Cass. Sez. III n. 19959 del 9 maggio 2013 (cc. 10 ott. 2013)
Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Miele
Urbanistica. Lottizzazione: confisca e posizione dell'erede

Un erede subentra nella stessa posizione di fatto e di diritto del suo dante causa, per cui non può far valere una posizione di terzo estraneo in buona fede rispetto alla commissione del reato (fattispecie relativa ad opposizione all'esecuzione con la quale si chiedeva la revoca della confisca di terreni oggetto di lottizzazione abusiva)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Presidente - del 10/10/2012
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere - N. 1856
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere - N. 202/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MIELE ANGELO N. IL 24/11/1954;
avverso l'ordinanza n. 338/2010 TRIBUNALE di NOLA, del 11/10/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSI Elisabetta;
lette le conclusioni del PG Dott. Volpe Giuseppe, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell'11 ottobre 2011 il Tribunale di Nola, in funzione di giudice dell'esecuzione ha rigettato l'opposizione all'esecuzione proposta nell'interesse di Miele Angelo, con la quale lo stesso, nella qualità di erede di Miele Silvestro Pasquale, chiedeva la revoca della confisca di alcuni terreni, disposta con sentenza del 3 luglio 1998, in riferimento al reato di lottizzazione abusiva, il relazione al quale era stata emessa nei confronti del suo dante causa sentenza di non doversi procedere per prescrizione.
2. Il Miele ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza per i seguenti motivi: 1) Violazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all'art. 666 c.p.p., in quanto il giudice dell'esecuzione avrebbe respinto la richiesta di restituzione del bene sulla base del fatto che l'istante non aveva addotto nuovi elementi, rispetto ad un precedente incidente di esecuzione che il medesimo Tribunale aveva respinto in data 7 maggio 2005, adducendo tale preclusione processuale; la decisione non sarebbe in linea con quanto affermato recentemente dalle Sezioni Unite in punto di preclusione, atteso che nuove interpretazioni giurisprudenziali ammettono una nuova pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione; per quanto attiene alla confisca prevista per il reato di lottizzazione abusiva, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che tale misura non può essere applicata indiscriminatamente nei confronti di soggetti in buona fede che non abbiano commesso alcuna violazione; Violazione dei principi affermati dalla Corte di Strasburgo, atteso che il bene deve essere restituito al ricorrente, posto che lo stesso è estraneo ai fatti contestati, essendo nipote dell'imputato (peraltro deceduto il 20 gennaio 1994, prima della sentenza di primo grado) che è subentrato nella titolarità del bene.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve essere premesso che il mutamento di giurisprudenza intervenuto con decisione delle Sezioni Unite rende ammissibile una nuova proposizione al giudice dell'esecuzione della richiesta, ad esempio, di applicazione dell'indulto in precedenza rigettata, in quanto rappresenta un "elemento nuovo di diritto in grado di rimuovere la preclusione del c.d. "giudicato esecutivo" (cfr. Sez. U, n. 18288 del 21/1/2010, dep. 13/5/2010, P.G. in proc. Beschi, Rv. 246651), per cui non può certo dirsi che il giudice dell'esecuzione non possa esaminare la questione sottoposta alla sua attenzione a seguito di una nuova interpretazione della giurisprudenza di legittimità anche in riferimento alla richiesta di revoca della confisca e restituzione del bene all'avente diritto. 2. Inoltre la giurisprudenza di questa Sezione, ormai consolidata, ha escluso l'applicabilità della confisca nei confronti dei terzi acquirenti che effettivamente risultino in buona fede in ordine alla abusività della lottizzazione, ossia nel caso in cui non venga accertato nei loro confronti alcun profilo di colpa, anche sotto gli aspetti della imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza (tra le altre, Sez. 3, n. 42178 del 29/9/2009, Spini e altro, Rv. 245170, n. 39078 del 13/7/2009, Apponi e altri, Rv. 245345). Ciò in ossequio al dovere di dare alla: disposizione di cui all'art. 44 del T.U. edilizia - secondo cui all'accertamento definitivo del reato di lottizzazione abusiva consegue "la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite" - una interpretazione conforme alla CEDU, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (come affermato in via generale dalla Corte costituzionale con le sentenze c.d. gemelle nn. 348 e 349 del 2007 e, con riferimento specifico al citato art. 44, comma 2, con la sentenza n. 239 del 2009), che ha affermato (sentenze 30 agosto 2007 e 20 gennaio 2009 relative alla confisca della c.d. Punta Perotti) che la confisca conseguente a lottizzazione abusiva deve essere considerata una pena e pertanto presuppone necessariamente l'esistenza di un elemento soggettivo di responsabilità nella condotta del partecipante alla lottizzazione che sia destinatario della confisca, per cui l'applicazione della confisca in danno di un soggetto di cui non sia stata accertata una condotta dolosa o colposa di partecipazione alla lottizzazione abusiva violerebbe l'art. 7 della CEDU e l'art. 1 del Protocollo n. 1. È stato infatti affermato a proposito dell'acquirente che lo stesso non può essere considerato, solo per tale qualità, terzo estraneo al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli "dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione. Quando, invece, l'acquirente sia consapevole dell'abusività dell'intervento - o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio" (si veda parte motiva dell'appena citata Sez. 3, n. 42178 del 2009). Risulta evidente che una pari indagine deve riguardare anche un terzo che divenga proprietario iure successionis di un bene del quale sia stata disposta la confisca. 3. È l'art. 666 c.p.p. che detta le regole di svolgimento e di valutazione dell'incidente di esecuzione e la giurisprudenza, in via generale, ha affermato il principio della sussistenza di un "onere di allegazione, il dovere, cioè, di prospettare e indicare al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa, incombendo poi all'autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti" (in tal senso, da ultimo, Sez. 1, n. 34987 del 22/9/2010, Di Sabatino, Rv. 248276). Proprio in relazione ai possibili contrasti tra confisca e diritti di terzi, la decisione delle Sezioni Unite, n. 9 del 28/4/1999, Bacherotti, Rv. 213511, ha precisato "che i terzi che vantino diritti reali hanno l'onere di provare i fatti costitutivi della pretesa fatta valere sulla cosa confiscata, essendo evidente che essi sono tenuti a fornire la dimostrazione di tutti gli elementi che concorrono ad integrare le condizioni di "appartenenza" e di "estraneità al reato", dalle quali dipende l'operatività della situazione impeditiva o limitativa del potere di confisca esercitato dallo Stato. Ai terzi fa carico, pertanto, l'onere della prova sia relativamente alla titolarità dello "ius in re aliena", il cui titolo deve essere costituito da un atto di data certa anteriore alla confisca e - nel caso in cui questa sia stata preceduta dalla misura cautelare reale ex art. 321 c.p.p., comma 2 - anteriore al sequestro preventivo, sia relativamente alla mancanza di collegamento del proprio diritto con l'altrui condotta delittuosa o, nell'ipotesi in cui un simile nesso sia invece configurabile, all'affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di apparenza che rendeva scusabile l'ignoranza o il difetto di diligenza". Pertanto il concetto di estraneità al reato, nell'ambito in esame, deve essere inteso - in piena conformità alla citata giurisprudenza - in senso ampio ed in connotazione funzionale alla confisca, non solo come mancanza di qualsiasi collegamento, diretto o indiretto, con la consumazione del fatto-reato, ma anche come mancato ottenimento di vantaggi ed utilità da esso -"non potendo privilegiarsi la tutela del diritto del terzo allorquando costui abbia tratto vantaggio dall'altrui attività criminosa e dovendo, anzi, riconoscersi la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto-reato" - sempre che non sussista la buona fede (ossia non conoscibilità - con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta - del rapporto di derivazione del proprio diritto di proprietà dal reato commesso dal condannato) e l'affidamento incolpevole, elementi di carattere soggettivo che devono essere inclusi nella nozione di estraneità al reato, in linea con l'interpretazione fornita in tema dalla Corte costituzionale. 4. Orbene, emerge dalle premesse in fatto dell'ordinanza impugnata che il Tribunale di Nola ebbe a rigettare il precedente incidente di esecuzione promosso dall'istante il 7 maggio 2005, e quindi ben sette anni dopo la sentenza che ebbe a disporre la confisca (emessa il 3 luglio 1998), circostanza questa che induce a ritenere dubbia la qualità di erede in capo al ricorrente, il quale ha proposto il secondo incidente di esecuzione in data 30 giugno 2009, senza che dall'ordinanza qui impugnata possa desumersi che lo stesso abbia allegato elementi certi della qualifica spesa, ne' le circostanze che renderebbero evidente la sussistenza dell'elemento dell'estraneità dello stesso alla accertata lottizzazione abusiva. Tali necessari elementi, peraltro, non risultano neanche allegati al presente ricorso, pur articolato nei suoi profili in diritto. In ogni caso, questo Collegio intende qui ribadire il principio che un erede subentra nella stessa posizione di fatto e di diritto del suo dante causa, per cui non può far valere una posizione di terzo estraneo in buona fede rispetto alla commissione del reato (in tal senso, si richiamano Sez. 1, n. 5262 del 25/9/2000, dep. 19/12/2000, Todesco e altri, Rv. 220007 e Sez. 6, n. 27343 del 20/5/2008, dep. 4/7/2008, Ciancimino, Rv. 240584).
Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2013