricato sito in
Cesenatico emesso a carico di Riganti Riccardo, quale indagato per il reato di
cui all'articolo 44 comma 1 lett. b) D.P.R. n. 380 del 2001.
Nel provvedimento impugnato il fatto era riassunto nella maniera seguente.
Il Riganti, dopo avere presentato denuncia d'inizio attività per la
ristrutturazione, mediante parziale demolizione e successiva fedele
ricostruzione di un fabbricato, procedeva alla ricostruzione con ampliamento di
superficie dovuta alla chiusura di parte di un portico e di una loggia,
cambiando altresì la destinazione d'uso da albergo ad attività commerciale in
contrasto con gli strumenti urbanistici. A fondamento della decisione il
tribunale, dopo avere premesso che alcune imprecisioni del G.i.p., quali ad
esempio la ritenuta confiscabilità obbligatoria del fabbricato a norma
dell'articolo 240 capov c.p. o la sussistenza di un danno ambientale per la
semplice illegittimità della costruzione, non avevano alcuna rilevanza ai fini
della decisione, osservava che nella fattispecie sussisteva sia l'esigenza
cautelare, perché il fabbricato non era stato ultimato, che il fumus delicti,
poiché il Riganti aveva realizzato un immobile diverso da quello per il quale
aveva presentato la denuncia d'inizio dell'attività.
Ricorre per Cassazione il Riganti denunciando l'insussistenza degli elementi per
l'adozione del provvedimento cautelare. Deduce, quanto all'esigenza cautelare
sottolineata dal tribunale, che il sequestro sarebbe incompatibile con la
domanda di condono presentata in data 20 gennaio del 2004 e con la legge
Regionale la quale impone di completare le opere entro il 10 giugno del 2005 e,
quanto al fumus, che il tribunale aveva omesso di motivare sull'eccezione
sollevata dalla difesa, la quale aveva sottolineato che la legge dell'Emilia
Romagna n. 31 del 2002 all'art. 23 considera variazione essenziale quella che
comporta un aumento di superficie superiore a 100 mq. Sostiene infine che le
affermazioni del G.i.p. in merito alla confiscabilità obbligatoria ed al danno
ambientale non sarebbero irrilevanti.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va pertanto respinto con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali. Premesso che il tribunale ha
già considerato irrilevanti alcune affermazioni del G.I.P. in merito al danno
ambientale ed all'asserita confiscabilità obbligatoria del manufatto, si osserva
che nella fattispecie, come già sottolineato dal tribunale sussistono le
esigenze cautelari perché l'opera non è stata ancora ultimata. Invero il
concetto di ultimazione dei lavori in materia edilizia assume significati
diversi a seconda della finalità. Ai fini dell'adozione del sequestro preventivo
il manufatto si considera ultimato solo quando sono state completate anche le
rifiniture interne ed esterne. In materia di sanatoria l'articolo 31 della legge
n. 47 del 1985, la quale viene richiamata dall'art 32 della legge n. 326 del
2003, al comma secondo considera ultimati gli edifici nei quali è stato eseguito
il rustico e completata la copertura Nel caso in esame le opere erano "ultimate
al grezzo".
La domanda di condono non impedisce l'adozione di atti urgenti e segnatamente di
una misura cautelare e ciò perché ai fini dell'applicabilità del condono occorre
prima accertare la sussistenza di tutti i presupposti e requisiti affinché possa
operare la causa estintiva (natura dell'abuso, entità dei volumi, ecc), sia
perché non si può consentire che, mentre si domanda il condono per l'attività
abusiva pregressa possa proseguire il comportamento penalmente sanzionato, con
aggravio delle sue conseguenze, sia perché l'effetto estintivo si verifica solo
a seguito della formale dichiarazione (Cass. sez 3^ 10 dicembre 2003 n. 47117;
Cass. Sez. 3^ 9 gennaio 2004 n. 291). Peraltro nella fattispecie non sarebbe
applicabile il condono di cui all'art. 32 della legge n. 326 del 2003 perché il
lavori sono stati eseguiti in epoca successiva al mese di marzo del 2003.
L'indagato non può usufruire della sanatoria di cui all'articolo 36 del D.P.R.
n. 380 del 2001 poiché la costruzione, per la modificazione della destinazione
d'uso, è in contrasto con gli strumenti urbanistici secondo gli accertamenti
compiuti dal giudice del merito. In ogni caso, se quella presentata il 20
gennaio del 2004 dovesse intendersi come domanda di sanatoria e non di condono,
la stessa si dovrebbe considerare respinta a norma dell'articolo 36 giacché il
comune non si è pronunciato nel termine di gg. 60. Non era titolo abilitativo
idoneo nel caso in esame la semplice denuncia d'inizio d'attività poiché
l'indagato non si è limitato ad una semplice ristrutturazione ma ha modificato
la sagoma, il volume e la stessa destinazione d'uso dell'originario fabbricato.
Nel provvedimento impugnato si è sottolineata in modo particolare tale
modificazione in contrasto con gli strumenti urbanistici ed in questa fase del
procedimento la corte non può prescindere da tale dato fattuale posto a
fondamento della decisione, ancorché contestato dall'indagato.
Trattandosi d'intervento effettuato in assenza di titolo abilitativo idoneo
(permesso di costruire) il richiamo alla nozione di variazione essenziale
contenuta nella legge regionale è improprio e comunque inconferente. Invero in
base all'art. 23 della legge Regione Emilia Romagna n 31 del 2002 si considerano
variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire o alla denuncia d'inizio
attività, tra l'altro, quelle che comportino il mutamento della destinazione
d'uso con variazione del carico urbanistico di cui al comma 1 dell'articolo 28.
Quest'ultima norma richiama a sua volta i mutamenti delle destinazioni d'uso con
variazione delle dotazioni territoriali. Nella fattispecie, come risulta dal
provvedimento impugnato, la modificazione della destinazione d'uso ed il
contrasto con le norme del Piano Regolatore sono state segnalate dagli stessi
funzionari del Comune di Cesenatico.
Sussiste quindi, allo stato, l'astratta configurabilità del reato ipotizzato.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p..
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2005.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2005