Cass. Sez. III n. 8945 del 7 marzo 2012 (Ud. 20 ott. 2011)
Pres. Ferrua Est. Fiale Ric. Mazzei
Urbanistica. Mutamento della destinazione

Il mutamento della destinazione d'uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie, qualora venga realizzato dopo l'ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza, configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia secondo la definizione fornita dall'art. 3, 1 comma, lett. d), del TU. 380/2011, in quanto 1'esecuzione dei lavori. anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di "un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente".  L'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione.

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente - del 20/10/2011
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - N. 1832
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 16241/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PMT PRESSO TRIBUNALE DI FIRENZE;
nei confronti di:
1) MAZZEI JACOPO N. IL 30/06/1954 C/;
2) BROD MICHAEL FRED N. IL 01/09/1950 C/;
avverso l'ordinanza n. 25/2011 TRIB. LIBERTÀ di FIRENZE, del 07/03/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
sentite le conclusioni del PG Dott. Mario Fraticelli, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso del P.M.;
Uditi i difensori Avv.ti Traversi Alessandro, Paola Parrunuzzi, e Traina Duccio, i quali hanno chiesto la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso del P.M.. FATTO E DIRITTO
Il G.I.P. del Tribunale di Firenze, con decreto del 9.12.2010, disponeva il sequestro preventivo "di tutte le opere di proprietà o comunque gestite dal Club Tornabuoni e ad esclusivo servizio dello stesso, ubicate all'interno del palazzo Tornabuoni, ed in particolare delle unità immobiliari denunciate ad uso residenziale e dei locati adibiti "fitness center e sauna, cigar room, members louge, members Storage, consierge, reception".
La misura di cautela reale veniva adottata in relazione all'ipotizzato reato di cui al D.P.R. n. 389 del 2001, art. 44, lett. b), poiché sul palazzo Tornabuoni, sottoposto a vincolo notificato per il rilevante interesse artistico e storico, era stata effettuata una serie di interventi edilizi in seguito alla presentazione di n. 17 diverse e separate DIA consecutive, tutte approvate dalla competente Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali, aventi ciascuna ad oggetto l'esecuzione di "opere di restauro e risanamento conservativo". All'esito dei lavori l'immobile - in origine destinato principalmente a sede di banca, nonché in parte a locali commerciali e residualmente a residenza - si presentava composto da 38 unità immobiliari con servizi annessi (ubicati questi ultimi in spazi recuperati nell'area sottotetto) e caratterizzato dall'ampliamento del numero di esercizi commerciali con accesso sulla pubblica via e dalla collocazione della sede bancaria in locali precedentemente adibiti a garage.
Secondo J'impostazione accusatoria, le opere realizzate eccederebbero i limiti consentiti dalle norme tecniche di attuazione (NTA) e dal regolamento edilizio del Comune di Firenze, che, per gli edifici vincolati del tipo di quello in oggetto e con specifico riferimento alle parti direttamente interessate dal vincolo, ammettono esclusivamente interventi di conservazione (come definiti dalle stesse NTA) ed interventi di restauro nella definizione prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, previa approvazione dei progetti da parte dalla competente Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali. Le stesse opere presenterebbero un profilo ulteriore di illegittimità, poiché le 38 unità immobiliari di nuova realizzazione e gli annessi locali comuni non verrebbero effettivamente destinati a residenza, bensì di fatto ad attività ricettizia extra - alberghiera, con conseguente mutamento di destinazione d'uso in categoria non ammessa nella zona "A", ai sensi dell'art. 171 del regolamento edilizio del Comune di Firenze. Nella prospettazione dell'accusa sarebbero altresì configuratoli i reati di cui agli artt. 481 e 483 cod. pen. (correlati a false attestazioni nelle plurime DIA presentate) ed all'art. 640 cpv. cod. pen. (truffò ai danni dell'Amministrazione comunale con ingiusto profitto connesso al mancato pagamento del contributo di costruzione secondo gli importi effettivamente dovuti).
I reati anzidetti sono stati ipotizzati nei confronti, tra gli altri di Mazzei Jacopo (nella qualità di rappresentante legale sia della s.r.l. "Palazzo Tornabuoni", proprietaria dell'immobile e committente dei lavori sia della "Keal Estate Developement", nonché di consigliere unico fino al 14.1.2009 dell'associazione "Palazzo Tornabuoni", fruitrice dell'immobile) e di Brod Michael Fred (consigliere unico dell'associazione "Palazzo Tornabuoni" a decorrere dal 14.1.2009).
Lo stesso G.I.P. del Tribunale di Firenze:
"Con provvedimento del 21.12.2010:
- rilevato che era stato lo stesso P.M. a richiedere il sequestro preventivo solo delle opere gestite dal Club Tornabuoni e ad esclusivo servizio dello stesso, mentre era stato documentalmente provato che la maggior parte degli appartamenti erano di proprietà della s.r.l. Tornabuoni, alcuni dei quali frattanto promessi in vendita a terzi, ordinava il dissequestro "di tutte le unità immobiliari diverse da quelle di proprietà o detenute in comodato dal Club Tornabuoni, nonché delle parti comuni dell'edificio che non siano poste a servizio esclusivo dello stesso club" (e l'appello proposto dal P.M. veniva rigettato dal Tribunale del riesame);
- respingeva la richiesta avanzata dal P.M. di estendere il sequestro preventivo alla s.r.l. Tornabuoni (sul presupposto che tutti gli appartamenti realizzati si sarebbero dovuti ritenere abusivi, poiché risultanti da una ristrutturazione edilizia non autorizzata e comportante un incremento del carico urbanistico), dando atto, in proposito, che effettivamente la consulenza tecnica disposta dal P.M. aveva evidenziato la intervenuta esecuzione di modifiche prospettiche, di ampliamenti di finestre, creazione di terrazze ed aumenti volumetrici, ma che "pur tuttavia non si ha allo stato adeguata contezza de fatto che, attraverso detti interventi, si sia ottenuto un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente". L'appello proposto dal P.M. veniva rigettato dal Tribunale del riesame con ordinanza del 31.1.2011.
- Con provvedimento del 28.1.2011, respingeva invece l'istanza di revoca del sequestro per le restanti unità immobiliari del palazzo Tornabuoni gestite dal Club Tornabuoni (in numero di 10). Quest'ultimo provvedimento di rigetto veniva gravato di appello ed il Tribunale del riesame di Firenze - con ordinanza del 7.3.2011 - in accoglimento del gravame, revocava il sequestro preventivo anche per le dieci unità immobiliari riferibili al Club Tornabuoni. Rilevava il Tribunale che "non risulta in alcun modo dimostrata la destinazione alberghiera degli appartamenti sequestrati", in quanto:
- tali appartamenti "formano oggetto di un diritto di godimento ripartito fra i soci del Club Tornabuoni, che, per potere fare parte di esso, ne acquistano le relative quote pagando cifre elevatissime (dai 260.000,00 ai 530.000,00 Euro), quote che possono poi anche rivendere, previo pagamento di onere e scrutinio da parte del club, o trasmettere in eredità. Trattasi di circa 80 soci, quasi tutti stranieri, che entrano a far parte di detto club al fine di poter risiedere per determinati periodi in Firenze con modalità non esclusive bensì turnarie attraverso un sistema di prenotazioni in modo da poter coordinare l'esercizio del proprio diritto con quello degli altri soci";
- i soci risultano essere circa 80, ossia 8 per ogni appartamento, e le unità immobiliari del club, secondo la documentazione prodotta dalla difesa, sarebbero state frequentate da circa 440 persone nel periodo da gennaio 2009 a dicembre 2010, in gran parte familiari o parenti dei soci stessi, oltre un certo numero di soggetti ospitati per motivi promozionali;
- l'accesso al palazzo Tornabuoni non è aperto al pubblico ma è rigidamente controllato e consentito solo ai soci o ai soggetti invitati dai soci;
- i servizi offerti ai soci (fitness center, sauna, cigar room, accesso ad internet e simili) "ben possono semplicemente considerarsi in linea con le esigenze e le abitudini di una cerchia di persone estremamente elitaria, raffinata e facoltosa, per lo più straniera. La gestione unitaria di tali servizi appare aver natura condominiale, trattandosi di sevizi comuni resi indistintamente a tutti i soci compresi anche quelli che sono proprietari esclusivi di altri ulteriori appartamenti dello stesso complesso".
Avverso l'ordinanza resa dal Tribunale il 7.3.2011 ha proposto ricorso il locale Procuratore della Repubblica, il quale ha preliminarmente evidenziato che i lavori che hanno complessivamente interessato il palazzo Tornabuoni devono ritenersi eseguiti in assenza del prescritto permesso di costruire, essendo stata posta in essere una vera e propria "ristrutturazione edilizia" che aveva portato alla realizzazione, attraverso un insieme sistematico di opere, di un complesso in gran parte nuovo mediante la radicale ed integrale trasformazione dei componenti, per un totale di circa 17.000 mq. di superficie, con mutamento della qualificazione tipologica e degli elementi formali dell'immobile comportanti l'aumento delle unità immobiliari, l'alterazione dell'originale impianto tipologico distributivo nonché dei caratteri architettonici dell'edificio.
Le opere eseguite, conseguentemente, dovrebbero considerarsi illegittime, anche a prescindere dalla destinazione alberghiera, perché realizzate - con artificiosa frammentazione dell'intervento integrale - su un immobile che non avrebbe potuto costituire oggetto di "ristrutturazione" ed inducenti incremento del carico urbanistico. Lo stesso P.M. ricorrente ha poi eccepito che incongruamente il Tribunale ha ritenuto che le modalità di utilizzazione e di gestione delle unità immobiliari di pertinenza del Club Tornabuoni non configurerebbero quell'uso ricettizio extra - alberghiero espressamente vietato nella zona "A" (centro storico) dall'art. 171 del regolamento edilizio del Comune di Firenze. Non è stato tenuto conto, infatti, che:
- la gestione dei servizi del Club è stata demandata ad una società (la "Management by Four Seasons hotel and Resorts") che per antonomasia gestisce servizi alberghieri in campo internazionale;
- nel sito ufficiale web di "Palazzo Tornabuoni" (che accetta le iscrizioni al club e le prenotazioni) si da atto che il "Palace Residence Club" è formato da "38 appartamenti privati raffinatamente eleganti", segno evidente di una gestione del tutto unitaria del complesso tra Associazione Club Tornabuoni e Tornabuoni s.r.l., che di fatto sono una cosa sola e gestite in una logica di "gruppo" (la Tornabuoni s.r.l., insieme ad altra società del gruppo, sono soci fondatori del Club, con potere di veto in relazione all'attività dello stesso).
I difensori hanno depositato, in data 12-10.2011, articolata memoria di confutazione alla quale è stata allegata ampia documentazione. Il ricorso del P.M. è fondato e merita accoglimento per le ragioni di seguito illustrate.
1. Deve anzitutto ribadirsi il principio - costantemente affermato da questa Corte - secondo il quale la realizzazione di opere edilizie necessita di titolo abilitativo riferito all'intervento complessivo e non può essere autorizzata con artificiosa parcellizzazione. Il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso, infatti attraverso la suddivisione dell'attività edificatori finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull'assetto territoriale. L'opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti vedi Cass., Sez. 3: 29.1.2003, Tucci, 13.10.2005, Daniele, mentre non risulta che, nella specie, la Tornabuoni s.r.l., si sia lecitamente determinata, in tempi successivi, ad eseguire singole opere, non programmate sin dall'inizio.
Va rilevato, però, che nella vicenda in oggetto - come si è detto dianzi - il G.I.P., con provvedimento del 21.12.2010, ha rigettato la richiesta del P.M. di estendere il sequestro preventivo alla s.r.l. Tornabuoni (fondata sul presupposto che tutti gli appartamenti realizzati si sarebbero dovuti ritenere abusivi, poiché risultanti da una ristrutturazione edilizia non autorizzata e comportante un incremento del carico urbanistico), dando atto, in proposito, che effettivamente la consulenza tecnica disposta dal P.M. aveva evidenziato la intervenuta esecuzione di modifiche prospettiche, di ampliamenti di finestre, creazione di terrazze ed aumenti volumetrici, ma argomentando - pure a fronte di tali elementi di evidente e rilevante sintomaticità - che "non si ha allo stato adeguata contezza del fatto che, attraverso detti interventi, si sia ottenuto un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente". Tali enunciazioni sono state ritenute corrette dal Tribunale per il riesame (con la citata ordinanza del 31.1.2011), a giudizio del quale non sarebbe emerso dai controlli della polizia municipale "alcun aumento di superficie e di volume".
In effetti nessuna considerazione è stata riservata all'utilizzazione plurima della DIA, ne' è stata addotta alcuna specifica confutazione alla prospettazione accusatoria evidenziante in riferimento alla definizione giuridica della categoria della "ristrutturazione edilizia" a fronte del più ristretto ambito di quelle del "risanamento conservativo" e del "restauro" come configurate dal D.P.R. n. 380 del 2001 e dal D.Lgs. n. 42 del 2004 la radicale ed integrale trasformazione dei componenti dell'intero edificio, con mutamento della qualificazione tipologica e degli elementi formali di esso, comportanti l'aumento delle unità immobiliari nonché l'alterazione dell'originale impianto tipologico - distributivo e dei caratteri architettonici.
Non risulta, però, che quel provvedimento del Tribunale del riesame sia stato gravato di ricorso per cassazione, sicché deve ravvisarsi la intervenuta verificazione di una preclusione endoprocessuale, per effetto della quale, in assenza di un mutamento del quadro processuale di riferimento, è inammissibile la riproposizione di istanze fondate sui medesimi motivi rigettati con decisione definitiva (vedi Cass., Sez. Unite, 24.5.2004, a 29952, Romagnoli). 2. Quanto al mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie, deve ricordarsi che, qualora esso venga realizzato dopo l'ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza (ipotesi ricorrente nella vicenda in esame), si configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia secondo la definizione fornita dall'art. 3, comma 1, lett. d) del cit. T.U., in (pianto l'esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di "un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente".
L'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione.
Non ha rilievo l'entità delle opere eseguite, allorché si consideri che la necessità del permesso di costruire permane per gli interventi:
- di manutenzione straordinaria, qualora comportino modifiche delle destinazioni d'uso (art. 3, comma 1, lett. b, del cit. T.U.);
- di restauro e risanamento conservativo, qualora comportino il mutamento degli "elementi tipologici" dell'edificio, cioè di quei caratteri non soltanto architettonici ma anche funzionali che ne consentano la qualificazione in base alle tipologie edilizie (art. 3, comma 1, lett. c, cit. T.U.).
Gli interventi anzidetto, invero, devono considerarsi "di nuova costruzione", ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e, cit. T.U.. Ove il necessario permesso di costruire non sia stato rilasciato, sono applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art. 31, cit. T.U. e quella penale di cui all'art. 44, lett. b).
3. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, ai fini della individuazione della destinazione turistico - alberghiera di una struttura immobiliare non si deve tenere conto della titolarità della proprietà della stessa, che indifferentemente può appartenere ad un solo soggetto proprietario oppure ad una pluralità di soggetti. Ciò che rileva, invece, è la configurazione della struttura (anche se appartenente a più proprietari) come albergo o residenza turistico ricettiva.
Nella vicenda in oggetto, il provvedimento con cui il G.I.P. (in data 28.1.2011) aveva respinto l'istanza di dissequestro faceva riferimento alla L. n. 42 del 2000 della Regione Toscana, secondo la quale i tratti caratterizzanti delle strutture turistico - ricettive risiedono nel fatto di essere "aperte al pubblico" ed "a gestione unitaria". In relazione a tale normativa regionale, lo stesso G.I.P. aveva evidenziato: "quanto alla apertura al pubblico, che lo statuto del Club Tornabuoni "non prevede alcuna limitazione alla possibilità di allargare i fruitori della struttura rispetto ai soci effettivi";
- quanto alla gestione unitaria, che:
- gli spazi comuni ed i servizi in concreto offerti appaiono "di gran lunga superiori a quanto viene offerto normalmente all'interno di un qualsiasi contratto di multiproprietà ... e ben al di là dei servizi di portierato e di pulizia e cambio biancheria che normalmente accompagnano, quanto meno in ambito Europeo, le esperienze di godimento frazionato di beni immobili";
- il godimento ripartito di beni immobili costituisce facoltà non limitata all'ambito residenziale e il D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 69 - nel capo riguardante i contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento ripartito di beni immobili - chiarisce che si vuole fare riferimento a "un immobile, anche con destinazione alberghiera o parte di esso, per uso abitazione, o per uso alberghiero o per uso turistico - ricettivo", cosi rendendo evidente che è ben possibile ipotizzare un uso ripartito anche all'interno di una struttura non residenziale;
- il "codice di condotta" del Club Tornabuoni pone una serie di limitazioni agli ospiti (es.: non bere, non fumare, non tenere comportamenti indecorosi, non introdurre persone minori di anni 23, non portare a dormire un numero di persone superiore a quello previsto etc.) con conseguenti poteri di censura, che possono arrivare fino alla sanzione massima della esclusione, del tutto incompatibili con la proprietà, pure nella forma del godimento ripartito.
Le argomentazioni anzidette non sono state valutate e contrastate dal Tribunale nell'ordinanza impugnata, che si è limitata a svolgere scarne considerazioni sul regime dell'appartenenza delle unità immobiliari, tralasciando ogni verifica che andava necessariamente riferita - alla stregua della normativa regionale - alle modalità del sistema di prenotazione dei soggiorni (tenuto anche conto della prospettata commercializzazione attraverso forme di pubblicità rivolte al pubblico in una situazione in cui spetterebbe ai soci indicare ospiti da essi prescelti ed individuati); all'attività demandata ed in concreto svolta dalla "Management by Four Seasons hotel and Resorts"; alla ravvisabilità dell'esistenza di una organizzazione imprenditoriale preposta al funzionamento della struttura ed alla gestione dei servizi comuni.
Lo stesso Tribunale, infine, ha omesso di approfondire il tema della compatibilità, con gli interventi complessivamente riguardanti le dieci unità immobiliari in oggetto, delle singole approvazioni rilasciate dalla competente Soprintendenza ai beni architettonici ed ambientali.
4. L'ordinanza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Firenze, per un nuovo esame della vicenda alla stregua dei principi di diritto e delle emergenze fattuali dianzi enunciati.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2011. Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2012