Cass. Sez. III Sen. 28515 del 18 luglio 2007 (Ud. 29 mag. 2007)
Pres. Postiglione Est. Ianniello Ric. Branca.
Urbanistica. Condono edilizio - Disciplina dettata dall'art. 32, comma venticinquesimo, D.L. n. 269 del 2003 - Ultimazione - Nozione - Richiamo all'art. 31, comma secondo, L. n. 47 del 1985 - Necessità.
In tema di condono edilizio, la nozione di ultimazione dell'opera cui fare riferimento ai fini dell'applicabilità della relativa disciplina è quella dettata dall'art. 31, comma secondo, L. 20 febbraio 1985, n. 47 cui rinvia l'art. 32, comma venticinquesimo, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. con modd. in L. 24 novembre 2003, n. 326), sicchè era necessario che entro il termine del 31 marzo 2003 fosse stato eseguito il rustico e completata la copertura. (Nella specie, non erano state ancora eseguite le opere di tamponatura esterna).
Pres. Postiglione Est. Ianniello Ric. Branca.
Urbanistica. Condono edilizio - Disciplina dettata dall'art. 32, comma venticinquesimo, D.L. n. 269 del 2003 - Ultimazione - Nozione - Richiamo all'art. 31, comma secondo, L. n. 47 del 1985 - Necessità.
In tema di condono edilizio, la nozione di ultimazione dell'opera cui fare riferimento ai fini dell'applicabilità della relativa disciplina è quella dettata dall'art. 31, comma secondo, L. 20 febbraio 1985, n. 47 cui rinvia l'art. 32, comma venticinquesimo, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. con modd. in L. 24 novembre 2003, n. 326), sicchè era necessario che entro il termine del 31 marzo 2003 fosse stato eseguito il rustico e completata la copertura. (Nella specie, non erano state ancora eseguite le opere di tamponatura esterna).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 29/05/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 01638
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 045131/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) BRANCA Francesco, N. IL 12/11/1937;
avverso SENTENZA del 21/02/2006 CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. IANNIELLO Antonio;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per annullarsi la sentenza per prescrizione del reato in maniera sismica, rigettarsi il ricorso nel resto;
Udito il difensore Avv. BRANCE Antonino Terme Vigliatore. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'appello di Messina ha confermato in data 21 febbraio 2006 la sentenza del 24 giugno 2005 con la quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva condannato Francesco BRANCA alla pena di mesi tre di arresto e Euro 15.000,00, di ammenda, convertendo la pena detentiva nella corrispondente pecuniaria di Euro 3.420,00, (con l'ordine di demolizione), avendolo ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 81 cpv. c.p., L. 28 febbraio 1985, nn. 47, 17, 18 e 20, art. 20, comma 1, lett. b), L. 2 febbraio 1974, n. 64 per avere eseguito, quale proprietario committente, un intervento edilizio consistente in un fabbricato a due elevazioni fuori terra in totale difformità dalla concessione edilizia rilasciatagli, che di piani ne prevedeva solo uno e senza l'osservanza delle norme in materia di costruzioni in zona sismica. In Terme Vigliatore, come accertato il 28 maggio 2003.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo:
1 - l'inosservanza della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 31, in relazione al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, e il vizio di motivazione sull'argomento.
I giudici avrebbero infatti ritenuto non condonabile l'opera (della quale l'imputato aveva chiesto il condono pagando la relativa oblazione) e quindi non avrebbero sospeso il processo in attesa dell'esito della domanda di condono presentata, affermando che l'edificio non era ultimato alla data utile per fruire del condono (31.3.03) perché al momento del sequestro mancavano gli infissi, con ciò mostrando di ignorare la nozione di ultimazione utile ai fini del condono ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 2. Applicando la corretta nozione di ultimazione, la Corte territoriale avrebbe potuto approdare a conclusioni diametralmente opposte, tenuto conto che il C.T.U. del P.M. aveva indicato i volumi del fabbricato occupato, implicitamente così riconoscendo l'esistenza del rustico ed aveva esplicitamente accertato l'esistenza del tetto;
2 - l'inosservanza del cit. D.L. n. 269 del 2003, art. 32, e la mancanza di motivazione sul punto.
La Corte non si era infatti occupata del fatto che la volumetria dell'ampliamento contestato fosse, come indicato in appello, inferiore a me. 750, vale a dire me. 720 e quindi fosse condonabile. 3 - la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 7, e difetto di motivazione sul punto: se l'ampliamento è inferiore ai 750 me, mentre ulteriori me. 93 del fabbricato erano stati regolarmente assentiti, l'ordine di demolizione che ha investito l'intero fabbricato sarebbe illegittimo.
4 - in via subordinata, la violazione delle norme sismiche è ormai prescritta, per cui andrebbe comunque ridotta la pena. Il ricorrente conclude pertanto chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
All'udienza del 29 maggio 2007 le parti hanno concluso come in epigrafe indicato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
All'odierna udienza, il difensore dell'imputato ha eccepito la mancata notifica all'imputato dell'avviso di deposito della sentenza d'appello.
Risulta in proposito dagli atti, che questa Corte è tenuta ad esaminare dato il tipo di rilievo svolto, attinente comunque ad un dato che è necessario verificare ed è stato verificato in precedenza d'ufficio, che l'avviso in parola, spedito a mezzo del servizio postale, non venne consegnato alla data del 19 agosto 2006 di accesso all'indirizzo dell'imputato in quanto questi risultò assente per cui l'avviso che il relativo plico sarebbe stato giacente presso l'ufficio postale venne immesso contestualmente nella sua cassetta della corrispondenza.
Risulta ancora dagli atti che in data 28 agosto 2006 il plico venne ritirato da persona risultante dalla sottoscrizione diversa dall'imputato, ma della quale la ricevuta medesima attesta la qualità alternativa di delegato del destinatario, come tale accertata dal pubblico ufficiale postale procedente alla consegna del plico medesimo.
L'eccezione è pertanto infondata.
Col primo motivo di ricorso viene censurata la sentenza laddove ha e- scluso la condonabilità dell'opera in quanto ritenuta non ultimata al momento dell'accertamento del 28 maggio 2003.
Al riguardo si ricorda che il D.L. 30 settembre 2003, art. 32, comma 25, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, consentiva il condono (anche con effetto estintivo dei relativi reati) di opere edilizie abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 e che la L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 31, comma 2, cui la precedente rinvia per la disciplina del condono, stabiliva che "si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.
Deduce il ricorrente che viceversa la Corte territoriale avrebbe adottato un criterio di valutazione diverso, trascurando il fatto che in atti era possibile rinvenire la prova della ultimazione dei lavori alla data indicata.
La censura è infondata, in quanto in buona parte sostenuta da una imprecisione nella espressione del pensiero della Corte territoriale, col riferimento alla mancanza di infissi al momento del sequestro avvenuto nell'ottobre 2003 a distanza di oltre sei mesi dalla data di ultimazione utile per chiedere il condono.
In ogni caso, la Corte d'appello richiama espressamente sul punto la sentenza di primo grado, come è consentito in via di principio nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelle già esaminate e disattese dallo stesso (Cass. 15 luglio 2004 n. 31980). In proposito il Tribunale aveva più specificatamente rilevato che "all'epoca del sequestro, intervenuto nell'ottobre del 2003, non esistevano le tamponature esterne" dell'edificio ed aveva richiamato la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla qualificazione delle opere di tamponatura come e-lementi costitutivi del rustico (cfr., per tutte, Cass. 10 giugno 2004 n. 26119), pertanto correttamente ritenendo quest'ultim non ancora eseguito completamente alla data del sequestro e tanto meno a quella del 31 marzo 2003.
A fronte di tale accertamento perdono altresì rilievo le considerazioni della difesa dell'imputato relativamente a deduzioni tratte dalle valutazioni volumetriche operate dal consulente del P.M..
Acquisita la non condonabilità dell'abuso contestato, anche il secondo motivo di ricorso diviene infondato, correttamente la Corte avendo ritenuto superfluo esaminare l'argomento della riconducibilità dello stesso alle dimensioni utili per il condono. La Corte d'appello di Messina ha invece esaminato, più in generale e ai fini del terzo motivo di ricorso, il tema del possibile scorporo dell'edificio in due unità autonome da distinguere nettamente in sede di emissione dell'ordine di abbattimento, in quanto una delle due sarebbe regolarmente assentita.
In proposito, i giudici hanno accertato in fatto, in maniera incensurabile in questa sede, se non con precisi riferimenti alla motivazione o a specifici atti del processo, che l'opera abusiva aveva natura unitaria per cui era impossibile discernere all'interno di essa la parte assentita da quella abusiva e che essa rappresentava un intervento edilizio operato in insanabile difformità dalla concessione edilizia a suo tempo rilasciata.
Anche il terzo motivo di ricorso è pertanto infondato. Poiché i motivi di ricorso non sono peraltro nel loro complesso manifestamene infondati (il che, impedendo un regolare radicamento del rapporto processuale in questa sede di legittimità, non consentirebbe a questa Corte di rilevare cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., tra le quali la prescrizione del reato: cfr., da ultimo Cass. S.U. 22 giugno 2005 n. 23428), va rilevata d'ufficio l'estinzione per prescrizione del reato contestato ai sensi della legge n. 64 del 1974 alla data del 28 maggio 2006 o comunque dell'ottobre 2006, ai norma del combinato disposto dell'art. 157 c.p., comma 1, n. 5, 158, commi 1 e 160, nel testo antecedente alla modifica di cui alla legge.
Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata va annullata limitatamente al capo b) di imputazione perché il reato è estinto per prescrizione. Essendo possibile determinare direttamente la pena conseguentemente da eliminare in Euro 3.000,00, (v. sentenza di primo grado), l'annullamento è senza rinvio, ai sensi dell'art. 620 c.p.p., lett. 1.
Il ricorso va infine rigettato nel resto.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo b) di imputazione, perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di Euro 3.000,00, di ammenda. Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2007
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 29/05/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 01638
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 045131/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) BRANCA Francesco, N. IL 12/11/1937;
avverso SENTENZA del 21/02/2006 CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. IANNIELLO Antonio;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per annullarsi la sentenza per prescrizione del reato in maniera sismica, rigettarsi il ricorso nel resto;
Udito il difensore Avv. BRANCE Antonino Terme Vigliatore. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'appello di Messina ha confermato in data 21 febbraio 2006 la sentenza del 24 giugno 2005 con la quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva condannato Francesco BRANCA alla pena di mesi tre di arresto e Euro 15.000,00, di ammenda, convertendo la pena detentiva nella corrispondente pecuniaria di Euro 3.420,00, (con l'ordine di demolizione), avendolo ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 81 cpv. c.p., L. 28 febbraio 1985, nn. 47, 17, 18 e 20, art. 20, comma 1, lett. b), L. 2 febbraio 1974, n. 64 per avere eseguito, quale proprietario committente, un intervento edilizio consistente in un fabbricato a due elevazioni fuori terra in totale difformità dalla concessione edilizia rilasciatagli, che di piani ne prevedeva solo uno e senza l'osservanza delle norme in materia di costruzioni in zona sismica. In Terme Vigliatore, come accertato il 28 maggio 2003.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo:
1 - l'inosservanza della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 31, in relazione al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, e il vizio di motivazione sull'argomento.
I giudici avrebbero infatti ritenuto non condonabile l'opera (della quale l'imputato aveva chiesto il condono pagando la relativa oblazione) e quindi non avrebbero sospeso il processo in attesa dell'esito della domanda di condono presentata, affermando che l'edificio non era ultimato alla data utile per fruire del condono (31.3.03) perché al momento del sequestro mancavano gli infissi, con ciò mostrando di ignorare la nozione di ultimazione utile ai fini del condono ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 2. Applicando la corretta nozione di ultimazione, la Corte territoriale avrebbe potuto approdare a conclusioni diametralmente opposte, tenuto conto che il C.T.U. del P.M. aveva indicato i volumi del fabbricato occupato, implicitamente così riconoscendo l'esistenza del rustico ed aveva esplicitamente accertato l'esistenza del tetto;
2 - l'inosservanza del cit. D.L. n. 269 del 2003, art. 32, e la mancanza di motivazione sul punto.
La Corte non si era infatti occupata del fatto che la volumetria dell'ampliamento contestato fosse, come indicato in appello, inferiore a me. 750, vale a dire me. 720 e quindi fosse condonabile. 3 - la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 7, e difetto di motivazione sul punto: se l'ampliamento è inferiore ai 750 me, mentre ulteriori me. 93 del fabbricato erano stati regolarmente assentiti, l'ordine di demolizione che ha investito l'intero fabbricato sarebbe illegittimo.
4 - in via subordinata, la violazione delle norme sismiche è ormai prescritta, per cui andrebbe comunque ridotta la pena. Il ricorrente conclude pertanto chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
All'udienza del 29 maggio 2007 le parti hanno concluso come in epigrafe indicato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
All'odierna udienza, il difensore dell'imputato ha eccepito la mancata notifica all'imputato dell'avviso di deposito della sentenza d'appello.
Risulta in proposito dagli atti, che questa Corte è tenuta ad esaminare dato il tipo di rilievo svolto, attinente comunque ad un dato che è necessario verificare ed è stato verificato in precedenza d'ufficio, che l'avviso in parola, spedito a mezzo del servizio postale, non venne consegnato alla data del 19 agosto 2006 di accesso all'indirizzo dell'imputato in quanto questi risultò assente per cui l'avviso che il relativo plico sarebbe stato giacente presso l'ufficio postale venne immesso contestualmente nella sua cassetta della corrispondenza.
Risulta ancora dagli atti che in data 28 agosto 2006 il plico venne ritirato da persona risultante dalla sottoscrizione diversa dall'imputato, ma della quale la ricevuta medesima attesta la qualità alternativa di delegato del destinatario, come tale accertata dal pubblico ufficiale postale procedente alla consegna del plico medesimo.
L'eccezione è pertanto infondata.
Col primo motivo di ricorso viene censurata la sentenza laddove ha e- scluso la condonabilità dell'opera in quanto ritenuta non ultimata al momento dell'accertamento del 28 maggio 2003.
Al riguardo si ricorda che il D.L. 30 settembre 2003, art. 32, comma 25, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, consentiva il condono (anche con effetto estintivo dei relativi reati) di opere edilizie abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 e che la L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 31, comma 2, cui la precedente rinvia per la disciplina del condono, stabiliva che "si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.
Deduce il ricorrente che viceversa la Corte territoriale avrebbe adottato un criterio di valutazione diverso, trascurando il fatto che in atti era possibile rinvenire la prova della ultimazione dei lavori alla data indicata.
La censura è infondata, in quanto in buona parte sostenuta da una imprecisione nella espressione del pensiero della Corte territoriale, col riferimento alla mancanza di infissi al momento del sequestro avvenuto nell'ottobre 2003 a distanza di oltre sei mesi dalla data di ultimazione utile per chiedere il condono.
In ogni caso, la Corte d'appello richiama espressamente sul punto la sentenza di primo grado, come è consentito in via di principio nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelle già esaminate e disattese dallo stesso (Cass. 15 luglio 2004 n. 31980). In proposito il Tribunale aveva più specificatamente rilevato che "all'epoca del sequestro, intervenuto nell'ottobre del 2003, non esistevano le tamponature esterne" dell'edificio ed aveva richiamato la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla qualificazione delle opere di tamponatura come e-lementi costitutivi del rustico (cfr., per tutte, Cass. 10 giugno 2004 n. 26119), pertanto correttamente ritenendo quest'ultim non ancora eseguito completamente alla data del sequestro e tanto meno a quella del 31 marzo 2003.
A fronte di tale accertamento perdono altresì rilievo le considerazioni della difesa dell'imputato relativamente a deduzioni tratte dalle valutazioni volumetriche operate dal consulente del P.M..
Acquisita la non condonabilità dell'abuso contestato, anche il secondo motivo di ricorso diviene infondato, correttamente la Corte avendo ritenuto superfluo esaminare l'argomento della riconducibilità dello stesso alle dimensioni utili per il condono. La Corte d'appello di Messina ha invece esaminato, più in generale e ai fini del terzo motivo di ricorso, il tema del possibile scorporo dell'edificio in due unità autonome da distinguere nettamente in sede di emissione dell'ordine di abbattimento, in quanto una delle due sarebbe regolarmente assentita.
In proposito, i giudici hanno accertato in fatto, in maniera incensurabile in questa sede, se non con precisi riferimenti alla motivazione o a specifici atti del processo, che l'opera abusiva aveva natura unitaria per cui era impossibile discernere all'interno di essa la parte assentita da quella abusiva e che essa rappresentava un intervento edilizio operato in insanabile difformità dalla concessione edilizia a suo tempo rilasciata.
Anche il terzo motivo di ricorso è pertanto infondato. Poiché i motivi di ricorso non sono peraltro nel loro complesso manifestamene infondati (il che, impedendo un regolare radicamento del rapporto processuale in questa sede di legittimità, non consentirebbe a questa Corte di rilevare cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., tra le quali la prescrizione del reato: cfr., da ultimo Cass. S.U. 22 giugno 2005 n. 23428), va rilevata d'ufficio l'estinzione per prescrizione del reato contestato ai sensi della legge n. 64 del 1974 alla data del 28 maggio 2006 o comunque dell'ottobre 2006, ai norma del combinato disposto dell'art. 157 c.p., comma 1, n. 5, 158, commi 1 e 160, nel testo antecedente alla modifica di cui alla legge.
Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata va annullata limitatamente al capo b) di imputazione perché il reato è estinto per prescrizione. Essendo possibile determinare direttamente la pena conseguentemente da eliminare in Euro 3.000,00, (v. sentenza di primo grado), l'annullamento è senza rinvio, ai sensi dell'art. 620 c.p.p., lett. 1.
Il ricorso va infine rigettato nel resto.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo b) di imputazione, perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di Euro 3.000,00, di ammenda. Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2007