 Cass. Sez. III n. 770 del 14 gennaio 2011 (Cc. 3 dic. 2010)
Cass. Sez. III n. 770 del 14 gennaio 2011 (Cc. 3 dic. 2010)
Pres. Ferrua Est. Lombardi Ric. Lanzi
Urbanistica. Titolo abilitativo illegittimo
In presenza di una concessione edilizia ovvero di un permesso dì costruire illegittimi, non occorre fare ricorso alla disapplicazione dell’atto amministrativo, perché sia configurabile il reato di costruzione abusiva, atteso che la conformità della costruzione e della concessione alla norme ed agli strumenti urbanistici è elemento costitutivo o normativo dei reati contemplati dall’art. 44 del DPR n. 380/2001, stante la individuazione del parametro di legalità urbanistica ed edilizia quale ulteriore interesse protetto dalle disposizioni in questione, sicché è sufficiente valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie, posto che la conformità della costruzione e della concessione ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati contemplati dalla normativa urbanistica.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
 Dott. Giuliana Ferrua                 Presidente 
 " Ciro Petti                               Consigliere 
 " Alfredo Maria Lombardi
" Mario Gentile
 " Giulio Sarno
 ha pronunciato la seguente:
 SENTENZA
 - Sul ricorso proposto dall'Avv. Renato Archidiacono, difensore di fiducia di  Lanzi Bruno, n. a Torre Cajetani l’1.4.1952, avverso l'ordinanza in data  29.4.2010 del Tribunale di Latina, con la quale è stato confermato il decreto di  sequestro preventivo di un'area e delle opere su di essa edificate emesso dal  G.I.P. del Tribunale di Latina in data 2.4.2010.
 - Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
 - Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
 - Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. Giovanni  D'Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 - Udito il difensore del Lanzi, Avv. Renato Archidiacono, che ha concluso per  l'accoglimento del ricorso;
 CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
 Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Latina ha confermato il decreto di  sequestro preventivo di un'area e delle opere su di essa edificate emesso dal  G.I.P. del medesimo Tribunale in data 2.4.2010 nei confronti di Lanzi Bruno.
 Il Tribunale ha rilevato che le opere di cui si tratta sono costituite da una  struttura alberghiera con reception composta da quaranta residenze turistiche  con sottostanti magazzini e parcheggi, nonché ulteriori edifici destinati a  ristorante ed asilo nido in parte ricadenti nella fascia di rispetto di trecento  metri dal mare. Tali opere sono state autorizzate, previa variante al PRG, con  permesso di costruire n. 5653 del 30.4.2009.
 Il Tribunale ha affermato che i citati provvedimenti autorizzatori sono  disapplicabili per evidente contrasto con le disposizioni delle leggi regionali  n. 30/74 e 52/76, che prescrivono la inedificabilità assoluta nel limite di  trecento metri dalla battigia, fatta eccezione per le zone incluse in area  urbana, di cui non ricorre l'ipotesi.
 L'ordinanza ha osservato che le prescrizioni delle citate leggi regionali in  materia di limite alla edificabilità in aree comprese nei trecento metri dal  mare non sono state abrogate dalla successiva legge regionale n. 24 del 6.7.1998  e la avvenuta adozione del Piano territoriale Paesistico allegato alla predetta  legge. Sul punto si è osservato che l'art. 5, comma 1, della legge regionale  prevede che i territori costieri compresi in una fascia della profondità di  trecento metri dalla battigia sono sottoposti a vincolo paesistico ai sensi  dell'art. 82, 5° comma lett. a), del DPR n. 616/1982. Il terzo comma del  predetto art. 5 stabilisce inoltre che nella fascia di rispetto di cui al comma  1 l'indice di edificabilità territoriale è stabilito in 0,001 mc/mq. Tale limite  pertanto sostanzialmente ribadisce il vincolo di inedificabilità già previsto  dalle leggi regionali n. 30/74 e 52/76.
 Nel prosieguo l'ordinanza osserva che anche le prescrizioni del PTP e delle NTA  confermano il limite alla edificabilità prescritto dalla legge regionale per le  fasce costiere, prevedendo esclusivamente la possibilità di interventi di  riqualificazione dell'edilizia esistente e per la dotazione di aree di uso  pubblico.
 L'ordinanza ha, infine, rilevato che la contestazione del periculum è  esclusivamente fondata sulla asserita legittimità degli interventi edilizi e  che, in ogni caso, sussiste l'esigenza di evitare che gli stessi vengano  ultimati.
 Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell'indagato, che la  denuncia per violazione di legge con due motivi di gravame.
 Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione  dell'art. 4 L. 20 marzo 1865 n.. 2248 all. E.
 Si deduce, in sintesi, che i provvedimenti amministrativi, che rimuovono  ostacoli all'esercizio di diritti, possono essere disapplicati dall'autorità  giudiziaria ordinaria solo nell'ipotesi in cui gli stessi siano frutto della  collusione del privato con il pubblico funzionario, che lo ha rilasciato al fine  di consentire la perpetrazione dell'abuso, ovvero risulti evidente il contrasto  dell'atto con norme imperative talmente grave da determinare non la mera  illegittimità dell'atto, ma la sua illiceità e la sua nullità.
 Si riporta, poi, l'iter procedimentale che ha preceduto l'emanazione dei  provvedimenti autorizzatori, al fine di far rilevare l'assenza di elementi che  evidenzino la illegittimità dell'atto autorizzatorio.
 Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione dell'art. 5,  comma 4, e 27 bis della legge regionale 6.7.1998 n. 24 e S.M.I., nonché degli  art. 36 e 48 delle N.T.A. al P.T.P. n. 13.
 Sempre in sintesi si osserva che il citato art. 5 al comma 4, come modificato  dall'art. 3 della legge regionale n. 18/2004, stabilisce che "fatto salvo  l'obbligo di richiedere l'autorizzazione paesistica ai sensi dell'art. 25 le  disposizioni del presente articolo non si applicano alle aree urbanizzate  esistenti come individuate dal PTP o dal PTPR....."
 Si osserva, poi, che l'art. 36 delle NTA al PTP Ambito Territoriale 13 ha  individuato nella fascia costiera, in cui ricade l'immobile, tre aree sottoposte  a tutela limitata (zone L/a, L/b, L/c), già interessate da una proliferazione  edilizia spesso di bassa qualità e carente di spazi di servizio, nelle quali, ai  sensi dell'art. 48 delle stesse NTA é consentita "l'edificazione dei lotti  liberi che risultino interclusi in quanto confinanti su ogni lato con lotti già  edificati o con strade pubbliche o convenzionate.", zone in cui le finalità  "conservative" vengono limitate alla sola vegetazione esistente ed alla duna  litoranea, consentendo i soli interventi ritenuti compatibili con dette finalità  tra i quali - come è logico - la possibilità edificatoria dei lotti interclusi.
 Si critica, quindi, sulla base delle citate disposizioni, l'affermazione  dell'ordinanza impugnata secondo la quale non sarebbero possibili varianti al  PRG se non nell'ambito delle limitazioni e prescrizioni del PTP e si deduce che  in virtù delle previsioni normative del predetto PTP l'area oggetto di  intervento, ricadente in zona L/b, possa essere ritenuta "area urbanizzata" ai  sensi dell'art. 5, comma 4 della legge regionale n. 24/1998, come tale non  soggetta al limite di edificabilità di 0,001 mc/mq.; che la Direzione Generale  per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Ministero per i Beni Culturali  e le Attività Culturali ha espresso parere favorevole sul progetto, rilevando  che la zona in cui ricade é classificata come "zona L/b", che si tratta di lotto  intercluso e che il residence ben si inserisce nel contesto paesistico  circostante; che la stessa Regione ha ritenuto compatibile la proposta variante  urbanistica da zona tipo "F" a zona tipo "D", ovvero da zona destinata a  "Servizi di quartiere" a zona destinata ad "attrezzature turistico alberghiere".
 Si osserva conclusivamente che il Tribunale del riesame non ha tenuto conto  dell'attuale formulazione dell'art. 5, comma 4, della legge regionale n. 24/98,  dando un'interpretazione forzata degli art 36 e 48 delle NTA del PTP, che vanno  correttamente interpretate alla luce della derogabilità dei limiti di  edificabilità espressamente previsti per le "aree urbanizzate esistenti"  individuate dal PTP, quali devono ritenersi quelle ricadenti nelle aree a tutela  limitata L/a, L/b, L/c, qualificate come "aree già largamente urbanizzate"  dall'art. 36, in cui viene consentita, dall'art. 48, l'edificazione dei lotti  interclusi senza alcuna ulteriore specificazione.
 Si aggiunge che anche ai sensi del PTPR, adottato, ma non ancora approvato, sono  previste espresse "eccezioni e deroghe" alla assolutezza del vincolo,  consentendo varianti agli strumenti urbanistici vigenti per aree classificate  dal PTP vigente come "aree di scarso pregio paesistico" ovvero "di paesaggio  urbano in evoluzione".
 Con memoria depositata il 19.11.2010 la difesa del ricorrente ha prodotto un  parere del Dipartimento territorio della Regione Lazio secondo il quale é  possibile procedere con concessioni laddove ricorra la duplice circostanza del  lotto minimo di 1.500 mq intercluso e la sussistenza degli standard urbanistici,  nonché l'adeguata dotazione di opere infrastrutturali; requisiti che, nel caso  in esame, sarebbero sussistenti.
 
 Il ricorso non è fondato.
 
 Secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte in  materia di illeciti edilizi, da quale il Collegio non ravvisa ragioni per  discostarsi, in presenza di una concessione edilizia ovvero di un permesso di  costruire illegittimi, non occorre fare ricorso alla disapplicazione dell'atto  amministrativo, perché sia configurabile il reato di costruzione abusiva, atteso  che la conformità della costruzione e della concessione alla norme ed agli  strumenti urbanistici è elemento costitutivo o normativo dei reati contemplati  dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985. n. 47 ed attualmente dall'art. 44 del  DPR n. 380/2001, stante la individuazione del parametro di legalità urbanistica  ed edilizia quale ulteriore interesse protetto dalle disposizioni in questione,  sicché è sufficiente valutare la sussistenza dell'elemento normativo della  fattispecie, posto che la conformità della costruzione e della concessione ai  parametri di legalità urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati  contemplati dalla normativa urbanistica. (cfr. sez. III, 18.12.2002 n. 4877 del  2003, Tarini, RV 223533; sez. VI 17.2.2003, Marrone ed altri, RV 225674; sez.  111, 26.2.2003 n. 18764, Demoni, RV 224731; sez. III, 2.10.2007 n. 41620,  Emelino, RV 237995).
 E' stato, infatti, da tempo affermato da questa Suprema Corte che in tema di  violazioni urbanistiche, l'interesse protetto dall'art. 20 della legge 28  febbraio 1985 n. 47 (ed attualmente art. 44 del DPR n. 380/2001) non è quello  del rispetto delle prerogative della pubblica amministrazione nel controllo  dell'attività edilizia e perciò della regolarità delle procedure di concessione,  ma quello sostanziale della protezione del territorio in conformità alla  normativa urbanistica, perciò non si pone un problema di disapplicazione  dell'atto amministrativo illegittimo, quanto di controllo della legittimità di  un atto amministrativo che costituisce un elemento costitutivo o un presupposto  del reato. (cfr. sez. III, 12.5.1995 n. 1756, Di Pasquale, RV 202077; sez. un.  12.11.1993 n. 11635, P.M. in proc. Gorgia).
 Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso,  allorché il giudice di merito, e nella specie del riesame, ha accertato che  l'opera autorizzata dalla pubblica amministrazione non è conforme alle  previsioni legislative e degli strumenti urbanistici deve configurare il reato  di cui all'art. 44 del DPR n. 380/2001, indipendentemente dall'esistenza delle  condizioni per procedere alla disapplicazione degli atti amministrativi  illegittimi.
 
 Anche le ulteriori censure del ricorrente sono in fondate.
 
 E' appena il caso di ricordare che in materia di misure cautelari reali il  giudice del riesame deve verificare solo la sussumibilità del fatto nell'ipotesi  di reato oggetto di indagine, secondo le prospettazioni della pubblica accusa,  sia pur tenendo conto delle deduzioni difensive dell'indagato, mentre è escluso  l'accertamento della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza. (cfr. sez. un.  n. 23 del 1997, Bassi ed altri, RV 206657 e giurisprudenza successiva conforme).
 Va ancora precisato in punto di diritto che l'interpretazione degli strumenti  urbanistici, con riferimento alla classificazione dell'area di cui si tratta,  costituisce questione di fatto non censurabile in sede di legittimità e,  peraltro, deve necessariamente formare oggetto di compiuta valutazione nella  sede di merito, afferendo all'accertamento della colpevolezza dell'imputato.
 Orbene, l'ordinanza, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha  rilevato che gli immobili in corso di edificazione non ricadono in area  urbanizzata, sicché nel caso in esame non trova applicazione l'art. 5, comma 4,  della legge regionale n. 24 del 1998, che esonera dall'obbligo di osservare le  prescrizioni contenute nel medesimo articolo le aree urbanizzate esistenti come  individuate dai P.T.P. o dal P.T.P.R..
 Si è osservato inoltre nell'ordinanza che l'art. 5 del PTP ribadisce che sono  sottoposti a vincolo paesistico i territori costieri compresi in una fascia di  trecento metri dalla linea di battigia ed ha interpretato la classificazione  dell'area costiera nelle tre zone indicate dal ricorrente, ribadendo che  l'edilizia consentita nelle predette tre zone è limitata al fine di  riqualificazione dell'edilizia esistente e per dotarle di aree ad uso pubblico.
 Sempre secondo l'ordinanza la possibilità di costruire edifici privati, anche se  per uso ricettivo o alberghiero, è limitata alla zona (già urbanizzata)  classificata dalle NTA come zona L/d, interna all'abitato di Terracina, mentre i  manufatti in corso di costruzione sono ubicati all'esterno dell'area  urbanizzata.
 Inoltre la possibilità di apportare varianti al PRG, prevista dall'art. 27 bis  della legge regionale, è limitata dall'obbligo di uniformarsi alle prescrizioni  contenute nel PTP.
 Si è anche osservato che, ai sensi dell'art. 7, comma 4, dell'atto della GR n.  556 del 25.7.2007, in caso di contrasto tra le disposizioni del PTPR adottato e  dei PTP vigenti prevalgono le disposizioni più restrittive.
 In conclusione le doglianze del ricorrente hanno sostanzialmente ad oggetto  l'interpretazione degli strumenti urbanistici e la qualificazione dell'area in  cui è in corso l'attività edificatoria; elementi di valutazione da parte del  giudice di merito che sono censurabili in sede di legittimità solo sotto il  profilo del vizio di motivazione.
 Tale mezzo di annullamento, però, non è deducibile in materia di misure  cautelari reali ex art. 325 c.p.p. e, peraltro, le contestazioni riguardano in  effetti la fondatezza dell'accusa che pub formare oggetto di compiuto  accertamento solo nel corso del giudizio di merito.
 Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
 
 Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento  delle spese processuali.
 P.Q.M.
 La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  processuali.
 Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 3.12.2010.
 
 DEPOSITATO IN CANCELLERIA 14 Gen. 2011
 
                    




