Gestione dei
rifiuti, iscrizione all’albo gestori e garanzie finanziarie: incertezza e
confusione in un caso giurisprudenziale. Nota a T.A.R. Puglia sede di Lecce n.
3980/03.
di
Giusi Condosta (dottoressa in Giurisprudenza)
Introduzione
La legislazione
sui rifiuti contenuta nel decreto legislativo n. 22 del 05/02/97, come noto, non
è stata ancora del tutto attuata dai decreti ministeriali cui le norme hanno
demandato la disciplina specifica di determinati aspetti.
Sovente accade,
così, che l’incompletezza della normazione e le sue difficoltà di accesso
incidano sulla frequenza dell’errore interpretativo dei giudici, con intuibili
conseguenze sul piano della certezza del diritto.
Può
considerarsi emblematica in tal senso la sentenza n. 3980/03 emessa dalla
seconda sezione del T.A.R. per la Puglia sede di Lecce, che si espone a più di
una critica, segnalandosi per essere, a parere della scrivente, un concentrato
di equivoci.
Brevi
premesse in fatto.
Il Comune X
bandisce una gara per l’aggiudicazione di un appalto avente ad oggetto: “i
lavori, le opere e le provviste necessarie per il servizio di supporto per la
conduzione operativa della discarica controllata di 1^ categoria”.
Tra
i requisiti per la partecipazione il bando contempla “il
possesso del certificato d’iscrizione all’Albo Nazionale delle imprese
esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti, ai sensi del D.M. 324/91,
concernente la gestione di impianti di smaltimento, senza limitazioni in merito
alla capacità di smaltimento in quanto trattasi di gestione diretta pubblica
nell’ambito della quale viene appaltato solo il servizio di supporto della
gestione stessa”.
La clausola
rappresenta una sintesi di ambiguità ed imprecisione, esempio della frequente
approssimazione con cui talune amministrazioni approntano i bandi di gara.
Senza
anticipare rilievi che saranno svolti di seguito, è appena il caso di osservare
che la clausola contiene il riferimento ad una fonte normativa abrogata ormai da
ben cinque anni: è noto, infatti, che l’Albo Smaltitori alla cui iscrizione
si provvedeva ai sensi del D.M. 324/91 è stato sostituito dall’Albo delle
Imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, istituito ai sensi dell’art.
30 del D. Lgs.vo 22/97 e regolato dal D.M. Ambiente 406/98. Variazione, questa,
non puramente nominativa, ma rispondente all’esigenza di rendere congruente la
denominazione dell’Albo con le sue effettive competenze introdotte dal nuovo
regime normativo, in particolare in relazione all’innovativo concetto di
gestione dei rifiuti che ha superato la precedente nozione di smaltimento,
inglobandola al suo interno.
L’osservazione,
dunque, non appare di poco conto sol che si consideri che non v’è una precisa
corrispondenza tra le attività gestorie contemplate dalle due fonti normative
suddette; ne consegue che il requisito contenuto nel bando di gara costituito
dall’ “iscrizione nell’Albo Smaltitori, concernente la gestione di
impianti di smaltimento”, che già si sarebbe appalesato alquanto
approssimativo rispetto al D.M. 324/91 (contemplando quest’ultimo ben quattro
categorie dedicate alla gestione di impianti
di smaltimento e precisamente le categorie
8,13,14,15), risulta ancora più impreciso se da intendersi riferito al
D.M. 406/98 che nell’art. 8 individua solo due categorie relative alla
gestione di impianti di smaltimento (categorie 6 e 7), la prima delle quali,
peraltro, si articola in altre otto sottocategorie.
Nonostante
l’ambiguità suscitata dal bando, l’impresa Y decide di partecipare alla
gara e ,dapprima dichiarata aggiudicataria provvisoria, si vede successivamente
comunicare dall’amministrazione appaltante la determinazione di quest’ultima
di non procedere all’aggiudicazione definitiva, stante il mancato possesso da
parte della ditta de qua del requisito
dell’iscrizione all’Albo Nazionale Smaltitori di cui al D.M. 324/91.
L’impresa
ricorre al T.A.R. che, con sentenza resa in forma semplificata ex art. 9 l.
205/00, respinge le censure formulate.
Due sono
fondamentalmente le questioni su cui si incentra la decisione commentata:
-
il concetto di “gestione di impianti”;
-
la valenza della categoria 6 di cui all’attualmente vigente D.M.
406/98.
Sul
concetto di “gestione di impianti”.
Preliminarmente
non può evitarsi di stigmatizzare l’estrema
superficialità con cui il T.A.R. liquida
sbrigativamente la questione relativa all’interpretazione della clausola del
bando, ritenendo non sussistenti gli illustrati dubbi interpretativi inerenti la
categoria di iscrizione dalla stessa richiesta, che viene identificata
genericamente nella categoria 6, senza ulteriori precisazioni, omettendo di
considerare che ai sensi dell’art. 8 del D.M. 406/98 la stessa si scompone in
6A, 6B, 6C, ecc., ad ognuna delle quali corrisponde la gestione di impianti del
tutto diversi.
Ma
ancor più sorprendente è l’iter logico attraverso il quale il giudicante
perviene a tale conclusione. Si legge nella sentenza che
“l’iscrizione in categoria 6 è l’unica compatibile con l’oggetto
dell’appalto, comprendente l’effettuazione di una serie di operazioni (come
ad es. l’estrazione, il trasporto e lo smaltimento del percolato, il relativo
monitoraggio e il mantenimento dei livelli di sicurezza, ecc) che indubbiamente
rientrano nel concetto di gestione di impianti fissi in cui si effettuano le
operazioni di smaltimento o di recupero”.
L’affermazione
appare paradossale. Invero gli oneri dell’appaltatore descritti nel C.S.A.,
alcuni dei quali richiamati nel passo della sentenza commentata sopra riportato,
nulla hanno a che vedere con la gestione dell’impianto, trattandosi di
operazioni puramente accessorie ad una gestione intesa in senso tecnico.
In
particolare si osserva:
-
le operazioni di guardiania, apertura, chiusura, derattizzazione,
disinfestazione, ecc. non solo sono assolutamente avulse dalla gestione di una
discarica, ma risultano contestualmente estranee alla nozione di gestione del
rifiuto di cui definita dall’art. 6 del D. Lgs.vo 22/97 come
“la raccolta, il trasporto, il recupero, lo smaltimento….”;
-
altre operazioni (quali la raccolta, il trasporto, lo smaltimento del
percolato) possono configurare sì attività gestorie, ma diverse dallo
smaltimento, per lo svolgimento delle quali occorre l’iscrizione in categoria
4 o 5 (rispettivamente raccolta e trasporto dei rifiuti speciali non pericolosi
prodotti da terzi e raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi) a seconda della
circostanza che il liquido di percolazione risulti o meno pericoloso.
Al
contrario l’iscrizione in categoria 6 non solo non è necessaria (e tanto meno
è “l’unica compatibile con l’oggetto del bando”...sic!), ma sarebbe
addirittura inutile: se, infatti, l’impresa appaltatrice gestisse il rifiuto
“percolato” senza iscrizione nelle categorie suddette incorrerebbe nel reato
previsto dall’art. 51 del D. Lgs.vo 22/97 (gestione di rifiuti non
autorizzata).
Del
resto non può sfuggire che la clausola contemplante il requisito de quo specifica che trattasi di gestione diretta pubblica…dunque
è la stessa amministrazione a riservare a sé stessa l’attività di
smaltimento (“gestione diretta pubblica”),
intendendo appaltare soltanto operazioni accessorie.
Le conclusioni
del T.A.R., invero, tradiscono una certa confusione tra il concetto di gestione
di impianti e quello differente di gestione del rifiuto, nozioni che si pongono
tra loro in rapporto di inclusione e non di equivalenza. Sfugge al giudicante,
difatti, che la gestione del rifiuto comprende varie fasi (tra le quali rientra
anche lo smaltimento) all’esercizio delle quali il D. Lgs. 22/97 riconnette
precisi obblighi e conseguenti responsabilità amministrative e penali.
Sotto tale
profilo la gravità della svista del T.A.R. può maggiormente apprezzarsi se si
considera che nella fattispecie il C.S.A. pone a carico della stazione
appaltante “tutte le operazioni connesse
all’accettazione dei rifiuti conferiti in discarica quali: accertamento della
provenienza e tipologia, pesatura, tenuta dei registri previsti dalla normativa
vigente, ecc..”.
Si tratta
chiaramente degli obblighi che gravano sul gestore dell’impianto in base alla
previsione del recente D.M. 13 marzo 2003 dedicato ai criteri di ammissione dei
rifiuti in discarica il quale nell’art. 11 co. 3 stabilisce che lo smaltitore
deve, tra l’altro: “a) controllare la documentazione relativa ai rifiuti; b)
verificare la conformità delle caratteristiche dei rifiuti indicate nel
formulario di identificazione di cui all’art. 15 D. Lgs. 22/97; c) effettuare
l’ispezione visiva di ogni carico di rifiuti conferiti in discarica prima e
dopo lo scarico; d) annotare sul registro di carico e scarico tutte le tipologie
e le informazioni relative alle caratteristiche ed ai quantitativi dei rifiuti
depositati secondo le modalità di cui all’art. 12 del D.M. 406/98”.
Sulla
valenza della categoria 6.
D’altra
parte, pur volendosi condividere per assurdo le conclusioni cui il T.A.R.
accede, non si può non riflettere su un altro aspetto: se sia legittima la
richiesta del requisito dell’iscrizione in categoria 6 contenuta nel bando di
gara.
Prima di
riportare il principio enunciato sul punto, è necessario ricordare che l’art.
12 del D.M. 406/98, nel dettare i criteri e le modalità che disciplinano il
procedimento di iscrizione all’Albo relativamente alle categorie c.d.
ordinarie (ovvero tutte quelle di cui all’art. 8 dello stesso decreto con
esclusione delle categorie 2 e 3 per le quali il successivo art. 13 contempla
una disciplina semplificata
nell’art. 13) prevede che un procedimento a formazione progressiva che si
articola in quattro momenti:
1)
presentazione dell’istanza corredata dalla documentazione attestante i
requisiti di idoneità tecnica e capacità finanziaria richiesti dalla legge;
2) delibera
della sezione regionale dell’Albo in merito all’accoglimento o al rigetto
della stessa;
3)
presentazione delle garanzie finanziarie in favore dello Stato per l’importo
fissato da appositi decreti e variabile in
relazione alla categoria e classe;
4)
accettazione delle garanzie finanziarie con conseguente
formalizzazione del provvedimento di iscrizione.
Ora, è noto
che tale disciplina non ha trovato completa attuazione in conseguenza
dell’inerzia del Ministero dell’Ambiente che, ad oggi, non ha ancora
provveduto ad adottare i decreti che fissano gli importi delle garanzie
finanziarie per le categorie da 6 a 10. Ne deriva pertanto che, non potendosi
perfezionare il procedimento autorizzatorio de
quo, il requisito dell’iscrizione in queste categorie non è attualmente
ottenibile e, conseguentemente, le attività gestorie ricomprese nelle suddette
categorie possono essere esercitate liberamente, senza cioè necessità di alcun
adempimento amministrativo connesso all’applicazione del D.M. 406/98.
Alla luce di
tali premesse può intendersi l’assurdità del principio contenuto nella
sentenza in rassegna, secondo il quale “in
mancanza della determinazione da parte del Ministero delle modalità e degli
importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore delle
Stato dalle imprese, il possesso dei requisiti per l’iscrizione (che
normalmente si perfeziona con l’accettazione delle garanzie finanziarie) deve
essere eccezionalmente riportato al momento in cui la accettazione regionale
accerta la presenza dei requisiti per l’iscrizione”.
Non v’è chi
non veda come il T.A.R. sia incorso in un palese malinteso confondendo due
momenti assolutamente distinti e tutt’affatto equivalenti: quello
dell’accoglimento dell’istanza e quello successivo dell’accettazione delle
garanzie finanziarie. Diversa, infatti, è la loro finalità: il primo, anche se
comunicato formalmente attraverso
apposita delibera della Sezione, ha unicamente lo scopo di accertare
l’esistenza dei requisiti di idoneità tecnica e capacità finanziaria, ma è
solo a partire dal secondo (ovvero dall’accettazione delle garanzie
finanziarie) che si perfeziona il procedimento di iscrizione e decorre,
pertanto, la validità quinquennale della stessa (in tal senso il combinato
disposto degli artt. 12, 14, 19 del D.M.406/98).
In altri
termini il Tribunale, nel disapplicare una parte necessaria del procedimento
disciplinato dall’art. 12 del Decreto de quo, pare introdurre
arbitrariamente una sorta di iscrizione anticipata, creando per di più una
situazione sperequata tra le
attività gestorie di cui alla categoria 6 e quelle contemplate nelle categorie
successive (7-10) per le quale pure, come già si è detto, l’iscrizione non
è ottenibile per mancanza dei decreti sulle garanzie finanziarie.
Ma v’è di più.
Nella mente di chi scrive si affaccia prepotentemente il sospetto che
l’equivoco in parola possa essere stato ingenerato dalla circolare n. prot.
3562/ALBO/PRES del 4 luglio 2000 con cui il Comitato Nazionale dell’Albo ha
stabilito che “la nota di accoglimento dell’istanza è da considerarsi
efficace ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti per lo
svolgimento dell’attività di gestione di cui alla categoria 6”.
Invero la
citata circolare non ha introdotto nuove regole in tema di iscrizione nella
succitata categoria, ma si è limitata a mere considerazioni
(peraltro erronee) sull’efficacia della nota di accoglimento
dell’istanza. Né avrebbe potuto essere diversamente considerato che, ai sensi
dell’art. 6 del D.M. 406/98 il Comitato Nazionale non
ha il potere di adottare circolari a contenuto normativo che deroghino a
quanto lo stesso decreto contempla (competenze riservate, evidentemente, al
Ministero dell’Ambiente), bensì solo delibere che stabiliscano i criteri per
l’iscrizione nonché le modalità di accertamento dei requisiti richiesti
dalla legge.
In conclusione
la sentenza in oggetto, da qualunque angolo la si valuti, non può che essere
censurata in considerazione delle conclusioni assurde cui conduce.
Giusi
Condosta