Consiglio di Stato Sez. IV n.5527 del 29 dicembre 2016
Urbanistica.Approvazione di un piano attuativo di iniziativa privata

Ai sensi dell’art. 28 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, in sede di approvazione di un piano attuativo di iniziativa privata al Comune spetta un’ampia discrezionalità valutativa, sostanzialmente corrispondente a quella che connota più in generale le scelte pianificatorie dell’Amministrazione comunale. Se questo è vero, ne discende che tale discrezionalità valutativa non può che vertere, oltre che sugli aspetti tecnici della conformità o meno del piano attuativo agli strumenti urbanistici di livello superiore, anche sull’opportunità di dare attuazione, in un certo momento e a determinate condizioni, alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sussistendo fra quest’ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza. Da tali piane considerazioni consegue che è ben possibile, e per nulla irragionevole né illegittimo, che il diniego di approvazione di una proposta di piano attuativo sia ancorato, al di là dell’astratta e formale compatibilità con la strumentazione di livello superiore, a un giudizio di obsolescenza di quest’ultima e al contrasto della proposta con le nuove e diverse scelte destinate a concretarsi in un nuovo strumento generale in corso di formazione.


Pubblicato il 29/12/2016

N. 05527/2016REG.PROV.COLL.

N. 09266/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 9266 del 2014, proposto dalla SOCIETÀ N. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Lentini e Domenico Vitale, con domicilio eletto presso il dott. Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, 2,

contro

- il COMUNE DI XXX, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto La Gloria e Laura Clarizia, con domicilio eletto presso l’avv. Guido Rinaldi in Roma, via Casperia, 30;
- la REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;
- il COMUNE DI AGROPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
- la PROVINCIA DI SALERNO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo Casella e Ugo Cornetta, con domicilio eletto presso l’avv. Gerardo Romano Cesareo in Roma, via Oslavia, 12;
- la ASSOCIAZIONE REGIONALE LEGAMBIENTE CAMPANIA ONLUS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo De Caterini, Pasquale D’Angiolillo e Ferdinando Belmonte, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Liegi, 35 /B;

per la riforma,

previa sospensione,

della sentenza del T.A.R. della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Prima, nr. 629/2014, depositata in data 25 marzo 2014, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso (nr. 515/2013) contro il diniego di P.U.A. della Società N..


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montecorice, della Provincia di Salerno e dell’Associazione Regionale Legambiente Campania Onlus;

Visto l’appello incidentale proposto dal Comune di Montecorice;

Viste le memorie prodotte dall’appellante (in date 3 e 13 ottobre 2016) e dal Comune di Montecorice (in date 3 e 13 ottobre 2016) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2016, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi gli avv.ti Lentini e Vitale per la società appellante e l’avv. Angelo Vantaggiato, su delega dell’avv. La Gloria, per il Comune;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Società N. Immobiliare S.r.l. ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale la Sezione di Salerno del T.A.R. della Campania ha respinto il ricorso dalla stessa società proposto avverso il diniego opposto dal Comune di Montecorice ad una proposta di Piano urbanistico attuativo (P.U.A.) presentata in relazione a suoli di sua proprietà.

L’appello è affidato ai seguenti motivi:

1) error in judicando; violazione di legge (art. 47 della legge regionale della Campania 22 dicembre 2004, nr. 16, art. 2 del Regolamento regionale nr. 5 del 4 agosto 2011 e art. 15 del decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152); violazione di legge (punto 11 della delibera di Giunta Regionale della Campania nr. 635 del 21 aprile 2005 e artt. 2 e 10, comma 8, del Regolamento nr. 5 del 2011): per avere il T.A.R. ritenuto legittimo che la verifica di ammissibilità del P.U.A. non fosse limitata alla mera compatibilità con i piani urbanistici di livello superiore, ma si estendesse a un apprezzamento discrezionale su profili ulteriori, peraltro sulla base di valutazioni erronee in fatto;

2) error in judicando; violazione di legge (art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, nr. 42); violazione di legge (art. 47 della l.r. nr. 16 del 2004 in relazione all’art. 2 del Regolamento regionale nr. 5 del 2011 e all’art. 15 del d.lgs. nr. 152 del 2006); violazione di legge (punto 11 della delibera di G.R. nr. 635 del 2005 e artt. 2 e 10, comma 8, del Regolamento nr. 5 del 2011): in relazione alla reiezione delle doglianze inerenti alla mancata effettuazione della procedura di V.A.S. ed alla mancata acquisizione dei pareri della Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e dell’Ente Parco;

3) error in judicando; violazione di legge (art. 146, d.lgs. nr. 42 del 2004); violazione di legge (art. 47, l.r. nr. 16 del 2004 in relazione agli artt. 2 del Reg. nr. 5 del 2011 e 15, d.lgs. nr. 152 del 2006); violazione di legge (punto 11 della delibera di G.R. nr. 635 del 2005 e artt. 2 e 10, comma 8, del reg. nr. 5 del 2011): per avere il T.A.R. negato che l’area per cui è causa avesse di fatto i caratteri della zona omogenea R.I.R.I., in tal modo disapplicando il P.T.P., che attribuiva all’area medesima tale destinazione;

4) error in judicando, violazione di legge (art. 11, commi 6 e 11, delle N.T.A. del Piano del Parco del Cilento e Vallo di Diano); violazione di legge (art. 47, l.r. nr. 16 del 2004 in relazione all’art. 2 del Reg. nr. 5 del 2011 e all’art. 15 del d.lgs. nr. 152 del 2006); violazione di legge (punto 11 della delibera nr. 635 del 2005 e artt. 2 e 10, comma 8, del Reg. nr. 5 del 2011): in relazione all’affermazione circa il contrasto dell’intervento con il Piano del Parco del Cilento e Vallo di Diano, per avere omesso la circostanza che tale piano era stato annullato con sentenza dello stesso T.A.R. salernitano (nr. 2153 del 27 novembre 2012), e in ogni caso non sussistendo alcun contrasto sul piano sostanziale;

5) error in judicando; violazione di legge (art. 23, l.r. nr. 16 del 2004); violazione di legge (art. 47, l.r. nr. 16 del 2004 in relazione all’art. 2 del Reg. nr. 5 del 2011 ed all’art. 15 del d.lgs. nr. 152 del 2006); violazione di legge (punto 11 della delibera nr. 635 del 2005 e artt. 2 e 10, comma 8, del reg. nr. 5 del 2011): in relazione alla declaratoria di inammissibilità delle censure articolate avverso le delibera relative al dimensionamento dei carichi ammissibili in loco;

6) error in judicando; violazione di legge (art. 47, l.r. nr. 16 del 2004 in relazione all’art. 2 del reg. nr. 5 del 2011 ed all’art. 15 del d.lgs. nr. 152 del 2006); violazione di legge (punto 11 della delibera nr. 635 del 2005 e artt. 2 e 10, comma 8, del Reg. nr. 5 del 2011): in relazione alla reiezione della censura afferente al vizio procedimentale consistito nella mancata acquisizione dei pareri imposti dalla legge;

7) error in judicando; difetto di motivazione; omessa pronuncia: per avere il primo giudice omesso di pronunciarsi su tutte le censure dedotte nel ricorso di primo grado.

Conseguentemente, parte appellante ha riproposto ex extenso le censure non esaminate dal T.A.R.

Si è costituito, per resistere all’appello, il Comune di Montecorice, il quale, oltre a opporsi con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello di parte avversa, ha a sua volta impugnato in via incidentale la sentenza in epigrafe, assumendo di avere interesse alla riforma delle parti della motivazione nelle quali erano state ritenute fondate alcune delle censure dedotte dalla parte ricorrente.

L’appello incidentale si fonda sui seguenti motivi in diritto:

I) error in judicando; violazione ed erronea interpretazione di legge (artt. 10, comma 1, 22, 23, 26, 44 e 45 della l.r. nr. 16 del 2004; artt. 10, comma 1, 1, comma 3 e 6, comma 4, del Reg. nr. 5 del 2011; artt. 1, 2 e 4 della l.r. 20 marzo 1982, nr. 17); violazione ed erronea interpretazione della delibera di G.R. nr. 635 del 2005; difetto e, comunque, erroneità della motivazione; illogicità; incongruità (per avere il T.A.R. ritenuto che il P.U.A. potesse essere approvato anche nei Comuni, come quello odierno appellato, laddove non fosse in vigore il Piano urbanistico comunale, ma ancora il Programma di fabbricazione);

II) error in judicando; violazione ed erronea interpretazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) costiero, in relazione all’individuazione delle zone territoriali; difetto e, comunque, erroneità della motivazione; illogicità; incongruità (per avere il T.A.R. ritenuto non condivisibile la motivazione ostativa addotta dal Comune secondo cui la proposta di P.U.A. avrebbe determinato di fatto una variante alla zonizzazione del P.T.P.);

III) error in judicando; violazione e falsa interpretazione delle norme tecniche del P.T.C.P., anche in relazione alla l.r. nr. 16 del 2004; difetto e, comunque, erroneità della motivazione; omissione di pronuncia (per avere il T.A.R. ritenuto insussistente il contrasto dell’intervento con disposizioni del P.T.C.P. della Provincia di Salerno);

IV) error in judicando; violazione ed erronea interpretazione del Programma di fabbricazione del Comune di Montecorice (Relazione illustrativa, artt. 12 e 13 delle N.T.A.); difetto e, comunque, erroneità della motivazione (per avere il primo giudice escluso il contrasto della proposta di P.U.A. col vigente Programma di fabbricazione comunale).

Si è altresì costituita la Provincia di Salerno, opponendosi con atto di stile all’accoglimento dell’appello.

Alla camera di consiglio del 2 dicembre 2014, sull’accordo delle parti, la trattazione dell’istanza cautelare è stata differita per essere abbinata all’esame del merito.

In seguito, le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore illustrazione delle proprie tesi; in particolare, il Comune ha eccepito l’improcedibilità dell’appello alla luce della sopravvenuta adozione del nuovo P.U.C., alla stregua del quale l’intervento per cui è causa sarebbe in ogni caso non consentito.

Inoltre, si è costituita l’Associazione Regionale Legambiente Campania Onlus, già interveniente ad opponendum in primo grado, la quale a sua volta si oppone all’accoglimento del gravame.

All’udienza del 3 novembre 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’odierna appellante, Società N. Immobiliare S.r.l., è proprietaria di suoli per un’estensione di circa mq 67.000 siti nel Comune di Montecorice, in relazione ai quali ha presentato nel febbraio 2012 una proposta di Piano urbanistico attuativo (P.U.A.) finalizzata alla realizzazione di un complesso residenziale composto da 116 unità abitative e locali commerciali.

Dopo un lungo e tormentato iter istruttorio, la detta proposta è stata respinta con delibera di Giunta Municipale nr. 9 del 21 gennaio 2013, sulla scorta di plurime valutazioni ostative all’ammissibilità dell’intervento.

2. Avverso tale determinazione sfavorevole, la società proponente ha spiegato ricorso giurisdizionale, lamentando l’illegittimità del modus procedendi seguito dall’Amministrazione comunale e delle sue conclusioni sotto molteplici profili.

3. Con la sentenza in epigrafe, la Sezione di Salerno del T.A.R. della Campania, pur reputando fondate talune delle doglianze articolate da parte ricorrente (segnatamente in relazione all’ammissibilità dell’intervento pur in difetto del P.U.C. previsto dalla legislazione regionale e nella perdurante vigenza del vecchio Programma di fabbricazione, all’insussistenza di profili di contrasto con il Piano territoriale di coordinamento provinciale e all’astratta ammissibilità dell’intervento rispetto alla zonizzazione delle aree operata dal Piano territoriale paesaggistico Cilento Costiero), ha però respinto l’impugnazione sulla scorta della ritenuta infondatezza di altre censure, afferenti a profili motivazionali di per sé soli idonei e sufficienti a sostenere il diniego di approvazione della proposta di P.U.A.

In particolare, il primo giudice:

a) ha ritenuto legittimo il giudizio di non assentibilità dell’intervento formulato dal Comune anche con riferimento al nuovo Piano urbanistico comunale (P.U.C.) in itinere;

b) ha ritenuto sussistente nel merito il contrasto della proposta di P.U.A. con il P.T.P. e con il Piano del Parco del Cilento e Vallo di Diano.

3. Avverso tale pronuncia è insorta l’originaria ricorrente lamentandone l’erroneità sotto plurimi profili; la medesima sentenza è impugnata in via incidentale dal Comune di Montecorice, per le parti nelle quali il T.A.R., pur ritenendole poi ininfluenti ai fini del complessivo giudizio sul ricorso di prime cure, ha giudicato fondate alcune delle censure articolate dalla parte ricorrente.

4. La ricostruzione in fatto che precede, corrispondente a quella ricavabile dagli atti da quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

5. Tutto ciò premesso, va esaminata in via preliminare l’eccezione di improcedibilità dell’appello da ultimo sollevata dall’Amministrazione comunale, sul rilievo della sopravvenuta adozione del P.U.C., in virtù del quale l’intervento per cui è causa non sarebbe in ogni caso consentito, anche in caso di esito del giudizio favorevole alla parte privata.

Sul punto, in realtà, vi è contrasto inter partes in ordine all’effettiva esistenza ed efficacia, all’attualità, della misura di salvaguardia conseguente all’adozione del nuovo strumento urbanistico generale, in ipotesi ostativa all’assentibilità della proposta di P.U.A.

Il Collegio reputa superfluo approfondire quest’ultimo punto, dovendo l’eccezione del Comune in ogni caso essere disattesa.

Infatti, è sufficiente rilevare che, quand’anche fosse dimostrato che l’intervento per cui è causa non sarebbe più realizzabile al momento di un’ipotetica decisione di accoglimento delle ragioni attoree, ciò non sarebbe sufficiente a esonerare da una verifica della legittimità o meno del diniego impugnato, non potendo escludersi – ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm. – il residuare di un interesse in tal senso della società ricorrente, ai fini di eventuali successive iniziative risarcitorie.

6. Nel merito, l’appello principale è però infondato e meritevole di reiezione.

7. Col primo motivo, parte appellante censura il punto 5 della sentenza in epigrafe, laddove il primo giudice ha ritenuto legittima la valutazione di non assentibilità operata dal Comune; in particolare, parte istante riproduce la propria impostazione di primo grado secondo cui l’Amministrazione, esercitando quella che il primo giudice ha definito una “insopprimibile” discrezionalità valutativa, avrebbe in realtà imposto sui suoli de quibus una atipica “misura di salvaguardia” al fine di impedire immutazioni del territorio nelle more dell’approvazione del P.U.C. in itinere.

Secondo l’appellante, al contrario, la valutazione consentita al Comune doveva esaurirsi al riscontro dell’esistenza di un’edificabilità dell’area ed all’insussistenza di ragioni totalmente ostative all’intervento ricavabili dalla pianificazione di livello superiore (ragioni che, almeno in parte, lo stesso T.A.R. ha escluso).

La tesi non può però essere condivisa.

Ed invero, questa Sezione ha già avuto modo di affermare che, ai sensi dell’art. 28 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, in sede di approvazione di un piano attuativo di iniziativa privata al Comune spetta un’ampia discrezionalità valutativa, sostanzialmente corrispondente a quella che connota più in generale le scelte pianificatorie dell’Amministrazione comunale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2012, nr. 2361).

Se questo è vero, ne discende che tale discrezionalità valutativa non può che vertere, oltre che sugli aspetti tecnici della conformità o meno del piano attuativo agli strumenti urbanistici di livello superiore, anche sull’opportunità di dare attuazione, in un certo momento e a determinate condizioni, alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sussistendo fra quest’ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza.

Da tali piane considerazioni consegue che è ben possibile, e per nulla irragionevole né illegittimo, che il diniego di approvazione di una proposta di piano attuativo sia ancorato, al di là dell’astratta e formale compatibilità con la strumentazione di livello superiore, a un giudizio di obsolescenza di quest’ultima e al contrasto della proposta con le nuove e diverse scelte destinate a concretarsi in un nuovo strumento generale in corso di formazione.

8. Possono poi essere esaminati congiuntamente il secondo e il sesto dei motivi d’appello, con i quali l’appellante torna a censurare il fatto che il Comune abbia omesso di acquisire i pareri endoprocedimentali di legge, in particolare quelli in materia di V.A.S. e compatibilità paesaggistica dell’intervento oltre che quello dell’Ente Parco, limitandosi a disattendere d’amblay l’istanza di P.U.A.

Le doglianze sono infondate, dovendo innanzi tutto richiamarsi e condividersi le considerazioni del primo giudice in ordine alle evidenti ragioni di economia e speditezza che, una volta che il Comune aveva ritenuto in radice non assentibile l’intervento, rendevano superflua l’acquisizione dei pareri de quibus.

A ciò può aggiungersi, più specificamente:

- quanto alla V.A.S., che ai sensi dell’art. 11, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152, questa deve precedere la “approvazione” di un piano urbanistico, e non la sua adozione (regola questa dettata dalla normativa primaria in diretta attuazione di superiori principi comunitari, e che non può considerarsi derogata, quanto al caso di specie, dall’art. 47 della legge regionale della Campania 22 dicembre 2004, nr. 16, che si limita a stabilire genericamente che alla V.A.S. deve procedersi “durante la fase di formazione dei piani”);

- quanto alla autorizzazione paesaggistica, che a norma dell’art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, nr. 42, questa è logicamente propedeutica al titolo abilitativo che legittima direttamente la modificazione del territorio, come dimostrato dalla circostanza che ne condiziona l’efficacia;

- quanto al nulla osta dell’Ente Parco, di cui all’art. 13 della legge 6 dicembre 1991, nr. 394, che anche questo non deve necessariamente inserirsi durante l’iter di formazione di un piano attuativo, dovendo invece precedere il rilascio del singolo titolo edilizio (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 24 maggio 2016, nr. 9).

Pertanto, è evidente che i pareri cui l’appellante si richiama sono destinati tutti a porsi a valle dell’iter procedimentale di pianificazione, se non addirittura a ridosso del rilascio del titolo ad aedificandum; ne discende che, una volta che il Comune aveva escluso in radice l’accoglibilità della proposta di P.U.A. per cui è causa a cagione del suo contrasto con la pianificazione di livello superiore (valutazione che, come correttamente sottolineato dall’Amministrazione appellata, va invece compiuta “prima dell’adozione” del P.U.A. ex art. 10, comma 1, del Regolamento regionale nr. 5 del 4 agosto 2011), non era predicabile alcun obbligo di acquisire i pareri in questione.

9. Privo di pregio è anche il terzo mezzo, col quale si contesta nel merito il giudizio dell’Amministrazione circa il contrasto fra la proposta di P.U.A. e la disciplina di zona imposta dal P.T.P. Cilento Costiero.

Al riguardo, è sufficiente evidenziare che parte appellante, pur soffermandosi nell’analisi del disposto di cui all’art. 15, comma 4, delle N.T.A. di detto Piano al fine di inferirne il carattere non ostativo all’intervento per cui è causa, ne pretermette però un aspetto di estrema rilevanza: infatti, se è vero che la disposizione in questione, con riguardo alle zone omogenee R.I.R.I. (come quella che qui rileva), consente anche “interventi edificatori a carattere abitativo (…) commerciale, turistico-ricettivo”, lo fa non in via generale e assoluta, ma esclusivamente “ai fini del riassetto delle aree e degli insediamenti rurali infrastrutturati e di recente impianto nella zona”.

Orbene, nel caso che qui occupa neanche l’appellante contesta che nell’area interessata dalla proposta di P.U.A. non ricorressero le condizioni suindicate, non esistendo alcun “insediamento rurale infrastrutturato”, trattandosi di area sostanzialmente libera e inedificata (ancorché, si assume, adiacente a un insediamento urbano) sulla quale l’odierna istante intendeva realizzare ex novo un nucleo urbano residenziale; dal che discende che, anche a voler seguire l’impostazione dell’appellante secondo cui tale nucleo avrebbe svolto una funzione “di raccordo tra il centro storico e la frazione Porto”, non perciò solo l’intervento sarebbe stato ammissibile alla stregua della disposizione sopra evocata.

10. Infondato è anche il quarto motivo d’appello, col quale si criticano le conclusioni del primo giudice in ordine al contrasto fra la proposta di P.U.A. e il Piano del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.

10.1. Innanzi tutto, è recessiva la questione dell’essere il predetto Piano, all’epoca del diniego per cui è causa, annullato a seguito di sentenza dello stesso T.A.R. campano (ancorché nel frattempo fosse intervenuta sospensione dell’esecuzione di essa da parte di questo Consiglio di Stato).

Difatti, l’Amministrazione comunale ha evidenziato che, con la sentenza nr. 3788 del 17 luglio 2014 della Sezione V di questo Consiglio di Stato, la predetta sentenza è stata definitivamente riformata, con l’effetto di determinare la piena “reviviscenza” e la definitiva efficacia del Piano del Parco.

Pertanto, un eventuale accoglimento delle doglianze attoree in parte qua non porterebbe alcuna utilità alla parte privata, dovendo la proposta di P.U.A. comunque essere rapportata al Piano de quo in sede di ipotetico riesame della relativa istanza.

10.2. Quanto poi alla questione di merito, come convincentemente argomentato dal Comune appellato, ha carattere assorbente il rilievo che il giudizio di incompatibilità nella specie assumeva quale termine di raffronto il comma 11 dell’art. 8 del Piano del Parco – che, per le zona D “a carattere rurale” e “a bassa densità edilizia in zona costiera” vieta il “sostanziale aumento dei carichi urbanistici”, e non il comma 1 del medesimo articolo, cui l’appellante fa pressoché esclusivo riferimento nella propria prospettazione.

Al riguardo, parte istante in successiva memoria lamenta che in ogni caso non vi sarebbe stato un adeguato approfondimento istruttorio circa l’effettiva riconducibilità dell’area de qua a quelle di cui al detto comma 11; trattasi però di assunto generico, sostanzialmente fondato sul solo rilievo “empirico” dell’essere solo per un lato l’area adiacente alla fascia costiera, e che non vale a scalfire i rilievi dell’Amministrazione, laddove ha ritenuto prima facie i suoli in questione assimilabili alla disciplina testé richiamata.

11. I rilievi fin qui svolti, essendo ex se idonei e sufficienti a determinare la conferma della sentenza impugnata (la quale, a sua volta, ha evidenziato – come già detto – la sufficienza delle ragioni ostative esaminate a fondare il diniego impugnato), esonerano dall’esame sia del quinto motivo, afferente alla statuizione di improcedibilità delle censure articolate in prime cure avverso le determinazioni comunali sui “carichi insediativi”, sia degli ulteriori motivi di prime cure, non esaminati dal T.A.R. e che in ogni caso non muterebbero le conclusioni di cui sopra.

12. Dall’infondatezza dell’appello principale discende altresì l’improcedibilità, per difetto di interesse, dell’appello incidentale del Comune di Montecorice.

Quest’ultimo, peraltro, assume di aver interesse in ogni caso alla decisione del proprio appello, il quale investe parti della motivazione della sentenza impugnata in cui sono state ritenute fondate talune delle censure articolate dalla società ricorrente.

12.1. Al riguardo, va richiamato il generale indirizzo secondo cui nel processo amministrativo l’appello incidentale può essere rivolto avverso un capo di decisione rispetto al quale sia configurabile una soccombenza, mentre non può in alcun modo essere proposto nei confronti di passaggi della motivazione che non si siano tradotti in una decisione sfavorevole per la parte che la contesta con l’impugnazione incidentale, non essendo configurabile, in tale ultima fattispecie, alcun interesse processualmente rilevante alla sua correzione nel giudizio di secondo grado (cfr. Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2016, nr. 2827).

12.2. Ciò premesso, e con riguardo al caso che occupa, può osservarsi:

a) che il primo giudice, pur avendo ritenuto – come detto - fondate alcune delle censure articolate dalla società ricorrente, ha poi respinto il ricorso nel suo complesso, con ciò facendo implicita applicazione della regola per cui, laddove un provvedimento negativo sia sorretto da una pluralità di motivazioni fra loro autonome, ciascuna delle quali da sola sufficiente a sostenere il diniego, la fondatezza di una sola di esse priva di utilità – e quindi di interesse – la decisione sulle altre;

b) che, pertanto, il dispositivo della decisione di primo grado è stato di integrale reiezione, non ravvisandosi alcuna soccombenza neanche parziale dell’Amministrazione comunale (la quale, infatti, ha proposto il proprio appello incidentale solo a seguito della notificazione dell’appello principale).

Ne discende che l’unico interesse che il Comune potrebbe conservare rispetto alla decisione del proprio appello incidentale è legato alla possibile risoluzione di questioni di principio a valere profuturo; trattasi quindi di un interesse extraprocessuale, che non può essere preso in considerazione in questa sede.

Del resto, è evidente che il presente giudizio si esaurisce con la sentenza di reiezione del ricorso introduttivo, la quale è autoesecutiva e non comporta alcuna ulteriore attività a carico del Comune: di modo che nemmeno è predicabile un interesse a orientare la futura azione amministrativa (interesse la cui sussistenza va sempre verificata in relazione alla specifica vicenda esaminata, e non affermata in via generale e astratta).

13. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 cod. proc. civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: cfr. explurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, nr. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, nr. 7663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

14. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo a favore del Comune appellato; si ritiene invece di dover disporre la compensazione delle spese nei confronti della Provincia di Salerno e di Legambiente Campania Onlus, stante l’assenza di difese scritte da parte delle stesse.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

- respinge l’appello principale;

- dichiara improcedibile l’appello incidentale;

- per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna la società appellante al pagamento, in favore del Comune di Montecorice, di spese e onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila) oltre agli accessori di legge; compensa le spese nei confronti della Provincia di Salerno e dell’Associazione Regionale Legambiente Campania Onlus.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Raffaele Greco        Filippo Patroni Griffi