Consiglio di Stato Sez. IV n.3319 del 25 luglio 2016
Urbanistica.Decorrenza per impugnare il permesso di costruire da parte del terzo

L’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso soltanto laddove si contesti l’an della edificazione (id est: laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza, etc.) il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori e/o, a tutto concedere, con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto. Quanto sopra esposto appare armonico all’insegnamento dell'Adunanza Plenaria n. 15/2011, secondo cui il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, che s'intende avvenuta al completamento dei lavori, a meno che sia data prova di una conoscenza anticipata. Una simile prova va addossata a chi eccepisce la tardività del ricorso e può essere desunta anche da elementi presuntivi, che evidenzino la potenziale lesione portata all'interesse del ricorrente.


Pubblicato il 25/07/2016

N. 03319/2016REG.PROV.COLL.

N. 04096/2010 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4096 del 2010, proposto da:
Comune di Cardito, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Pasquale Pianese, con domicilio eletto presso Gianluca Garau in Roma, Via Vittorio Polacco N.11;

contro

Giovanna Fiorillo, rappresentata e difesa dall'avv. Ferdinando Del Mondo, con domicilio eletto presso Barbara Conte in Roma, piazza Bartolomeo Gastaldi;
Rosa Cristiano, rappresentata e difesa dagli avv. Antonio Parisi, Enrico Romano, Luigi Angelino, con domicilio eletto presso Domenico Donzelli in Roma, Via Golametto 4;

per la riforma della sentenza del T.A.R. della CAMPANIA – Sede di NAPOLI - SEZIONE II n. 02457/2009, resa tra le parti, concernente del permesso di costruire.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Giovanna Fiorillo e di Rosa Cristiano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2016 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati del Mondo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 2457/2009 il Tribunale amministrativo regionale della Campania– Sede di Napoli - ha accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata Cristiano Rosa volto ad ottenere l’annullamento del permesso di costruire n. 43/04 rilasciato in data 11/10/2004 dal Comune di Cardito in favore della signora Fiorillo Giovanna per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione in Cardito fra la Via Izzo e la Piazza della Libertà, della deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Cardito n. 13 del 22.7.2003 con la quale è stato deliberato di allocare ulteriori vani nella zona B/1 del P.R.G. del Comune di Cardito e di ogni altro atto preordinato e connesso compreso la relazione istruttoria del responsabile del procedimento, in data 28.9.2004, prot. 1653/04 nonché, ove necessario, del parere della ASL NA3 del 2.7.2004, prot. N. 7390/R, dei quali è menzione nel permesso di costruire impugnato.

2. La controinteressata Fiorillo Giovanna e l’amministrazione comunale odierna parte appellante si erano costituite chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato.

3. Il T.a.r. ha in via preliminare scrutinato le eccezioni proposte dalle parti originarie resistenti di inammissibilità per tardività del ricorso di primo grado, affermando la tempestività della impugnazione proposta avverso il permesso di costruire rilasciato in favore della signora Fiorillo e dichiarando invece tardiva l’impugnazione della delibera del Consiglio comunale del Comune di Cardito n. 13 del 22.7.2003 con la quale era stato deliberato di allocare ulteriori vani nella zona B/1 del P.R.G. del Comune di Cardito.

Nel merito, ha accolto una sola delle doglianze proposte –mentre ha respinto tutte le altre censure (e la domanda di risarcimento dei danni)- ed ha dichiarato la illegittimità del contestato permesso di costruire, annullandolo.

In particolare, la sentenza gravata ha ritenuto fondata la doglianza con la quale si era lamentato che, con il permesso di costruire n. 43/2004, era stata consentita la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione la cui volumetria supera notevolmente quella massima assentibile ai sensi dell’art. 25 delle prescrizioni generali del Regolamento Edilizio del Comune di Cardito, rilevando che:

a) non vi era contestazione sulla volumetria massima assentibile sul lotto di proprietà della signora Fiorillo: essa era pari a mc. 780;

b) la odierna appellata signora Rosa Cristiano aveva sostenuto che illegittimamente il permesso di costruire impugnato non aveva considerato fra i volumi assentiti il volume del piano terra, pari a mc. 253,86 (o meglio pari a mc. 312,14), destinato a porticato/parcheggio nei grafici di progetto.

c) il comune di Cardito e la titolare dell’avversato permesso di costruire avevano richiamato le Circolari del Ministero dei Lavori Pubblici n. 1820 del 23 luglio 1960 e n. 425 del 29 gennaio 1967 e l’art. 25 del Regolamento edilizio sostenendo che il porticato sottostante, privo per tre lati di muratura di chiusura, non poteva rispondere alla definizione di volume perché incalcolabile per l’inesistenza del parametro fisso delle mura perimetrali;

3.1. In contrario senso rispetto alle dette difese in ultimo menzionate, invece la impugnata sentenza ha affermato che:

a) la volumetria di un edificio doveva essere calcolata con riferimento all’opera in ogni suo elemento costitutivo ancorché non suscettibile di utilizzazione abitativa. Pertanto, dovevano essere considerati organismi edilizi anche i porticati coperti, allorquando questi fossero di natura o consistenza tali da ampliare in superficie o volume l’edificio stesso;

b) la struttura oggetto di contestazione, definita porticato e destinata a parcheggio nel progetto assentito, occupava l’intero piano terra dell’edificio in questione e risultava interamente aperto non su tre lati, come affermato dal comune e dalla controinteressata, ma solo sui lati nord e sud, mentre sul lato est era chiuso dal muro di confine della originaria ricorrente e sul lato ovest era egualmente chiuso dal muro di cinta di un giardino di proprietà aliena con altezza di mt. 2,31;

c) la struttura non poteva quindi definirsi in senso tecnico un porticato perché non risultava interamente aperta su tre lati ma solo su due lati, ed inoltre non sembrava nemmeno avere la funzione propria dei porticati in quanto occupava l’intero piano terra della costruzione e non era in aderenza ad altra parte della struttura (posta sullo stesso livello) con funzione di elemento ad essa accessorio;

d) anche l’art. 25 del Regolamento edilizio del Comune <<il volume del fabbricato è costituito dalla somma dei prodotti in cui sono riportate le superfici dei singoli piani fuori terra per le altezze misurate da pavimento a pavimento fino all’estradosso del solaio di copertura>>, con l’esclusione solo dei volumi sottostanti alla quota del primo pavimento rispetto al marciapiede ma fino ad un’altezza massima di mt. 1,10, comprovava dette conclusioni e non risultava in contrasto con le Circolari Ministeriali surrichiamate considerato che le stesse non escludevano che il volume di un’area non del tutto chiusa da murature perimetrali potesse essere calcolato attraverso la proiezione verticale delle (altre) murature perimetrali esistenti;

e) inoltre il detto porticato non poteva essere considerato come un volume tecnico e neppure poteva trovare legittimazione facendo applicazione delle disposizioni volte a favorire la realizzazione di parcheggi pertinenziali, contenute nella legge n. 122 del 24 marzo 1989 (cd. legge Tognoli) e nella Regione Campania disciplinate dall’art. 6 della legge regionale 28 novembre 2001 n.19, in quanto realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, perché altrimenti soggetta alla disciplina urbanistica che regolava le nuove costruzioni fuori terra.

4. L’amministrazione comunale, originaria parte resistente rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico e deducendo che:

a) anche il ricorso avverso il permesso di costruire avrebbe dovuto essere dichiarato tardivo in quanto la Sig.ra Cristiano aveva avuto cognizione del titolo rilasciato alla Sig.ra

Fiorillo in data 9/11/04 ed aveva notificato il ricorso soltanto in data 13/01/05; ivi contestava un ampliamento volumetrico asseritamente indebito e tale circostanza era immediatamente percepibile;

b) nel merito, il porticato non doveva essere considerato elemento di cui tenere conto nel calcolo del volume lordo totale; la struttura, infatti, ubicata al piano terra del fabbricato, era una superficie completamente aperta per tre lati, in quanto il preesistente muro di giardino di proprietà aliena, a confine ed in aderenza alla stessa, non costituiva tompagnatura del lato ovest: il porticato contestato non era pertanto suscettibile di utilizzazione abitativa;

b1) ciò era anche comprovato dalle Circolari del Ministero dei Lavori Pubblici n. 1820 del 23 luglio 1960 e n. 425 del 29 gennaio 1967;

5. In data 25.5.2010 la originaria resistente Fiorillo Rosa ha depositato un appello incidentale chiedendo la riforma della impugnata decisione e deducendo che:

a) anche il ricorso avverso il permesso di costruire avrebbe dovuto essere dichiarato tardivo in quanto la Sig.ra Cristiano aveva avuto cognizione del titolo rilasciato alla Sig.ra

Fiorillo già alla data di apertura del cantiere del 5.11.2004 (data in cui gli estremi del permesso di costruire in parola erano stati apposti sul cartello del cantiere edile);

b) nel merito, la sentenza era errata in quanto il porticato era aperto su tre lati e non costituiva volume computabile; esso era totalmente aperto su due lati, mentre sul confine ovest era posto in aderenza con un giardino di proprietà aliena; esso era un organismo accessorio, e non abitabile.

6. In data 1.6.2010 la originaria ricorrente Sig.ra Cristiano ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello principale e dell’appello incidentale autonomo e la conferma dell’impugnata decisione.

7. In data 10.5.2016 la originaria resistente Fiorillo Rosa ha depositato una memoria ribadendo e puntualizzando le proprie difese e deducendo che:

a) in data 9.11.2004 la originaria ricorrente aveva preso integrale visione del titolo edilizio rilasciato alla odierna appellante incidentale Signora Fiorillo;

b) copia dello steso le fu rilasciata il 23.11.2004;

c) il completamento al rustico dell’immobile ebbe luogo il 28.12.2004;

d) le censure prospettate in primo grado erano tese a dolersi della realizzazione di una cubatura in eccesso derivanti dal volume del piano terra adibito a parcheggio;

e) già dal 9.11.2004 la originaria ricorrente era in grado di conoscere tale circostanza, per cui il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato integralmente tardivo in quanto notificato soltanto il 13.1.2005;

f) in ogni caso, la tesi accolta dal Tar era errata, in quanto il muro realizzato insisteva unicamente sul fondo di proprietà Fiorillo e non era in comunione;

8. In data 20.6.2016 la Signora Cristiano Rosa si è costituita con un nuovo difensore.

9.Alla odierna udienza pubblica del 23 giugno 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.L’appello principale e l’appello incidentale sono fondati e vanno accolti con conseguente riforma della impugnata decisione, declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado e salvezza degli atti impugnati .

1.1.Al fine di perimetrare il thema decidendi in via preliminare rileva il Collegio che l’originaria ricorrente di primo grado non ha impugnato i capi ad essa sfavorevoli della sentenza del T.a.r.: non avendo essa tempestivamente riproposto con apposito appello i motivi del ricorso di primo grado respinti (né alcuna doglianza eventualmente assorbita dal Tar), la reiezione delle numerose censure da essa proposte in primo grado (diverse da quella, unica, accolta) è quindi coperta da giudicato e l’unico profilo di merito da scrutinare riposa nella statuizione del T.a.r. che –muovendo dalla tesi della computabilità del porticato ai fini della volumetria assentibile- ha dichiarato per tal motivo illegittimo il titolo abilitativo rilasciato.

1.2. Si rileva inoltre che della documentazione depositata dalla originaria ricorrente di primo grado in data 20.6.2016 non può tenersi conto, in quanto intempestiva.

2.Tanto premesso in via preliminare, seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), assume portata logica pregiudiziale la disamina dell’appello principale e dell’appello incidentale autonomo nella parte in cui essi sostengono che l’intero ricorso di primo grado (anche nella parte in cui era teso ad ottenere l’annullamento del permesso di costruire rilasciato alla Sig.ra Fiorillo in data 11/10/2004) avrebbe dovuto essere dichiarato tardivo e quindi inammissibile.

2.1.A tal proposito, la cronologia degli accadimenti può essere così ricostruita:

a) in data 11/10/2004 venne rilasciato alla Sig.ra Fiorillo il contestato titolo abilitativo;

b) in data 5.11.2004 venne aperto il cantiere, con collocazione del cartello recante gli estremi del titolo legittimante l’erezione dell’edificio:

c) in data in data 23/11/2004 (a seguito di richiesta di accesso e della presa visione del titolo in data 9/11/2004) la Signora Cristiano ottenne il rilascio di copia del predetto titolo abilitativo contestato;

d) in data 28.12.2004 il rustico venne completato;

d) in data 13/01/05 venne spedito per notifica il ricorso di primo grado.

2.2.Il Tar ha ritenuto che il ricorso fosse tempestivo sulla scorta del convincimento per cui il dies a quo per la proposizione del ricorso di primo grado avrebbe dovuto computarsi a far data dal 28.12.2004 (data di completamento del rustico) o a tutto concedere dal 23.11.2004 (data del rilascio di copia del permesso di costruire): ad avviso delle parti appellanti, al più tardi il l9.11.2004 (data di presa visione del permesso di costruire) l’originaria ricorrente era in grado di percepire la asserita lesività della erigenda costruzione.

2.3. Il Collegio ribadisce la validità della impostazione secondo cui l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso soltanto laddove si contesti l’an della edificazione (id est: laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza, etc.) il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori e/o, a tutto concedere, con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto.

Quanto sopra esposto appare armonico all’insegnamento dell'Adunanza Plenaria n. 15/2011, secondo cui il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, che s'intende avvenuta al completamento dei lavori, a meno che sia data prova di una conoscenza anticipata (in termini da ultimo Cons. St., sez. V, n. 3777 del 2012). Una simile prova va addossata a chi eccepisce la tardività del ricorso e può essere desunta anche da elementi presuntivi (Cons. St., Sez. VI, 18 aprile 2012, n. 2209), che evidenzino la potenziale lesione portata all'interesse del ricorrente (Cons. St., Sez. VI, 28 aprile 2010, n. 2439).

2.4.Nel caso di specie, pare al Collegio che tale prova sia stata raggiunta in quanto:

a) è ben vero che l’originaria parte ricorrente non contestava in assoluto l’an della edificazione, ma il concreto atteggiarsi della medesima;

b) non può pertanto trovare applicazione, nel caso di specie l’orientamento (si veda di recente Sezione Quarta n. 1135/2016) secondo cui “la richiesta di accesso non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso in quanto la data del permesso di costruire pubblicata sul cartello di cantiere fissa la decorrenza del termine entro il quale deve essere presentata l'impugnativa; termine che non può essere dilazionato dalla richiesta di accesso agli atti; se da un lato, infatti, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall'altro lato deve parimenti essere salvaguardato l'interesse del titolare del permesso di costruire a che l'esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali”;

c) in data 9.11.2014, tuttavia, a mezzo di un proprio tecnico la originaria ricorrente prese visione del titolo edilizio impugnato;

d) per costante giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 07/11/2005, n. 6175) “l'apposizione della firma per la c.d. «presa visione» presuppone la conoscenza del contenuto dell'atto con la consequenziale decorrenza del termine per la sua eventuale impugnativa: il principio è condiviso da qualificata giurisprudenza di primo grado, che lo ha applicato proprio alla materia edilizia (T.A.R. Torino, -Piemonte-, sez. I, 05/06/2009, n. 1601 : “in materia di dies a quo per l'impugnazione di un permesso di costruire il criterio fenomenico della percezione della consistenza fondamentale della costruzione è residuale, applicandosi solo in difetto di presa visione e conoscenza degli elaborati di progetto allegati all'istanza di permesso di costruire; in tale ultimo caso il termine decorre dal momento in cui l'interessato abbia preso visione del progetto e del titolo edilizio.”);

e) alla data di presa visione del titolo in data 9.11.2014 quindi (peraltro avvenuta a mezzo di tecnico specializzato da essa adibito a tale incombente) l’originaria ricorrente era agevolmente in grado di percepire gli asseriti “errori” e le contestate illegittimità dalle quali il provvedimento abilitativo era, asseritamente, affetto.

2.5.Alla stregua delle superiori considerazioni, considerato che la originaria ricorrente non contestava una difformità tra quanto assentito e quanto realizzato (ipotesi questa, che avrebbe imposto che il dies a quo per la proposizione del ricorso coincidesse con la conclusione dei lavori) ma la illegittimità di quanto assentito, il dies a quo coincide con quello in cui la originaria ricorrente aveva avuto cognizione del titolo abilitativo rilasciato e, quindi, con la data del 9.11.2004: il ricorso, in quanto spedito per notifica il 13.1.2015, è tardivo.

3.Sebbene quanto prima rilevato sia assorbente, osserva il Collegio in ogni caso che gli appelli erano fondati anche nel merito, in quanto (Consiglio di Stato, sez. VI, 29/01/2015, n. 406) il porticato era nella sostanza aperto su tre lati, in quanto il muro non era posizionato in aderenza e pertanto non può concludersi che esso concorresse a formare volume; e comunque non è stato provato che fosse abitabile.

3.Conclusivamente, in accoglimento dell’appello principale e dell’appello incidentale va riformata l’impugnata decisione, con conseguente declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado e salvezza degli atti impugnati.

3.1.Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

3.2.Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

4.La particolarità della controversia e la complessità in fatto della questione sostanziale legittimano l’integrale compensazione tra tutte le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello principale e l’appello incidentale autonomo, e per l’effetto, in riforma della impugnata decisione, dichiara la irricevibilità del ricorso di primo grado con salvezza degli atti impugnati.

Spese processuali del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Fabio Taormina        Filippo Patroni Griffi
         
         
         
         
         

IL SEGRETARIO