Corte suprema di Cassazione - Sezioni Unite Penali
Informazione provvisoria numero 2 del 30 gennaio 2020
Pres. Carcano Rel. Andreazza Est. Andreazza Ric. Perroni
PG Fimiani (comf.)

Informazione provvisoria della decisione delle SS.UU. penali del 30 gennaio 2019 in tema di lottizzazione abusiva e requisitoria del Procuratore Generale . 


Questione controversa: se, nel caso in cui nel giudizio di Cassazione intervenga la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito alla corte l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata di condanna Limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione, da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura, secondo il principio indicato dalla sentenza della Corte Edu, 28 giugno 2018, GIEM srl e altri contro l'Italia.

Soluzione adottata: affermativa, ferma restando che, vuole la prescrizione maturi nel corso del giudizio di primo grado, il disposto dell'articolo 129, comma 1 Cod proc pen non consente la prosecuzione dello stesso ai fini di disporre la confisca

La requisitoria del PG


Sezioni Unite - Udienza pubblica del 30 gennaio 2020

Ricorso n. 47042/2018 Perroni Ignazio


Requisitoria del Procuratore generale


1. Il “thema decidendum” e le questioni collegate
Si condivide il percorso argomentativo dell’ordinanza di rimessione n. 40380 del 2 ottobre 2019 sulla configurabilità della lottizzazione abusiva, sulla conseguente infondatezza dei motivi 1-3 (con assorbimento del motivo 6, relativo al trattamento sanzionatorio) e sulla sopravvenuta prescrizione del reato, nonché, quanto ai motivi 4 e 5, relativi alla confisca, sulla rilevanza della questione della proporzionalità della misura secondo il principio indicato dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'uomo 28 giugno 2018, G.I.E.M. srl e altri c. Italia.
Le opzioni che la giurisprudenza offre per la risposta al quesito sottoposto alle Sezioni Unite "se, in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito l'annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura") sono tre:
    a) affermativa, ritenendo inclusa la confisca urbanistica nel paradigma dell’art. 578-bis c.p.p. (si rinvia all’ordinanza - pagg. 10/11 - per le citazioni di giurisprudenza);
    b) affermativa, ma sulla base della compatibilità, in casi particolari, tra declaratoria della prescrizione e prosieguo del processo ai soli fini della confisca, desumibile da un trend normativo del quale l’art. 578-bis c.p.p., benché non riferibile direttamente alla confisca urbanistica, rappresenta un’ulteriore conferma (principio affermato per la prima volta da Sez. III n. 22034/2019, PM contro Pintore, sviluppato da Sez. III n. 31282/2019, Grieco e confermato, successivamente al deposito dell’ordinanza di rimessione, da Sez. III n. 47094/2019, Ventura e Sez. III n. 47280/2019, Cancelli);
    c) negativa, secondo la prospettazione dell’ordinanza di rimessione per la quale:
    • le predette due soluzioni sono impraticabili (la prima perché l’art. 578-bis c.p.p. si riferisce solo alla confisca allargata prevista dall’art. 240-bis nonché a quelle previste dalle leggi speciali che ne recepiscono lo schema, ed alla confisca di valore a seguito della l. n. 3/2019; la seconda perché gli esempi richiamati nella decisione Grieco fanno però riferimento a sentenze di proscioglimento alle quali conseguano effetti ablatori non aventi natura penale, ma di misura di sicurezza ovvero effetti diversi dall'applicazione di una sanzione penale);
    • non è percorribile la strada di un'applicazione analogica dell'art. 622 c.p.p., né può farsi leva sull’art. 44 T.U.E. laddove che “la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite”, trattandosi “all'evidenza di norma sostanziale e non processuale”, nella quale “la sentenza definitiva è menzionata unicamente quale presupposto della confisca e non è stata disciplinata nella cadenza procedimentale, quale esito di un giudizio”.
Va subito detto che sulla soluzione da adottare non incidono i dubbi di costituzionalità dell’art. 578-bis c.p.p. per eccesso di delega prospettati dall’ordinanza di rimessione.
Trattasi infatti di impostazione parziale ed infondata, sia perché omette un qualsiasi confronto con il comma 86 dell’articolo 1 della legge n. 103 del 2017 che, con riferimento tra l’altro all’attuazione della delega sulla riserva del codice penale (articolo 1, comma 85, legge 103), legittima l’esecutivo all’adozione delle “norme di coordinamento con tutte le altre leggi dello Stato” che si rendessero necessarie in esito all’esercizio della delega (relativa anche alla riforma del sistema delle impugnazioni, materia cui si iscrive l’art. 578-bis), sia soprattutto perché non tiene conto del fatto che, modificando la norma con la legge n. 3/2019, il legislatore ha comunque espresso, sia pure implicitamente, una volontà confermativa dell’intero suo residuo tenore, in tal modo sanando ogni possibile deficit di costituzionalità per eccesso di delega.
Prima di passare all’esame della questione, va rilevato che l’ordinanza, pur criticando entrambe le soluzioni seguite dalla giurisprudenza per la praticabilità dell’annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca in presenza di reato di lottizzazione prescritto, non prospetta, almeno espressamente, soluzioni alternative.
Peraltro, dalla duplice affermazione al punto 32 dell’ordinanza:
    • che la sentenza della Grande Camera “non può costituire un obbligo di esercizio della giurisdizione penale anche successivamente alla declaratoria di prescrizione del reato, ai soli fini di disporre la confisca, o comunque di rendere la confisca già disposta dai giudici di merito in linea con la giurisprudenza della Corte EDU”, essendosi la Corte Europea “limitata a consentire la conferma di una confisca disposta all'esito di un giudizio penale di condanna, nel corso del quale siano state concesse all'imputato, o al destinatario della misura, le garanzie irrinunciabili del giusto processo - anche nel caso in cui il reato, per la durata dei successivi gradi di giudizio e per l'avvenuto decorso dei ristretti termini di prescrizione, risulti estinto, purché sia stata accertata la riferibilità oggettiva e soggettiva della lottizzazione illecita al soggetto destinatario del provvedimento ablativo e che la confisca, per i beni oggetto della misura, sia proporzionata all'illecita lottizzazione concretamente realizzata”;
    • che “nel sistema nazionale resta ferma la potestà amministrativa di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, che può utilmente essere esercitata”;
consegue una soluzione secondo cui l’annullamento senza rinvio deve riguardare anche la confisca, con la conseguenza che la tutela del c.d. ordine urbanistico sarebbe affidata all’Amministrazione secondo la disciplina dell’art. 30, commi 7/8, T.U.E. (in cui sono previsti; l’ordinanza di sospensione delle attività di lottizzazione abusiva; l’acquisizione di diritto al patrimonio disponibile del comune delle aree lottizzate decorsi 90 giorni senza revoca del provvedimento di sospensione; l’obbligatoria demolizione delle opere; l’intervento sostitutivo regionale in caso di inerzia).
Assume allora rilevanza preliminare l’individuazione della funzione del giudice penale in tema di confisca urbanistica.
È costante l’affermazione (come ricorda l’ampia ricostruzione della sentenza n. 8350/2019, Alessandrini ed altri) che l’intervento del giudice penale è meramente residuale, non interferisce né si sovrappone, con l'autonomo potere principalmente attribuito all'autorità amministrativa dal citato art. 30, il cui esercizio non consente al giudice penale di disporre la confisca.
Come ricorda la citata sentenza Alessandrini (cui si rinvia per i riferimenti giurisprudenziali), “è stata più volte presa in considerazione la rilevanza, rispetto al provvedimento di confisca, di provvedimenti adottati dall'autorità amministrativa prima o dopo il passaggio in giudicato della sentenza, affermandosi che tali provvedimenti, pur non producendo effetti estintivi del reato di lottizzazione abusiva, che la legge non prevede espressamente, comportano, quale conseguenza, se legittimamente emanati prima del passaggio in giudicato della sentenza, l'impossibilità per il giudice di disporre la confisca, perché l'autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, ha inteso evidentemente lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune. (….). Dopo il passaggio in giudicato, invece, si è ritenuto che l'amministrazione comunale conservi, ovviamente, la piena ed incondizionata potestà di programmazione e di gestione del territorio, dovendosi però escludere che il successivo adeguamento degli immobili acquisiti agli standard urbanistici già vigenti ovvero l'adozione di nuovi strumenti urbanistici integri una fonte di retro-trasferimento della proprietà in favore dei privati già destinatari dell'ordine di confisca. Resta tuttavia la possibilità, qualora ragioni di opportunità e di convenienza consiglino di destinare l'area lottizzata alla edificazione, che l'amministrazione decida di non esercitare in proprio le iniziative edificatorie e di non conservare la proprietà sui terreni e sui manufatti che eventualmente vi insistono, facendo ricorso ad atti contrattuali volontari ed a titolo oneroso che trasferiscano la proprietà a tutti o parte dei precedenti proprietari” (la sentenza ricorda i vari precedenti che in questi casi ammettono la possibilità per il G.E. di revoca della confisca anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza).
Trattasi quindi di sanzione amministrativa applicata dal giudice penale in via di supplenza rispetto all’autorità amministrativa (Sez. III, n. 5857/2011, Grova e altri), fermo restando che, ”in applicazione dei principi convenzionali, la confisca urbanistica, rientrando nella materia penale, deve rispettare, per essere disposta, i principi di cui all'art. 6 (processo equo) e 7 (principio di legalità in materia penale e suoi corollari) nonché il principio di protezione della proprietà di cui all'art. 1 del Prot. n. 1 Cedu” (Sez. III, n. 2292/2020, Romano).
La funzione di supplenza trova conferma nella sostanziale identità tra la ratio della confisca urbanistica, consistente nella “tutela dell'interesse collettivo alla corretta pianificazione territoriale” (ex plurimis, Sez. III, n. 3259/2013, Veggetti) e quella dell'art. 30 T.U.E. “il cui bene giuridico tutelato risiede … nella necessità di salvaguardare la potestà programmatoria delle amministrazioni titolari delle funzioni di pianificazione del territorio, nonché le connesse attribuzioni di controllo sull'ordinato svolgersi delle attività urbanistico-edilizie, ossia - più in generale - del corretto uso del territorio e della sostenibilità dell'espansione delle aree edificate in rapporto agli standard apprestabili” (Cons. Stato, Sez. II, n. 3196/2019).
Se quindi la confisca urbanistica “costituisce un provvedimento posto a chiusura di un complesso sistema sanzionatorio ove non sono possibili sovrapposizioni di provvedimenti ablatori” (Sez. III, n. 6396/2007, Cieri), subordinato all’inerzia dell’Amministrazione nell’adottare i provvedimenti previsti dall’art. 30 T.U.E., ovvero, in alternativa, nel modificare la disciplina urbanistica con l’effetto di rendere ad essa conforme la lottizzazione, è evidente che l’intervento del giudice penale è stato voluto in funzione di garanzia di effettività della tutela proprio per supplire a detta inerzia.
Trattasi di una funzione di supplenza immanente nel sistema urbanistico, come confermato dall’art. 31, comma 9, T.U.E., per il quale nel caso di interventi in assenza di permesso di costruire od in totale difformità, il giudice con la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 44 ordina la demolizione delle opere “se ancora non sia stata altrimenti eseguita”.
Corollario della natura di garanzia dell’effettività della tutela in presenza di illeciti urbanistici è l’obbligatorietà dell’intervento del giudice penale in tutti i casi in cui la P.A. abbia omesso di provvedere, ovvero abbia emesso provvedimenti ritenuti illegittimi in sede di sindacato incidentale.  
L’obbligatorietà trova conferma nell’art. 44, comma 2, T.U.E. che, non richiedendo per la confisca una condanna per il reato di lottizzazione abusiva, ma solo il suo accertamento, è stato costantemente interpretato nel senso che il proscioglimento per intervenuta prescrizione maturato nel corso del processo anche di primo grado non osta, sulla base di una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata, alla confisca del bene oggetto di lottizzazione abusiva, a condizione che il suddetto reato venga accertato, con adeguata motivazione, nei suoi elementi oggettivo e soggettivo, atteso che l'obbligo di accertamento imposto dal giudice per l'adozione del provvedimento ablativo prevale su quello generale della immediata declaratoria della causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. III, n. 2292/2020, Romano, cui si rinvia per le diffuse argomentazioni ed il rinvio ai precedenti conformi tra cui la fondamentale Sez. III, n. 53692/2017, Martino).


2. La risposta al quesito formulato dall’ordinanza di rimessione
Occorre subito rilevare che sulla portata dell’art. 578-bis c.p.p. le Sezioni Unite si sono pronunciate già prima dell’udienza del 15 maggio 2019 in cui l’ordinanza di rimessione fu deliberata.
Infatti, il 7 febbraio 2019 è stata depositata la sentenza n. 6141 delle Sezioni Unite, asservita dell’ammissibilità, sia agli effetti penali che civili, della revisione della sentenza del giudice di appello che, prosciogliendo l'imputato per l'estinzione del reato dovuta a prescrizione o amnistia e decidendo sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi concernenti gli interessi civili, abbia confermato la condanna al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile.
La sentenza, non massimata sul punto, ha ritenuto applicabile la revisione anche alle sentenze previste dall'art. 578-bis in quanto, stante l’analogia con l'art. 578 c.p.p. «all'interessato va, sia pur incidentalmente, riconosciuto lo status soggettivo di "condannato" (sia pur limitatamente alle statuizioni di confisca che conseguano all'incidentale accertamento di responsabilità richiesto dalla norma)» e, nel riportare il testo dell’art. 578-bis, ha chiosato le parole “o da altre disposizioni di legge” con l’inciso, tra parentesi: “il riferimento evoca le plurime forme di confisca previste dalle leggi penali speciali” (pag. 27).
Deve ritenersi che con tale affermazione le Sezioni Unite abbiano avallato i plurimi precedenti della terza sezione penale della Cassazione assertivi dell’applicabilità dell’articolo 578-bis alla confisca urbanistica.
Considerata la natura di mero obiter dell’inciso, ed il fatto che l’ampia lettura da parte della sentenza Milanesi della locuzione “altre disposizioni di legge“ che prevedono la confisca non è accompagnata da alcun iter argomentativo, vanno però svolte considerazioni ulteriori.
Innanzitutto, sussistono tre ragioni di sistema per ritenere che il giudizio sulla praticabilità della confisca non debba arrestarsi in Cassazione.
La prima è rappresentata dall’obbligatorietà dell’intervento del giudice penale quale garanzia dell’effettività della tutela in materia di illeciti urbanistici nel caso di inerzia della P.A.
Sarebbe invero incongruo consentire che il processo penale, sede propria di esercizio di tale funzione, debba arrestarsi senza consentirne il pieno e completo svolgimento, affidando la tutela ad un intervento dell’Amministrazione meramente eventuale, nell’an e nel quomodo.
La seconda ragione di sistema si rinviene nella rilevabilità di ufficio dell’omessa valutazione del rispetto del principio di proporzionalità (principio di carattere generale: che vive sia nell’interpretazione della Corte Edu fin da prima della sentenza GIEM – cfr. ex plurimis, la nota sentenza A e B. contro Norvegia; che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 43/2018, considera criterio eminente indicatore della stretta connessione materiale e temporale; che è adottato a livello normativo dalla CDFUE agli artt. 49, comma 3 e 52, comma 1).
È infatti pacifico (Sez. III, n. 47280/2019, Cancelli ed ivi rif.) che tale omessa valutazione, purché il capo relativo alla confisca sia messo in discussione, è rilevabile d'ufficio anche in sede di giudizio di legittimità (sia pure nel ristretto limite, peraltro non condivisibile, dell’anteriorità della sentenza impugnata alla GIEM, condizione comunque sussistente nella specie), sia perché “evidenzia una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna con la Convenzione Europea, per cui assume rilevanza anche nei processi diversi da quello nell'ambito del quale sono state pronunciate”, sia perché, “incidendo la questione in esame sull'irrogazione di una pena - nel senso di cui all'art. 7 CEDU - suscettibile di essere considerata illegale per violazione del principio di proporzionalità espressione dell'art. 1 del Protocollo n. 1, l'applicazione dell’art. 609, comma 2, c.p.p. è di ancor più immediata evidenza” (viene richiamata la sentenza delle Sezioni Unite n. 46653/2015, Della Fazia).
Orbene, sarebbe incongruo ritenere che la Cassazione debba rilevare di ufficio l’omessa valutazione del rispetto del principio di proporzionalità, sub specie violazione di legge (art. 44 T.U.E. come integrato dall’art. 1, Protocollo 1, Cedu in punto di proporzionalità della confisca), ma poi non possa assumere le decisioni conseguenti per sanare il deficit argomentativo rilevato.
Una terza considerazione a favore della possibilità di annullamento con rinvio sta nel fatto che alla Cassazione non è preclusa, secondo il dictum della sentenza Matrone delle Sezioni Unite (n. 3464/2018), la possibilità di pronunciare sentenza di annullamento senza rinvio “se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all'esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti”.
Ben potrebbe, infatti, la sentenza di merito descrivere in modo puntuale lo stato dei luoghi, la consistenza dell’abuso ed i beni confiscati, in modo da consentire alla Corte di annullare senza rinvio per violazione del principio di proporzionalità e di decidere nel merito sulla confisca ai sensi dell’art. 620, lett. l, c.p.p.
Sarebbe anche in tal caso incongrua una soluzione che faccia dipendere la competenza del giudice penale piuttosto che della P.A. a decidere sulla ablazione delle aree abusivamente lottizzate dal come il giudice del merito abbia motivato nel descrivere gli elementi fattuali giustificativi della confisca da lui disposta o confermata.
Oltre alle considerazioni di sistema valgono quelle di stretta interpretazione dell’art. 578-bis c.p.p.
In primo luogo, l’affermazione secondo cui lo scopo della locuzione “o da altre disposizioni di legge” di recuperare la confisca allargata in materia di contrabbando e di stupefacenti trova conferma nell’aggiunta con la legge n. 3/2019 dell’art. 322-ter c.p. quale unica ulteriore ipotesi di applicabilità della norma, ben potrebbe essere contrastata rilevando che il legislatore del 2019, avvertito di una potenziale interpretazione restrittiva quale quella proposta dall’ordinanza di rimessione, abbia inteso eliminare ogni dubbio sull’ampia portata della clausola, precisando che essa comprende anche la confisca di cui all’art. 322-ter c.p.
L’art. 578-bis c.p.p., poi, prevede anche la confisca per equivalente prevista dall’art. 322-ter c.p., avente natura sanzionatoria, al pari di quella urbanistica, per cui sarebbe incongrua una soluzione discriminatoria per quest’ultima.
Va infine ricordato, nella ricostruzione della genesi dell’articolo 578-bis, anche il fatto che la testuale formulazione della norma fu anticipata dalla dottrina fin dal 2010, che ne suggerì l’adozione quale novella necessaria per assicurare la praticabilità della confisca urbanistica nonostante la sopravvenuta prescrizione.
Per queste ragioni l’art. 578-bis, al di là dell’idea originaria del legislatore, va comunque come riferito a tutte le ipotesi nelle quali la confisca costituisce “sanzione penale” o “sanzione sostanzialmente penale” in senso convenzionale.



3. La conferma della compatibilità tra prescrizione e confisca urbanistica anche nel processo di primo grado
Risolta positivamente la questione sulla praticabilità dell’annullamento con rinvio al fine di emendare l’omessa valutazione di proporzionalità della confisca urbanistica, sembra opportuna – trattandosi di questione estranea al “thema decidendum”, ma di particolare interesse generale – la risposta all’affermazione dell’ordinanza di rimessione secondo cui “l’art. 578-bis nel riferirsi unicamente ai giudici di appello ed alla Corte di Cassazione, e nel menzionare espressamente l'esistenza di una sentenza di condanna, rende evidente la necessità che risulti emessa all'esito di un giudizio di primo o secondo grado una sentenza di condanna dell'imputato ad una sanzione penale, oltre che alla confisca”.
Al riguardo è sufficiente richiamare la risposta data da plurime decisioni della terza sezione (v. sentenza Alessandrini e successive conformi) secondo cui:
    • l’art. 578-bis c.p.p. regola solo la fase dell'impugnazione ma, da ciò, non può inferirsi il divieto, per il giudice di primo grado, di disporre la confisca nel caso in cui dichiara prescritto il reato nonostante l'avvenuto accertamento della lottizzazione illecita;
    • non è applicabile in via analogica il divieto per il giudice di primo grado di pronunciarsi sulle statuizioni civili, poiché lo stesso si fonda sul disposto dell’art. 538 c.p.p., secondo il quale il giudice decide sulla domanda di restituzione e risarcimento solo quando pronuncia sentenza di condanna, i cui principi applicativi non sono, tuttavia, esportabili in tema di confisca urbanistica, in ragione delle peculiarità di tale provvedimento ablatorio e della sua obbligatorietà (si rinvia alle considerazioni sub 1).
Va quindi confermata la compatibilità tra l’applicazione dell’art. 578-bis alla confisca urbanistica e la costante affermazione della citata giurisprudenza della terza sezione secondo cui è possibile per il giudice di primo grado disporre la confisca quando già sia prescritta la lottizzazione abusiva, purché il reato nei suoi elementi costitutivi sia stato accertato all'esito di una istruzione probatoria rispettosa dei principi del giusto processo e della presunzione di non colpevolezza, salvo che il reato risulti estinto prima dell'esercizio dell'azione penale.
Né si pone un problema di violazione del principio di ragionevole durata del processo, consacrato nell’art. 111, co. 2 Cost. e nell’art. 6 Cedu.
Tale violazione deve ritenersi implicitamente esclusa dalla stessa giurisprudenza della Corte Edu che, ammettendo la sufficienza della condanna c.d. sostanziale per disporre la confisca, ha avallato la possibilità di una prosecuzione del processo, a tali fini, anche dopo il verificarsi della prescrizione.
In tale prospettiva, la ragione giustificatrice della prescrizione consistente nell’affievolirsi delle esigenze che giustificano la punizione trascorso un certo tempo dalla commissione del reato (il c.d. “tempo dell’oblio”) finisce per caratterizzare le sanzioni di matrice strettamente personale, ma non anche quelle di carattere reale la cui applicazione sia necessaria per soddisfare prevalenti interessi di carattere generale (nella specie l’ordinato assetto del territorio).


4. I criteri per il giudice di merito nella verifica di proporzionalità della confisca urbanistica
Vanno indicati i criteri che il giudice del rinvio dovrà applicare per compiere la verifica di proporzionalità.
Le sentenze della terza sezione che hanno disposto l’annullamento con rinvio a tali fini (ex plurimis, Sez. III, n. 8350/2019, Alessandrini ed altri; n. 47094/2019, Ventura; n. 47280/2019, Cancelli), dopo aver precisato che le aree abusivamente lottizzate non coincidono con quelle edificate, sia perché la lottizzazione può avere natura esclusivamente negoziale, sia perché, quando in tutto o in parte materiale, essa “può comprendere anche altre aree che, essendo in qualche modo ad esse asservite, direttamente o indirettamente, rientrano nel complesso di attività univocamente finalizzate al conferimento di un diverso assetto del territorio snaturando la programmazione dell'uso dello stesso delineato dallo strumento urbanistico generale”, hanno ritenuto conforme al principio di proporzionalità la confisca di tutte le aree abusivamente lottizzate, indipendentemente dalla presenza o meno di volumi, ed in contrasto quella di aree completamente estranee all'attività lottizzatoria abusiva.
Con l’ulteriore precisazione che "i terreni lottizzati ovvero rientranti nel generale progetto lottizzatorio vanno identificati in quelli che risultano oggetto di un'operazione di frazionamento preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un preventivo frazionamento, va confiscata tutta l'area interessata da tale frazionamento, nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere di urbanizzazione, indipendentemente dall'attività di edificazione posta concretamente in essere. Nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto un frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture”.
Occorre però rilevare come la sentenza GIEM abbia individuato criteri di verifica della proporzionalità ulteriori rispetto a quello della mera coincidenza tra aree abusivamente lottizzate ed aree confiscate.
Recita infatti il punto 301 della sentenza:
“Al fine di valutare la proporzionalità della confisca, possono essere presi in considerazione i seguenti elementi: la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l'annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione”.
Vengono quindi enunciati tre requisiti essenziali per l’applicazione del principio e precisamente:
    • il primo, di carattere oggettivo, relativo all’impatto della misura sul diritto di proprietà;
    • il secondo, di carattere soggettivo, relativo al grado di colpa o di imprudenza degli interessati o, quanto meno, al rapporto tra la loro condotta e il reato in questione;
    • il terzo, consistente nella necessaria disponibilità per il giudice di un sistema graduale di misure al fine di consentirgli di bilanciare, in concreto, l’interesse generale (consistente nel ripristino e salvaguardia del c.d. ordine urbanistico e quindi, come rileva la sentenza GIEM al punto 295, nella tutela del “benessere e della salute delle persone”) con quello particolare.
Criteri coerenti con i punti 292 e 293 in cui la sentenza GIEM ha enunciato “i seguenti principi, per poter ritenere convenzionalmente legittima l'ablazione del diritto di proprietà: che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni abbia un fondamento giuridico; che sussista un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito; che lo Stato abbia un ampio margine di apprezzamento per scegliere i mezzi da utilizzare al fine di conseguire lo scopo nell'interesse generale” (Sez. III, n. 47280/2019, Cancelli).
L’esame del solo profilo della corrispondenza tra aree abusivamente lottizzate ed aree confiscate (da ascriversi al primo dei tre parametri indicati dalla Corte Edu) è stato giustificato dalla citata giurisprudenza della terza sezione con una duplice argomentazione.
La prima si fonda sulla natura casistica delle decisioni della Corte Edu e sul rilievo che nei casi decisi dalla sentenza GIEM le parti avevano dedotto la confisca di terreni non interessati dall'attività lottizzatoria.
Prospettazione questa, si afferma, che si evince sia dal tenore delle difese del Governo italiano, che aveva sostenuto le ragioni dell’esatta individuazione delle aree confiscate, sia dalla opinione parzialmente dissenziente e parzialmente concordante dei giudici Spano e Lemmens, laddove “si ritiene inaccettabile che non sia stato accertato in alcun modo se la confisca rappresentasse o meno un onere sproporzionato sul proprietario, ritenendolo un dato particolarmente rilevante, dal momento che la lottizzazione abusiva riguardava solo una parte dei terreni di cui era stata disposta la confisca”, osservazione dalle quali, secondo la citata giurisprudenza della terza sezione, la Corte Edu “ha conseguentemente escluso che fosse stato nella fattispecie mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale e l'interesse delle parti in causa”.
Vanno però tenute presenti le conclusioni del punto 303 della sentenza GIEM, secondo cui “l'applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista dalla legge italiana è in contrasto con questi principi in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione”.
È significativo, quindi, che la violazione dell’art. 1, Protocollo 1, Cedu, pure in fattispecie in cui si lamentava la confisca di terreni non interessati dall'attività lottizzatoria, non è stata affermata per tale ragione, ma per la violazione della regola del bilanciamento tra interessi contrapposti che è alla base dell’applicazione del principio di proporzionalità.
Orbene, se è vero che la giurisprudenza della Corte Edu è essenzialmente casistica, quando l’esame di una particolare fattispecie sia risolto con la enunciazione di un principio generale, che regola tutti i casi ai quali quella fattispecie è riconducibile, lo stesso va considerato nella sua interezza e, qualora sia enunciato da una sentenza resa dalla Grande Camera, “certamente rappresenta il diritto consolidato in materia” (Sez. III n. 47280/2019, Cancelli).
La seconda argomentazione consiste nel riferimento fatto dalla giurisprudenza della terza sezione, a partire dalla sentenza Alessandrini, a precedenti pronunce della Corte EDU dalle quali “emerge … che la Corte di Strasburgo ha sempre tenuto in particolare considerazione l'esigenza di un giusto equilibrio tra l'ingerenza sul diritto del singolo e le esigenze di salvaguardia dell'interesse generale, considerando conformi ai principi della Convenzione, pur tenendo conto della specificità dei singoli casi sottoposti alla sua attenzione, interventi radicali e definitivi quali la demolizione di singoli edifici realizzati in spregio alle previsioni della pianificazione urbanistica, effettuando tale apprezzamento attraverso un'analisi globale dei vari interessi, anche mediante la verifica del comportamento tenuto dalle parti, dei mezzi utilizzati dallo stato, dalle modalità di attuazione del provvedimento, specie per quanto riguarda l'obbligo delle autorità di agire in modo tempestivo, corretto e coerente”.
Trattasi però di richiami non pertinenti, in quanto le sentenze citate non riguardano la confisca a seguito di lottizzazione urbanistica, ma casi di imposizione di vincoli in sede di pianificazione del territorio (Brosset-Triboulet e altri c. Francia; Gorraiz Lizarraga e altri c. Spagna), ovvero di demolizione di manufatti abusivi (Depalle c. Francia e Kvyatkovskiy c. Russia) provvedimento quest’ultimo del quale ripetutamente la Corte Edu ha affermato la natura ripristinatoria e non sanzionatoria, avendo lo scopo di disciplinare l'uso della proprietà conformemente all'interesse generale e di garantire il rispetto delle norme urbanistiche e di costruzione, nonché l'uso del terreno conformemente alla sua destinazione (affermazioni più volte riprese dalla terza sezione per affermare che l'ordine di demolizione di un immobile abusivo non costituisce una sanzione penale, bensì una misura funzionalmente diretta al ripristino dello status quo ante e che la sua esecuzione non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all'art. 8 CEDU; v. da ultimo Sez. III, n. 844/2020, Distante, cui si rinvia per ulteriori citazioni della giurisprudenza della Corte Edu).
Condivisibile, quindi, è la critica della dottrina che rileva come, dopo la sentenza della Corte europea G.I.E.M. S.r.l, “la Corte di legittimità ha ricostruito una sorta di criterio legale di proporzionalità: questa si avrebbe sempre quando la confisca coinvolge beni immobili direttamente interessati dall’attività lottizzatoria e quelli a essa funzionali”, mentre “i giudici europei chiedevano un bilanciamento in concreto, un apprezzamento pratico del giudice in funzione dell’intensità offensiva della condotta; i giudici italiani rispondono indicando una regola di giudizio legale, un parametro normativo fisso”.
Pertanto, la corretta applicazione del punto 301 della sentenza GIEM comporta che, al fine di valutare la proporzionalità della confisca, vanno esaminati entrambi i parametri enunciati, non soltanto quello oggettivo, relativo all’ingerenza nel diritto di proprietà (rispetto al quale può trovare applicazione il criterio della corrispondenza tra aree abusivamente lottizzate ed aree confiscate), ma anche quello soggettivo, relativo “al grado di colpa o di imprudenza” degli interessati “o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione”.
Per la valutazione di tale secondo profilo possono applicarsi i parametri normativi previsti dall’art. 133 c.p., secondo uno schema già utilizzato da plurime decisioni della quinta sezione in tema di rimodulazione del trattamento sanzionatorio nella materia del market abuse in presenza del c.d. doppio binario sanzionatorio, al fine di attuare il principio del ne bis in idem nella sua accezione eurounitaria e convenzionale (da ultimo, v. Sez. V, n. 39999/2019, Respigo).
Nel verificare l’intensità del rapporto intellettuale tra il destinatario della confisca ed il fatto lottizzatorio, occorre però sempre tenere presente:
    1. “l’estrema gravità del reato di lottizzazione abusiva, che la distingue dalla semplice costruzione in assenza di permesso di costruire e comporta il completo stravolgimento del territorio in spregio all'attività di pianificazione e di ogni eventuale vincolo (paesaggistico o di altro genere) esistente, con un rilevantissimo aggravio del carico urbanistico” (sentenza Alessandrini e successive conformi);
    2. il dovere, anche per chi non sia concorrente materiale nel reato, di “assumere le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell'intervento agli strumenti urbanistici, dovendosi anche tenere conto, sotto questo profilo, del comportamento della pubblica amministrazione” (Sez. III, n. 36310/2019, Motisi ed ivi rif.).
La non proporzionalità della confisca, sub specie intensità del rapporto intellettuale tra il destinatario della confisca ed il fatto lottizzatorio sembra quindi configurabile in ipotesi residuali, quali, a titolo esemplificativo, quelle caratterizzate da colpa lieve, dalla estraneità all’attività materiale, ovvero dalla minima importanza della partecipazione.  
Si pone a questo punto la questione dell’assenza nell’art. 44 T.U.E. di strumenti alternativi alla confisca i quali, come afferma il punto 303 della sentenza GIEM, consentano “al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione”.
Ben potrebbe, infatti, il giudice penale formulare un giudizio negativo sulla proporzionalità della confisca urbanistica, ma al tempo stesso avvertire la necessità di uno strumento di minor impatto che sia comunque idoneo a ripristinare l’ordine urbanistico violato.
Va precisato che neppure la demolizione per il diverso reato di cui alla lettera b) dell’art. 44 T.U.E. (costruzione in assenza di permesso di costruire o in totale difformità), in ipotesi concorrente con quello di lottizzazione abusiva (sull’ammissibilità del concorso cfr. ex plurimis Sez. III, n. 9307/2011, Silvestro e altra), è praticabile, in quanto, per pacifica giurisprudenza (cfr. ex plurimis Sez. III, n. 37836/2017, P.G. in proc. Catanzaro), “l'ordine di demolizione dell'opera edilizia abusiva, previsto dall'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, presuppone comunque la pronuncia di una sentenza di condanna, non risultando sufficiente l'avvenuto accertamento della commissione dell'abuso, come nel caso di sentenza che rileva l'intervenuta prescrizione del reato” (ipotesi ricorrente nel caso di specie).
Il giudice penale, quindi, non dispone, all’interno del vigente Testo Unico Edilizio, di alcun strumento alternativo alla confisca.
Tale mancanza di alternative non rende però superfluo l’annullamento con rinvio ai fini della valutazione di proporzionalità della confisca, né impone già in questa sede un preliminare incidente di legittimità costituzionale.
Trattasi infatti di questione allo stato non attuale e quindi non rilevante, poiché il tema dell’assenza nell’art. 44 T.U.E. di strumenti alternativi alla confisca si porrà, eventualmente, solo nel giudizio di merito e purché il giudice ritenga che la stessa è sproporzionata, ma che le esigenze di tutela del territorio e dell’ambiente potrebbero essere soddisfatte con uno strumento diverso e più lieve.
Premesso che solo il legislatore potrebbe adeguatamente colmare tale vuoto, modificando l’art. 44 T.U.E.  in modo da consentire al giudice di operare in concreto il bilanciamento di interessi essenziale per la piena e corretta attuazione del principio di proporzionalità, si pone la questione se la mancanza di gradualità dell’intervento del giudice penale possa trovare (parziale) soluzione con una interpretazione convenzionalmente conforme, ovvero sollevando un incidente di legittimità costituzionale.
La risposta va cercata all’interno delle norme che disciplino l’intervento del giudice penale per garantire l’effettività della tutela del territorio.
Orbene, è indubbio che la demolizione dell’opera abusiva rappresenti la misura ripristinatoria di carattere generale per tutti gli interventi abusivi previsti come reato dal T.U.E.
Essa è infatti prevista quale attribuzione diretta del giudice penale nel caso di interventi in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 31, comma 9), ed in tema di violazioni antisismiche (art. 98), mentre nel caso della lottizzazione l’art. 30, comma 8, T.U.E. prevede l’obbligo per la P.A. di provvedere alla demolizione delle opere quando le aree abusivamente lottizzate siano acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune, effetto questo che può conseguire non solo al provvedimento amministrativo di acquisizione, ma anche alla confisca disposta in sede penale (art. 44, comma 2, secondo periodo).
Pertanto, nel disegno originario del legislatore, l’esercizio del potere ripristinatorio non è estraneo all’intervento del giudice in materia di lottizzazione, ma viene da lui attivato in capo all’amministrazione quale conseguenza vincolata “ex lege” della confisca.
Al giudice penale è quindi attribuito al tempo stesso sia un potere sanzionatorio diretto, sia un potere ripristinatorio, indiretto e mediato, in quanto titolare del presupposto necessario dell’obbligo di demolizione da parte della P.A.
A seguito della sentenza della Grande Camera, divenuto facoltativo il potere sanzionatorio tramite la confisca, il giudizio di sproporzione di quest’ultima finirebbe per sterilizzare del tutto la legittimazione del giudice penale ad attivare l’esercizio del potere ripristinatorio; un potere di carattere generale, attribuitogli da ogni istituto del diritto penale urbanistico per la funzione di garanzia a lui assegnata al fine della effettività della tutela del territorio, ed esercitato indirettamente nella materia della lottizzazione solo in ragione dell’automatismo ed obbligatorietà della confisca.
D’altra parte, la corretta applicazione del principio di proporzionalità richiede al giudice di operare il bilanciamento tra interessi contrapposti ed è la stessa sentenza GIEM che a tal fine indica lo strumento della demolizione quale quello idoneo a tal fine.
Proprio l’espressa indicazione di tale misura da parte della Corte sembra consentire una interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 44, comma 2, nel senso che qualora il giudice penale accerti che vi è stata lottizzazione abusiva, ma ritenga sproporzionata la confisca delle aree e proporzionata la demolizione delle opere abusive, si riespande il potere ripristinatorio riconosciutogli in via generale dal sistema di tutela urbanistica, ed indirettamente esercitato nella materia della lottizzazione, con la conseguente possibilità di esercitare direttamente lo stesso e quindi disporre la demolizione delle opere abusive se non altrimenti eseguita ai sensi dell’art. 30, comma 8.
L’alternativa è quella dell’incidente di costituzionalità della norma nella parte in cui non prevede per il giudice la possibilità di disporre la demolizione nel caso di ritenuta sproporzione della confisca, per violazione degli artt. 3 (per irragionevolezza rispetto alle citate altre disposizioni del T.U.E. relative ad illeciti meno gravi), 42 (perché, nel caso di ritenuta sproporzione della confisca, l’impossibilità di ripristinare con la demolizione l’ordine urbanistico violato non consentirebbe di garantire la funzione sociale della proprietà che la pianificazione territoriale le attribuisce attraverso l’imposizione di vincoli conformativi) e 117, comma 1, Cost, con riferimento all’art.1 Protocollo 1 Cedu, quale norma interposta come interpretata dalla sentenza GIEM.
Resta fermo che per l’ampliamento degli strumenti a disposizione del giudice penale è necessario (ed auspicabile) l’intervento del legislatore.


5. Conclusioni
Si chiede pertanto l’annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione e con rinvio limitatamente alla statuizione relativa alla confisca.
Roma 30 gennaio 2020

Il sostituto Procuratore Generale

Pasquale Fimiani