Cass. Sez. III n. 25814 del 22 giugno 2016 (Ud 6 apr 2016)
Presidente: Amoresano Estensore: Gai Imputato: Costantino e altri
Urbanistica.Mutamento destinazione d'uso di immobili e potere regolamentare delle Regioni

In tema di mutamento di destinazione d'uso di immobili, il legislatore regionale ha il potere di stabilire per quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti si renda necessario un regime concessorio o di permesso di costruire e per quali altri sia invece sufficiente un regime autorizzatorio o di denuncia di inizio di attività. (Fattispecie, relativa ad interventi edilizi su locali ubicati al piano terra di uno stabile, con mutamento di destinazione d'uso da "civile abitazione" e "autorimessa-depositi" ad "attività commerciale", nella quale la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per un nuovo esame volto ad accertare l'applicabilità dell'art. 10 della legge reg. Sicilia 10 agosto 1985 n. 37, commi 2 e 3, che consente, alle condizioni prescritte, il mutamento di destinazione d'uso con una mera autorizzazione del Sindaco, che nel caso concreto risultava essere stata rilasciata).

 RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 3 giugno 2015, la Corte d'appello di Palermo, decidendo sull'appello del Procuratore della Repubblica di Trapani avverso la sentenza di assoluzione pronunciata dal locale Tribunale, ha condannato - tra gli altri - C.R., R.M. V., B.G. e D.V.R.S. in relazione al reato di cui all'art. 110 c.p. e D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c) (capo a) e dei reati di cui l'art. 110 c.p. in relazione al D.P.R. n. 308 del 2001, artt. 65 e 72 (capo b); art. 110 c.p. e D.P.R. n. 308 del 2001, artt. 93 e 95 (capo c); art. 110 c.p. e D.P.R. n. 308 del 2001, artt. 94 e 95 (capo d) alle pene di legge, disponendo la demolizione delle opere abusive.

1.1. In particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato, in primo luogo, che a diversa conclusione, rispetto alla decisione del Tribunale, era pervenuto sulla base della prova documentale, e non sulla base degli incerti ricordi dei testimoni assunti nel dibattimento di primo grado, che era pervenuto alla pronuncia di assoluzione quasi come se la fonte di prova originaria ed oggettiva non fosse stata acquisita; la fonte probatoria, costituita dai documenti in atti, travolge ogni altra argomentazione difensiva attinente alla presunta legittimità delle opere.

Ciò detto, il giudice di appello ha - in sintesi - ritenuto che gli interventi effettuati nell'immobile sito nel centro storico di (OMISSIS) (c.d. palazzo (OMISSIS)), consistiti in opere di rimodulazione degli appartamenti esistenti mediante una diversa distribuzione degli ambienti interni, di incremento del numero degli stessi sino a portare a nove unità immobiliari, rispetto alle cinque originali, di cambio di destinazione d'uso dei locali al piano terra dello stabile destinati ad attività commerciale, laddove, invece, nel passato erano destinati a civile abitazione e ad autorimessa-

deposito (come si poteva evincere dal confronto con gli elaborati relativi ai due precedenti interventi di manutenzione straordinaria, oggetto delle autorizzazioni edilizie del 28 aprile 1997 e del 15 gennaio 2002 rilasciate al precedente proprietario), di edificazione di passaggi di collegamento con strutture in vetro- legno e acciaio, in realtà manufatti coperti chiusi su tutti i lati con conseguente incremento volumetrico e comportanti inoltre la fusione di unità immobiliare, e, dunque, opere edilizie comportanti un'alterazioni delle superfici, dei volumi, nonchè di demolizioni e ricostruzione, e modifiche di destinazione d'uso, integravano il reato contestato perchè realizzate in assenza di concessione edilizia, non potendo integrare l'intervento realizzato come ristrutturazione edilizia, ai sensi della L.R. 16 marzo 2003, n. 4, art. 20 e L.R. 10 agosto 1985, n. 37, art. 10, per il quale è sufficiente il rilascio della sola autorizzazione. Evidenziava la Corte d'appello che i lavori di che trattasi erano stati autorizzati, in data 4 novembre 2008 a firma dell'ing. Ca., funzionario a capo del settore di competenza del Comune di (OMISSIS), sulla base di un'istanza presentata al Sindaco dal precedente amministratore della Codes srl, proprietaria dell'immobile (cui erano succeduti gli imputati C.R. e R.M.V.) che, ai sensi della L.R. cit., art. 20 aveva richiesto l'autorizzazione al compimento delle opere meglio descritte in un progetto, con allegata relazione tecnica redatta dall'arch. B.G., direttore dei lavori, in cui si prevedeva la manutenzione straordinaria del fabbricato con il recupero a civile abitazione dell'edificio, senza alcun incremento di cubatura e della superficie e mantenendo l'unità immobiliare nella sua originaria destinazione d'uso. Affermazione questa che veniva anche ribadita nella relazione tecnica (foglio 12) con riguardo specifico al piano terra. L'assenza di qualunque riferimento al cambio di destinazione d'uso di parte dell'edificio era da correlarsi alla circostanza che lo stesso, giammai, poteva essere ritenuto quale manutenzione straordinaria, ai sensi della L.R. cit., art. 20 e consentito con mera autorizzazione. Era, poi, previsto l'aumento delle unità immobiliari a seguito di frazionamento interno, e il collegamento con struttura precaria tra i due corpi fabbricati.

L'accertamento, nel (OMISSIS), ad opera della Polizia Municipale, dell'avvenuto mutamento di destinazione d'uso del primo piano, essendo stata accertata la destinazione del piano terreno a locali commerciali in luogo della precedente destinazione a civile abitazione e a magazzino-garage, comprovava, concludeva la Corte d'appello, la realizzazione di opere in assenza di permesso di costruire, integranti la violazione di cui all'art. 44 cit., lett. c). A nulla rilevava, proseguiva la Corte, il richiamo alla L.R. 10 agosto 1985, n. 37, art. 10 che consente, previa verifica della compatibilità, il mutamento di destinazione d'uso con mera autorizzazione del Sindaco, e ciò in quanto la società interessata all'intervento edilizio, e dunque gli imputati C. e R., se avessero fedelmente rappresentato al Comune di (OMISSIS) di procedere ad un cambio di destinazione d'uso dei locali del piano terra dell'edificio, poi effettivamente realizzato, non potendo le opere essere ricondotte nell'alveo della manutenzione straordinaria, mai sarebbero state autorizzate, perchè soggette a permesso di costruire. Il vizio originario, osservava la Corte d'appello, non era mai stato sanato non potendo valere quale concessione in sanatoria delle varianti quella ottenuta con il provvedimento comunale n. 57 del 14 giugno 2012, per mancanza dei requisiti formali della doppia conformità e del pagamento degli oneri di costruzione in misura doppia. Concludeva la corte territoriale per l'affermazione della responsabilità penale degli odierni ricorrenti, C. e R., committenti dei lavori, B. quale direttore dei lavori e D.V., legale rappresentate della ditta esecutrice dei lavori, per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e dei conseguenti reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 65, 93, 94 e 95 (capi b), c) e d)).

2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorso C.R., D.V.R.S., personalmente, B.G. e R.M.V. a mezzo del difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l'annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

2.1. C.R., D.v.R.S. e il difensore di R.M.V., hanno presentato motivi di ricorso comuni che vengono trattati congiuntamente:

- con il primo motivo deducono la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all'inosservanza ed erronea applicazione della L.R. 16 aprile 2003, n. 4, art. 20 e della L. 10 agosto 1985, n. 37, artt. 5 e 10 e L. 27 dicembre 1978, n. 71, art. 20, nonchè la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. La Corte d'appello avrebbe erroneamente interpretato il disposto dalla L. 16 aprile 2003, n. 4, art. 20 nella parte in cui prevede che sono soggette ad autorizzazione edilizia il recupero abitativo realizzato mediante frazionamento di unità immobiliari non sottoposte a vincolo e nel rispetto delle prescrizioni urbanistiche ed igienico-sanitarie, e la L. 10 agosto 1985, n. 37, art. 10 che consente, in linea di principio, la variazione di destinazione d'uso purchè compatibile con i caratteri della zona territoriale omogenea in cui ricade l'immobile e la variazione consentita è sottoposta ad autorizzazione del sindaco, previo parere dell'ufficio tecnico comunale e conguaglio del contributo di concessione. Orbene, con riferimento alla contestazione della violazione sotto il profilo del frazionamento la Corte avrebbe omesso di considerare che lo stesso era stato assentito ai sensi della L.R. cit., art. 20 perchè ricompreso tra le opere di manutenzione straordinaria; con riguardo, invece, al mutamento di destinazione d'uso, la corte territoriale, avrebbe errato nel ritenere che l'autorizzazione rilasciata alla Codes S.r.l. in data 4 novembre 2008 (vedi sopra al par. 1) approvasse e consentisse solo le opere descritte negli stralci della relazione tecnica accompagnatoria riportati nella sentenza.

Risultava, invece, che era assentita anche ogni altra opera così come meglio rappresentata negli allegati grafici di progetto. Ed infatti l'autorizzazione in oggetto, prodotta al Tribunale di Trapani, autorizzava la Codes Srl ad eseguire i lavori di manutenzione straordinaria e consistenti: nella realizzazione di opere di consolidamento strutturale; nella realizzazione di lavori di recupero dei prospetti, nella rimodulazione degli appartamenti esistenti mediante una diversa distribuzione degli ambienti interni incrementando il numero degli stessi per effetto di frazionamenti delle unità immobiliari esistenti che per tale motivo diventeranno nove unità abitative; nella realizzazione, a piano terra e al piano terzo, di passaggio di collegamento in struttura precaria (legno, acciaio e vetro) ed ogni altra opera così come è meglio rappresentate descritte negli allegati grafici di progetto. E' evidente dunque come nel provvedimento abilitativo all'esecuzione dei lavori veniva fatto esclusivo esplicito riferimento al progetto a firma dell'arch. B. e agli allegati grafici del progetto, da cui risultava che per taluni dei locali del piano terra dell'immobile, sebbene catastalmente destinati a magazzini, il nuovo progetto prevedeva la destinazione ad attività commerciale come espressamente indicato nelle tavole grafiche di progetto. La Corte sarebbe dunque erroneamente pervenuta alla conclusione che il mutamento di destinazione d'uso non fosse ricompreso nell'autorizzazione del 4 novembre 2008 e non fosse stato autorizzato ai sensi della L.R. cit., art. 20 in quanto ricompreso quale manutenzione straordinaria. In sintesi la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso l'assenza di qualunque riferimento al cambio di destinazione d'uso di parte dell'edificio (pag. 5) nonostante l'esplicito riferimento all'autorizzazione del 4 novembre 2008 nella quale il riferimento al cambio di destinazione d'uso era contemplato nel progetto e negli allegati grafici. Peraltro, aggiungono i ricorrenti, il cambio di destinazione d'uso era consentito, ai sensi della L.R. cit., art. 10, essendo compatibile lo stesso alla luce delle norme regolamentari ed attuative in vigore nel Piano Regolatore Generale del Comune di (OMISSIS) che consentivano, nella zona Al dove si trova l'immobile, la destinazione d'uso commerciale, dunque anche sotto questo profilo, in presenza di un'autorizzazione sindacale (quella del 4 novembre 2008), la sentenza sarebbe erroneamente fondata su presupposti giuridici errati.

- con il secondo motivo, deducono la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all'inosservanza ed erronea applicazione della L.R. n. 7 del 2003, art. 32, L. n. 64 del 1974 e L. n. 1086 del 1971, art. 4, nonchè la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. La Corte d'appello avrebbe erroneamente affermato la responsabilità penale per i cd. reati minori di cui ai capi b), c) e d), conseguenti le autorizzazioni in possesso della Codes Srl e le sue richieste preventive agli organi competenti circa l'uso di particolari materiali, D.P.R. n. 380 del 2001, art. 65 ed in relazione ad opere in zone sismiche non erano del tutto attinenti alla reale portata degli interventi realizzati, e ciò in contrasto con le risultanze processuali e segnatamente l'avvenuta presentazione dei calcoli all'ufficio del Genio Civile, e in presenza di realizzazione di interventi conformi a quelli di cui al progetto assentito, a fronte delle quali la Corte avrebbe omesso di indicare in quale aspetto le autorizzazioni in possesso della Codes srl sarebbero state carenti.

2.2. B.G. deduce con il primo motivo la nullità della sentenza per difetto di contestazione perchè il B. era stato tratto a giudizio perchè, in qualità di direttore dei lavori, avrebbe realizzato le opere descritte in assenza di prescrizione, mentre è stato condannato per aver espressamente escluso nei progetti il mutamento di destinazione d'uso.

Con il secondo motivo deduce la violazione dell'art, 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c) in relazione agli artt. 192, 603 e 6 CEDU per avere la Corte d'appello riformato la sentenza assolutoria di primo grado senza la riassunzione delle prove testimoniali, e così violando il diritto di difesa, nonchè l'omessa motivazione sul punto.

Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per erronea applicazione della L.R. Siciliana n. 37 del 1985, artt. 5 e 10 e della L. n. 71 del 1978, art. 20 e per omessa motivazione in relazione alla regola del ragionevole dubbio.

La Corte d'appello sarebbe incorsa in errore avendo valutato unicamente la relazione tecnica senza tenere conto che la società aveva ottenuto l'autorizzazione del 4 novembre 2008 che, sulla base degli elaborati progettuali, consentiva di eseguire i lavori di recupero e rimodulazione degli appartamenti ed ogni opera come meglio rappresentata e descritti negli allegati grafici al progetto, sicchè sulla base di questa era stato anche autorizzato il mutamento di destinazione d'uso, mutamento di destinazione d'uso consentito nella zona Z.T.O. Al e, per il quale, è sufficiente l'autorizzazione del Sindaco ai sensi della L.R. n. 37 del 1985, art. 10, commi 2 e 3.

Con il quarto motivo deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all'art. 43 c.p. in relazione all'omessa motivazione della corte d'appello sull'elemento soggettivo in capo al B..

Con il quinto e sesto motivo deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione alla L.R. n. 7 del 2003, art. 32 con riferimento ai capi b), c) ed d) trattandosi di interventi interni quelli indicati nel capo b), l'obbligo di avviso di cui al capo c) non era ancora sorto e le opere erano state tutte autorizzate quanto al capo d), sicchè la Corte d'appello sarebbe erroneamente pervenuta ad affermare la sussistenza e responsabilità in capo al ricorrente.

3. In udienza, il Procuratore Generale ha chiesto che i ricorsi siano rigettati.


CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato quanto ai motivi primo e secondo dei ricorrenti C.R., D.v.R.S. e R. M.V., e il terzo, quinto, sesto motivo del ricorso di B.. Infondati sono, invece, il primo e secondo motivo di B..

5. Infondato è il primo motivo con cui il B. deduce la nullità della sentenza per violazione dell'art. 522 c.p.p., non sussistendo alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, non ravvisandosi alcuna eterogeneità e/o incompatibilità del fatto accertato (l'esclusione del mutamento di destinazione d'uso nella relazione tecnica a sua firma) con la contestazione di aver concorso, con il committente, alla realizzazione delle opere abusive consistite nel mutamento di destinazione d'uso (escluso nella relazione tecnica), tale da ravvisare un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 4, n. 4497 del 1671272015, Addio, Rv. 265946).

6. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

Secondo l'orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità il giudice d'appello per procedere alla reformatio in peius della sentenza assolutoria di primo grado non è tenuto -

secondo l'art. 6 CEDU, così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo del 5 luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia - alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale qualora approdi, in base al proprio libero convincimento, ad una valutazione di colpevolezza attraverso una diversa valutazione del compendio probatorio nel quale la prova dichiarativa si affianchi a quella documentale.

La Corte ha rilevato che l'art. 6 CEDU, così come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell'Uomo cit., impone di rinnovare l'istruttoria soltanto in presenza di due presupposti, costituiti dalla decisività della prova testimoniale, non sussistente nella specie posto che il compendio probatorio era formato non solo da prove testimoniali ma anche da documenti, e dalla necessità di una rivalutazione da parte del giudice di appello dell'attendibilità dei testimoni, parimenti non sussistente nel caso de quo (Sez. 2, n. 41736 del 22 settembre 2015, Di Trapani, Rv.

264682; Sez. 6, n. 18456 del 1 luglio 2014 Marziali, Rv. 263944; Sez, 5, n. 38085 del 5 luglio 2012, Luperi, Rv. 253541). La Corte d'appello di Palermo mostra di aver fatto corretto uso dei principi che regolano la materia, avendo espressamente enunciato che alla reformatio in peius era pervenuta attraverso la sola valutazione del compendio probatorio documentale, in presenza di prova dichiarativa ritenuta totalmente inattendibile.

Ne consegue l'infondatezza del motivo di ricorso.

7. Sono fondati, rispettivamente, il primo e secondo motivo dei ricorsi C., D.V., R., e il terzo e quinto, sesto motivo del ricorso di B..

Deve richiamarsi, in primo luogo, la ricostruzione dei fatti di cui al par. 1.1. del ritenuto in fatto ed evidenziare che il profilo di discussione concerne unicamente il mutamento di destinazione d'uso dei locali siti al piano terra dell'immobile, mutamento accertato nel (OMISSIS) dalla Polizia Municipale del Comune di Trapani.

In relazione a questo, la Corte d'appello ha argomentato la sua esclusione, ai sensi della L.R. cit., art. 20 dall'ambito della manutenzione straordinaria, oggetto delle autorizzazioni edilizie del 28 aprile 1997 e del 15 gennaio 2002, rilasciate al precedente proprietario, sicchè l'accertato mutamento di destinazione d'uso integrava il reato contestato perchè realizzato in assenza di concessione edilizia, non potendo integrare l'intervento realizzato come ristrutturazione edilizia, ai sensi della L.R. 16 marzo 2003, n. 4, art. 20 e L.R. 10 agosto 1985, n. 37, art. 10, per il quale è sufficiente il rilascio della sola autorizzazione come rilasciata in data 4 novembre 2008.

8. Ciò posto, se, in via generale, è corretta l'affermazione della Corte d'appello secondo cui il mutamento di destinazione d'uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 (Sez. 3, n. 3953 del 16 ottobre 2014, Statuto, Rv. 262018), ciò non di meno, osserva, il Collegio, che la materia è oggetto di legislazione regionale ai sensi dell'art. 117 Cost. (in via esclusiva per le regioni a statuto speciale), e il legislatore regionale ha il potere di stabilire per quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, si renda necessario un regime concessorio o di permesso di costruire e per quali altri un regime autorizzatorio o di denuncia di inizio di attività (Sez. 3, n. 21923 del 7 marzo 2008. Femminò, Rv. 239985).

9. Al riguardo deve rilevarsi che la regione Sicilia è intervenuta sul tema con la L.R. 10 agosto 1985, n. 37, che all'art. 10, commi 2 e 3 prevede: la variazione di destinazione d'uso degli immobili deve essere compatibile con il carattere della zona territoriale omogenea in cui ricade l'immobile medesimo. La variazione della destinazione d'uso, ove consentita, autorizzata dal sindaco previo parere dell'ufficio tecnico comunale e dell'ufficiale sanitario.

10. Ciò posto, la Corte d'appello ha erroneamente escluso l'applicazione della L.R. 10 agosto 1985, n. 37, art. 10, pur in presenza di una autorizzazione al mutamento di destinazione d'uso, sicchè la sentenza impugnata va annullata con rinvio per accertare se ricorrano i presupposti per l'applicazione al caso in esame della norma citata, tenendo conto di quanto richiesto e quanto autorizzato in data 4 novembre 2008.

11. Infine, nel giudizio di rinvio la Corte territoriale dovrà valutare, anche, l'applicazione della L.R. n. 7 del 2003, art. 32, L. n. 64 del 1974, L. n. 1086 del 1971, art. 4 (ex D.P.R. n. 380 del 2005) in relazione i capi b), c) e d), tenuto conto di quanto realizzato, delle autorizzazioni in possesso della società e delle richieste preventive agli organi competenti.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016