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Cass. Sez. III n. 17084 del 18 maggio 2006 (c.c. 7 aprile 2006)
 Pres. Postiglione Est. Sarno Ric. Arcese
 Urbanistica - Ristrutturazione edilizia
 La necessità della costruzione dell'edificio demolito nell'area di sedime originaria è un requisito insito nella nozione di ristrutturazione edilizia in quanto sarebbe strano poter "ristrutturare" il fabbricato altrove.La nozione di ristrutturazione edilizia, inoltre, postula la preesistenza effettiva di una costruzione (e non, quindi, di un rudere) in quanto la previsione va interpretata in senso restrittivo costituendo un'eccezione al riaffermato principio del Testo Unico secondo cui ogni trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che comporti una rilevante modifica del suo assetto necessita di permesso di costruire
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Composta dagli Ill.mi Sigg.:
 
 Dott. POSTIGLIONE AMEDEO PRESIDENTE
 1.Dott.DE MAIO GUIDO CONSIGLIERE
 2.Dott.ONORATO PIERLUIGI CONSIGLIERE
 3.Dott.PETTI CIRO CONSIGLIERE
 4.Dott.SARNO GIULIO CONSIGLIERE
 
 ha pronunciato la seguente
 
 
 SENTENZA/ORDINANZA
 
 
 sul ricorso proposto da :
 1) ARCESE FRANCESCO N. IL 21/03/1956 avverso ORDINANZA del 22/09/2005. TRIB.  LIBERTA' di FROSINONE
 
 
 sentita la relazione fatta dal Consigliere SARNO GIULIO.
 
 Sentite le conclusioni del P.G. Dr. Angelo Di Popolo, annullamento con rinvio.
 Udito il difensore avv. Alfredo BESI (ROMA)
 
 
 Arcese Francesco propone ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa dal  tribunale del riesame di Frosinone in data 22.9.05 con la quale veniva  confermato il provvedimento di sequestro preventivo avente ad oggetto fondazioni  di cemento armato di circa metri 16, 50 per 18 realizzate in difformità  essenziale dal progetto dell'opera (demolizione e ricostruzione di un fabbricato  adibito a civile abitazione) presentato nella DIA del 25.6.2003, stante  l'avvenuta traslazione della sagoma del fabbricato di mt. 13 rispetto al  progetto.
 
 
 Eccepisce il ricorrente la violazione di legge ed illogicità della motivazione.
 
 
 Sostiene infatti che tribunale di Frosinone avrebbe erroneamente ritenuto la  sussistenza nel caso di specie della variazione essenziale sul presupposto che  la traslazione del fabbricato contestata fosse di mt. 13 e non già di mt. 7,  come indicato nel ricorso e che, in ogni caso, la non essenzialità della  variazione configurerebbe comunque reato di cui all'articolo 44 lettera a) del  DPR 380/01, idonea a radicare la legittimità della misura cautelare adottata.
 
 
 Ed, invero, la prova che la traslazione era limitata a sette metri si deduce dal  verbale di constatazione di regolarità edilizia a firma del funzionario  responsabile comune di Ceprano, nonché dalla planimetria ubicativa allegata alla  copia del progetto esecutivo, documenti questi già prodotti unitamente  all'istanza di revoca del sequestro.
 
 
 Trattandosi, dunque, di nuova costruzione lunga mt. 17, ai sensi dell'art. 8  lettera f) della L. Regione Lazio n. 36/1987, si sarebbe potuto considerare la  sussistenza di variazione essenziale rispetto al progetto iniziale solo nel caso  in cui la traslazione della sagoma avesse superato mt. 8,5.
 
 
 Il che comporterebbe l'inapplicabilità dell'articolo 44 DPR 380/2001, essendo i  lavori oggetto di indagine consistiti in un intervento di ristrutturazione  edilizia soggetti esclusivamente a DIA.
 
 
 Come motivi aggiunti ai sensi dell'art. 611 cpp il ricorrente ha anche eccepito:
 a) la violazione dell'articolo 606 lettera e) - mancanza assoluta di motivazione  - e lettera b) errata applicazione di norma avendo il tribunale volutamente  omesso ogni indagine sul fumus dei reato ed avendo anche omesso di considerare  che nel processo penale va applicata la misura cautelare corrispondente alla  ipotesi delittuosa effettivamente contestata;
 b) la violazione dell'articolo 606 lettera b) - mancata o erronea applicazione  di norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione di legge  penale avendo il giudice del riesame omesso di considerare che, ai sensi  dell'articolo 8 lettera h) della legge Regione Lazio n. 36/87, "la modifica  della localizzazione del fabbricato non è comunque considerata variazione  quando, a prescindere dai limiti indicati dalla lettera f), rimangono invariate  le destinazioni d'uso, la sagoma, le superfici, l'altezza della costruzione".
 
 
 Il ricorso è infondato e va rigettato.
 
 
 Occorre premettere che il tribunale del riesame inquadra a ragione la tipologia  dell'intervento nella categoria della ristrutturazione edilizia trattandosi di  intervento di demolizione e ricostruzione del fabbricato.
 
 
 La contestazione concerne sostanzialmente la diversità dell'area di sedime su  cui è in corso la nuova costruzione rispetto a quella occupata dal preesistente  manufatto.
 
 
 Su queste questioni occorre, tuttavia, ricordare che questa Corte (Sez. III del  23 aprile 2004 n. 19034) è già intervenuta affermando che nonostante  l'assentibilità con DIA della demolizione e ricostruzione, che non comportino  modificazioni di volume e sagoma, qualora la ricostruzione postuli uno  spostamento, seppure lieve del nuovo manufatto, ditalchè le nuove opere non  risultano realizzate sulla stessa area di sedime, è ugualmente necessario il  permesso di costruire.
 
 
 Si è osservato, infatti, con motivazione assolutamente condivisibile, che, se è  vero che il d.I.vo n. 301 del 2002 nell'adeguare il T.U. cit. alle modificazioni  introdotte successivamente (l. n. 443 del 2001) ha escluso la necessità della  ricostruzione identica all'opera demolita quanto ad area di sedime e materiali,  ritenendo sufficiente l'identità di sagoma e volumi, e che, inoltre ha anche  eliminato il riferimento alla "successiva fedele ricostruzione", le soppressioni  operate dal d. L vo n. 301 del 2002, riguardano, in realtà, solo l'identità dei  materiali dell'edificio ricostruito rispetto a quello preesistente.
 Ciò, si è detto, poichè la necessità della costruzione dell'edificio demolito  nell'area di sedime originaria è un requisito insito nella nozione di  ristrutturazione edilizia, in quanto - si è osservato - sarebbe veramente strano  poter ristrutturare il fabbricato altrove.
 
 
 Si è evidenziato, infine, che la nuova nozione di "ristrutturazione edilizia"  postula la preesistenza effettiva di una costruzione (e non, quindi, di un  rudere) in quanto la previsione specifica va interpretata restrittiva dal  momento che costituisce un'eccezione al principio generale riaffermato dal  T.U.E.D. secondo cui ogni trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio,  che comporti una rilevante modifica del suo assetto, necessita di essere  assentita con il permesso di costruire.
 
 
 Tanto basta per apprezzare la sussistenza del fumus non negando il ricorrente lo  "spostamento" del nuovo edificio in costruzione.
 
 
 Appartiene al merito ogni ulteriore approfondimento circa l'entità e le ragioni  della situazione in atto.
 
 
 Quanto al richiamo operato dal ricorrente al concetto di variazione esenziale, a  prescindere dalla considerazione che l'art. 8 della legge regionale citata  prevede all'ultimo comma che "la modifica della localizzazione del fabbricato  non è comunque considerata variante essenziale" solo "quando, a prescindere dai  limiti stabiliti nella precedente lettera f), rimangono invariate le  destinazioni d'uso, la sagoma, il volume, le superfici, l'altezza delle  costruzioni e semprechè la nuova localizzazione non contrasti con leggi, norme e  regolamenti.", - il che andrebbe comunque verificato -, è appena il caso di  rilevare che in tanto si può ipotizzare la sussistenza di una variazione  essenziale in quanto sia stato già rilasciato un permesso di costruire.
 
 
 Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle  spese processuali.
 
 
 PQM
 
 
 La Corte Suprema di Cassazione
 Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  processuali.
 Così deciso in Roma il 7.4.2006
 
 
                    




