Presidente: Lupo E. Estensore: Fiale A. Relatore: Fiale A. Imputato: Benedetto ed altro. P.M. Siniscalchi A. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, App. Taranto, 19 Dicembre 1996)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Ampliamento di struttura produttiva - Applicabilità del regime pertinenziale - Esclusione - Realizzazione in difetto del permesso di costruire - Reato di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 - Configurabilità. .
L'ampliamento di una struttura produttiva, attraverso l'oggettivo incremento, in termini di superficie e di volumi, della preesistente unità immobiliare non può ricondursi alla nozione di pertinenza, configurandosi, in difetto del rilascio del preventivo permesso di costruire, il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 04/10/2005
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1727
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 9595/1997
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Benedetto Vito, n. a Gioia del Colle il 21/09/1945;
2) Cicerone Isabella, n. a Gioia del Colle il 01/08/1948;
avverso la sentenza 19/12/1996 della Corte di Appello di Lecce, Sezione
distaccata di Taranto;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Aldo
Fiale;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. SINISCALCHI Antonio che
ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del
ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23/12/1993 il Pretore di Taranto affermava la
responsabilità penale di Cicerone Isabella e di Benedetto
Vito in ordine ai reati di cui:
alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), (per avere realizzato, nella
qualità di proprietari committenti, senza la necessaria
concessione edilizia, un manufatto avente superficie di complessivi mq.
128 - acc. in Taranto, il 17/10/1991);
alla L. n. 1086 del 1971, artt. 4 e 14;
alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b, (per avere proseguito
l'attività edilizia in violazione dell'ordinanza sindacale
di sospensione dei lavori emessa in data 16/12/1991 - acc. in Taranto,
il 28/01/1992);
e, riconosciute ad entrambi circostanze attenuanti generiche, unificati
i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p.,
condannava ciascuno alla pena di giorni 20 di arresto e L. 8 milioni di
ammenda, ordinando la demolizione delle opere abusive e concedendo alla
sola Cicerone i doppi benefici di legge. La Corte di Appello di Lecce -
Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 19/12/1996, dichiarava
inammissibile l'appello proposto nell'interesse della Cicerone (in
quanto sottoscritto da difensore sfornito di mandato specifico) e
concedeva anche al Benedetto il beneficio della sospensione
condizionale della pena. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il
difensore degli imputati, il quale ha eccepito:
l'insussistenza dei reati edilizi, stante la natura pertinenziale del
manufatto, edificato nel cortile interno di un caseificio ed avente
"funzione tecnologica";
l'erronea applicazione della L. n. 1086 del 1971, per l'inesatta
attribuzione al manufatto, avente caratteristiche di prefabbricato, di
una consistenza muraria e cementizia armata;
l'impossibilità di ottemperare all'ordinanza sindacale di
sospensione dei lavori, perché emessa allorquando
l'installazione del manufatto prefabbricato era già
completata.
Tenuto conto della domanda di "condono edilizio" presentata dal
Benedetto, L. n. 724 del 1994, ex art. 39, questa Corte - all'udienza
del 6/11/1997 - ha disposto la sospensione del procedimento ai sensi
della L. n. 47 del 1985, art. 38.
Il Comune di Taranto ha comunicato che, in data 30/08/2001,
è stata rilasciata al Benedetto concessione per condono
edilizio avente ad oggetto "integrazione di fabbricato esistente per
uso artigianale - ubicato in Taranto, alla via Salento, n. 124 -
realizzata mediante strutture murane al piano terra".
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché
manifestamente infondato, ed invero:
1. Nessuna doglianza è riferita in esso alla declaratoria di
inammissibilità dell'appello proposto nell'interesse della
Cicerone. 2. Correttamente i giudici del merito, con ineccepibile
apprezzamento di fatto e corretta individuazione dei criteri di
identificazione, hanno escluso che l'opera abusiva in oggetto
costituisca "pertinenza", sottratta in quanto tale al regime
concessorio. La nozione di "pertinenza urbanistica" ha
peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella
civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata ad
un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed
oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un
autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o
comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in
relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua
destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui
accede. La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in
ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole
e funzionale l'uso (carattere di strumentante funzionale),
sicché non può ricondursi alla nozione in esame
l'ampliamento di un edificio in elusione della normativa
edilizio-urbanistica.
Nella vicenda in oggetto, invece, vi è stato appunto
"ampliamento" di una struttura produttiva, attraverso l'oggettivo
incremento, in termini di superficie e volumi, di una unità
immobiliare preesistente.
3. L'opera (alla stregua delle deposizioni testimoniali acquisite al
dibattimento e della documentazione fotografica) risulta realizzata con
elementi verticali ed orizzontali in cemento armato e muratura, oltre
che con elementi prefabbricati.
I lavori non risultano ultimati all'epoca del primo accesso dei
verbalizzanti.
4. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi
di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può
tenersi conto:
della concessione rilasciata, per condono edilizio, in data 30/08/2001
(la cui rilevanza potrà essere, comunque, valutata in
relazione all'esecuzione del disposto ordine di demolizione);
della prescrizione del reato che venga a scadere in epoca successiva
alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto
di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21/12/2000, n. 32, ric. De Luca).
5. Tenuto conto della sentenza 13/06/2000, n. 186 della Corte
Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che
"le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità", alla
declaratoria della inammissibilità medesima consegue, a
norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere solidale delle spese del
procedimento nonché, per ciascun ricorrente, quello del
versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende,
equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
Euro 500,00. P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.;
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido,
al pagamento delle spese processuali, nonché ciascuno di
essi al versamento della somma di Euro cinquecento in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2005.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2006