Cass. Sez. III n. 51683 del 5 dicembre 2016 (Ud 7 giu 2015)
Pres. Fiale Est. Liberati Ric. Bonina
Urbanistica.Discipina antisismica e inefficacia deroghe adottate dalle Regioni
Il reato previsto dall'art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 è configurabile in relazione a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26 marzo 2015 il Tribunale di Cosenza ha condannato B.I. alla pena di Euro 200,00 ammenda in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95 (per avere realizzato in zona sismica due piattaforme in cemento e tre strutture metalliche, omettendo di darne comunicazione al Comune di Rende) e D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 94 e 95 (per avere realizzato le medesime opere ricadenti in zona sismica senza la preventiva autorizzazione scritta dell'ufficio tecnico regionale), dichiarando l'estinzione del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, per essere intervenuta la sanatoria delle opere abusive, e condannandolo anche al risarcimento dei danni in favore del Comune di Rende, costituitosi parte civile.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, affidato a cinque motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall'art. 173 disp. att. c.p.p.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93 e vizio di motivazione, in quanto tale disposizione faceva riferimento a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, e non era dunque applicabile all'intervento edilizio oggetto della contestazione, consistente in una gettata di cemento di limitate dimensioni e senza alcuna fondazione.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato l'erronea applicazione della delibera della Giunta regionale della Calabria n. 330 del 22/7/2011, in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95, in quanto tale delibera aveva individuato gli interventi edilizi per i quali era disposta l'esenzione da qualsiasi comunicazione al comune ed anche dalla preventiva autorizzazione scritta regionale, tra cui rientravano quelli contestati, compresi tra le opere minori di cui all'allegato A di tale delibera.
2.3. Mediante il terzo motivo ha denunciato violazione di legge penale in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo dei reati che gli erano stati contestati e vizio di motivazione, in quanto il Tribunale aveva del tutto omesso di considerare che le condotte erano di poco successive alla suddetta delibera della Giunta regionale, su cui quindi l'imputato aveva fatto incolpevole affidamento, oltre che sulla relazione tecnica che era stata commissionata ad un esperto in vista della realizzazione delle medesime opere.
2.4. Con il quarto motivo ha lamentato l'omessa applicazione dell'art. 131 bis c.p., evidenziando la particolare tenuità dei fatti oggetto della contestazione, con la conseguente sussistenza del presupposti per la configurabilità di tale causa di non punibilità.
2.5. Con il quinto motivo ha denunciato l'erroneità della condanna al risarcimento dei danni in favore del Comune di Rende, in quanto, a seguito della estinzione per intervenuta sanatoria del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, il Comune risultava privo di legittimazione a dolersi della violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 94, che riguardavano attribuzioni proprie di altri enti e non anche del comune, con la conseguente necessità di annullare anche le statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata, rese con riferimento ad illeciti in relazione ai quali il comune non poteva annoverarsi tra le parti offese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato solo in relazione al quarto motivo.
2. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale sono stati denunciati violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93 e vizio della motivazione, sulla base del rilievo che le opere fatte realizzare dall'imputato sarebbero escluse dall'obbligo di comunicazione stabilito dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93, che lo contempla esclusivamente in relazione a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, va evidenziato che le opere oggetto della contestazione, realizzate in zona sottoposta a vincolo sismico, consistono in due piattaforme in cemento, una del perimetro di m. 2 x 3 e dell'altezza di m. 5 x 0,2, su cui è stato posizionato un gruppo refrigerante, e l'altra del perimetro di m. 1,2 x 1,6, destinata al posizionamento di insegne, e da tre strutture metalliche, con copertura in plexiglass, destinate a deposito dei carrelli per la spesa.
Alla luce di tale consistenza delle opere oggetto della contestazione il Tribunale, dato atto del rilascio della sanatoria e della conseguente estinzione della violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, ha escluso che in relazione alle tre strutture metalliche con copertura in plexiglass fosse configurabile la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 94, essendo asservite all'edificio principale e qualificabili, quindi, come pertinenze, mentre ne ha ravvisato la configurabilità in relazione alle due piattaforme in cemento, sottolineando che le contravvenzioni di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 94 sono integrate dalla realizzazione di qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria.
2.1. Dette conclusioni risultano del tutto corrette e sfuggono, di conseguenza, ai rilievi di violazione di legge e vizio di motivazione formulati dal ricorrente.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93 prescrive, tra l'altro, che nelle zone sismiche, di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere allegato (comma 2).
Il medesimo D.P.R. n. 380 del 2001, art. 94 prescrive poi che nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. Il comma 4 della medesima disposizione dispone infine che i lavori devono essere diretti da un ingegnere, un architetto, un geometra o un perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli; necessita, inoltre, del rilascio del preventivo titolo abilitativo; il relativo progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori; questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista abilitato, conseguendone, in difetto, la violazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 95 (cfr., Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano, Rv. 263376; Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi, Rv. 261155; Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330) e ciascuna violazione, risolvendosi nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di reato.
Ne consegue che l'intervento edilizio realizzato dall'imputato rientra, dunque, nella nozione di costruzione assoggettata agli obblighi di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, ai citati artt. 93 e 94, non trattandosi di intervento di semplice manutenzione ordinaria, ma della realizzazione di due manufatti in cemento di apprezzabile consistenza, come tali rientranti nella nozione di costruzione, soggetti agli obblighi richiamati, in considerazione della loro potenziale idoneità a porre in pericolo la pubblica incolumità.
3. Per quanto riguarda il secondo motivo, mediante è stata denunciata l'erronea applicazione della delibera della Giunta regionale della Calabria n. 330 del 22/7/2011, che ha individuato gli interventi edilizi per i quali è disposta l'esenzione da qualsiasi comunicazione al comune ed anche dalla preventiva autorizzazione scritta regionale, interventi tra i quali dovrebbe ritenersi compreso anche quello oggetto della contestazione, rientrante tra le opere minori di cui all'allegato A di tale delibera, va osservato che questa Corte ha già avuto modo di affrontare la questione della portata di tale delibera, escludendone la rilevanza, sulla base della considerazione, che il Collegio condivide e ribadisce, che il reato previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 95 è configurabile in relazione a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi (Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano, Rv. 263376, relativa alla realizzazione di opere di sostegno di cartellonistica pubblicitaria di rilevanti dimensioni, illegittimamente qualificate da delibera della regione Calabria come "opere minori" sottratte alle leggi nazionali e regionali in materia di edilizia sismica).
Ne consegue l'infondatezza della doglianza, stante l'assenza di rilievo della suddetta delibera della Giunta regionale della Calabria, in considerazione della entità delle opere, tali, per la loro estensione e la loro dimensione, da costituire un possibile pericolo per la pubblica incolumità in caso di eventi sismici.
4. Tali considerazioni determinato l'infondatezza anche del terzo motivo, mediante il quale è stata prospettata violazione di legge penale in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo dei reati e vizio di motivazione, per l'omessa o, comunque, insufficiente considerazione dell'affidamento riposto dal ricorrente sulla predetta delibera della Giunta regionale, nonchè sulla relazione tecnica commissionata ad un esperto in vista della realizzazione delle medesime opere, perchè, come già evidenziato in relazione al secondo motivo, tale delibera non poteva, comunque, creare ex novo la categoria delle "opere minori" che non sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta violazione del disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 83, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità sono soggette alla normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di opere.
L'affidamento su essa riposto dal ricorrente, come pure sulla suddetta relazione tecnica commissionata in vista della realizzazione di tali opere, non consente, dunque, di escludere la negligenza del ricorrente nella verifica della necessità delle comunicazioni ed autorizzazioni richieste dal D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 94, trattandosi di delibera illegittima, inidonea ad escludere l'applicabilità di norme di rango primario, considerando, tra l'altro, le dimensioni e l'estensione delle due piattaforme in cemento fatte realizzare dall'imputato, come tali certamente non riconducibili alla categoria delle opere minori, sottratte alle leggi nazionali e regionali in materia antisismica, con la conseguenza che essere esclusa l'incolpevolezza della condotta dell'imputato.
5. Fondata risulta, invece, la doglianza relativa alla omessa applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p..
5.1. E' stato, infatti, al riguardo chiarito che l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131 bis c.p., ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la Corte di Cassazione deve limitarsi, attesa la natura del giudizio di legittimità, ad un vaglio di astratta non incompatibilità della fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto art. 131 bis (Sez. 2, n. 41742 del 30/09/2015, Clemente, Rv. 264596; Sez. 6, n. 44683 del 15/09/2015, T., Rv. 265114; Sez. 3, n. 47256 del 24/04/2015, Curdo, Rv. 265441).
5.2. Ora, nella specie, dalla sentenza impugnata non emergono elementi che consentano di escludere immediatamente l'esistenza delle condizioni per escludere la punibilità ai sensi dell'art. 131 bis c.p., avendo il Tribunale valutato positivamente il comportamento successivo dell'imputato, attivatosi per ottenere il rilascio della sanatoria, con la conseguenza che occorre compiere ulteriori accertamenti in fatto (circa l'entità del danno o del pericolo conseguente al reato, tenendo anche conto della ratio della norma incriminatrice, diretta a salvaguardare l'incolumità pubblica, anche alla luce della natura e della consistenza delle opere), che devono essere necessariamente compiuti dal giudice del merito, essendo preclusi a questa Corte dalla natura del giudizio di legittimità.
La esiguità del danno o del pericolo di cui all'art. 131 bis c.p. va valutata sulla base di elementi oggettivamente apprezzabili, dai quali ricavare la minima entità delle conseguenze o del pericolo e, dunque, la loro irrilevanza in sede penale (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv. 265450). Tale accertamento deve essere compiuto dal giudice di merito, mediante la verifica del danno e del pericolo conseguente alle condotte dell'imputato, in quanto alla Corte di Cassazione è precluso l'apprezzamento dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità allorquando, come nel caso in esame, si renda necessaria una valutazione complessiva di profili di fatto (Sez. 6, n. 39337 del 23/06/2015, Di Bello, Rv. 264554).
6. Il quinto motivo di ricorso, mediante il quale è stata denunciata l'erroneità della condanna al risarcimento dei danni in favore del Comune di Rende, nonostante la declaratoria di non doversi procedere per estinzione del reato urbanistico a seguito del rilascio della autorizzazione in sanatoria, è infondato, in quanto, le violazioni urbanistico-edilizie determinano, pacificamente, l'insorgere di un danno risarcibile a favore dell'ente comunale, perchè incidono negativamente sull'interesse dell'ente pubblico al libero esercizio della propria posizione funzionale, così come su quello alla realizzazione del programmato sviluppo urbanistico (Sez. 3, n. 26121 del 12/04/2005, Rosato, Rv. 231953; conf. Sez. 3, n. 29667 del 14/06/2002, Arrostuto, Rv. 222116; Sez. 3, n. 35312 del 19/05/2016, Aprea, Rv. 267533).
Il diritto al relativo risarcimento non è, poi, escluso dal rilascio della autorizzazione in sanatoria, in quanto tale diritto discende dalla lesione dell'interesse giuridico all'integrità ed inviolabilità della sfera funzionale del Comune nonchè all'ordinata realizzazione del programmato assetto urbanistico del territorio, e tale lesione non viene eliminata dal rilascio della autorizzazione in sanatoria, essendosi irrimediabilmente verificata con la realizzazione delle opere abusive, con la conseguenza che il diritto al relativo risarcimento sopravvive alla estinzione del reato per intervenuta sanatoria (cfr. Sez. 3, n. 13407 del 11/10/2000, Tedeschi, Rv. 219091), sicchè anche tale doglianza deve essere ritenuta infondata e disattesa.
7. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla configurabilità dell'ipotesi di cui all'art. 131 bis c.p., con rinvio sul punto al Tribunale di Cosenza, affinchè valuti, sulla base dei criteri stabiliti dall'art. 131 bis c.p., l'esistenza delle condizioni per escludere la punibilità ai sensi di tale disposizione, ferma la preclusione al rilievo dell'eventuale decorso del termine di prescrizione, stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilità dell'imputato (Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, Ferraiuolo, Rv. 264796).
Il ricorso deve essere rigettato nel resto, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile Comune di Rende, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità dell'ipotesi di cui all'art. 131 bis c.p. e rinvia sul punto al Tribunale di Cosenza.
Rigetta nel resto il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile Comune di Rende, che liquida in Euro 3.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016