Cass. Sez. III n. 44517 del 31 ottobre 2019 (Ud 17 lug 2019)
Pres. Izzo Est. Ramacci Ric. D'Alba ed altri
Urbanistica.Condono edilizio e lottizzazione abusiva

Sulla limitata efficacia del condono edilizio rilasciato per manufatti abusivamente realizzati in esecuzione di una lottizzazione abusiva 

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 26/6/2014 ha parzialmente riformato la decisione in data 27/10/2011 del Tribunale di Trapani, appellata da Salvatore D’ALBA, Marcello D’ALBA, Sonia D’ALBA, Luisa TORREGROSSA, Gabriella AMATO, Domenico MARANZANO, Rosalia CAPPELLO, Barbara ARMELI, Giovanni VINCHIATURO, Giuseppa SACCONE, Francesco LO PRESTI, Provvidenza BONO, Pietro GARGIULO, Maria SANTORO, Bartolomeo REINA, Vincenza BILLECI, Nunzia SCALICI, Lidia COSTANZA, Filippo RAPPA, Domenico PIZZO, Giovanni BARBACCIA, Angela GIAMMONA, Silvia GIAMMONA e Giuseppe CALCINARO, dichiarando non doversi procedere nei confronti di Salvatore D’ALBA, Marcello D’ALBA, Sonia D’ALBA, Luisa TORREGROSSA, Barbara ARMELI, Pietro GARGIULO,  Maria SANTORO,  Giovanni BARBACCIA, Angela GIAMMONA, Silvia GIAMMONA e Giuseppe CALCINARO perché il reato loro ascritto è estinto per prescrizione, confermando nel resto la sentenza impugnata, con la quale era stata precedentemente dichiarata la prescrizione relativamente alle posizioni di Gabriella AMATO, Domenico MARANZANO, Rosalia CAPPELLO, Giovanni VINCHIATURO, Giuseppa SACCONE, Francesco LO PRESTI, Provvidenza BONO, Bartolomeo REINA, Vincenza BILLECI, Nunzia SCALICI, Elvira MARINO, Domenico MILITELLO, Lidia COSTANZA, Filippo RAPPA, Domenico PIZZO, ordinando altresì la confisca di terreni e fabbricati insistenti su un’area rispetto alla quale era stato a tutti contestato il reato di lottizzazione abusiva in relazione agli artt. 110 cod. pen., 44, lett. c) e 30 d.P.R. 380\01, commesso in San Vito Lo Capo nel periodo compreso dalla fine degli anni ‘90 fino al 31\1\2007, data del sequestro.

2. Avverso tale pronuncia Salvatore D’ALBA, Marcello D’ALBA e Sonia D’ALBA propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, Avv. Filippo ALOSI così come, sempre mediante i propri difensori fiduciari, Avv.ti Nicola MESSINA e Filippo BELLAVISTA, propongono congiuntamente ricorso Gabriella AMATO, Barbara ARMELI, Giovanni BARBACCIA, Vincenza BILLECI, Provvidenza BONO, Giuseppe CALCINARO, Rosalia CAPPELLO, Lidia COSTANZA, Pietro GARGIULO, Angela GIAMMONA, Silvia GIAMMONA, Francesco LO PRESTI, Domenico MARANZANO, Domenico PIZZO, Filippo RAPPA, Bartolomeo REINA, Giuseppa SACCONE, Nunzia SCALICI e Giovanni VINCHIATURO, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Ricorso Salvatore D’ALBA + 2  
Con un unico motivo si denuncia il vizio di motivazione, osservando che l’approvazione del frazionamento ad opera dell’amministrazione comunale dell’area interessata dagli interventi edilizi  evidenzierebbe l’insussistenza del reato contestato.
Si aggiunge che del tutto inconferente risulterebbe l’affermazione della Corte territoriale riguardo alla vendita dell’area, effettuata senza fare riferimento all’esistenza di un preliminare e dichiarando di aver ricevuto l’intero prezzo, essendo i ricorrenti, all’epoca, minorenni ed eredi dell’originario proprietario, inconsapevoli delle vicende che avevano interessato il terreno, riferibili alla dante causa, sicché i giudici del merito avrebbero dovuto mandarli assolti.

4. Ricorso Gabriella AMATO + 18
Con un primo motivo di ricorso si deduce la violazione di legge e la insussistenza del reato di lottizzazione abusiva, stante l’inesistenza dell’obbligo della preventiva redazione di un piano di lottizzazione e per essere l’attività edificatoria posta in essere conforme alle prescrizioni urbanistiche vigenti, in quanto la particella 157 del Foglio 10, al momento del frazionamento, sarebbe stata ricompresa in “zona stralciata” ai sensi del PUC n. 3, approvato con decreto 66/A del 16\4\1975 dal Presidente della Regione Siciliana, all’epoca strumento urbanistico generale per il comune di San Vito Lo Capo, il quale consentiva, in tali zone, l’edificazione come per le zone territoriali omogenee E2 e, segnatamente, fabbricati residenziali con densità fondiaria non superiore a 0,03 mc/mq attraverso singole concessioni edilizie, con ulteriori limiti di distacco ed altezza fuori terra.
Si aggiunge che, in ogni caso, sarebbero comunque mancati gli elementi tipici della lottizzazione,  trattandosi di piccolo insediamento non incidente in maniera significativa sul futuro assetto territoriale e mancando l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria. Il frazionamento della particella, inoltre, deriverebbe da divisione ereditaria e, quindi, rientrerebbe tra quelli consentiti dall’art. 30 del d.P.R. 380\01.

4.1. Con un secondo motivo di ricorso si denuncia l’illegittimità della disposta confisca, evidenziando il contrasto delle norme che la prevedono con la Costituzione e la giurisprudenza della Corte EDU ed osservando che la stessa non avrebbe dovuto essere disposta, anche perché i manufatti realizzati sarebbero stati oggetto di permesso in sanatoria conseguente a condono edilizio.

4.2. Con un terzo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione ed il travisamento della prova con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, stante la buona fede degli acquirenti desumibile dal fatto che i terreni, compravenduti con atto stipulato davanti ad un notaio che ne attestava la legittimità, erano stati oggetto di un frazionamento autorizzato.

4.3. Con un quarto motivo di ricorso si evidenzia la inapplicabilità della confisca, in ogni caso, nei confronti di Domenico PIZZO, Giovanni BARBACCIA, Pietro GARGIULO e Maria SANTORO essendosi costoro limitati ad acquistare, in buona fede e mediante atto notarile, unità immobiliari già realizzate ed oggetto di domande di condono già presentate.
Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.



CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Le condotte contestate nel giudizio di merito, come risulta dal capo di imputazione, attengono ad una lottizzazione posta in essere con condotte autonome ed in tempi diversi attraverso il frazionamento di un terreno a destinazione agricola in 18 lotti che, per caratteristiche, dimensioni, destinazione secondo gli strumenti urbanistici, numero, ubicazione e previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denunciavano l’evidente destinazione a scopo edificatorio, nonché mediante la realizzazione di opere abusive (costruzioni di corpi di fabbrica o ampliamento di corpi di fabbrica preesistenti, così da creare alcune “villette”).
La sentenza impugnata, richiamando per relationem, del tutto legittimamente, quella di primo grado, effettua una disamina accurata della vicenda, procedendo anche alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’acquisizione di documentazione prodotta dalla difesa, sviluppando, a sostegno della decisione assunta, un percorso argomentativo che, per le ragioni che si diranno, risulta del tutto aderente agli indirizzi interpretativi offerti dalla giurisprudenza di questa Corte, oltre che coerente e privo di cedimenti logici.
Con tali motivazioni, tuttavia, i ricorsi in esame non si confrontano se non in minima parte, limitandosi, per lo più, alla riproposizione delle medesime censure già prospettate nell’appello ed alle quali i giudici del gravame hanno già fornito esauriente risposta.

3. Ciò si riscontra, in particolare, nel ricorso di Salvatore D’ALBA, Marcello D’ALBA, Sonia D’ALBA, rispetto ai quali la Corte del merito ha posto in evidenza l’insussistenza della dedotta estraneità al reato, dando conto di una serie di dati fattuali ritenuti decisivi, quali la presentazione di almeno due domande di sanatoria da parte di Salvatore D’ALBA prima del decesso della sua dante causa, indicativa di un suo originario interesse al piano lottizzatorio, la stipula degli atti di compravendita senza che vi fosse un obbligo imposto da un preliminare stipulato in precedenza dalla dante causa, escludendo quindi che la realizzazione di fabbricati sul lotto costituisse l’anticipazione di una divisione ereditaria, ritenendola invece oggettivamente propedeutica al frazionamento successivo in cinque particelle ed alla vendita dei cinque immobili ai diversi proprietari che ne erano già in possesso in epoca antecedente alla stipula del contratto di compravendita, considerato, quindi, come il momento conclusivo di un preordinato percorso iniziato dalle originarie proprietarie dell’area.
Del resto, proprio con riferimento alla divisione ereditaria, questa Corte ha avuto modo di specificare che essa non impedisce la configurabilità della lottizzazione abusiva cartolare, poiché la disposizione dell'art. 30, comma primo, del d.P.R. n. 380 del 2001, ai sensi della quale le disposizioni in tema di lottizzazione abusiva non si applicano, tra l'altro, alle divisioni ereditarie, non va intesa nel senso di escludere in modo assoluto la configurabilità di una lottizzazione cartolare in presenza di un atto di divisione ereditaria, bensì quale esclusione in tale ipotesi degli indici di sintomaticità della lottizzazione, atteso che l'intento lottizzatorio, che non può desumersi dal semplice frazionamento, può essere ricavato da un "quid pluris" che evidenzi la volontà di lottizzare (Sez. 3, n. 38632 del 28/9/2005, Scalici, Rv. 23234501).
A tali argomentazioni, come si è detto, il ricorso oppone una diversa e personale lettura delle emergenze processuali senza in alcun modo scalfire la solidità della motivazione della sentenza impugnata, la quale non presenta affatto quei profili di contraddittorietà ed illogicità che il ricorso si limita ad affermare del tutto apoditticamente.

4. Più articolato, ma comunque caratterizzato da manifesta infondatezza, è il ricorso di  Gabriella AMATO, Barbara ARMELI, Giovanni BARBACCIA, Vincenza BILLECI, Provvidenza BONO, Giuseppe CALCINARO, Rosalia CAPPELLO, Lidia COSTANZA, Pietro GARGIULO, Angela GIAMMONA, Silvia GIAMMONA, Francesco LO PRESTI, Domenico MARANZANO, Domenico PIZZO, Filippo RAPPA, Bartolomeo REINA, Giuseppa SACCONE, Nunzia SCALICI e Giovanni VINCHIATURO.
Va rilevato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che lo stesso ripropone pedissequamente, in questa sede, la questione della classificazione dell’area successivamente frazionata già esaminata dal Tribunale, come chiaramente evidenziato nella sentenza impugnata.
Si tratta, come è evidente, di un accertamento in fatto che è stato compiutamente effettuato dai giudici del merito.
Osserva infatti a tale proposito il Tribunale, nella sentenza di primo grado (pag. 10 e ss.), che l’area in questione era sottoposta a vincolo ambientale fin dal 1979 e che, fino all’adozione del PRG, ricadeva in zona “stralciata”, per la quale, in attesa di una specifica elaborazione, era imposto un vincolo di inedificabilità assoluta per una fascia di 200 metri dal litorale marino, mentre la restante fascia era classificata come E2, verde agricolo, con indice di densità fondiaria pari a 0,03 mc/mq, sottoposta a particolari previsioni limitative delle costruzioni.
In ogni caso, va rilevato che l’articolo 19 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.U.C. n. 3, approvato con D.P.R.S. n. 66/A del 16/4/1975, citato in ricorso solo in parte, specifica che fanno parte delle zone territoriali omogenee tutte le parti del territorio destinate all’uso agricolo e che in dette zone è consentita la costruzione di tutti i fabbricati ed impianti necessari all’esercizio della attività agricola e zootecnica, nonché la costruzione di impianti industriali esclusivamente destinati alla trasformazione e conservazione dei prodotti delle colture della zona o strettamente connessi all’attività zootecnica locale.
Risulta dunque evidente lo scopo di mantenere in ogni caso la destinazione agricola dell’area, sicché l’edilizia residenziale riferita alle zone denominate E2 non può che riguardare la realizzazione di edifici che abbiano diretta attinenza alla conduzione del fondo ed all’abitazione di chi vi provvede e non anche alla edificazione di manufatti destinati, come nel caso in esame, a case di villeggiatura.

5. Parimenti inconsistenti risultano le ulteriori considerazioni riguardanti la ritenuta insussistenza della lottizzazione.
Si è già detto che il riferimento alla divisione ereditaria è stato oggetto di attento esame da parte della Corte di appello, che ha chiaramente esplicitato le ragioni per le quali la tesi difensiva della divisione ereditaria doveva ritenersi infondata, mentre deve ora rilevarsi il corretto inquadramento delle condotte poste in essere dai ricorrenti nell’ipotesi di lottizzazione abusiva.
Invero, il bene giuridico protetto dall’articolo 30 d.P.R. 380\01 è non solo quello dell’ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all’effettivo controllo del territorio medesimo da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione - cioè il comune – al quale spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito.
In generale, quindi, il reato di lottizzazione abusiva si configura attraverso la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e dalle leggi anche mediante la esecuzione di opere autorizzate.
La giurisprudenza di questa Corte ha, nel corso degli anni, elaborato una ormai consolidata descrizione generale dell’attività lottizzatoria che, pertanto, può dirsi configurata:
    • attraverso qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dalla entità del frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l'attuazione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria, occorrenti per le necessità dell'insediamento
    • in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione;
    • allorquando detto intervento non potrebbe essere in nessun caso realizzato, poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o localizzazione dello strumento generale di pianificazione, che non possono essere modificati da piani urbanistici attuativi.
Considerate le tre diversi tipologie di lottizzazione che la dottrina e la giurisprudenza hanno ricavato dalla definizione fornita dall’articolo 30 del d.P.R. 380\01, può dirsi che, nella fattispecie, correttamente si è ritenuta configurata un’ipotesi di lottizzazione mista, in quanto caratterizzata dalla compresenza di attività materiali e negoziali.
Risultano inoltre accertati in fatto dai giudici del merito, con argomentazioni del tutto coerenti e, per tale ragione, incensurabili in questa sede di legittimità: la destinazione agricola dell’area; il frazionamento della stessa in sedici lotti, su alcuni dei quali insistevano fabbricati; la vendita dei lotti con modalità, specificamente indicate, indicative del progetto lottizzatorio; la presenza di un sistema di viabilità interna a servizio dei singoli lotti separati e delimitati ed inseriti in un complesso recintato, munito di cancello di accesso ed identificato da un cartello come “Residence Le Palme 21”; la presenza sui lotti di una ventina di unità immobiliari; la presenza di un impianto elettrico di illuminazione comune; la presenza di un impianto di accumulo e distribuzione dell’acqua; la contestualità degli atti di alienazione dei lotti già edificati e tra questi e le compravendite dei lotti non ancora edificati; l’estensione dei singoli lotti; la qualità degli acquirenti, nessuno dei quali svolgente attività correlate con l’agricoltura.
Si tratta, come è evidente, di elementi fattuali, direttamente riscontrati nel giudizio di merito, che depongono in maniera incontrovertibile per la sussistenza della lottizzazione e rispetto ai quali il motivo di ricorso in esame formula censure che di tali elementi tengono conto solo in parte.

6. Quanto alla disposta confisca, di cui tratta il secondo motivo di ricorso, occorre rilevare che, nelle more del presente giudizio, sono intervenute più decisioni della Corte Costituzionale di cui il ricorso non poteva tener conto, nonché la recente e nota decisione della Corte EDU 28 giugno 2018  nella causa G.I.E.M. s.r.l. ed altri c/ Italia, della quale questa Corte ha dato atto in una successiva pronuncia (Sez. 3, n. 8350 del 23/1/2019, Ciccone, non ancora massimata) consentono di definire agevolmente la questione.
Nella sentenza Ciccone, previa complessiva analisi della evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale in materia, si è infatti affermato, tra l’altro, che il proscioglimento per intervenuta prescrizione non osta alla confisca del bene lottizzato se il giudice ha accertato la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva nelle sue componenti oggettive e soggettive, assicurando alla difesa il più ampio diritto alla prova e al contraddittorio e che la confisca, in caso di reato prescritto, può essere ordinata anche dal giudice di primo grado nel caso sia stata accertata la lottizzazione.
La decisione appena richiamata ha dunque preso in esame, alla luce di quanto chiarito dalla Corte EDU (e dalla Corte costituzionale), il peculiare aspetto della efficacia della confisca delle aree e dei terreni abusivamente lottizzati quando, pur essendo accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva nei suoi elementi oggettivo e soggettivo, non si pervenga alla condanna od all'irrogazione della pena.
Fatte tali premesse, deve anche rilevarsi come, nel caso di specie, tutti i ricorrenti abbiano partecipato al processo penale e, nei loro confronti, la Corte territoriale e, prima ancora, il Tribunale, abbiano evidenziato, con riferimento a ciascuno di essi, la sussistenza, sotto i profili oggettivo e soggettivo, del reato dichiarato prescritto, sicché, alla luce dei richiamati principi, la confisca risulta legittimamente disposta.

7. Va inoltre osservato che i giudici del merito hanno del tutto correttamente escluso ogni rilevanza di eventuali permessi in sanatoria ottenuti mediante procedura di condono per le opere realizzate sui terreni lottizzati, poiché, come affermato dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte, il sopravvenuto rilascio di un permesso di costruire può eventualmente legittimare, ricorrendone i presupposti, soltanto le opere che costituiscono oggetto della lottizzazione, ma non comporta alcuna valutazione di conformità di tutta la lottizzazione alle scelte generali di pianificazione urbanistica, con la conseguenza che il rilascio di più titoli abilitativi nell'area interessata da una lottizzazione abusiva non rende lecita tale attività (Sez. 3, n. 9982 del 21/11/2007 (dep.2008), Quattrone, Rv. 238983; Sez. 3, n. 28532 del 23/6/2009, Longo Carla e altri, Rv. 244441).
Va in particolare richiamato, a tale proposito, quanto precisato nella sentenza Longo, nella quale si richiama il contenuto dell’art. 35, comma 13 della legge 47/1985 - secondo cui "per le costruzioni ed altre opere di cui all'art. 31, comma 1, realizzate in comprensori la cui lottizzazione sarebbe dovuta avvenire a norma della L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 8, il versamento dovuto per l'oblazione di cui all'art. 31 non costituisce titolo per ottenere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, che resta subordinata anche all'impegno di partecipare pro-quota agli oneri di urbanizzazione dell'intero comprensorio in sede di stipula della convenzione” - osservando che tale norma è sostanzialmente riferita a quegli interventi che sarebbero stati realizzabili soltanto in seguito alla preventiva approvazione di un piano di lottizzazione e che sono stati viceversa effettuati in carenza di tale  strumento attuativo.
Si aggiunge, nella medesima pronuncia, che, invece, gli interventi edificatori che si inseriscono in una lottizzazione illecita in quanto, per le loro connotazioni oggettive, si pongono in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione, per potere essere condonati devono essere necessariamente ricompresi, ai sensi dell’art. 29 della medesima legge 47/1985, in una apposita variante per il recupero degli insediamenti abusivi, ricordando come ciò sia stato evidenziato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 107/1989 - nella quale si è affermato che "il rilascio di concessione edilizia in sanatoria, per edifici compresi in una lottizzazione illegale, è subordinato alla sanatoria della stessa lottizzazione, attraverso l'approvazione di una variante agli strumenti urbanistici, secondo il disposto della L. n. 47 del 1985, art. 29 e L. n. 47 del 1985, art. 32, lett. b)" – e richiamando il contenuto de comma 3 del citato art. 29 l. 47/1985 il quale prevede che: "gli insediamenti avvenuti in tutto o in parte abusivamente, fermi restando gli effetti della mancata presentazione dell'istanza di sanatoria previsti dall'art. 40, possono formare oggetto di apposite varianti agli strumenti urbanistici al fine del loro recupero urbanistico, nel rispetto comunque dei principi di cui al comma 1 e delle previsioni di cui alle lett. e), f) e g) del precedente comma 2".
Fatte tali premesse, la sentenza Longo giunge pertanto alla conclusione che l'eventuale mero rilascio di una pluralità di concessioni edilizie nell'area interessata da una lottizzazione abusiva non rende lecita un'attività che tale non è perché la concessione non ha una funzione strumentale urbanistica di pianificazione dell'uso del territorio, mentre i manufatti abusivamente eseguiti, in attuazione del fine lottizzazione e nell'ambito della lottizzazione, possono essere, invece, "sanati", soltanto previa valutazione globale dell'attività lottizzatoria secondo il rigoroso meccanismo in precedenza descritto.
Ciò posto, osserva il Collegio che, nella fattispecie, tale specifica procedura non risulta attuata e gli stessi ricorrenti si limitano a richiamare la mera presentazione di domande di condono che si assumono tacitamente assentite ed, in alcuni casi, il rilascio di provvedimenti sananti espressi senza alcuna specificazione in tal senso.
E’ peraltro evidente che, per la valida formazione di un provvedimento silenzioso di assenso occorre necessariamente la sussistenza di tutti i presupposti di legge per la condonabilità dell’opera, non potendo l’eventuale inerzia dell’amministrazione legittimare ciò che non potrebbe essere sanato con un provvedimento espresso e, sopratutto, che non risulta che il rilascio espresso dei titoli abilitativi in sanatoria sia stata preceduta neppure dalla necessaria globale valutazione dell’attività lottizzatoria, sicché le sanatorie eventualmente conseguite non risultano, alla luce di quanto accertato in fatto nel giudizio di merito, svolgere effetto anche riguardo ai singoli immobili realizzati in attuazione dell’illecita attività lottizzatoria.
Va aggiunto, non risultando chiaro dal tenore del motivo di ricorso se tutti i titoli abilitativi in sanatoria menzionati siano stati conseguiti a seguito di procedura di condono, che quanto osservato vale, a maggior ragione, per ciò che concerne la sanatoria attualmente disciplinata dall’art. 36 d.P.R. 380\01 e, in precedenza, dalla previgente disciplina urbanistica, avendo questa Corte affermato che in presenza di una lottizzazione abusiva deve escludersi la possibilità di sanatoria, disciplinata dall'art. 36 del Testo Unico dell'edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), delle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo conseguente ad accertamento di conformità,  dal momento che dette opere sono senz’altro non conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, sicché le stesse non sono sanabili, così come la lottizzazione abusiva (Sez. 3, n. 28784 del 16/5/2018, P.G. in proc. Amente e altri, Rv. 273307, con richiami ai prec.)

8. Anche il tema della buona fede degli acquirenti, di cui tratta il terzo motivo di ricorso, è stato adeguatamente affrontato dalla Corte territoriale, sempre con argomentazioni in fatto del tutto coerenti attraverso le quali il giudice dell'appello, che ha proceduto ad una dettagliata e complessiva analisi delle modalità delle singole compravendite (come, ad esempio, nel caso della vendita delle quote indivise e dell’estensione dei singoli lotti incompatibile con qualsiasi destinazione agricola) ha indicato le ragioni della piena consapevolezza della lottizzazione in atto anche da parte degli acquirenti e sub-acquirenti.
A tali considerazioni vengono opposti meri argomenti in fatto che, ancora una volta, prescindono per lo più dai contenuti della motivazione.

9. Anche il quarto motivo di ricorso è articolato in fatto e contiene una ricostruzione alternativa della vicenda che non può essere esaminata in questa sede.
In ogni caso, anche con riferimento alle posizioni dei soggetti citati la Corte ha fornito congrue motivazioni circa la consapevolezza, da parte degli stessi, acquirenti dei lotti, dell’intento lottizzatorio, ponendo in evidenza le modalità dell’acquisto dei terreni.  

10. I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili e alla declaratoria di inammissibilità  consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00 per ciascun ricorrente.  


P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 17/7/2019