Cass. Sez. III n. 9281 del 9 marzo 2011 (Ud. 26 gen. 2011)
Pres. Ferrua Est. Amoresano Ric. Bucolo
Urbanistica. Doveri del responsabile o dirigente dell’ufficio tecnico comunale
In materia edilizia non c'e' dubbio che l'art 27 dpr 380\01 ponga a carico del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale un obbligo di vigilanza sull’attività urbanistico -edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e dl regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, imponendogli di intervenire ogni qualvolta venga accertato l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo o in difformità della normativa urbanistica, attraverso la emanazione di provvedimenti interdittivi e cautelari (cfr. anche art.31 DPR 380/01). Egli è quindi certamente titolare di una posizione di garanzia che gli impone di attivarsi per impedire l'evento dannoso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. Giuliana Ferrua Presidente
Dott. Alfredo M. Lombardi Consigliere
Dott. Amedeo Franco Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere Rel.
Dott. Elisabetta Rosi Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) Bucolo Agata nata il ...ad...
- avverso la sentenza del 25.11.2009 del Tribunale di Catania
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P. G.. dr. Guglielmo Passacantando, che ha chiesto rigettarsi il ricorso
OSSERVA
1) Il Tribunale di Catania, con sentenza del 25.11.2009, condannava Bucolo Agata alla pena di euro 5.000,00 di ammenda per il reato di cui agli artt.40 c.p. e 44 lett. a) DPR n. 380/01, perché, in qualità di dirigente del XIII settore funzionale "Urbanistica" del Comune di Misterbianco, pur avendo l'obbligo giuridico di impedire la realizzazione di manufatti in violazione della normativa urbanistica, rilasciando la concessione edilizia (permesso di costruire) n.4505 del 17.11.2006, macroscopicamente illegittima in quanto in palese violazione dell'art.15.3.5 delle norme di attuazione del P.R. del Comune di Misterbianco, consentiva l'esecuzione di lavori consistiti nella realizzazione - nel fondo di proprietà della "SIT srl"- di un manufatto con pilastri in cemento armato ad una distanza di cm.40 dal confine con il fondo limitrofo, in palese violazione della suddetta normativa edilizia che prevede invece il rispetto della distanza minima dal confine col fondo limitrofo pari a 5 metri. Dopo aver richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione in relazione al sindacato circa la legittimità del permesso di costruire, riteneva il Tribunale che non potessero esservi dubbi sulla macroscopica illegittimità del provvedimento rilasciato dalla Bucolo.
Costei, quale dirigente del servizio Urbanistica, aveva poi l'obbligo di rilasciare permessi di costruzione conformi alla normativa sia di rango legislativo che regolamentare, integratrice della prima.
Del resto l'art.27 DPR n. 380/01 responsabilizza specificamente in tal senso il dirigente del competente ufficio comunale, imponendogli di intervenire quando venga accertato l'inizio di lavori in difformità dalle normative urbanistiche.
2) Ricorre per Cassazione Bucolo Agata, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge in relazione all'art.40 c.p., nonché la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla possibilità di convertire in fattispecie commissive mediante omissione fattispecie di reato di merci condotta. Secondo le elaborazioni dottrinali solo con riferimento ai cd.reati causali puri è consentita l'equiparazione prevista dall'art.40 comma 2, concentrando il loro disvalore sulla causazione e non sulle modalità di causazione dell'evento. Non sono pertanto convertibili i reati di merci condotta e quelli a condotta vincolata.
L'art.44 lett.a DPR n.380/01 prevede una fattispecie di mera condotta a forma libera, ma non investe i funzionari degli enti pubblici che rilasciano le autorizzazioni.
Le condotte di questi ultimi, ove ne ricorrano i presupposti, possono essere sussunte nel paradigma dell'art.323 c.p.
L'art.27 DPR n. 380/01, a sua volta, prevede l'obbligo di vigilanza e quindi individua una posizione di controllo; non costituisce, però, fattispecie autonoma di reato, né determina responsabilità a titolo di concorso (del resto sia nella imputazione che in sentenza non si fa minimamente riferimento ad un contributo morale o materiale nella realizzazione del reato commesso da altri).
L'accusa ha quindi cercato di costruire una fattispecie autonoma di reato omissivo improprio ovvero commissivo mediante omissione.
La mera esistenza di una norma che impone al Dirigente di vigilare non determina, però, un obbligo giuridico di impedire l'evento descritto nell'art.44 lett.a) (la fattispecie è infatti di mera condotta e l'evento è di carattere giuridico).
La sentenza, infine ed in ogni caso, è mancante di motivazione in ordine alla possibilità di ritenere l'imputata concorrente nel reato di costruzione abusiva che è di natura propria.
3) Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
3.1) L'art.40 cpv. c.p. stabilisce che non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, risalente ma che il Collegio ritiene di condividere, l'obbligo giuridico menzionato dal capoverso dell'art.40 c.p. non si riferisce all'ipotesi in cui un determinato e specifico comportamento sia imposto dall'ordinamento (si che la relativa inosservanza dell'obbligo integra il reato). Esso è riferibile, invece, alla disciplina del rapporto di causalità tra l'evento ed un qualsiasi comportamento omissivo in relazione all'ipotesi in cui un comportamento attivo (non determinato) avrebbe potuto evitare l'evento. In tale ipotesi, e solo con riferimento a questa, la norma dell'art.40 cpv. c.p., posta l'equivalenza tra la diretta causazione e mancato impedimento dell'evento, limita l'equivalenza detta (e quindi la sussistenza del nesso di causalità) al caso in cui il soggetto, restato inerte, aveva l'obbligo giuridico di evitare l'evento" (Cass. pen. sez. 4, 5.11.1983 n.9176).
La disposizione del capoverso dell'art.40 del codice penale ha inteso, invero, "estendere la punibilità della condotta illecita a carico di determinati soggetti per eventi che colpiscono altre persone e che non siano da loro procurati, perché conseguenti all'azione di terzi o di altri fattori anche di natura accidentale, ma che pure si sarebbero evitati se fosse stato posto in essere un intervento teso ad eliminare la lesione del bene posto in pericolo, intervento richiesto come doveroso da una norma che imponga a tali soggetti di attivarsi" (Cass. pen. sez.1 n.9901 del 16.10.1992).
Deve quindi trattarsi, per potere ritenere configurabile la responsabilità ex art.40 cpv. c.p., di una omissione (vale a dire, come è stato ritenuto dalla dottrina, "il mancato compimento dell'azione che si attendeva" da parte di un soggetto che era obbligato giuridicamente a compiere una determinata azione, che, se compiuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento).
Si è, invece, al di fuori della previsione normativa quando l'agente abbia posto in essere una condotta commissiva, contribuendo con essa alla produzione dell'evento.
3.1.1) In materia edilizia non c'è dubbio che l'art.27 DPR n. 380/01 ponga a carico del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale un obbligo di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, imponendogli di intervenire ogni qualvolta venga accertato l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo o in difformità della normativa urbanistica, attraverso la emanazione di provvedimenti interdittivi e cautelari (cfr.anche art.31 DPR 380/01). Egli è quindi certamente titolare di una posizione di garanzia, che gli impone di attivarsi per impedire l'evento dannoso.
3.1.2) Ma alla ricorrente, al di là del richiamo (improprio) all'art.40 c.p., non si contesta di non essersi attivata, pur avendone l'obbligo, omettendo ad esempio, in presenza di una specifica denuncia, i necessari provvedimenti cautelari ed interdittivi. Si contesta, invece, di aver posto in essere una condotta commissiva, mediante il rilascio di un permesso di costruire illegittimo (perché in violazione delle norme di attuazione del P.R.G.), e di aver quindi consentito l'esecuzione di lavori ad una distanza dal confine con il fondo limitrofo inferiore a quella consentita.
Si i quindi al di fuori della previsione dell'art.40 cpv. c.p.
Non è, pertanto, condivisibile la decisione (cfr. Cass. pen. Sez. 3 n.19566 del 25.3.2004) con la quale è stato affermato il principio che "In materia edilizia risponde del reato di cui all'art.20 della legge 28 febbraio 1985 n.47, ora sostituito dall'art.44 del dpr 6 giugno 2001 n.380, il dirigente dell'area tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia (ora permesso di costruire) illegittima, atteso che questi, in quanto incaricato in ragione del proprio ufficio del rilascio di quello specifico atto, è titolare in via diretta ed immediata della relativa posizione di garanzia che trova il proprio fondamento normativo nell'art.40 cod.pen.".
3.1.3) Come si è visto la contestazione nei confronti della ricorrente risulta costruita, di fatto, come una ipotesi di concorso nel reato ("rilasciando la concessione edilizia..."; "consentiva l'esecuzione di lavori..").
E' indubitabile che nel reato "proprio" di cui all'art.44 DPR (L'art.6 L.47/85, ora art.29 DPR 380/01, fa riferimento ai committenti, costruttori e direttori dei lavori) possa concorrere l'extraneus.
Secondo la giurisprudenza, anche meno recente di questa Corte, formatasi in relazione alla L.47/85, "Sussiste una stretta correlazione tra l'obbligo di condotta imposto dall'art.6 L. 47/85 ai soggetti in esso indicati e le sanzioni d cui all'art.20 sì da configurare il reato di costruzione senza la concessione edilizia, o in contrasto con le prescrizioni urbanistiche o edilizie, come reato "proprio"; invero il precetto penale è diretto non a chiunque, ma soltanto a coloro che, in relazione all'attività edilizia, rivestono una determinata posizione giuridica o di fatto; tale figura di reato non esclude il concorso di soggetti diversi dai destinatari degli obblighi previsti dall'art.6 compreso il sindaco che con la concessione edilizia illegittima abbia posto in essere la condizione operativa della violazione di quegli obblighi" (cfr. ex multis Cass. pen. sez.3 n.996 del 15.10.1988).
E' necessario, però, che vengano accertate le condizioni, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, per ritenere configurabile il concorso nel reato. Si deve cioè accertare che l'extraneus abbia apportato, nella realizzazione dell'evento, un contributo causale rilevante e consapevole (sotto il profilo del dolo o della colpa).
Come rileva anche la ricorrente occorre provare "la cosciente e volontaria partecipazione alla condotta illecita.."; nella sentenza, invece, non viene individuata "alcuna forma di di concorso o cooperazione".
In effetti la motivazione sul punto è completamente assente, essendosi limitato il Tribunale ad evidenziare la illegittimità del permesso di costruire e a far derivare da tale illegittimità la responsabilità del tecnico comunale ai sensi dell'art.40 cpv.c.p. 3.2) La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio per nuovo esame, alla luce dei rilievi e dei principi sopra enunciati, al Tribunale di Catania.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Catania
Cosi deciso in Roma il 26 gennaio 2011