TAR Campania (NA) Sez. II n.2082 del 7 maggio 2012
Urbanistica. Condono e onere della prova anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà

Anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata dall'interessato l'amministrazione può legittimamente respingere la domanda di condono ove non riscontri elementi dai quali risulti univocamente l'ultimazione dell'edificio entro la data prescritta dalla legge, atteso che la semplice produzione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull'epoca dell'abuso

N. 02082/2012 REG.PROV.COLL.

N. 03414/2003 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3414 del 2003, integrato da motivi aggiunti, proposto da Francesco Boscaglia, rappresentato e difeso dall'avv. Emanuele D'Alterio, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Napoli, viale Gramsci n.19;

contro

il Comune di Giugliano in Campania, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

a) del provvedimento del 20 gennaio 2003, prot. n. 2029, con il quale è stata rigettata la domanda di condono edilizio n. 22588/95 e di ogni altro atto preordinato, collegato, connesso ovvero conseguente;

nonché con i motivi aggiunti depositati in data 12 giugno 2003:

b) dell’ordinanza n.56/A/03 del 13 maggio 2003, con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive realizzate nel Comune di Giugliano in Campania, in via S. Nullo n. 146

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2012 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

A. Con atto del Notaio Ennio de Rosa del 28 aprile 1995 i coniugi Guarino Carmine ed Anna Emolo hanno alienato un terreno sito nel Comune di Giugliano, in contrada S. Nullo – S. Severino – Pagliette; Francesco Boscaglia (odierno ricorrente) ha acquisito il diritto di proprietà mentre Emilia Picascia il diritto di usufrutto (all. 3 delle produzioni di parte ricorrente depositate in data 1 aprile 2003).

B. Francesco Boscaglia asserisce, senza, tuttavia produrre alcun titolo, di aver ottenuto già nel 1993 la disponibilità del suddetto terreno edificandovi, nello stesso anno, un capannone in ferro.

C. A seguito dell’entrata in vigore della l. n. 724 del 1994, il Guarino, all’epoca proprietario dell’immobile, ha presentato una domanda di condono edilizio per la sanatoria del suddetto capannone abusivo ed analoga istanza è stata anche presentata dall’usufruttuaria Emilia Picascia.

D. A causa di un furto commesso nella notte tra il 3 ed il 4 gennaio 1996 nell’ufficio tecnico comunale sono state trafugate diverse pratiche di condono edilizio, tra cui anche quelle suddette; la domanda di condono della Picascia è stata ricostruita il 26 giugno 1998 mentre quella del Guarino il 4 agosto 1998.

E. Con provvedimento adottato in data 20 gennaio 2003 l’amministrazione comunale ha rigettato la suddetta domanda di condono (prot. n. 22588/95) contestando che l’esecuzione dell’opera abusiva fosse avvenuta entro il termine del 31 dicembre 1993, in considerazione della stipulazione del contratto di compravenda in data 28 aprile 1995 – atto avente ad oggetto esclusivamente il terreno ma che non reca alcuna menzione del manufatto – e della circostanza che alla data 19 gennaio 1996, nella quale l’immobile ha costituito oggetto di sequestro, lo stesso risultava ancora al rustico.

G. Avverso il suddetto provvedimento il Boscaglia ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, con il quale ne ha dedotto l’illegittimità per:

- violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della l. n. 724 del 1994, dell’art. 35 della l. n. 47 del 1985 ed eccesso di potere, giacché sull’istanza di condono si era ormai formato il silenzio assenso, essendo decorsi due anni dalla data di presentazione della domanda ed essendo state versate le somme dovute per oblazioni ed oneri, con la conseguenza che l’amministrazione comunale non avrebbe potuto legittimamente adottare il provvedimento di diniego senza prima procedere all’annullamento in autotutela di quello tacitamente formatosi;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della l. n. 724 del 1994 ed eccesso di potere per carenza di istruttoria, di motivazione e dei presupposti, non avendo l’amministrazione in alcun modo dimostrato che le opere sarebbero state edificate in epoca successiva al 31 dicembre 1993 ed in considerazione anche dell’inconferenza del riferimento allo stato dell’edificazione alla data del 19 gennaio 1996 in quanto le risultanze del sequestro dimostrano solo che, a quella data, l’immobile era ancora al rustico ma non anche che l’immobile non versasse già in quello stadio di edificazione al 31 dicembre 1993, stadio sufficiente a consentire l’ammissibilità della domanda di condono;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 35 della l. n. 47 del 1985 e dell’art. 39 della l. n. 724 del 1994, essendo stato il provvedimento gravato adottato senza la previa acquisizione del parere della commissione edilizia comunale;

- violazione degli artt. 4 e 7 della l. n. 241 del 1990 e violazione del giusto procedimento, in quanto l’amministrazione ha omesso di comunicare sia l’avvio del procedimento sia il preavviso di diniego.

H. In relazione alle opere oggetto della suddetta istanza di condono l’amministrazione comunale ha irrogato, con ordinanza n. 228/99, la sanzione demolitoria; tale provvedimento è stato impugnato con ricorso iscritto al n. 2901 del 2000, allo stato pendente.

I. L’immobile de quo ha costituito oggetto di ulteriori interventi abusivi sanzionati con l’ordinanza di demolizione n. 137/A/02 del 5 dicembre 2002, impugnata con ricorso iscritto al n. 3424 del 2003.

L. Successivamente, con ordinanza n.56/A/03 del 13 marzo 2003, l’amministrazione comunale, richiamati il precedente diniego di condono edilizio e le prefate ordinanze, ha ingiunto la demolizione di tutte le opere abusive.

M. Il suddetto provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti, con il quale sono state dedotte le seguenti censure:

- illegittimità derivata da quella del provvedimento di diniego di condono, per i vizi dedotti con il ricorso introduttivo;

- violazione e falsa applicazione della l. n. 47 del 1985, della l. . 241 del 1990 e della l. n. 127 del 1997 e violazione del giusto procedimento, avendo l’amministrazione comunale omesso di comunicare l’avvio del procedimento sanzionatorio e tutti gli altri elementi necessari ad assicurare la partecipazione al procedimento;

- eccesso di potere per difetto di motivazione e sviamento, non avendo l’amministrazione verificato la conformità delle opere alla previsioni degli strumenti urbanistici.

N. In data 9 marzo 2012 la difesa del ricorrente ha depositato una domanda di condono edilizio presentata in data 10 dicembre 2004, ai sensi della l. n. 326 del 2003, avente ad oggetto l’immobile de quo.

O. Il Comune di Giugliano in Campania non si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

P. All’udienza del 26 aprile del 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione

DIRITTO

Il ricorso introduttivo non merita accoglimento.

2. Il Collegio deve procedere, in primo luogo, alla verifica della formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono, dedotta con il primo motivo di ricorso.

2.1. La difesa del ricorrente sostiene, infatti, che il provvedimento tacito di accoglimento si è formato, ai sensi dell’art. 39, comma 4 della l. n. 724 del 1994, a seguito della decorrenza del termine di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di condono e del versamento delle somme dovute a titolo di oblazione.

2.2. Come evidenziato dalla costante giurisprudenza alla quale questo Collegio aderisce, nel sistema previsto dall'art. 39 comma 4, l. n. 724 del 1994, il condono non si consegue soltanto per il decorso del termine, ma sono richiesti anche precisi adempimenti - quali il pagamento dell'oblazione, la dichiarazione sostitutiva della documentazione da allegare alla domanda, la documentazione fotografica, l'eventuale progetto di adeguamento statico, la denuncia catastale - che condizionano il perfezionamento del particolare istituto. Laddove il ricorrente non dimostri in giudizio di aver adempiuto alle prescritte condizioni, non è possibile ritenere che si sia formato un provvedimento di concessione tacita in sanatoria (cfr., ex multis, T.A.R. Basilicata, sez. I, 8 giugno 2011, n. 341; T.A.R. Toscana, sez. III, 6 aprile 2010, n. 925; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 17 febbraio 2009, n. 850).

2.3. In particolare, nella specie – in disparte le incertezze in merito alla data di presentazione della domanda originaria, trafugata, come esposto nella narrativa in fatto, unitamente ad altre pratiche di condono edilizio, dagli uffici comunali – non si rinviene nella documentazione versata in atti dalla difesa del ricorrente, il documento comprovante l’avvenuta presentazione della denuncia al catasto fabbricati; non solo, infatti, dalla copia della domanda prodotta dal ricorrente non emerge neanche l’indicazione della documentazione ad essa allegata ma, anche in relazione alla domanda presentata dall’usufruttuaria, sul modulo prestampato figurano, contrassegnati da un punto tra le due parentesi, esclusivamente la copia della ricevuta di pagamento dell’oblazione, la copia dei modelli dell’istanza di sanatoria, la copia dell’atto notorio, la documentazione fotografica, due copie dei grafici dell’abuso, l’atto di proprietà, la perizia giurata ed il certificato di idoneità statico mentre nessun contrassegno emerge in corrispondenza di tutti gli altri elementi, tra cui anche l’accatastamento.

2.4. A prescindere da tali evidenze ciò che rileva è la mancata produzione del documento riferito alla presentazione della denuncia al catasto e ciò è sufficiente ad escludere la formazione del silenzio assenso. Per mera completezza, il Collegio sottolinea che, ai sensi dell’art. 39 della l. n. 724 del 1994, non è rilevante la conclusione della trattazione della pratica catastale, essendo sufficiente la documentazione del deposito presso i competenti uffici della relativa domanda, produzione che, come sopra rilevato, è del tutto assente.

3. Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della l. n. 724 del 1994, nonché censurato il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, di motivazione e dei presupposti, non avendo l’amministrazione in alcun modo dimostrato che le opere sarebbero state edificate in epoca successiva al 31 dicembre 1993 ed in considerazione anche dell’inconferenza del riferimento allo stato dell’edificazione alla data del 19 gennaio 1996 in quanto le risultanze del sequestro dimostrano solo che, a quella data, l’immobile era ancora al rustico ma non anche che l’immobile non versasse già in quello stadio di edificazione al 31 dicembre 1993, stadio sufficiente a consentire l’ammissibilità della domanda di condono.

3.1. Il Collegio sottolinea che il suddetto termine finale è improrogabilmente posto dall'art. 39 della legge 724/1994, che limita l'accesso ai benefici previsti dalla medesima legge alle sole opere abusive che risultino ultimate entro la suddetta data.

3.2. Come chiarito dal giudice d’appello, anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata dall'interessato l'amministrazione può legittimamente respingere la domanda di condono ove non riscontri elementi dai quali risulti univocamente l'ultimazione dell'edificio entro la data prescritta dalla legge, atteso che la semplice produzione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull'epoca dell'abuso (cfr. Cons. St. , sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6548).

3.3. Nella fattispecie, l’amministrazione comunale non ha ravvisato la sussistenza dei suddetti elementi in specie in considerazione della stipulazione del contratto di compravendita il 28 aprile 1995 e, dunque, in epoca successiva al suddetto termine; il relativo atto, peraltro, reca esclusivo riferimento al terreno e in nessun punto menziona l’esistenza del fabbricato. Unitamente a tale circostanza, l’amministrazione comunale evidenzia anche che alla data del 19 gennaio 1996 – data in cui i Carabinieri hanno eseguito il sequestro del manufatto – il medesimo risultava edificato solo al rustico.

3.4. Nella fattispecie la difesa del ricorrente si è limitata a contestare esclusivamente con mere asserzioni gli elementi addotti dall’amministrazione, senza svolgere alcuna considerazione in merito all’effettiva data di realizzazione delle opere e senza fornire alcun elemento suscettibile di un positivo apprezzamento al fine di comprovare la preesistenza, sia pure al rustico, delle opere rispetto alla data prescritta per la sanatoria.

3.5. Si osserva, in particolare, che il ricorrente ha solo affermato di avere edificato il manufatto nel 1993 avendo già all’epoca la disponibilità delle aree ma non ha prodotto alcun elemento (tra cui, primariamente, la documentazione comprovante la titolarità di un diritto reale o personale di godimento) idoneo a dimostrare tale circostanza, emergendo, dalla documentazione versata in atti e, segnatamente, dal contratto di compravendita, che la proprietà del terreno è stata da lui acquisita solo il 28 aprile 1995.

4. Del pari infondato si palesa il terzo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento gravato a motivo dell’omessa acquisizione del parere della commissione edilizia comunale.

4.1. Come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza, la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all'ordinario procedimento di rilascio del titolo ad edificare e l'assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria c.d. straordinaria (o condono ), il parere della Commissione edilizia non obbligatorio ma meramente facoltativo, al fine di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei numerosi presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2010 , n. 772 ; sez. IV, 15 maggio 2009 , n. 3010; sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282; sez. V, 4 ottobre 2007, n. 5153; T.A.R. Torino, sez. II, 1 agosto 2011, n. 938).

4.2. Nella fattispecie non emergono, né sono state evidenziate dalla difesa del ricorrente, condizioni di particolare difficoltà o complessità accertativa e valutativa, non residuando, dunque, alcuno spazio per poter utilmente invocare l’intervento dell’organo consultivo collegiale.

5. Non merita accoglimento neanche il quarto motivo di ricorso con il quale la difesa del ricorrente ha lamentato l’omessa comunicazione di avvio del procedimento e l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto.

5.1. Il Collegio reputa, a tale riguardo, sufficiente evidenziare che la comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria in relazione ai procedimenti che, come nella fattispecie, vengono avviati su domanda dell’interessato.

5.2. In ogni caso trova applicazione nella fattispecie, anche in relazione all’omessa comunicazione del preavviso di rigetto, la previsione dell’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990, dovendosi, dunque escludere l’efficacia invalidante del vizio in considerazione sia della natura vincolata del provvedimento di rigetto della domanda di condono sia della carenza di argomentazione che, ove rappresentate dal ricorrente nel contraddittorio procedimentale, avrebbero determinato un contenuto dispositivo del provvedimento diverso da quello adottato.

6. Il Collegio può, a questo punto, procedere all’esame del ricorso per motivi aggiunti, con il quale è stata impugnata l’ordinanza di demolizione riferita, come esposto nella narrativa in fatto, sia alle opere oggetto della prefata domanda di condono sia alle opere ulteriori successivamente eseguite dal ricorrente e, segnatamente, l’ampliamento del capannone sul lato nord di circa 190 mq per una volumetria di circa 850 mq, la realizzazione di due tettoie con strutture in ferro e copertura in policarbonato a copertura degli ingressi del locale commerciale, occupanti, rispettivamente, una superficie di circa 60 mq e 20 mq., per un’altezza di circa 3 metri e la realizzazione di una muratura perimetrale in tufo.

6.1. Come esposto nella narrativa in fatto, la difesa del ricorrente ha depositato in data 9 marzo 2012 una domanda di condono presentata in data 10 dicembre 2004, ai sensi della l. n. 326 del 2003, avente ad oggetto l’immobile de quo ma non anche il muretto perimetrale in tufo, pure sanzionato con l’ordinanza di demolizione gravata.

6.2. Per giurisprudenza consolidata, condivisa dal Collegio, la presentazione dell'istanza di condono successivamente alla impugnazione dell'ordinanza di demolizione produce l'effetto di rendere improcedibile l'impugnazione stessa, per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto il riesame dell'abusività dell'opera, sia pure al fine di verificarne la eventuale sanabilità, provocato dall'istanza di condono, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, esplicito od implicito (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, 02 febbraio 2012, n. 546).

6.3. Occorre considerare, tuttavia, che, nella fattispecie, l’ordinanza di demolizione ha sanzionato, come sopra esposto, non solo il manufatto abusivamente edificato, oggetto della domanda di condono presentata il 10 dicembre 2004, ma anche il muretto perimetrale in tufo, che non risulta aver costituito oggetto di sanatoria; ciò con la conseguenza che l’improcedibilità del ricorso, alla stregua del suddetto orientamento giurisprudenziale, è solo parziale, permanendo l’interesse alla definizione del merito in relazione alla suddetta opera (mero perimetrale in tufo) non contemplata nella domanda di condono.

7. Infondato si palesa, alla luce delle considerazioni sopra svolte, il primo motivo di ricorso con il quale è stato dedotto il vizio di illegittimità derivata dal provvedimento di rigetto della domanda di condono.

7.1.. Come sopra esposto, infatti, il provvedimento di diniego della domanda di condono è stato legittimamente adottato dall’amministrazione.

7.2.. Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso con il quale parte ricorrente ha censurato l’omessa comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio.

7.3.. Il Collegio evidenzia, infatti, che secondo la prevalente giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 22 aprile 2011, n. 666; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 13 aprile 2011, n. 702; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 6 aprile 2011, n. 1941; Sez. IV, 13 gennaio 2011, n. 84; T.A.R. Puglia Lecce, Sez. III, 9 febbraio 2011, n. 240) i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, non devono essere preceduti dalla comunicazione dell'avvio del procedimento, perché trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime. Inoltre, seppure si aderisse all'orientamento che ritiene necessaria tale comunicazione anche per gli ordini di demolizione, troverebbe comunque applicazione nel caso in esame l'art. 21-octies, comma 2, prima parte, della legge n. 241/1990 (introdotto dalla legge n. 15/2005), nella parte in cui dispone che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento ... qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Infatti, posto che l'ordine di demolizione è atto dovuto in presenza di opere realizzate in assenza del prescritto titolo abilitativo, nel caso in esame - trattandosi di un intervento di nuova costruzione, subordinato al preventivo rilascio del permesso di costruire - risulta palese che il contenuto dispositivo dell'impugnata ordinanza di demolizione non avrebbe potuto essere diverso se alla parte ricorrente fosse stata data comunicazione dell'avvio del procedimento

7.4. . Il terzo motivo di ricorso - incentrato sul difetto di motivazione - risulta palesemente infondato perché, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 28 dicembre 2009, n. 9638; Sez. VI, 9 novembre 2009, n. 7077; Sez. VII, 4 dicembre 2008, n. 20987), l'adozione dell'ordine di demolizione di opere abusive presuppone soltanto la constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo tale ordine un atto dovuto, esso è sufficientemente motivato con l'accertamento dell'abuso, e non necessita di una particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso stesso - che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell'assetto urbanistico violato - ed alla possibilità di adottare provvedimenti alternativi.

In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso introduttivo va rigettato in quanto infondato mentre il ricorso per motivi aggiunti va in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e per la restante parte va rigettato in quanto infondato..

9. Non si dispone in ordine alle spese di lite in ragione del comportamento processuale dell’intimata amministrazione, non costituita in giudizio.

P.Q.M.

Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul giudizio in epigrafe:

- rigetta il ricorso introduttivo;

- dichiara in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e per la restante parte rigetta il ricorso per motivi aggiunti. .

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Carlo D'Alessandro, Presidente

Leonardo Pasanisi, Consigliere

Brunella Bruno, Referendario, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/05/2012