Il certificato di rispondenza ex art. 62 D.P.R. n. 380/2001 e l’espropriazione di fatto.

di Massimo GRISANTI

Sinora, per quanto mi consta, in dottrina non è stata analizzata la modifica dell’art. 5, comma 3, del Testo Unico dell’Edilizia apportata da parte della Legge n. 134/2012, il cui testo si riporta per esteso:

“3. Ai fini del rilascio del permesso di costruire, lo sportello unico per l’edilizia acquisisce direttamente o tramite conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell’intervento edilizio. Nel novero di tali assensi rientrano, in particolare:

a) il parere della azienda sanitaria locale (ASL), nel caso in cui non possa essere sostituito da una dichiarazione ai sensi dell’articolo 20, comma 1;

b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa antincendio;

c) le autorizzazioni e le certificazioni del competente ufficio tecnico della regione, per le costruzioni in zone sismiche di cui agli articoli 61, 62 e 94;

d) l’assenso dell’amministrazione militare per le costruzioni nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di difesa dello Stato o a stabilimenti militari, di cui all’articolo 333 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

e) l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale in caso di costruzione, spostamento e modifica di edifici nelle zone di salvaguardia in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 19 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374;

f) l’autorizzazione dell’autorità competente per le costruzioni su terreni confinanti con il demanio marittimo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 55 del codice della navigazione;

g) gli atti di assenso, comunque denominati, previsti per gli interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, fermo restando che, in caso di dissenso manifestato dall’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, si procede ai sensi del medesimo codice;

h) il parere vincolante della Commissione per la salvaguardia di Venezia, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 6 della legge 16 aprile 1973, n. 171, e successive modificazioni, salvi i casi in cui vi sia stato l’adeguamento al piano comprensoriale previsto dall’articolo 5 della stessa legge, per l’attività edilizia nella laguna veneta nonché nel territorio dei centri storici di Chioggia e di Sottomarina e nelle isole di Pellestrina, Lido e Sant’Erasmo;

i) il parere dell’autorità competente in materia di assetti e vincoli idrogeologici;

l) gli assensi in materia di servitù viarie, ferroviarie, portuali e aeroportuali;

m) il nulla osta dell’autorità competente ai sensi dell’articolo 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, in materia di aree naturali protette.”.

 

Innanzi tutto non si può fare a meno di evidenziare che tutti gli atti elencati sono stati qualificati, almeno fin dal momento dell’entrata in vigore del T.U.E., come “atti di assenso”, necessari per formare un titolo abilitativo o per darvi esecuzione.

 

Inoltre, mentre nella versione iniziale del T.U.E. solamente il parere dell’ASL e dei vigili del fuoco doveva essere acquisito prima del rilascio del permesso di costruire, con la modifica legislativa in commento l’acquisizione di tutti i suddetti atti di assenso deve essere preliminare al rilascio del permesso, in quanto giudicati necessari per la realizzazione dell’intervento e, quindi, per la formazione di una compiuta volontà provvedimentale.

 

Un particolare sforzo interpretativo deve essere compiuto in ordine al certificato di rispondenza ex art. 62 T.U.E. la cui competenza al rilascio è dell’Ufficio tecnico della Regione.

 

Poiché il certificato di rispondenza alle norme tecniche e procedurali antisismiche deve essere rilasciato ad opera eseguita, ecco che la disposizione in commento non può che riferirsi ai casi di rilascio di permesso di costruire relativi ad immobili esistenti.

 

Tuttavia, a ben vedere, la norma deve applicarsi anche ai casi di interventi assoggettati a S.C.I.A. o D.I.A., in quanto la facoltatività dell’interessato di poter chiedere ed ottenere il permesso di costruire prevista dall’art. 22, comma 7, del T.U.E. non può logicamente incidere sulla necessarietà o meno del certificato di rispondenza per la formazione del titolo abilitativo edilizio.

 

Da notare che il certificato di rispondenza ex art. 62 T.U.E. riguarda le opere eseguite in qualsiasi zona sismica e – in quanto atto proprio della P.A. ex art. 19 della Legge n. 241/1990 e s.m.i. – non è sostituibile da una attestazione del tecnico privato libero professionista.

 

Pertanto, si ritiene che siano radicalmente inefficaci tutti i permessi di costruire, le D.I.A. e le S.C.I.A. relativi a progetti inerenti costruzioni o loro parti venute ad esistenza (a mezzo di interventi di ristrutturazione o di nuova edificazione) all’indomani dell’entrata in vigore delle norme antisismiche che siano prive del certificato di rispondenza, qualificato ex lege come atto di assenso. I relativi lavori, qualora eseguiti, sono radicalmente abusivi perché posti in essere in forza di titoli abilitativi inefficaci (permessi di costruire) o addirittura giuridicamente inesistenti perché mai formati (D.I.A. e S.C.I.A.).

 

Concludendo, non si può fare a meno di evidenziare che l’acquisto di un immobile privo del certificato di agibilità – anch’esso qualificato ex lege (art. 5, comma 2, T.U.E.) come atto di assenso, della cui documentazione a corredo il certificato di rispondenza ne costituisce elemento essenziale – condiziona pesantemente il potere di godimento nella maniera più ampia e consona alla propria funzione sociale.

 

Anzi, dirò di più: poiché ai sensi dell’art. 42 della Costituzione “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”, ecco che la violazione dei modi di godimento (anche attraverso il giuridico impedimento all’utilizzo derivante dall’omesso rilascio degli atti di assenso quali il certificato di rispondenza e il certificato di agibilità) finisce per negare agli immobili il riconoscimento di proprietà privata e le pubbliche amministrazioni operano una sorta di espropriazione non espressamente prevista dal legislatore ordinario.

 

Come condivisibilmente sostiene Paolo Maddalena, illustre docente di diritto romano e giu­dice costi­tuzionale fino al 2011, “l’articolo 42 ci dice che la pro­prietà ha tutela giu­ri­dica solo se ha fina­lità sociali”.

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Scritto il 01/05/2014