Consiglio di Stato Sez. V sent. 6134 del 16 ottobre 2006
Urbanistica. Sospensione di titolo abilitativo e variante allo strumento urbanistico REPUBBLICA ITALIANA N.6134/06 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 3180 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 1997
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 3180 del 1997 proposto dal Comune di Catanzaro, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Mirigliani con domicilio eletto in Roma alla via L. Concetti n. 1;
CONTRO
Irene SURIANI, non costituitasi nel presente grado di giudizio.
per la riforma e/o l’annullamento
della sentenza n. 161 del 5 febbraio 1996 del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati, notificato in data 14 marzo 1997 e depositato l’8 aprile successivo;
Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 28 ottobre 2005, il Cons. Russo, udito l’avv. Mirigliani;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 161/96, impugnata in questa sede, il TAR Calabria, sede di Catanzaro, pronunciando sui ricorsi riuniti nn. 814/86 e 1718/86 proposti dalla signora Irene Suriani, ha annullato, rispettivamente, i seguenti provvedimenti: quanto al ricorso n. 814/86, l’ordinanza del Sindaco di Catanzaro n. 162 del 10 aprile 1986, notificata il 21 aprile successivo, avente ad oggetto la sospensione della concessione edilizia n. 3332/85 del 18 settembre 1985 e dei lavori con essa assentiti; il decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 1585 del 18 maggio 1982, avente ad oggetto l’approvazione di una variante al P.R.G. relativamente alla costruzione di un campo di calcio in località Vincenzale; la delibera del Consiglio Comunale di Catanzaro n. 56 del 28 febbraio 1986; quanto al ricorso n. 1718/86, l’ordinanza del Sindaco di Catanzaro n. 361 del 18 settembre 1986, avente ad oggetto l’annullamento della concessione edilizia n. 3332/85; la delibera del Consiglio Comunale di Catanzaro n. 56 del 28 febbraio 1986.
La vicenda si riferisce alla concessione edilizia n. 3332/85 relativa alla costruzione di un fabbricato unifamiliare in Catanzaro, località Parisi, concessione che è stata dapprima sospesa e poi annullata d’ufficio per contrasto con la normativa urbanistica.
La sentenza di accoglimento è stata impugnata dal Comune di Catanzaro siccome errata ed ingiusta.
L’appellata, benché intimata, non si è costituita nel presente grado di giudizio.
Prima dell’udienza di discussione l’appellante ha depositato una memoria illustrativa.
Alla pubblica udienza del 28 ottobre 2005 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello del Comune è infondato.
Quanto all’impugnata sospensione della concessione edilizia in precedenza assentita all’appellata, i primi giudici hanno giustamente osservato che il provvedimento nella fattispecie adottato - che riguarda la sospensione del titolo ad edificandum e non già dei lavori necessari per la realizzazione della progettata opera edilizia - rileva chiari caratteri di atipicità nel quadro delle misure soprassessorie consentite dall’ordinamento, essendo sconosciuto al vigente sistema urbanistico-edilizio l’istituto della sospensione dell’efficacia della concessione edilizia a suo tempo rilasciata. Tale sistema prevede, infatti, una volta intervenuto il rilascio del titolo edificatorio, soltanto il potere di annullamento in presenza di determinati presupposti; ovvero, prima del rilascio, l’adozione della misura cautelare di salvaguardia a tutela del piano ancora in itinere.
Il carattere di ravvisata atipicità della misura sospensiva, nonché l’impiego dello strumento provvedimentale a fini dichiaratamente istruttori, diversi e non consentiti rispetto a quelli per i quali le vigenti disposizioni consentono di far luogo alla sospensione dei lavori hanno, quindi, correttamente indotto il giudice di prime cure a valutare in termini di illegittimità l’esercizio del potere amministrativo sostanziatosi nell’adozione dell’impugnato provvedimento soprassessorio.
Stando così le cose, non può, dunque, fondatamente sostenersi, come, invece, affermato dall’appellante, che vi sarebbe una sopravvenuta carenza di interesse ad impugnare il provvedimento cautelativo in quanto sostituito dal definitivo provvedimento di annullamento. La sospensione dei lavori, infatti, non può essere ordinata, come nella specie è invece avvenuto, a fini dichiaratamente istruttori, e, cioè, in attesa di accertare l’eventuale illegittimità dell’atto concessorio; per cui il successivo provvedimento di annullamento della concessione non assorbe il precedente provvedimento di sospensione, dal momento che esso non fa parte della normale sequenza procedimentale.
Quanto al provvedimento sindacale con il quale è stato determinato l’annullamento della concessione edilizia già rilasciata in favore della ricorrente in primo grado, il Tribunale, dopo aver osservato che la disciplina urbanistica invocata dall’autorità emanante a sostegno dell’atto gravato è rappresentata dall’adozione di deliberazioni di variante rispetto all’originario PRG, ha giustamente rilevato che l’esercizio del potere di annullamento delle concessioni edilizie, in presenza della mera adozione di uno strumento urbanistico rispetto al quale gli atti permissivi possano presentare profili di contrasto, debba essere collegata al perfezionamento del piano, necessariamente presupponendone la piena vigenza (e, quindi, l’attualità espansiva degli effetti dal medesimo promananti). L’annullamento di che trattasi, quindi, postula l’esistenza di uno strumento urbanistico approvato e pubblicato nelle forme di legge. Nella specie il rilascio della concessione preesisteva rispetto all’adozione della variante e l’annullamento del titolo edificatorio è intervenuto nelle more della sua definitiva approvazione.
I primi giudici, poi, sulla base degli atti acquisiti al giudizio, a seguito di apposita decisione interlocutoria, hanno fondatamente escluso, contrariamente a quanto ribadito dal Comune appellante, che già le originarie previsioni di P.R.G. (c.d. piano Marconi della città di Catanzaro) implicassero la ricomprensione dell’area in zona preclusa all’edificabilità in quanto destinata alla realizzazione di strutture sportive, dovendo piuttosto ritenersi che la destinazione di che trattasi sia stata solo successivamente formalizzata mercé l’introduzione di varianti.
Ora, il provvedimento di annullamento d’ufficio ha fatto riferimento al contrasto della concessione edilizia col PRG Marconi e con la variante generale successiva (di cui alla delibera C.C. n. 56/86), all’epoca solo adottata; in ordine a tale variante il Tribunale ha ritenuto fondata la censura dalla parte dedotta con riferimento alla presenza di una consolidata posizione in capo alla ricorrente e alla connessa inidoneità motivazionale della deliberazione di variante che ne ha determinato il sacrificio.
La giurisprudenza ha, invero, ripetutamente affermato che la variante di un piano regolatore generale che conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate necessita di apposita motivazione solo allorché le classificazioni siano assistite da specifiche aspettative in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto.
Deve trattarsi di scelte che incidano su specifiche aspettative, come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia, dalla reiterazione di un vincolo scaduto (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 7771 del 25.11.2003, n. 1732 del 4.12.1998, n. 1190 del 14.10.1997).
L’obbligo della motivazione specifica delle scelte urbanistiche sussiste solo nella ipotesi di variante avente finalità specifica e oggetto circoscritti ovvero quando la disciplina nuova venga a travolgere aspettative legittime qualificate da speciali atti dell’amministrazione.
Nella specie, dunque, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, tali condivisibili considerazioni non potevano che indurre il Tribunale a disporre l’annullamento della determinazione di variante, in relazione alla riscontrata insufficienza motivazionale dalla stessa recata in ordine al sacrificio imposto con la mutata destinazione urbanistica dell’area di proprietà della ricorrente, in precedenza suscettibile di vocazione edificatoria ed in base alla quale era stata rilasciata la concessione edilizia, poi annullata.
Alla luce delle precedenti considerazioni, l’appello in esame deve, quindi, essere respinto in quanto infondato nel merito, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Non essendosi costituita la parte appellata non si fa luogo a pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dal comune di Catanzaro nei confronti della sentenza del Tribunale amministrativo per la Calabria, Catanzaro, n. 161/1996, lo respinge.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 28 ottobre 2005, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione quinta, riunito in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori Magistrati:
Raffaele Iannotta Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Corrado Allegretta Consigliere
Marzio Branca Consigliere
Nicola Russo Consigliere, estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Nicola Russo f.to Raffaele Iannotta

IL SEGRETARIO
f.to Luciana Franchini

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16 ottobre 2006
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale