Cons. Stato Sez.V sent. n. 1143 del 13 febbraio 2003 Nuova pagina 1

REPUBBLICA ITALIANA N.1143/03 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N.3876 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2002

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 3876/2002 proposto da Mario Lo Vecchio, rappresentato e difeso dall’Avv. Gennaro Notarnicola, ed elettivamente domiciliato presso Luigi Gardin, in Roma, Via lLaura Mantegazza, n. 24.

CONTRO

Il comune di Conversano, in persona del commissario prefettizio pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Enzo Augusto, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Filippo Lattanzi, in Roma, Via G. P. da Palestrina, 47.

E NEI CONFRONTI DI

Pasqua Malena, Paolo Miccolis, Natalino D’Alessandro, Romeo Benedetto e Natala D’Attoma, non costituitisi in giudizio.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Bari, Sezione Seconda , 6 febbraio 2002, n. 727 .

Visto il ricorso con i relativi allegati ;

Visto l' atto di costituzione in giudizio del comune di Conversano;

Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore alla pubblica udienza del 5 novembre 2002, il Consigliere Marco Lipari;

Uditi i difensori della parti come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1 Con atto notificato il 6 marzo 2001, il Sig. Mario Lo Vecchio, attuale appellante, diffidava l’amministrazione comunale di Conversano ad adottare i provvedimenti sanzionatori riguardanti un manufatto abusivamente realizzato dai Signori Pasqua Malena e Natalino D’Alessandro, in Via Polignano n. 21, in un’area confinante con la sua proprietà.

2 L’istanza era motivata dalla circostanza che le opere erano state realizzate in difformità dal prescritto titolo autorizzatorio, successivamente annullato dalla stessa amministrazione comunale e che le domande di concessione in sanatoria proposte dai soggetti interessati avevano avuto esito negativo, rendendo doveroso l’intervento sanzionatorio del comune.

3 Attesa l’inerzia dell’amministrazione, l’interessato proponeva ricorso avverso il silenzio.

4 A sostegno della domanda, il ricorrente deduceva che i procedimenti di sanatoria riguardanti il manufatto si erano conclusi in senso negativo per i richiedenti, rendendo assolutamente doverosa l’esecuzione dei provvedimenti sanzionatori di demolizione.

5 Costituitosi in giudizio, il comune replicava, invece che i procedimenti di sanatoria erano ancora pendenti, e, quindi, non era possibile adottare gli invocati provvedimenti sanzionatori.

6 La sentenza appellata ha accolto il ricorso, rilevando l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione. Per l’effetto, ha ordinato al comune di Converano di concludere nel termine di trenta giorni i procedimenti di sanatoria, stabilendo che “all’esito dei procedimenti de quibus saranno ripresi eventualmente i procedimenti sanzionatori da concludersi nei successivi sessanta giorni”.

7 In dichiarata esecuzione della pronuncia, il comune ha riattivato il procedimento di sanatoria e, all’esito, ha rilasciato la concessione in sanatoria n. 34 dell’ 8 marzo 2002.

8 Il Sig. Lo Vecchio appella la sentenza, affermando che essa ha violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato: poiché il ricorso lamentava l’illegittimità del silenzio sui richiesti provvedimenti sanzionatori, non vi era alcuno spazio per una pronuncia riguardante il diverso procedimento di sanatoria, anche considerando che esso era ormai concluso, con esito negativo per gli interessati.

9 L’amministrazione comunale, invece, sostiene di avere dato puntuale esecuzione alla sentenza, deducendo l’infondatezza della pretesa dell’appellante.

10 Il collegio rileva, preliminarmente, che l’appellante non ha alcun interesse a coltivare il gravame, nell’ambito di un giudizio proposto contro il silenzio dell’amministrazione comunale, considerato il nuovo provvedimento con cui l’amministrazione ha rilasciato ai richiedenti la concessione edilizia in sanatoria n. 34 dell’ 8 marzo 2002.

11 Al riguardo, occorre considerare che lo speciale processo accelerato previsto dall’articolo 21-bis dalla legge n. 1034/1971 ha uno scopo ben preciso, accuratamente delineato dall’Adunanza Plenaria, con la decisione 9 gennaio 2002, n. 1, volto ad accertare l’illegittimità del silenzio dell’amministrazione ed il conseguente obbligo di provvedere, in forza dei seguenti argomenti:

- l’art. 21- bis, al comma 1, identifica l’oggetto del ricorso nel “silenzio”, senza fare alcun riferimento alla pretesa sostanziale del ricorrente e, poiché, in linea di principio, i poteri del giudice sono delimitati dal ricorso (art. 112 c.p.c.), se ne deve dedurre che il legislatore ha inteso circoscrivere il giudizio alla inattività dell’amministrazione;

- la stessa norma, al comma 2, prevede che, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice “ordina all’amministrazione di provvedere” e se “l’amministrazione resti inadempiente […] su richiesta di parte, nomina un commissario che provveda in luogo della stessa”. L’espressione “resti inadempiente” lascia intendere che l’inadempimento dell’amministrazione non ha contenuto diverso prima della sentenza, quando è condizione per l’accoglimento del “ricorso avverso il silenzio”, e dopo la sentenza, quando è condizione perché provveda il commissario;

- la terminologia usata dal legislatore (“ordina…di provvedere”; “un commissario che provveda”; “provvedimento da adottare in via sostitutiva”) definisce nell’accezione comune in dottrina e in giurisprudenza, l’esercizio di una potestà amministrativa, sicché sarebbe inappropriata se il giudice dovesse spingersi a stabilire il concreto contenuto del provvedimento, poiché in tal caso all’amministrazione e al commissario non residuerebbero altri spazi se non per un’attività avente contenuto e funzione di mera esecuzione. Inoltre, anche l’indeterminatezza circa il contenuto (positivo o negativo) dell’eventuale provvedimento tardivo dell’amministrazione, avvalora la tesi che l’organo competente in via ordinari conservi, pur dopo la sentenza e fino all’insediamento del commissario, il potere di provvedere in senso pieno.

Secondo l’Adunanza plenaria è evidente come l’intento del legislatore fosse solo quello di indurre l’amministrazione ad esprimersi sollecitamente sull’istanza del privato. Ciò emerge sia dai lavori preparatori – nei quali si legge che la trasformazione del ricorso in un procedimento d’urgenza” è rivolta ad evitare che “la dichiarazione dell’obbligo di provvedere (che di per sé non soddisfa ‘interesse sostanziale al ricorso) sopraggiunga dopo i lunghi tempi del processo ordinario” – sia dalla caratteristiche acceleratorie del nuovo rito (brevità dei termini, snellezza delle formalità), la cui configurazione è congrua se il giudizio si incentra sul “silenzio”, non anche se il giudice dovesse estendere la propria cognizione ad altri profili.

Sul piano sistematico, infine, l’Adunanza Plenaria rileva come la lettura restrittiva dell’art. 21bis legge n. 1034/71 si allinea al principio generale che assegna la cura dell’interesse pubblico all’amministrazione e al giudice amministrativo, nelle aree in cui l’amministrazione è titolare di potestà pubbliche, il solo controllo sulla legittimità dell’esercizio della potestà. Pertanto, rileva il Supremo Collegio, se nulla impedisce, in linea astratta, di individuare in via interpretativa ipotesi di ingerenza del giudice nella sfera dell’attività pubblicistica, l’art. 21bis legge n. 1034/1971, anziché fornire elementi persuasivi in tal senso, accredita la soluzione opposta.

D‘altro canto, sarebbe irrazionale ammettere che nel caso di inerzia il privato possa ottenere, mediante il ricorso avverso il silenzio, l’accertamento immediato da parte del giudice, della fondatezza della sua pretesa sostanziale, mentre, nella medesima situazione, se l’amministrazione avesse adottato un provvedimenti esplicito di diniego, la tutela giurisdizionale sarebbe stata soggetta alle forme ed ai limiti, oltre ai tempi, del giudizio ordinario.

12 In questo contesto interpretativo, è anche possibile ritenere che la sentenza di primo grado abbia travalicato i limiti del potere ordinatorio del giudice, il quale dovrebbe limitarsi a statuire l’ordine di adozione del provvedimento esplicito, senza indicarne il contenuto. È infatti astrattamente discutibile la correttezza della sequenza procedimentale indicata all’amministrazione, riferita dapprima alla conclusione del procedimento di sanatoria e poi all’adozione (nel solo caso di esito negativo del procedimento) degli eventuali provvedimenti sanzionatori.

13 Ma la pronuncia del tribunale si giustifica nel quadro del tema decisorio sviluppato in primo grado. La difesa dell’amministrazione si è appuntata sull’affermazione secondo cui l’inerzia sulla richiesta di provvedimenti sanzionatori deriverebbe dall’impossibilità di adottare qualsiasi determinazione definitiva (positiva o negativa) fino a quando non fosse stato concluso il presupposto procedimento di sanatoria.

14 In questa prospettiva, la pronuncia del tribunale non indica tanto il contenuto del provvedimento da adottare, ma specifica l’ambito oggettivo entro cui si colloca l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione, riguardante in stretta connessione tanto l’attività sanzionatoria in senso stretto, quanto quella riguardante il richiesto accertamento di conformità.

15 In ogni caso, con il provvedimento adottato dopo la sentenza di primo grado, la situazione di obiettiva incertezza derivante dall’inerzia dell’amministrazione comunale sulla richiesta di adottare le doverose misure sanzionatorie nei confronti degli autori degli illeciti edilizi è definitivamente e radicalmente superata, realizzando in modo pieno l’interesse strumentale del ricorrente ad ottenere una determinazione esplicita, pienamente sindacabile in apposito e separato giudizio di legittimità.

16 La concessione in sanatoria è logicamente incompatibile con gli invocati provvedimenti sanzionatori e si configura, sul piano sostanziale, alla stessa stregua di un diniego espresso degli atti richiesti dall’interessato.

17 In tale contesto, l’appellante non ha più interesse a coltivare il ricorso contro il silenzio e, tanto meno, a censurare la sentenza di primo grado, in relazione ai suoi contenuti decisori ed ordinatori.

18 Nel caso di specie, il giudizio sul silenzio non potrebbe ampliarsi fino a comprendere l’accertamento del punto riguardante la effettiva doverosità delle misure sanzionatorie richieste dall’appellante, in relazione al contestato presupposto della preventiva definizione del procedimento di sanatoria edilizia.

19 Nel caso di specie, la sentenza del tribunale, valutata anche nella parte motivazionale non contiene alcun accertamento (suscettibile di assumere l’efficacia del giudicato) in ordine alla pendenza del procedimento di sanatoria.

20 Dunque, resta pienamente intatta la facoltà dell’attuale appellante di impugnare la concessione edilizia, in razione a tutti i possibili vizi, compreso quello riguardante l’eventuale incompatibilità con la precedente definizione del procedimento di sanatoria.

21 In definitiva, quindi, l'appello deve essere dichiarato improcedibile.

Le spese possono essere compensate.

Per Questi Motivi

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, dichiara improcedibile l'appello, compensando le spese;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 novembre 2002 , con l'intervento dei signori:

Agostino Elefante - Presidente

Giuseppe Farina - Consigliere

Marco Lipari - Consigliere Estensore

Marzio Branca - Consigliere

Aniello Cerreto - Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Marco Lipari F.to Agostino Elefante

IL SEGRETARIO

F.to Antonietta Fancello