Cass. Sez. III n. 9169 del 8 marzo 2010 (Cc 28 ott. 2009)
Pres. Onorato Est Sensini Ric. Risi
Urbanistica. Violazione di sigilli e interdizione dai pubblici uffici
La pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, la cui durata è prefissata dall'art. 37 cod. pen., consegue obbligatoriamente alla condanna per il delitto di violazione di sigilli, rientrando quest'ultimo nella categoria dei delitti perpetrati con abuso di poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che, in caso di omessa statuizione, il giudice può ricorrere alla procedura di correzione prevista dall'art. 130 cod. proc. pen.).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 28/10/2009
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 1233
Dott. SENSINI Maria Silvia - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere - N. 2894/2009
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) RISI ERMANNO, N. IL 10/10/1969;
avverso l'ordinanza n. 2033/2003 TRIBUNALE di NAPOLI, del 28/10/2008;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA SILVIA SENSINI;
lette le conclusioni del PG inammissibilità del ricorso. FATTO E DIRITTO
1- Con ordinanza in data 28/10/2008, il Tribunale di Napoli, rilevato che la sentenza emessa in data 27/3/2008 a carico di Risi Ermanno per il delitto di cui all'art. 349 c.p., comma 2 non recava la disposizione dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, disponeva, nelle forme di cui agli artt. 130 e 547 c.p.p., su sollecitazione della Procura Generale, l'integrazione della suddetta pronuncia, con l'aggiunta, nella parte motiva e nel dispositivo, della frase "Dispone che Risi Ermanno sia interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni uno e mesi sei". Il Risi risultava condannato per il reato di violazione di sigilli alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 750,00 di multa.
2- Avverso l'ordinanza con la quale è stata disposta la correzione dell'errore materiale ha proposto ricorso per Cassazione il difensore del Risi, deducendo erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 547 e 130 c.p.p..
Tale omissione avrebbe dovuto costituire autonomo motivo di impugnazione da parte del Procuratore Generale, anche in considerazione del fatto che non risultavano decorsi i termini per proporre gravame. Peraltro, l'espletamento della procedura di cui all'art. 547 c.p.p. in relazione all'art. 130 c.p.p. può ritenersi ammissibile solo qualora l'applicazione di una pena accessoria consegua ex lege alla pronuncia di condanna e non quando, come in questo caso, la pena de qua costituisca non una mera omissione materiale, bensì il frutto di una valutazione discrezionale del giudicante non tanto in ordine alla sua applicazione, quanto alla sua durata.
3- Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
4- Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati. Il delitto di violazione dei sigilli commesso dal custode rientra nella categoria dei delitti perpetrati con abuso di poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, per i quali l'art. 31 c.p. prevede l'interdizione temporanea dai pubblici uffici (cfr. Cass. Sez. 3, 2/12/1997 n. 1508, Petrone; Sez. 3, 8/3/2006 n. 14238, Calise), si approva prefissata nella durata, ex art. 37 c.p..
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la pena accessoria conseguiva, pertanto, ex lege alla sentenza di condanna. Questa Corte (cfr, ex multis, Sez 1, 28/4/2004, Bagedda) ha affermato che una omissione non concettuale, ma solo materiale "non produce modificazioni della sentenza, ma ne completa il contenuto ed è riparabile con semplici operazioni di adeguamento". Tale è, senza dubbio, l'ordinanza di correzione dell'errore materiale per la quale, tuttavia, l'art. 130 c.p.p., richiamando espressamente l'art. 127 c.p.p., prevede il rispetto delle forme che implicano il contraddittorio.
Poiché, invece, nella specie, la rettifica è avvenuta inaudita altera parte, l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Napoli perché provveda in conformità al principio sopra enunciato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010