Cass. Sez. III n. 22442 del 28 maggio 2009 (Cc 16 apr. 2009)
Pres. Altieri Est. Squassoni Ric. Aprovitola
Urbanistica. Sequestro immobile abusivo ultimato
In materia di sequestro preventivo di immobile abusivo ultimato, secondo quanto asserito dalle Sezioni Unite con sentenza n°2/2003, pur ad edificazione ultimata, la libera disponibilità del bene non è sempre un elemento neutro sotto il profilo della offensività perché può fare proseguire nel tempo ed aggravare in intensità le ricadute negative del già commesso reato; sul tema, il Giudice deve determinare in concreto se il libero godimento del manufatto possa determinare una ulteriore lesione del bene protetto. L’aggravio del carico urbanistico che le unità ad uso abitativo possono determinare risulta adeguatamente dimostrato quando l’illegittimo complesso immobiliare è di rilevante entità e gli appartamenti risultano arredati (uno già abitato) e si prospetta un loro possibile utilizzo
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza 3 novembre 2008, il Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro preventivo che grava su dei manufatti evidenziando la configurabilità del reato (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44) contestato dall'accusa.
I Giudici hanno rilevato come l'indagato A.A., in difformità dalla concessione edilizia in sanatoria, avesse proceduto ad un cambio di destinazione d'uso trasformando in civile abitazione quanto prima era adibito ad albergo con la realizzazione di una scala esterna; inoltre, aveva realizzato quattro corpi di fabbrica privo di titolo autorizzatorio.
Il Tribunale, benchè i manufatti fossero terminati, ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari per il carico urbanistico che le illegittime strutture determinavano.
Per l'annullamento della ordinanza, l'indagato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che i lavori nell'albergo riguardavano esclusivamente alcune tramezzature interne, non era stata alterata nè la sagoma nè il volume nè la superficie dello immobile: pertanto, l'intervento era fattibile con Dia la cui mancanza non ha rilievi penale;
- che non sussistono esigenze cautelari che giustifichino il sequestro.
Deve, innanzi tutto, precisarsi come l'indagato non abbia proposto censure, per quanto concerne la configurabilità dei reati, relativamente ai quattro corpi di fabbrica destinati a miniappartamenti per la cui edificazione, che incideva profondamente sul regolare assetto del territorio, non era munito del necessario permesso di costruire.
In riferimento a tali manufatti, ha solo fatto presente di avere inoltrato una pratica di condono la cui pendenza non ha immediata ricaduta sulla legittimità del vincolo reale.
L'indagato concentra le sue critiche sul ritenuto mutamento l'uso ed ancora la sua conclusione in diritto sulla non necessità del permesso di costruire avendo come referente una consistenza dell'intervento diversa da quella posta dal Tribunale alla base della sua decisione.
La prospettazione (oltre ad essere priva della necessaria concretezza perchè non correlata ad alcun elemento o argomento che la renda credibile) esula dai limiti cognitivi di un procedimento incidentale.
In esso, il Tribunale del riesame, che non è dotato di poteri istruttori, deve esaminare gli elementi di prova offerti dalla pubblica accusa così come esposti; problematiche sulla ricostruzione dei fatti non sono deducibili in sede di legittimità per il disposto dell'art. 325 c.p.p., comma 1 che limita il ricorso ai casi di violazione di legge tra i quali può annoverarsi la mancanza totale di motivazione.
Tale non è la ipotesi in esame, nella quale i Giudici hanno avuto cura di elencare le indagini della Polizia Municipale e la relazione di un tecnico dalle quali hanno tratto la conclusione sui lavori abusivi posti in essere dallo indagato; ad essa la Corte deve attenersi per valutare la configurabilità del reato.
In diritto, si rileva come il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 2 preveda che siano le Regioni a stabilire quali mutamenti di destinazione d'uso, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, siano subordinati a permesso di costruire o a denuncia di nuova opera.
Spetta, pertanto, alla legge regionale, tenuto conto delle disposizioni di principio poste dalla legge statale, la classificazione dei mutamenti d'uso e la individuazione di quali variazione debbano considerarsi urbanisticamente significative.
La Regione Campania (nella quale è sito l'immobile per cui si procede) ha legiferato in materia, con la L.R. n. 16 del 2004, stabilendo che possano essere realizzati in base a Dia quei mutamenti che non comportano trasformazione dello aspetto esteriore, di volumi, di superfici; inoltre, la nuova destinazione d'uso deve essere compatibile con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica per le singole zona territoriali omogenee.
In esito allo esame dello intervento effettuato, si deve concludere (allo stato delle investigazioni pur suscettibili di ulteriori sviluppi) che le opere poste in essere dall'indagato incidevano, quanto meno, sulla prospettica esterna dell'edificio e, di conseguenza, dovevano essere sorrette da permesso di costruire.
I Giudici hanno dato atto che l'imputato era munito di permesso di costruire in sanatoria, ma che la edificazione era in difformità dal titolo abilitativo; su questo tema, l'indagato non ha formulato censure.
Per quanto concerne le esigenze di cautela, si osserva che le relative deduzioni dell'atto di ricorso riguardano tutti i manufatti oggetto del procedimento.
Secondo quanto asserito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 2/2003, pur ad edificazione ultimata, la libera disponibilità del bene non è sempre un elemento neutro sotto il profilo della offensività perchè può fare proseguire nel tempo ed aggravare in intensità le ricadute negative del già commesso reato; sul tema, il Giudice deve determinare in concreto se il libero godimento del manufatto possa determinare una ulteriore lesione del bene protetto.
Tale lesione è stata evidenziata dal Tribunale nello aggravio del carico urbanistico che le numerose unità ad uso abitativo possono determinare. Ora, dal momento che l'illegittimo complesso immobiliare è di rilevante entità e che gli appartamenti risultano arredati (uno già abitato), la prospettazione di un loro possibile utilizzo, e del conseguente pericolo evidenziato dai Giudici, si presenta logica e di attualità; pertanto, la conclusione del provvedimento impugnato non merita censure.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2009