Cass. Sez. III n. 21088 del 28 maggio 2021 (CC 6 mag 2021)
Pres. Gentili Est. Semeraro Ric. Basile
Urbanistica.Condizioni per il sequestro dell’immobile abusivo ultimato

E’ ammissibile il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente anche nell'ipotesi in cui l'edificazione sia ultimata, fermo restando l'obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilità del bene. La sussistenza delle esigenze cautelari va collegata all’accertamento in concreto di quali conseguenze negative sul regolare assetto del territorio, in termini di aggravio del carico urbanistico, derivino dalla libera disponibilità del bene, tenuto conto della mole delle opere realizzate in rapporto allo stato dei luoghi, dell'aggravio per il traffico veicolare, del trasferimento nella zona interessata di un numero di persone tali da incidere sulla fruizione dei servizi pubblici, dell'impatto dell'insediamento sul tessuto abitativo.


RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza del 12 gennaio 2021 il Tribunale del riesame di Palermo ha accolto l’appello del pubblico ministero avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 12 novembre 2020 con la quale è stata disposta le revoca del decreto genetico di sequestro preventivo dell’immobile della Euro Real Estate s.p.a., di cui è legale rappresentante Filippo Basile, per l’insussistenza del periculum in mora, ferma la sussistenza del fumus del reato ex art. 44 d.P.R. 380/2001.
Il Tribunale del riesame ha pertanto ripristinato il sequestro preventivo dell’immobile, sede del centro sportivo Virgin active, disposto con il decreto genetico del 30 settembre 2020 del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Filippo Basile, legale rappresentante della Euro Real Estate s.p.a., deducendo, ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. l’erronea applicazione degli art. 44 d.P.R. 380/2001 e 321 cod. proc. pen., nonché, ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. il vizio di mancanza di motivazione.
Dopo aver ricostruito la genesi del procedimento, si sostiene che il Tribunale del riesame avrebbe erroneamente applicato gli art. 44 d.P.R. 380/2001 e 321 cod. proc. pen. nel ritenere sussistente il significativo aggravio del carico urbanistico determinato dalla realizzazione delle opere ritenute abusive, costituite dalla piscina e dal solaio di mq. 629,305.
La motivazione sul punto sarebbe inoltre apparente e non in linea con la giurisprudenza citata nel ricorso.
Il Tribunale del riesame non avrebbe motivato sul perché l’opera avrebbe comportato una nuova domanda di servizi ed infrastrutture destinata ad aggravare il carico urbanistico, premessa l’urbanizzazione della specifica zona in cui è ubicata l’opera.
Gli elementi adoperati, il numero di iscritti al centro sportivo, non avrebbe rilevanza; sarebbe stata omessa la valutazione di un dato, riportato nell’appello del pubblico ministero, relativo alle presenze giornaliere registrate dal centro sportivo, anche in precedenza.
Quanto alla piscina, l’aggravio del carico urbanistico sarebbe stato motivato con riferimento al significativo impatto sugli impianti di smaltimento delle acque reflue senza però verificare l’esistenza del nulla osta rilasciato dall’Amap al mantenimento degli allacci fognari a servizio dell’impianto a seguito della richiesta presentata dal centro proprio per lo scarico diverso dal precedente.
Il Tribunale del riesame avrebbe poi frainteso in concetto di carico urbanistico, definito dalle Sezioni Unite con la sentenza 12878/2003, dalla legge 847/1964 quanto alle opere di urbanizzazione primaria, dalla legge 865/1971 quanto alle opere di urbanizzazione secondaria – tale essendo il centro fitness Virgin Active.
Il centro si troverebbe su un’area destinata dal P.R.G. di Palermo ai servizi pubblici e attrezzature per attività collettive, agli impianti sportivi, non determinerebbe alcun aumento del numero degli abitanti della zona.
La giurisprudenza citata dal Tribunale del riesame si riferirebbe a casi diversi, quali il mutamento della destinazione d’uso, qui non esistente.
La decisione non rispetterebbe neanche l’art. 24 della legge della regione Sicilia n.16/2016 che dà la definizione di carico urbanistico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile ex art. 325 e 606 comma 3 cod. proc. pen. nella parte in cui deduce il vizio della motivazione.
1.1. Avverso le ordinanze emesse nella procedura di riesame delle misure cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso, ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen., soltanto per violazione di legge; è preclusa ogni censura relativa ai vizi della motivazione, salvi i casi della motivazione assolutamente mancante - che si risolve in una violazione di legge per la mancata osservanza dell'obbligo stabilito dall'art. 125 cod. proc. pen. – e della motivazione apparente, tale cioè da rendere l'apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi, inidonei, a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice.
1.2. Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi); motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Caldaras; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell'8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Bonati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov).
1.3. Non può essere dedotto il vizio della illogicità manifesta della motivazione, che può essere denunciato, in sede di legittimità, soltanto mediante lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
1.4. La motivazione dell’ordinanza impugnata non può in alcun modo dirsi assente, essendo graficamente presente, né apparente, tanto che per contestarne il contenuto il ricorrente propone valutazioni alternative di merito o l’omessa valutazione di elementi di prova, per altro non emergendo la loro pregressa sottoposizione al Tribunale del riesame.

2. Non sussiste poi la dedotta violazione di legge sulla sussistenza del periculum in mora: il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto della giurisprudenza.
2.1. Con la sentenza n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti, Rv. 223721, le Sezioni Unite hanno affermato il principio, proprio in tema di sequestro preventivo di manufatti abusivi ultimati, per cui «Il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato».
2.2. Tale principio è stato poi sviluppato dalla giurisprudenza successivamente formatasi (cfr. Sez. 3, n. 52051 del 20/10/2016, Giudici, Rv. 268812 – 01) affermando che è ammissibile il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente anche nell'ipotesi in cui l'edificazione sia ultimata, fermo restando l'obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilità del bene (fattispecie in cui la Corte ha annullato il provvedimento di sequestro di un impianto per la produzione di energia eolica, che di per sé, non incide sulla domanda di elementi urbanistici secondari, sul rilievo che non era stato valutato in concreto se dall'uso dell'impianto derivasse un aumento del cosiddetto carico urbanistico).
2.3. La sussistenza delle esigenze cautelari è stata collegata all’accertamento in concreto di quali conseguenze negative sul regolare assetto del territorio, in termini di aggravio del carico urbanistico, derivino dalla libera disponibilità del bene, tenuto conto della mole delle opere realizzate in rapporto allo stato dei luoghi, dell'aggravio per il traffico veicolare, del trasferimento nella zona interessata di un numero di persone tali da incidere sulla fruizione dei servizi pubblici, dell'impatto dell'insediamento sul tessuto abitativo (Sez. 3, n. 10101 del 15/11/2012, dep. 2013, Vigorito, non massimata).
Nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento coercitivo.
Cfr. anche Sez.  3, n. 6599 del 24/11/2011, dep. 2012, Susinno, Rv. 252016, per cui il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche su un immobile abusivo già ultimato e rifinito, laddove la libera disponibilità di esso possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul «carico urbanistico», il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici della consistenza dell'insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive.
2.4. Va in primo luogo rilevato che le opere realizzate che avrebbero determinato un aumento di volumetria e di sagoma dell’immobile sono diverse ed indicate nei capi di imputazione 1 (nel quale si fa riferimento ad una nuova volumetria di 125 metri cubi), 2 (la piscina nell’area esterna di 64 mq.), 3 (altre due volumetrie di 165X225X180 e 140X445X95 di altezza), oltre al nuovo solaio di cui al capo 4 (mq.629,305).
2.5. Va ribadito il principio per cui (cfr. Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011, Forte, Rv. 252125 – 01), in tema di reati edilizi, la valutazione dell'opera ai fini della individuazione del regime abilitativo necessario deve riguardare la stessa nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti.
Nello stesso senso Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015, Casciato, Rv. 263473 - 01 per cui, in tema di reati edilizi, la valutazione dell'opera, ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell'attività edificatoria nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti.
2.6. Il Tribunale del riesame ha correttamente motivato la sussistenza del periculum in mora prendendo in esame tutti i lavori (punto 5.3.) e valutando poi in particolare l’aumento del carico urbanistico sulle strutture principali, la piscina e l’aumento della superficie utile interna, la cui illegittimità deriva proprio dalla valutazione complessiva delle opere realizzate.
2.7. Il Tribunale del riesame ha collegato l’aggravio del carico urbanistico ad elementi concreti; ha preso in esame la natura delle opere realizzate abusivamente ed il numero degli iscritti prima e dopo la realizzazione delle opere: ha di conseguenza ritenuto che le opere hanno in concreto determinato un maggiore afflusso di persone nella zona e l'aggravio per il traffico veicolare.
Inoltre, il Tribunale del riesame ha correttamente affermato che il trasferimento nella zona interessata di un numero maggiore di persone tali incidere inevitabilmente anche sulla fruizione dei servizi pubblici.
2.8. Quanto poi all’impatto sugli impianti di smaltimento delle acque reflue esistenti, il Tribunale del riesame ha fondato la valutazione sulla relazione del consulente tecnico del pubblico ministero mentre non risulta se il nulla osta allegato sub 3) sia stato prodotto anche al Tribunale del riesame
2.9. Alcuna concreta rilevanza ha poi l’art. 24 della legge della regione Sicilia n.16/2016 riferito alle sole ipotesi di mutamento di destinazione d’uso.

3. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 06/05/2021.