Cass. Sez. III n.35907 del 19 settembre 2008 (Ud. 29 mag. 2008)
Pres. De Maio Rel. Fiale Ric. Calicchia
Urbanistica. Responsabilità del proprietario dell’area e onere della prova

La responsabilità per la realizzazione di una costruzione abusiva non prescinde, per il proprietario dell\'area interessata dal manufatto, dall\'esistenza di un consapevole contributo all\'integrazione dell\'illecito, ma grava sull\'interessato l\'onere di allegare circostanze utili per convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Aldo FIALE Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
Dott. Santi GAZZARA Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
CALICCHIA Rosa, nata a Veroli il 16.2.1935
avverso la sentenza 30.5.2007 della Corte di Appello di Roma
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in udienza pubblica la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 30.5.2007, in parziale riforma della sentenza 13.1.2006 del Tribunale monocratico di Frosinone, ribadiva l\'affermazione della responsabilità penale di Calicchia Rosa in ordine al reato di cui:
- all\'art. 20, lett. b), legge n. 47/1985 (per avere realizzato in aderenza ad una costruzione preesistente, in assenza della prescritta concessione edilizia, un fabbricato in blocchetti di tufo e malta cementizia, in parte coperto con travetti di legno e tegole per mt. 6 x 4 - acc. in Veroli, il 6.12.2002, con lavori in corso)
e, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, determinava la pena in giorni 10 di arresto ed euro 4.000,00 di ammenda, confermando l\'ordine di demolizione delle opere abusive.


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Calicchia, la quale ha eccepito, sotto il profilo della violazione di legge:
- la carenza assoluta di prova in ordine alla riconducibilità dell\'attività di edificazione abusiva alla sua persona.. La pronunzia di responsabilità, infatti, si sarebbe illegittimamente fondata sul mero accertamento della sua qualità di proprietaria del terreno edificato.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.


1. In ordine alla ritenuta responsabilità per l\'esecuzione della costruzione abusiva, la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema - condivisa dal Collegio - è orientata nel senso che non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un \'area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva. Il semplice fatto di essere proprietario o comproprietario del terreno (o comunque della superficie) sul quale vengono svolti lavori edili illeciti, pur potendo costituire un indizio grave, non è sufficiente da solo ad affermare la responsabilità penale, nemmeno qualora il soggetto che riveste tali qualità sia a conoscenza che altri eseguano opere abusive sul suo fondo, essendo necessario, a tal fine, rinvenire altri elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che egli abbia commissionato i lavori abusivi ovvero abbia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con il committente o l\'esecutore degli stessi.


Occorre considerare, in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta l\'attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell\'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest") bensì pure: dei rapporti di parentela o di affinità tra l\'esecutore dell\'opera abusiva ed il proprietario; dell\'eventuale presenza "in loco" di quest\'ultimo durante l\'effettuazione dei lavori; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza sull\'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari e, in definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all\'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa [vedi, tra le decisioni più recenti, Cass, Sez.III 18.4.2003, n. 18756, Capasso ed altro; 2.3.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.1.2005, n. 216, Fucciolo; 15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone; 12.1.2007, n. 8667, Forletti ed altri; 24.9.2007, n. 35376, De Filippo].


La responsabilità per la realizzazione di una costruzione abusiva non prescinde, per il proprietario dell\'area interessata dal manufatto, dall\'esistenza di un consapevole contributo all\'integrazione dell\' illecito, ma grava sull\'interessato l\'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro)


2. Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, i giudici del merito hanno fondato correttamente la responsabilità della Calicchia sui seguenti elementi:
- il fabbricato preesistente (per la cui costruzione l\'imputata asserisce di avere già riportato condanna), ampliato attraverso l\'edificazione ulteriore del manufatto in oggetto, era destinato ad abitazione esclusiva di lei e della sua famiglia;
- ella era proprietaria del terreno ed aveva la disponibilità giuridica e di fatto della platea cementizia sulla quale è stata realizzata l\' edificazione;
- era stata accertata la sua presenza "in loco" durante l\'effettuazione dei lavori.
Da tali elementi è stata razionalmente dedotta la partecipazione della ricorrente all\'esecuzione delle opere abusive, tenuto conto che non è da porsi in dubbio la sua piena consapevolezza della realizzazione delle stesse ed ella non ha dimostrato di avere posto in essere, quale proprietaria, una qualsiasi concreta attività di opposizione ad una edificazione che lo vede destinataria finale del nuovo manufatto.


3. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, sicché non può tenersi conto della prescrizione del reato venuta a scadere dopo la pronunzia della sentenza impugnata (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).


4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale, rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell\'art. 616 c.p.p., l\'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.


ROMA, 29.5.2008
Deposito in Cancelleria il 19/09/2008