Cass. Sez. III n. 37320 del 10 ottobre 2007 (ud. 3 lug. 2007)
Pres. Lupo Est. Fiale Ric. Pancaldo
Urbanistica. Ordinanza di sospensione dei lavori

L\'ordine amministrativo di sospensione dei lavori non si correla soltanto alle opere soggette a concessione edilizia (oggi permesso di costruire) ma ben può inerire a tutte le attività incompatibili con le esigenze di tutela dell\'assetto del territorio ed il legislatore, con la fattispecie incriminatrice, ha inteso punire il comportamento di chiunque contrasti l\'intervento cautelare della pubblica amministrazione in detto ambito.
Nel caso in cui sia stato contestato all\'imputato di avere dato corso a lavori edilizi in assenza di concessione e di avere proseguito tali lavori malgrado l\'intervenuta ordinanza di sospensione, qualora il giudice abbia ritenuto che l\'esecuzione di quei lavori, non essendo assoggettata al regime concessorio, non è prevista dalla legge come reato, non altrettanto può affermarsi relativamente alla prosecuzione dei lavori nonostante l\'ordine di sospensione. Il reato ha infatti carattere plurioffensivo, in quanto l\'interesse protetto dalla norma incriminatrice - in uno con quello del regolare assetto del territorio, insito nel provvedimento preso ed in tutta la disciplina urbanistica - è quello specifico del rispetto delle prescrizioni adottate dalla pubblica amministrazione nell\' esercizio del potere di autotutela. Il giudice penale non può sindacare il merito del provvedimento comunale di sospensione dei lavori, bensì solo la sua legittimità, con riferimento alla classica tripartizione delle ipotesi di illegittimità dell\'atto amministrativo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 03/07/2007
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 1955
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 43172/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PANCALDO Gaetano, nato a Messina il 17 5.1914;
avverso la sentenza 13.12.2005 della Corte di Appello di Messina;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dott. BAGLIONE Tindari, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Messina, con sentenza del 13.12,2005, confermava la sentenza 27.6.2004 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato la responsabilità penale di PANCALDO Gaetano in ordine ai reati di cui:
- all\'art. 349 cpv. c.p., (per avere violato i sigilli apposti dall\'autorità giudiziaria ad un fabbricato oggetto di interventi edilizi del quale era stato nominato custode (acc. in Messina, via San Bernardo, il 15.5.2002);
alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), (per avere proseguito lavori edilizi dopo l\'ordinanza comunale di sospensione notificatagli il 15.1.2000);
e, con le riconosciute circostanze attenuanti generiche equivalenti all\'aggravante contestata per il delitto, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., lo aveva condannato alla pena di mesi nove di reclusione, giorni cinque di arresto, Euro 900,00, di multa ed Euro 900,00, di ammenda, concedendo i benefici della non menzione della condanna e della sospensione condizionale della pena, subordinato quest\'ultimo alla integrale demolizione delle opere abusive nel termine dì tre mesi dalla formazione del giudicato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il PANCALDO, il quale sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione ha eccepito:
- l\'insussistenza dei reati, in quanto il primo giudice lo aveva contestualmente assolto da altra imputazione - formulata quale violazione alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), "per avere protratto i lavori dì costruzione abusiva senza concessione edilizia" escludendo la necessità di detto titolo abilitativo per avere riconosciuto ai lavori medesimi le caratteristiche della "manutenzione straordinaria".
Si tratterebbe di lavori consistiti nella prosecuzione di quelli per i quali egli era stato già assolto dal Tribunale di Messina con precedente sentenza del 22.3.2002 e, in ogni caso, egli aveva poi presentato domanda di condono edilizio, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, convertito dalla L. n. 326 del 2003, che la Corte territoriale erroneamente aveva considerato irrilevante ai fini dell\'estinzione del reato contravvenzionale per cui è intervenuta condanna;
- l\'illegittima subordinazione del concesso beneficio della sospensione della pena alla demolizione delle opere eseguite, pur essendo stato riconosciuto che esse non erano soggette a concessione edilizia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è parzialmente fondato e merita accoglimento nei limiti di seguito specificati.
1. Quanto alla contravvenzione di prosecuzione dei lavori nonostante l\'intervenuta notifica di un provvedimento comunale di sospensione, il Collegio condivide e ribadisce la giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo la quale:
- l\'ordine amministrativo di sospensione dei lavori non si correla soltanto alle opere soggette a concessione edilizia (oggi permesso di costruire) ma ben può inerire a tutte le attività incompatibili con le esigenze di tutela dell\'assetto del territorio (vedi Cass. Sez. 3, 27.11.1997, n. 10881, P.M. in proc. Sabatini) ed il legislatore, con la fattispecie incriminatrice in esame, ha inteso punire il comportamento di chiunque contrasti l\'intervento cautelare della pubblica amministrazione in detto ambito.
Alla stregua di tale presupposto è stato affermato, pertanto, che nel caso in cui sia stato contestato all\'imputato di avere dato corso a lavori edilizi in assenza di concessione e di avere proseguito tali lavori malgrado l\'intervenuta ordinanza di sospensione, qualora il giudice abbia ritenuto che l\'esecuzione di quei lavori, non essendo assoggettata al regime concessorio, non è prevista dalla legge come reato, non altrettanto può affermarsi relativamente alla prosecuzione dei lavori nonostante l\'ordine di sospensione (vedi Cass. Sez. 3, 15.12.1988, Schenatti);
- il reato ha carattere plurioffensivo, in quanto l\'interesse protetto dalla norma incriminatrice
- in uno con quello del regolare assetto del territorio, insito nel provvedimento preso ed in tutta la disciplina urbanistica - è quello specifico del rispetto delle prescrizioni adottate dalla pubblica amministrazione nell\'esercizio del potere di autotutela (vedi Cass. Sez. 3, 17.5.2005, n. 18199, Tomassetti);
- il giudice penale non può sindacare il merito del provvedimento comunale di sospensione dei lavori, bensì solo la sua legittimità, con riferimento alla classica tripartizione delle ipotesi di illegittimità dell\'atto amministrativo (vedi Cass. Sez. 3, 13.4.1996, n. 3594, P.M. in proc. Scurto).
Alla stregua dei principi dianzi enunciati, non rileva nella fattispecie in esame la circostanza che i giudici del merito abbiano ritenuto che, per l\'esecuzione di quei lavori in relazione ai quali venne emesso il provvedimento sospensivo (di cui non emergono profili di illegittimità), non era necessaria la concessione edilizia. La contravvenzione contestata però, non sussiste, perché manca del tutto la dimostrazione che la prosecuzione illecita dei lavori sia avvenuta dopo la notifica dell\'ordine di sospensione. La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla contravvenzione medesima, perché il fatto non sussiste e va eliminata la pena di giorni cinque di arresto ed euro 900,00 di ammenda, inflitta per tale reato.
2. Il venire meno della condanna per la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), comporta la necessaria caducazione dell\'ordine di demolizione delle opere abusive che va impartito ai sensi della stessa legge art. 7, u.c., (disposizione recepita nel del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, T.U.), integrando tale ordine una sanzione amministrativa di tipo ablatorio, caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell\'organo istituzionale al quale ne è attribuita l\'applicazione, la cui catalogazione fra i provvedimenti giurisdizionali trova ragione giuridica proprio nella sua accessività alla "sentenza di condanna" (vedi, in tal senso, Cass. Sez. Unite, 24.7.1996, ric. Monterisì).
Ne deriva che nella fattispecie in esame, non trovando più giustificazione la possibilità di un ordine demolitorio impartito dal giudice, deve essere eliminata la condizione (dell\'effettuata demolizione) apposta al beneficio della sospensione della pena. 3. Sussiste, invece, il delitto di cui all\'art. 349 c.p., poiché secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema - tale norma incriminatrice richiede soltanto che l\'apposizione dei sigilli derivi da una disposizione di legge o da un ordine dell\'autorità e, una volta che il vincolo sia apposto a tutela dell\'identità e della conservazione della cosa, esso non può essere comunque violato dal privato, indipendentemente da ogni questione ricollegabile alla legittimità o all\'efficacia del provvedimento impositivo (vedi Cass. Sez. 3: 28.3.2001, n. 12308, Minieri).
Sul delitto in esame, inoltre, non produce alcun effetto la procedura di condono edilizio attivata ai sensi del D.L. n. 269 del 2003. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p..
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla contravvenzione, perché il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di giorni cinque di arresto ed Euro 900,00, di ammenda. Elimina la condizione apposta al concesso beneficio della sospensione della pena.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2007.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2007