Consiglio di Stato Sez. IV n. 3772 del 13 maggio 2022
Urbanistica.Interesse ad agire e vicinitas

Con specifico riferimento alla vicinitas, in ambito edilizio-urbanistico, dove la “qualificazione” dell’interesse del terzo può farsi discendere in ultimo dall’art. 872 c.c., dopo l’abrogazione dell’art. 31 della legge urbanistica ad opera dell’art. 136, comma 1, lett. a) del d.p.r. 380/2001, va considerata, con riguardo alla sussistenza dell’interesse ad agire, l’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall’effetto ripristinatorio; utilità che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto che – con un elenco che non può rivestire un valore esaustivo ma esclusivamente esemplificativo – può essere rinvenuto, come ha fatto la giurisprudenza, nel possibile deprezzamento dell’immobile, confinante o comunque contiguo, ovvero nella compromissione dei beni della salute e dell’ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata oppure ancora – e più in generale – nella compromissione delle condizioni di godimento dell’immobile del terzo


Pubblicato il 13/05/2022

N. 03772/2022REG.PROV.COLL.

N. 09085/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9085 del 2021, proposto dal Comune di Peschiera del Garda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Segna e Annalisa Giannetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Annalisa Giannetti in Roma, via Paisiello n. 29;

contro

la signora Maura Bonometti, rappresentata e difesa dall’avvocato Luca Gadenz, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo avvocato in Valeggio sul Mincio (VR), Vicolo Rovereto n. 13;

nei confronti

di Trust Professionale s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Bezzi e Marco Avanza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Domenico Bezzi in Brescia, via A. Diaz n. 13/c;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
architetto Paolo Cristini, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianfranco Spiazzi e Francesca Idone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2.

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 908 del 9 luglio 2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto il ricorso incidentale depositato il 19 novembre 2021 da Trust Professionale s.r.l.;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum depositato il 5 novembre 2021 dall’architetto Paolo Cristini, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianfranco Spiazzi e Francesca Idone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2.

Vista la memoria di costituzione in giudizio depositata il 29 novembre 2021 dalla signora Maura Bonometti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2022 il consigliere Claudio Tucciarelli, uditi per le parti gli avvocati Annalisa Giannetti, Antonio Cimino su delega di Luca Gadenz e Maria Ida Leonardo su delega di Francesca Idone;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO

1. L’odierna appellata, proprietaria di una casa di civile abitazione posta a circa 30 m. dal mappale su cui sono iniziati i lavori di demolizione e ricostruzione di un edificio, autorizzati con il permesso di costruire n. 7561 del 30 aprile 2020 rilasciato dal Comune di Peschiera del Garda alla società Trust Professionale s.r.l., ha chiesto al Comune l’annullamento di ufficio del permesso, in quanto l’intervento edilizio con ricostruzione di un nuovo edificio di dimensioni maggiorate si sarebbe collocato nel mezzo del cono visuale che si godrebbe dall’affaccio dell’interessata. Ha inoltre rappresentato che era in corso la notifica di altro ricorso, volto a fare valere l’usucapione ventennale della servitù di panorama.

2. Non avendo ottenuto quanto sperato, la signora ha poi impugnato al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto il permesso di costruire, lamentando otto motivi, dopo avere affermato il proprio interesse a ricorrere sulla base della vicinitas e della privazione, a seguito della nuova costruzione, del panorama di cui godeva dal terrazzo esterno.

I motivi a supporto del ricorso al T.a.r. erano i seguenti.

2.1. Con il titolo edilizio verrebbe autorizzata l’edificazione in violazione delle disposizioni poste a tutela della fascia di rispetto stradale, fissata in m. 5 (cfr. art. 39 comma 3, lett. f), delle n.t.a. del P.I., oltre che gli artt. 84 e 86 delle stesse n.t.a.). Lo strumento urbanistico locale richiamerebbe espressamente la fonte normativa statale, rappresentata dal codice della strada (art. 18 del d. lgs. n. 285/1992) e dal suo regolamento di attuazione (art. 28 del d.P.R. n. 495/1992). Il progetto è stato autorizzato in applicazione della legge regionale Veneto n. 14/2009 (Piano Casa) ma le disposizioni regionali (art. 9, comma 1, lettera d), e comma 8), non ammetterebbero alcuna deroga alle fasce di rispetto stradale, in quanto inderogabili sulla base della legge statale. La stessa Regione Veneto, in risposta a quesiti posti dai Comuni, avrebbe emesso una circolare esplicativa, chiarendo che l’istituto della deroga ivi contenuto non può mai riguardare le fasce di rispetto stradale. E lo stesso Comune, in una nota interna, avrebbe considerato la fascia di rispetto stradale inderogabile anche in forza dell’art. 12 del d.lgs. n. 28/2011 intervenuto in tema di bonus volumetrici per risparmio energetico.

2.2. Il permesso di costruire sarebbe viziato per violazione dell’art. 6, n. 50 (“verde profondo”) delle n.t.a. del P.I. comunale, il quale impone il rispetto di questo specifico standard urbanistico, posto a presidio del fondamentale principio della riserva di suolo da mantenersi permeabile. La relativa percentuale non sarebbe soddisfatta né sarebbe derogabile

2.3. Sarebbe viziata la concessione all’istante di un bonus volumetrico supplementare pari al 5%, in applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 28/2011, atteso che: a) il progetto riguarda la “demolizione/ricostruzione” di un edificio, tanto da essere pacificamente inquadrato nell’art. 3 della citata l.r., che di per sé già esaurirebbe ogni altra forma di incentivo, mentre l'art. 12 del citato d.lgs. non contemplerebbe il caso della demolizione/ricostruzione; b) la formulazione dell'art. 3 della l.r. n. 14/2009, come novellato dalla l.r. n. 32/2013, terrebbe già conto, ai fini della concessione del bonus, delle finalità legate al risparmio energetico. E comunque l'art. 12 del d.lgs. chiarirebbe in modo espresso che rimane fermo il rispetto delle norme in materia di distanze minime di protezione del nastro stradale.

2.4. E’ contestato lo scomputo di 45 cm. dei solai intermedi ai fini dell’altezza massima consentita (pari a 10,5 m. nella z.t.o. in questione). Non si rinverrebbero nel progetto gli elementi minimi indispensabili per potere applicare il beneficio anche di tali bonus, come richiesto invece dall’art. 2, commi 1 e 2, della legge regionale n. 21/1996.

2.5. Nell’elaborato “dimostrazione parcheggi”, i grafici non risulterebbero congruenti con i rapporti (scale) dichiarati, in base alle misure eseguite con normale scalimetro, ma sarebbero inferiori allo standard superficiario dichiarato. Ne conseguirebbe il caso tipico di falsa rappresentazione della realtà.

2.6. Il permesso di costruire risulta firmato dal Responsabile dell’Area tecnica Edilizia Privata e Urbanistica del Comune di Peschiera del Garda, geom. Massimo Cristini, mentre il progetto in generale, gli elaborati, l’istanza di rilascio del titolo e ogni altro documento progettuale sono firmati dall’arch. Paolo Cristini. Da ciò potrebbe derivare l’applicazione dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990 sull’obbligo di astensione, che nel caso di specie non sarebbe stato osservato.

2.7. Con questo e il successivo motivo sono censurati profili paesaggistico/ambientali. Il carattere eccezionale della legge regionale n. 14/2009 imporrebbe di considerare l’impatto sul contesto esistente della nuova costruzione, cosa che non avrebbero fatto né il Comune né la Soprintendenza, affidatisi a mere clausole di stile, tanto che il Comune aveva rilasciato una prima autorizzazione paesaggistica prima ancora di acquisire il parere vincolante della Soprintendenza.

2.8. L’art. 16-bis del regolamento edilizio applicabile ratione temporis al procedimento in questione prevedeva che il progetto, ai fini del rilascio della autorizzazione paesaggistico-ambientale finale, dovesse essere sottoposto all’esame istruttorio preliminare della competente Commissione locale per il paesaggio. Di tale parere non vi sarebbe traccia.

3. Si sono costituiti in primo grado sia il Comune sia la controinteressata Trust professionale srl.

4. La sentenza del T.a.r. per il Veneto, sezione seconda, n. 908 del 9 luglio 2021:

- ha disatteso l’eccezione di carenza d’interesse al ricorso sollevata da parte resistente in ragione della insufficienza della vicinitas e del pregiudizio del cono visuale, senza che il Comune avesse contrastato in maniera specifica le deduzioni prodotte;

- ha accolto il ricorso sotto il profilo assorbente della violazione dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990 (sesto motivo di impugnazione), dal momento che: a) è pacifico tra le parti in causa che il geom. Massimo Cristini, Responsabile dell’Area Tecnica Edilizia Privata e Urbanistica del Comune di Peschiera del Garda, che ha firmato il permesso di costruire impugnato, sia cugino, e dunque parente di quarto grado, del progettista dell’intervento, arch. Paolo Cristini; b) non è condivisibile il rilievo comunale circa l’applicabilità dell’art. 7 del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), sul dovere di astensione (per quanto qui rileva) da decisioni o attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, ipotesi in precedenza suffragata anche dal Responsabile Trasparenza e Anticorruzione del Comune in un parere reso in data 21 febbraio 2019; c) il riferimento al “secondo grado” riguarda i soli affini, secondo un’interpretazione letterale del testo conforme alla ratio della disposizione (vincolo più stringente in presenza di un legame più intenso tra i soggetti coinvolti, quale quello di parentela);

- ha dichiarato assorbite le ulteriori censure avverso il titolo edilizio;

- quanto ai motivi di gravame svolti in riferimento all’autorizzazione paesaggistica, ha ritenuto che l’annullamento del permesso di costruire implichi il venir meno dell’interesse alla relativa disamina;

- ha quindi accolto il ricorso, con conseguente annullamento del permesso di costruire, e lo ha dichiarato improcedibile nella parte in cui con esso si impugna l’autorizzazione paesaggistico/ambientale;

- ha condannato parte resistente e la controinteressata, in solido tra loro, alla refusione delle spese di lite in favore di parte ricorrente, liquidate in euro 3.000, oltre accessori di legge se dovuti.

5. Il Comune di Peschiera del Garda ha proposto appello.

5.1. L’appello è affidato ai seguenti motivi.

5.1.1. Viene, in primo luogo, riproposta l’eccezione relativa al difetto di interesse dell’appellata, quantomeno con riferimento al primo motivo di ricorso riguardante l’asserita violazione della distanza dalla strada che, in ogni caso, non incide in alcun modo sull’interesse palesato dalla ricorrente.

5.1.2. Sono censurati gli argomenti svolti nella sentenza impugnata con riguardo all’obbligo di astensione del geometra, atteso che: a) in via prudenziale, il medesimo aveva interpellato, ricevendo risposta positiva, il Responsabile Trasparenza e Anticorruzione del Comune; b) nel caso specifico, l’istruttoria della pratica era stata completamente seguita e curata da un altro tecnico comunale e il geometra si sarebbe limitato a sottoscrivere il permesso di costruire, in quanto unico soggetto dell’Ufficio munito di tale potere; in ogni caso il permesso di costruire sarebbe legittimo, in base all’istruttoria espletata, e, trattandosi di attività vincolata, il provvedimento finale in nessun caso avrebbe potuto avere un contenuto diverso; c) si sarebbe contraddetta la sentenza impugnata del T.a.r., avendo prima respinto la domanda cautelare e poi accolto il ricorso; d) il T.a.r. non avrebbe considerato che, in base all’art. 7 del D.P.R. n. 62/2013, sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza (nel caso di specie, il responsabile del procedimento si è rivolto al responsabile anticorruzione né la nota di quest’ultimo è mai stata oggetto di impugnazione; e) gli ultimi orientamenti applicativi (per es. delibera ANAC n. 25 del 15 gennaio 2020) tenderebbero a effettuare valutazioni e a svolgere verifiche sempre più specifiche e sempre più legate al caso concreto.

5.2. L’appello informa che, nelle more del giudizio innanzi al Consiglio di Stato, per mantenere la propria piena operatività, il Comune ha provveduto, in via provvisoria, a delegare al Responsabile dell’Area Tecnica Lavori Pubblici la firma di eventuali atti abilitativi relativi a pratiche presentate dall’arch. Paolo Cristini.

5.3. Chiede, anche per evitare eventuali richieste risarcitorie, che venga nominato, per quanto occorra, un commissario ad acta per la sottoscrizione del permesso di costruire in questione.

5.4. Si richiama, quanto ai motivi di ricorso ritenuti assorbiti dall’impugnata sentenza del T.a.r. per il Veneto, alle difese già svolte in primo grado.

5. Ha depositato atto di intervento ad adiuvandum l’architetto Paolo Crispini (firmatario del progetto), avversando la sentenza e lamentandone il pregiudizio per l’attività professionale.

6. La società Trust professionale srl ha presentato ricorso incidentale con istanza sospensiva. La società deduce falsa e/o erronea interpretazione di norma di legge (art.7 del D.P.R. n. 62 del

2013) e ripropone le difese svolte in primo grado. In particolare, la società Trust srl deduce i seguenti motivi:

6.1. Insussistenza della causa di astensione e di conflitto di interessi tra il tecnico comunale e la odierna appellante, in quanto: a) la parentela di quarto grado con il tecnico comunale riguarderebbe la defilata figura del progettista mentre il permesso andrebbe a beneficio della società; b) è da contestare l’interpretazione letterale data dal T.a.r. circa una distinzione tra parenti ed affini nella disciplina riguardante il conflitto di interessi (tanto che la disciplina del conflitto di interessi non distinguerebbe tra parenti ed affini, limitando il conflitto di interessi a un medesimo grado per entrambi); la tesi cui avrebbe aderito il T.a.r. ignorerebbe l’effettiva portata di detti gradi di parentela e, in Comuni di limitate dimensioni, ciò comporterebbe la paralisi di Uffici spesso formati da uno o due funzionari al massimo. Inoltre, andrebbe considerato che il permesso di costruire configura un atto amministrativo vincolato.

6.2. Richiamo alle difese di primo grado, fondate su perizia.

6.2.1. Sussisterebbe carenza di interesse della ricorrente in primo grado al motivo sulla distanza di rispetto, dato che l’avanzamento della costruzione verso la strada comunale non riguarderebbe il lotto della ricorrente. A ciò si aggiungerebbe l’infondatezza: la strada è una strada comunale, classificabile, ex art.2 del codice della strada, quale strada urbana di quartiere (lettera E) o quale strada locale (lettera F) e, ai sensi dell’art. 28 del D.P.R. n.495 del 1992, per dette strade non è prevista alcuna distanza minima dal confine stradale. Quanto all’art. 39 delle norme tecniche del P.I. del 2019 (distanza minima di 5 metri dalle strade) varrebbe il richiamo all’art. 64 della l.r. n. 64 del 2016, ove si precisa che le norme di deroga del Piano casa consentono di derogare ai parametri edilizi di distanza, anche dai confini, fatto salvo quanto previsto dall’art. 9, comma 8, della l.r. n.14 del 2009, però, riferibile alle sole norme primarie di competenza statale, alle quali non sarebbe riconducibile la disciplina secondaria del P.I.

6.2.2. Quanto alla pretesa violazione della percentuale di verde profondo, lo stesso art. 50, n. 50 consentirebbe di derogarvi in taluni casi con motivata relazione progettuale, come si è verificato nel caso di specie.

6.2.3. Quanto allo scomputo dello spessore dei solai, il calcolo sarebbe avvenuto in osservanza delle norme tecniche del P.I. e del Regolamento Edilizio Comunale vigente.

6.2.4. Circa la presunta insufficienza degli standard a parcheggio, la perizia dimostrerebbe che la superficie a parcheggio pertinenziale riportata nell’elaborato allegato al permesso di costruire corrisponde a quanto ricavato graficamente dalle operazioni descritte

6.2.5. Quanto alla lamentata eccedenza del bonus volumetrico assegnato e alla cumulabilità delle voci premiali attribuite dalla legislazione, la cumulabilità non sarebbe esclusa dalla disciplina regionale, come non sarebbe esclusa dalla normativa nazionale agevolatrice degli interventi finalizzati al risparmio energetico.

6.2.6. Quanto ai due motivi relativi ai provvedimenti autorizzatori dell’intervento sotto il profilo paesaggistico, il primo riguarderebbe il merito della valutazione paesaggistica e, quindi, sarebbe inammissibile, mentre dagli atti emergerebbe la congruità dell’istruttoria svolta. Inoltre, la Commissione locale per il paesaggio risulta abrogata a far data dalla Deliberazione n. 10 del 28 aprile 2016. I due motivi sarebbero comunque tardivamente proposti, in quanto non sarebbero stati impugnati i relativi provvedimenti autorizzatori.

6.3. Il ricorso incidentale segnala poi che, essendo nelle more venuta meno l’applicabilità alla fattispecie della l.r. Veneto n. 14 del 2009, un intervento eseguito sulla scorta di un nuovo permesso di costruire non consentirebbe la realizzazione di quello che era stato assentito sulla scorta della normativa vigente al tempo del rilascio del permesso di costruire annullato dalla sentenza appellata.

6.4. La società ha poi rinunciato all’istanza cautelare (rinuncia accettata dal Comune appellante).

7. Si è costituita l’appellata che: a) aderisce ai contenuti della sentenza; b) avversa le censure dell’appellante e della società; c) dubita dell’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum effettuato solo nella fase di appello; d) ribadisce l’interesse al ricorso; e) nel denegato caso di accoglimento dell’appello sull’unico motivo accolto in sentenza, ripropone gli altri motivi del ricorso in primo grado, cui rinvia.

8. All’udienza pubblica del 24 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

9. Il Collegio ritiene che l’intervento ad adiuvandum del geom. Paolo Cristini, ai sensi dell’art. 97 c.p.a., debba essere ammesso. Deve infatti riconoscersi in capo a tale soggetto, alla luce della predetta disposizione del codice, la titolarità di un interesse correlato alla controversia, dipendente dalla posizione dell’appellante Comune e conseguente alle conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, atteso che l’esito del medesimo giudizio è suscettibile di determinare, anche indirettamente, un pregiudizio nei confronti dell’interessato (v. Cons. Stato, sez. V, n. 4454/2011; sez. V, n. 6520/2010; v. anche Ad. Plen. n. 7/2011, nn. 10/2020 e 23/2020)

10. Preliminarmente, va inoltre disatteso il motivo dell’appello che ripropone l’eccezione, proposta in primo grado, relativa alla carenza di interesse ad agire dall’odierna appellata, già ricorrente in primo grado, rispetto alla quale non sarebbe sufficiente la mera vicinitas (la collocazione dell’immobile di proprietà rispetto all’area dell’intervento edilizio contestato)

Quanto alla tutela del terzo a fronte di atti ampliativi della sfera di altri soggetti e segnatamente di un titolo edilizio, il Collegio non può che aderire ai principi da ultimo fissati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22/2021, con riguardo al riconoscimento dell’interesse ad agire. Laddove procedimento e provvedimento non contemplino il soggetto terzo, la questione che si pone è infatti quella di stabilire se l’interesse di costui o costei a contrastare un atto ampliativo della sfera altrui sia effettivamente qualificato e differenziato, rispetto all’interesse della generalità, e in base a quali criteri. Nei casi in cui il procedimento non abbia visto la partecipazione del terzo né il provvedimento finale ne faccia menzione, può soccorrere allora, quale elemento rilevante, l’elemento fisico-spaziale della vicinitas, intesa quale stabile collegamento tra un determinato soggetto e il territorio o l’area sul quale sono destinati a prodursi gli effetti dell’atto contestato. Tale criterio di differenziazione si è andato affermando in primo luogo in ambito edilizio. Il criterio della vicinitas risulta piuttosto elastico: la sua concreta individuazione è strettamente dipendente dalla situazione di fatto, dal tipo di provvedimento contestato e dai suoi concreti contenuti, dall’ampiezza e dalla rilevanza delle aree coinvolte. Dunque, poco si presta a teorizzazioni astratte e generali, quali quelle che riguardano il tema delle condizioni dell’azione e la distinzione o il confine tra la legittimazione al ricorso e l’interesse al ricorso.

Ne consegue – come ha messo in chiaro la citata sentenza dell’Adunanza Plenaria – la prevalenza delle situazioni di fatto sugli schemi concettuali e quel “singolare regime di liquidità” che caratterizzerebbe la materia delle condizioni dell’azione nel processo amministrativo.

Con specifico riferimento alla vicinitas, in ambito edilizio-urbanistico, dove la “qualificazione” dell’interesse del terzo può farsi discendere in ultimo dall’art. 872 c.c., dopo l’abrogazione dell’art. 31 della legge urbanistica ad opera dell’art. 136, comma 1, lett. a) del d.p.r. 380/2001, va considerata, con riguardo alla sussistenza dell’interesse ad agire, l’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall’effetto ripristinatorio; utilità che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto che – con un elenco che non può rivestire un valore esaustivo ma esclusivamente esemplificativo – può essere rinvenuto, come ha fatto la giurisprudenza, nel possibile deprezzamento dell’immobile, confinante o comunque contiguo, ovvero nella compromissione dei beni della salute e dell’ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata oppure ancora – e più in generale – nella compromissione delle condizioni di godimento dell’immobile del terzo. E’ indifferente, per lo meno in questa sede, se tali beni siano il risultato della scomposizione di un unico interesse per così dire riassuntivo, quello alla qualità dell’insediamento abitativo o se debbano essere considerati per forza atomisticamente, sull’assunto che non sarebbe dato un interesse inerente all’insediamento abitativo come tale. “Il riferimento al godimento dell’immobile in uno con il richiamo a salute e ambiente è peraltro un piano di indagine già sufficientemente ampio ed è su di esso che la giurisprudenza ha fatto leva per ravvisare il pregiudizio sofferto dal terzo non solo ad esempio nella diminuzione di aria, luce, visuale o panorama, ma anche nelle menomazioni di valori urbanistici e nelle degradazioni dell’ambiente in conseguenza dell’aumentato carico urbanistico in termini di riduzione dei servizi pubblici, sovraffollamento, aumento del traffico” (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 22/2021).

La vicinitas individua uno stretto collegamento tra la proprietà del terzo e l’area oggetto dell’intervento edilizio. Nel caso di specie, oggetto dell’odierna controversia, la documentazione e le fotografie versate in atti inducono il Collegio a concludere che la specifica disposizione degli immobili, gli affacci e il balcone dell’appellata siano tali da riconoscere la presenza di un pregiudizio che la medesima subirebbe dalla realizzazione dell’intervento edilizio contestato, a partire dalla non secondaria riduzione del cono visuale. Di qui pertanto l’utilità concreta che alla medesima appellata deriva dall’accoglimento delle domande proposte e che fa sì che il criterio della vicinitas sia suscettibile di integrare, in questo caso, i requisiti per riconoscere l’interesse ad agire della medesima (e a resistere nel presente appello). Tale criterio, infatti, non può valere da solo e in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso ma, come si è detto, nel caso qui in esame, è stato documentato lo specifico pregiudizio derivante dall’intervento edilizio che si assume illegittimo.

Nel caso di specie è poi indifferente, rispetto al pregiudizio lamentato, che l’immobile dell’appellata non sia direttamente confinante con l’immobile interessato dall’intervento edilizio.

11. Va poi rigettato l’appello del Comune e confermata la sentenza impugnata per l’assorbente ragione relativa alla violazione dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990.

E’ pacifico tra le parti in causa che il geom. Massimo Cristini, Responsabile dell’Area Tecnica Edilizia Privata e Urbanistica del Comune di Peschiera del Garda, che ha firmato il permesso di costruire impugnato sia cugino, e dunque parente di quarto grado, del progettista dell’intervento di cui si discute, Arch. Paolo Cristini.

Il Comune ha dedotto sul punto che l’art. 6-bis della legge n. 241/1990 – in base a cui “Il responsabile del procedimento ed i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”) - andrebbe letto in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 7 del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici). Quest’ultimo, a sua volta, prevede che “Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza”.

Sostiene il Comune che la disposizione, per come formulata, darebbe rilievo ai fini del dovere di astensione ai soli rapporti di parentela (o affinità) entro il secondo grado: in tal senso, aggiunge il Comune, si era del resto espresso il Responsabile Trasparenza e Anticorruzione del Comune in un parere reso in data 21 febbraio 2019 (cfr. doc. 21 della produzione di parte resistente in primo grado). Dall’esame di tale parere emergerebbe infatti che il Responsabile, nella premessa dell’avvenuto recepimento dell’art. 7 del D.P.R. n. 62/2013 nel Piano triennale di prevenzione della corruzione adottato dal Comune con delibera di G.M. n.19/2019, osservava che la norma in commento “cita il secondo grado”: il Responsabile concludeva, dunque, nel senso di escludere l’esistenza di una situazione generativa del divieto di astensione con riguardo al rapporto di parentela tra il geom. Massimo Cristini e l’Arch. Paolo Cristini.

Tale interpretazione trascura la lettera e la ratio della disposizione che ha improntato a un maggior rigore, ai fini del conflitto di interessi (e come è ovvio che sia), i criteri riferiti alla parentela rispetto al rapporto di affinità e quindi ha posto regole più stringenti a carico della prima rispetto al secondo. La lettera della disposizione conferma tale impostazione, dedicando un inciso a parte al rapporto di secondo grado tra gli affini rispetto a quello tra parenti cui, di risulta, deve essere applicato il criterio di carattere generale di cui all’art. 77 c.c.

Occorre rammentare – come ha già fatto la sentenza impugnata – che, in materia di conflitto di interessi il legislatore è intervenuto a più riprese con una serie integrata di misure volte a prevenire conflitti di interesse in atto o anche solo in potenza, nella percezione di chi intrattiene rapporti con la pubblica amministrazione:

- con l’art. 1, comma 41, della legge n. 190/2012, ha novellato la legge 7 agosto 1990, n. 241, introducendo nella stessa l’articolo 6-bis (conflitto di interessi);

- al comma 54 dello stesso articolo 1 ha previsto inoltre che “il Governo stabilisce un codice di comportamento dei dipendenti delle P.A. al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo della cura dell’interesse pubblico”;

- al comma 8 dello stesso articolo 1 ha previsto che l’organo di indirizzo politico adotta entro il 31 gennaio di ogni anno il piano triennale di prevenzione della corruzione;

- con il D.P.R. n. 62/2013 ha introdotto il “regolamento recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’art 54 del d.lgs 30.3.2001 n. 165”, che all’articolo 7 disciplina nei termini visti l’obbligo di astensione.

Nel caso di specie, la relazione di parentela di quarto grado tra il responsabile dell’U.T.C. che ha rilasciato il titolo a costruire e il progettista dei lavori è pienamente idonea a ingenerare un almeno potenziale conflitto di interessi che avrebbe imposto al funzionario pubblico di astenersi dall’adozione dell’atto in parola.

La tesi del Comune, volta a riconoscere, in base all’art. 7 del D.P.R. n. 61/2013, un dovere di astensione solamente nell’ipotesi di rapporti di parentela (oltre a quelli di affinità) entro il secondo grado si scontra con la lettera e la logica sottesa alla predetta disposizione. La virgola che separa, nella disposizione in questione, il riferimento alla parentela da quello all’affinità non può fare dubitare dell’esito perseguito dal regolatore. Né sono pertinenti o rilevanti ai fini dell’applicazione delle disposizioni in esame gli ulteriori argomenti dedotti dal Comune circa i rilievi svolti in argomenti dal Responsabile Trasparenza e Anticorruzione del Comune medesimo e circa il ruolo dell’architetto nella predisposizione del progetto.

12. Il Collegio, pertanto, non può che confermare le conclusioni della sentenza impugnata, che ha rigettato l’appello, accogliendo il sesto motivo del ricorso relativo alla violazione dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990, con effetti assorbenti rispetto alle ulteriori censure proposte avverso il titolo edilizio e l’improcedibilità della parte (settimo e ottavo motivo) in cui il ricorso in primo grado aveva impugnato l’autorizzazione paesaggistico/ambientale. Risulta di conseguenza respinto anche il ricorso incidentale, il cui contenuto, in termini adesivi al ricorso principale in appello, è diretto analogamente ad avversare la sentenza appellata dal Comune.

13. In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello va respinto e con esso il ricorso incidentale. Va pertanto confermata la sentenza impugnata. Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 9085/2021 e sul ricorso in appello incidentale, come in epigrafe proposti, li rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna il Comune di Peschiera del Garda e Trust Professionale s.r.l., in solido fra loro, a rifondere alla signora Maura Bonometti le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi € 3.000 (euro tremila), oltre oneri di legge ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Nicola D'Angelo, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere

Michele Pizzi, Consigliere

Claudio Tucciarelli, Consigliere, Estensore