In area tutelata con vincoli ambientali difficilmente può esser revocato l’ordine di demolizione e ripristino ambientale.

di Stefano DELIPERI

 

 

 

 

Interessante pronuncia del Tribunale penale di Cagliari, Sez. II, in qualità di giudice dell’esecuzione, in materia di demolizione di opere abusive e ripristino ambientale (la sentenza è riportata dopo questa nota).

Con ordinanza depositata il 20 maggio 2014, ha respinto i ricorsi per la revoca degli ordini di demolizione e di ripristino ambientale inerenti gli abusi edilizi realizzati nell’Hotel “Le Terrazze” in località Spagnole, in Comune di Carloforte (CI), area tutelata con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e ricadente nel S.I.C. “Isola di San Pietro” (direttiva n. 92/43/CEE)1.

In precedenza, con sentenza del 27 ottobre 2011, il Tribunale cagliaritano aveva ritenuto responsabili dei reati di cui agli artt. 44 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. e 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. alcuni funzionari comunali e imprenditori “per avere, in località Spagnole dell’isola minore San Pietro, sottoposta a vincolo paesaggistico, agendo in concorso tra loro, realizzato, in difetto della necessaria autorizzazione paesaggistica, una struttura edilizia destinata ad albergo, totalmente difforme dal progetto a suo tempo approvato, ed ha irrogato a ciascuno di essi la pena di giustizia, sospendendone per tutti l’esecuzione all’avveramento delle condizioni di legge e delle ulteriori condizioni della demolizione dell’opera abusiva e della rimessione dei luoghi nel pristino stato, purchè eseguite entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza stessa”. Comminata anche l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena per i funzionari comunali e la trasmissione degli atti alla Procura per la valutazione di ulteriori posizioni.

Successivamente la Corte d’Appello di Cagliari e la Corte di cassazione (III Sezione) avevano confermato la sentenza di primo grado, passata in giudicato e “irrevocabile il 10 luglio 2013”.

I ricorsi per la revoca dell’ordine di demolizione e ripristino ambientale erano incentrati sul rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria (2012-2013) e, conseguentemente, della concessione edilizia in sanatoria2, ma il Giudice dell’esecuzione ha rigettato integralmente i ricorsi, in quanto l’accertamento della compatibilità paesaggistica postumo è consentito (art. 167, comma 4°, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) solo nei “casi eccezionali degli abusi minori ivi catalogati”, come da giurisprudenza costante (vds. Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 1486). Il successivo titolo edilizio a sanatoria risulta quindi anch’esso illegittimo.

Inoltre, è risultato assente il necessario requisito della doppia conformità delle opere abusive agli strumenti urbanistici al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria, come richiesto anche dalla giurisprudenza costante (vds. Cass. pen., Sez. III, 29 ottobre 2013, n. 44189), mentre la successiva concessione edilizia è risultata “condizionata alla realizzazione di opere” per ricondurre la struttura al rispetto di norme e standard urbanistici vigenti.

In linea generale, qualora non sia adempiuto direttamente dagli obbligati, sarà il pubblico ministero a provvedere all’esecuzione dell’ordine di demolizione e di ripristino ambientale in fase esecutiva (artt. 665-666 cod. proc. pen.).

Il potere-dovere attribuito dal giudice penale di ordinare la demolizione previsto dall’art. 31 L, comma 9°, del D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni (già art. 7 della legge n. 47/1985), così come quello di ordinare il ripristino ambientale dei luoghi in caso di condanna per violazione dell’art. 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni (già art. 1 sexies della legge n. 431/1985), è finalizzato al ripristino del bene ambientale tutelato per un interesse – anche preventivo – connesso “all’esercizio della potestà di giustizia”: il conseguente provvedimento contenuto nella sentenza passata in giudicato, “al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza”, è pertanto destinato all’esecuzione secondo le forme previste dagli artt. 655 e seguenti del codice di procedura penale3. L’organo esecutore non può che essere il pubblico ministero, “mentre il giudice dell’esecuzione interviene in caso di qualunque controversia sorta in merito al titolo o alle modalità esecutive”, le spese della demolizione degli abusi edilizi e dell’attività di ripristino ambientale devono essere sostenute dal condannato: qualora siano anticipate dallo Stato, devono essere recuperate dalla cancelleria del giudice dell’esecuzione secondo le modalità ordinarie4.

Aspetto importante è quello inerente la revocabilità dell’ordine di demolizione nella fase esecutiva: la natura di provvedimento giurisdizionale non la impedisce, in quanto il rimedio della revoca in fase di esecuzione è stato introdotto nel nuovo codice di procedura penale in termini piuttosto ampi, anche in relazione al giudicato, proprio per adeguare gli effetti dei relativi provvedimenti “alla situazione concreta e attuale”. Tuttavia, in ordine alla sanzione demolitoria di cui all’art. 7 della legge n. 47/1985 (e oggi dell’ art. 31 L, comma 9°, del D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni), “è escluso ogni potere discrezionale del giudice penale, come del giudice dell’esecuzione” per escludere ogni possibilità di interferenza sull’attività dell’amministrazione pubblica interessata, alla cui discrezione è affidata l’eventuale decisione di mantenere le opere abusive per rilevanti e prevalenti interessi pubblici.

Nel caso, quindi, che sia stata effettuata la demolizione delle opere abusive in via amministrativa (es. esecuzione dell’ordinanza di demolizione emanata dal sindaco del Comune territorialmente competente) sarà inutiliter datum il successivo ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale, analogamente al caso in cui intervenga dichiarazione di prevalente interesse pubblico (es. destinazione ad edificio scolastico) alla conservazione degli immobili abusivi con specifica deliberazione del consiglio comunale. Ulteriori provvedimenti incompatibili saranno eventuali concessioni edilizie in sanatoria, “intese in senso lato con riferimento ai capi I e IV della L. 47/1985” ed alle leggi n. 724/1994 e 662/1996 che li richiamano, ed eventuali provvedimenti giurisdizionali in sede penale, civile ed amministrativa5.

E’, quindi, possibile che venga revocato l’ordine di demolizione in sede esecutiva, anzi deve essere revocato, “ma soltanto in presenza di atti amministrativi assolutamente incompatibili” con la sua esecuzione, “la dichiarazione dell’esistenza di rilevanti (e prevalenti, n.d.r.) interessi pubblici alla conservazione da parte del consiglio comunale ovvero il rilascio di una concessione in sanatoria per le opere abusive”.6

Appare ammissibile anche la presentazione della relativa domanda di condono edilizio accompagnata dal versamento dell’oblazione autodeterminata e dal rispetto delle procedure di legge (es. versamento tempestivo, non superamento del limite volumetrico, ecc.) nonchè dall’avvenuto conseguimento del nullaosta paesaggistico ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, richiamato e novàto dall’art. 32, comma 43°, del decreto-legge n. 269/2003 come convertito nella legge n. 326/2003, in caso di interventi in aree tutelate con il vincolo paesaggistico di cui al decreto legislativo n. 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni. Anche in questo caso, infatti, l’attuazione dell’ordine di demolizione degli abusi edilizi “ostacolerebbe” irreparabilmente la decisione amministrativa di emanare la concessione in sanatoria7.

Tuttavia, sottolinea opportunamente la giurisprudenza dominante, l’incompatibilità dell’esecuzione dell’ordine di demolizione con atti amministrativi deve essere “esistente ed insanabile e non invece futura e meramente eventuale”8: il provvedimento amministrativo incompatibile con l’esecuzione dell’ordine di demolizione deve essere, quindi, già emesso per motivare la revoca dell’ordine contenuto in sentenza passata in giudicato ovvero, per giustificarne la sospensione dell’esecuzione, deve essere prevedibile perlomeno la sua certa emissione in tempi ridottissimi, “come accade quando sia stata presentata una domanda di condono in presenza di tutti i requisiti per il rilascio della sanatoria”.

In relazione a quest’ultimo e non secondario profilo, anche al giudice dell’esecuzione compete la verifica dell’esistenza di tutti i parametri e le condizioni stabiliti dalla legge “per l’operatività del condono edilizio o del cosiddetto accertamento di conformità di cui agli artt. 13 e 22 L. 47/1985”, anche se in relazione al solo aspetto inerente la revoca dell’ordine di demolizione nella fase esecutiva, dato che, giunta ormai la sentenza di condanna irrevocabile al termine della fase di cognizione, non vi può essere l’ulteriore effetto dell’estinzione del reato e della pena9. Se, invece, si verifica semplicemente un’ipotesi di incompatibilità meramente futura, non è consentito fermare l’esecuzione penale per tempi non prevedibili e senza prospettiva di soluzione, perché “il giudice non può certamente attendere sine die l’esito di una possibile regolarizzazione dell’attività edificatoria illecita”10.

Dott. Stefano Deliperi

1 Gli accertamenti della Procura della Repubblica cagliaritana erano stati sollecitati da esposto delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra (marzo 2007) a cui era seguito il sequestro preventivo (ottobre 2007). Con deliberazione n. 17 del 6 luglio 2001 il Consiglio comunale di Carloforte aveva autorizzato il rilascio della concessione edilizia per “lavori di trasformazione di un fabbricato rurale in un punto ristoro con zona ristorante all’aperto”, con successiva deliberazione n. 23 del 15 maggio 2003 aveva autorizzato in deroga degli standards urbanistici (art. 17 del regolamento edilizio allora vigente) la realizzazione di n. 8 nuovi fabbricati per n. 20 posti letto. In seguito (nota n. 9471 del 13 novembre 2003) l’Assessorato reg.le P.I. BB.CC. – Servizio tutela del paesaggio di Cagliari aveva rilasciato il nullaosta paesaggistico. Con la concessione edilizia n. 105 del 20 dicembre 2005 venivano definitivamente assentiti i lavori in progetto, con inizio dei lavori entro un anno ed agibilità entro i tre anni successivi. Secondo gli accertamenti di magistratura e polizia giudiziaria, i lavori sono risultati difformi, in violazione di normative di tutela paesaggistica e privi della necessaria valutazione di incidenza ambientale. Da lì il procedimento penale poi conclusosi con sentenza definitiva.

 

2 Determinazione Comune di Carloforte – Area Tecnica n. 315 del 31 maggio 2013, provvedimento di conferma di legittimità parziale della concessione edilizia n. 105/2005, annullamento in sede di autotutela delle concessioni edilizie n. 54/2006 e n. 50/2007 e accertamento di conformità ai sensi degli artt. 36 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. e 16 della legge regionale n. 23/1985 e s.m.i.

3

 Corte App. Cagliari, 6 marzo 1999, n. 181 (ord). Vds. anche Cass. pen., S. U., 19 giugno - 24 luglio 1996, n. 15; Cass. pen., sez. III, 29 settembre 2001, n. 34428; Cass. pen., sez. III, 29 dicembre 2000, n. 3489 (ord.); Cass. pen., sez. III, 30 novembre 1999, n. 3827; Cass. pen., sez. III, 7 agosto 1996, n. 2870. Sulla competenza del pubblico ministero all’esecuzione coattiva degli ordini di demolizione e di ripristino ambientale conseguenti a sentenza penale passata in giudicato cfr. per tutti Cass. pen., S. U., 19 giugno - 24 luglio 1996, n. 15, successivamente Cass. pen., sez. III, 29 settembre 2001, n. 34428; Cass. pen., sez. III, 29 dicembre 2000, n. 3489 (ord.); Cass. pen., sez. III, 15 marzo 2000, n. 65; Cass. pen., sez. III, 30 novembre 1999, n. 3827; Cass. pen., sez. III, 28 luglio 1999, n. 1885; Cass. pen., sez. III, 6 maggio 1999, n. 1149; Cass. pen., sez. III, 7 agosto 1996, n. 2870. In precedenza a favore dell’orientamento in argomento cfr. per tutti Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 1993, n. 21. Contra Cass. pen., Sez. III, 7 maggio 1994 (Acquafredda).

4

 Secondo quanto previsto dall’art. 181 delle disposizioni di attuazione del nuovo codice di procedura penale, previa eventuale costituzione di garanzia reale in seguito a sequestro conservativo ai sensi dell’art. 316 c.p.p., in quanto trattasi di spese processuali. Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 19 giugno – 24 luglio 1996, n. 15 (imp. Monterisi). Secondo Cass. pen., sez. III, 2 ottobre 1996 – 10 gennaio 1997 (imp. Salerno) il pubblico ministero che, in fase esecutiva, procede alla demolizione del fabbricato abusivo non deve neppure accertare se la pubblica amministrazione abbia assunto proprie determinazioni in merito. Secondo Cass. pen., sez. III, 30 luglio 1992, n. 8533 è sufficiente che il giudice, nell’irrogare la sanzione, verifichi l’assenza di prova dell’avvenuto abbattimento. Qualora l’immobile destinato alla demolizione sia sottoposto a sequestro preventivo, il pubblico ministero deve chiederne al giudice competente il dissequestro per provvedere senza dubbio alla demolizione, a prescindere dalla titolarità del bene (la finalità del sequestro è preminentemente ripristinatoria): se il sequestro è, invece, probatorio, vi è temporanea incompatibilità con l’ordine di demolizione dichiarata dal giudice dell’esecuzione; il pubblico ministero dovrà vigilare sul venir meno delle cause poste a base del sequestro (Cass. pen., sez. III, 7 agosto 1996, n. 2870, imp. Petrino).

5

 Giurisprudenza prevalente, vds. per tutti: Cass. pen., sez. III, 7 agosto 1996, n. 2870.

6

 Corte App. Cagliari, 6 marzo 1999, n. 181 (ord). Giurisprudenza dominante, vds. anche Cass. pen., S. U., 19 giugno - 24 luglio 1996, n. 15; Cass. pen., sez. III, 29 settembre 2001, n. 34428; Cass. pen., sez. III, 29 dicembre 2000, n. 3489 (ord.); Cass. pen., sez. III, 30 novembre 1999, n. 3827; Cass. pen., sez. III, 7 agosto 1996, n. 2870.

7

 Giurisprudenza costante conseguente alla nota Cass. pen., Sez. Un., 19 giugno – 24 luglio 1996, n. 15 (imp. Monterisi). Vds. per tutti: Cass. pen., Sez. III, 5 novembre 1998, n. 2882 (imp. Frati); Cass. pen., Sez. III, 20 giugno 1997, n. 2475 (imp. Coppola); Cass. pen., Sez. III, 20 giugno 1997, n. 2474 (imp. Morello); Cass. pen., Sez. III, 20 giugno 1997, n. 2472 (imp. Filieri); Cass. pen., Sez. III, 28 novembre 1996, n. 4065 (imp. Ilardi). In precedenza vds. per tutti: Cass. pen., Sez. III, 15 marzo 1996 (imp. Larosa); Cass. pen., Sez. III, 5 febbraio 1996 (imp. Vanacore); Cass. pen., Sez. III, 14 aprile 1995, n. 674 (imp. Francavilla).

8

 Vds. per tutti: Cass. pen., sez. III, 9 maggio 2002, n. 7478; Cass. pen., sez. III, 4 febbraio 2000, n. 3682; Cass. pen., sez. III, 5 novembre 1998, n. 2882; Cass. pen., sez. III, 7 maggio 1994, n. 713; Cass. pen., sez. III, 3 maggio 1994, n. 712.

9

 Vds. per tutti: Cass. pen., Sez. III, 28 novembre 1996, n. 4065 (imp. Ilardi), Cass. pen., Sez. III, 7 giugno 1995 (imp. Braida).

10

 Cfr. per tutti: Cass. pen., sez. III, 9 maggio 2002, n. 7478; Cass. pen., sez. III, 4 febbraio 2000, n. 3682; Cass. pen., sez. III, 5 novembre 1998, n. 2882; Cass. pen., sez. III, 7 maggio 1994, n. 713; Cass. pen., sez. III, 3 maggio 1994, n. 712.

 

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