Cons. Stato sent. 6170 del 4 dicembre 2007

Urbanistica. Pianificazione
Le previsioni del piano regolatore rientrano in una prospettiva dinamica della utilizzazione dei suoli (e determinano ciò che è consentito e ciò che è vietato nel territorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio, con la devoluzione al piano attuativo delle determinazioni sulle specifiche conformazioni delle proprietà), mentre le previsioni dello strumento attuativo rientrano in una prospettiva di stabilità (perché specificano in dettaglio le consentite modifiche del territorio, in una prospettiva in cui l’attuazione del piano esecutivo esaurisce la fase della pianificazione, determina l’assetto definitivo della parte del territorio in considerazione e inserisce gli edifici in un contesto compiutamente definito).
N. 6170/2007
Reg. Dec.
N. 3680 Reg. Ric.
Anno 2007

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 3680 del 2007, proposto dal geom. Carlo Michele Piana, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovan Candido Di Gioia, Lorenzo Acquarone e Alberto Marconi, ed elettivamente domiciliato in Roma, al piazzale Mazzini n. 27, presso lo studio dell’avvocato Giovan Candido Di Gioia;
contro
il Comune di Acqui Terme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Contaldi, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, alla via Pier Luigi da Palestrina n. 63;
e nei confronti
del signor Renato Ravera, non costituitosi nella presente fase del giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, 13 dicembre 2006, n. 4643, e per l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 1388 del 2006;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Acqui Terme, depositato in data 25 maggio 2007 e integrato con una memoria depositata in data 18 giugno 2007;
Vista la memoria depositata dall’appellante in data 2 novembre 2007;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore il Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla udienza del 13 novembre 2007;
Uditi l’avvocato Lorenzo Acquarone per l’appellante e l’avvocato Mario Contaldi per il Comune di Acqui Terme;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Premesso in fatto
1. In data 13 gennaio 2006, il geom. Carlo Michele Piana ha chiesto al Comune di Acqui Terme il rilascio di un permesso di costruire, per la realizzazione di un edificio destinato a civile abitazione.
Col provvedimento n. 3 del 4 agosto 2006, il responsabile del servizio urbanistica del Comune ha respinto l’istanza, perché in contrasto con le previsioni del piano di lottizzazione convenzionata, approvato nel 1990.
2. Col ricorso n. 1388 del 2006 (proposto al TAR per il Piemonte), il geom. Piana ha impugnato il diniego e ne ha chiesto l’annullamento.
Il TAR, con la sentenza n. 4643 del 2006, ha respinto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
4. Col gravame in epigrafe, il geom. Piana ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto.
Il Comune di Acqui Terme si è costituito in giudizio ed ha chiesto che il gravame sia respinto.
L’appellante e il Comune appellato hanno depositato distinte memorie, con cui hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.
4. All’udienza del 13 novembre 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
Considerato in diritto
1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del diniego di permesso di costruire, emesso in data 4 agosto 2006 dal Comune di Acqui Terme e con il quale è stata respinta l’originaria istanza formulata dall’odierno appellante per la realizzazione di un edificio destinato a civile abitazione.
In punto di fatto, è avvenuto che:
- il terreno in questione rientra nell’ambito di un’area più vasta, oggetto di un piano di lottizzazione convenzionata, approvato su iniziativa del medesimo appellante nel 1990 (in attuazione del piano regolatore approvato nel 1980);
- il medesimo piano ha previsto il frazionamento dell’area in tredici lotti, per la realizzazione di undici villette unifamiliari o bifamiliari e di due edifici plurifamiliari, nonché delle opere di urbanizzazione indicate nella convenzione stipulata col Comune;
- entro il termine di dieci anni di efficacia del piano di lottizzazione, sono state realizzate le opere di urbanizzazione, nonché una parte degli edifici previsti, con esclusione di quelli riguardanti i lotti numero nove e tredici (sui quali era prevista, rispettivamente, la realizzazione di una villetta unifamiliare o bifamiliare e di un edificio plurifamiliare, di per sé non accorpabili, in base all’art. 5 delle norme tecniche di attuazione del medesimo piano di lottizzazione);
- dopo la scadenza del termine decennale di efficacia del piano di lottizzazione, il Comune di Acqui Terme ha adottato una variante generale al piano regolatore generale (approvato nel 2002), che ha inserito l’area oggetto del piano di lottizzazione nell’ambito della zona residenziale di tipo B/F di completamento, prevedendo parametri edilizi superiori a quelli previsti nel piano regolatore approvato nel 1980;
- l’art. 8, ventitreesimo comma, delle norme tecniche di attuazione del sopravvenuto piano regolatore ha previsto che i piani esecutivi convenzionati, approvati in precedenza, “conservano la loro efficacia fino a quando non siano portati a compimento gli impegni assunti con la convenzione urbanistica e, comunque, sino al completamento delle opere di urbanizzazione in esse previste, anche se la loro perimetrazione e le loro previsioni non sono confermate in questa variante”;
- a seguito dell’approvazione del nuovo piano regolatore generale, l’appellante ha chiesto di realizzare sul terreno libero (corrispondente ai lotti 9 e 13 del piano di lottizzazione) un unico edificio plurifamiliare di diciotto unità abitative (‘accorpando’ gli edifici originariamente previsti negli stessi lotti);
- col provvedimento impugnato in primo grado, il Comune – richiamata la ‘ferma opposizione’ dei proprietari degli edifici già realizzati in attuazione del piano di lottizzazione - ha respinto l’istanza, rilevando che il richiesto accorpamento si pone in contrasto con l’art. 5 delle norme di attuazione del piano di lottizzazione e che questo – anche dopo la scadenza del termine di dieci anni e pur dopo l’approvazione del sopravvenuto piano regolatore generale – “dal punto di vista urbanistico conserva la sua efficacia in materia di allineamenti e prescrizioni di zona ove non sussista una diversa e successiva disciplina di dettaglio che, nella fattispecie, non sussiste”.
Con la sentenza gravata, il TAR per il Piemonte ha respinto il ricorso con cui l’interessato ha lamentato l’illegittimità del diniego, per contrasto con i principi – evincibili dal sistema - riguardanti l’edificabilità di aree incluse in un piano di lottizzazione e poi prese in considerazione in una successiva variante generale del piano regolatore.
2. Così ricostruite le vicende che hanno condotto alla presente fase del giudizio, può passarsi all’esame delle articolate censure dell’appellante, per il quale – contrariamente a quanto rilevato dalla sentenza gravata – il diniego impugnato in primo grado sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 17 della legge n. 1150 del 1942, degli articoli 8, ventitreesimo comma, e 44 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore approvato nel 2002, nonché per vari profili di eccesso di potere (per difetto di motivazione, illogicità, contraddittorietà).
Ad avviso dell’appellante:
a) l’art. 17 della legge n. 1150 del 1942 sarebbe interpretabile nel senso che le previsioni del piano di lottizzazione, dopo la sua scadenza, “disciplinano a tempo indeterminato l’edificazione” per le aree in cui non vi è stata la sua attuazione, soltanto fino a quando divenga efficace un sopravvenuto piano regolatore generale;
b) nella specie, il piano regolatore approvato nel 2002, nel riguardare anche le aree oggetto del piano di lottizzazione del 1990, avrebbe previsto nuove regole per l’edificazione, prevalenti rispetto a quelle previste nel piano attuativo;
c) ciò sarebbe confermato: c1) dalla relazione illustrativa della variante generale (che si è riferita alle aree della zona B residenziale già infrastrutturate e destinate al completamento); c2) dall’art. 44 delle norme tecniche di attuazione approvate nel 2002 (che si è riferito anche alle zone di tipo B/F, consentendo “interventi di ampliamento”); c3) dagli articoli 3 e 44 delle medesime norme tecniche di attuazione, che hanno previsto l’obbligo di allineamento per i nuovi edifici;
d) la sentenza impugnata avrebbe errato nell’affermare la prevalenza della precedente “disciplina di dettaglio” del piano di lottizzazione, rispetto a quella prevista dal sopravvenuto piano regolatore generale, poiché “nel momento in cui le norme del piano attuativo scaduto vengono a far parte del piano regolatore generale esse ne assumono la medesima forza giuridica nel sistema della gerarchia delle fonti”, con la conseguente possibilità (affermata dalla giurisprudenza) che il sopravvenuto strumento urbanistico generale introduca regole diverse (senza bisogno di un ulteriore piano attuativo, nella specie neppure necessario per i lotti rimasti liberi);
e) la sentenza impugnata, senza motivazione, non avrebbe rilevato che il piano regolatore approvato nel 2002 quanto meno conterrebbe una disciplina di dettaglio, idonea a disciplinare l’edificazione sui lotti rimasti liberi, senza necessità di un ulteriore piano attuativo (come si evincerebbe anche dall’art. 44 delle norme tecniche di attuazione), anche perché neppure il piano regolatore approvato nel 1990 indicava la configurazione planivolumetrica degli edifici, poi specificata col piano di lottizzazione;
f) dall’art. 8, ventitreesimo comma, delle norme tecniche di attuazione (per il quale gli strumenti attuativi anteriori alla variante generale conservano efficacia “sino al completamento di tutte le urbanizzazioni in essi previste”), emergerebbe la regola secondo cui il nuovo piano regolatore avrebbe sostituito le previsioni del precedente piano di lottizzazione, con la possibilità di modificare anche la perimetrazione e di accorpare in un solo lotto i due edifici in precedenza previsti nei lotti 9 e 13.
3. Ritiene la Sezione che le articolate censure dell’appellante (da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione) risultano infondate e vanno respinte.
3.1. Per quanto riguarda il rilievo del piano attuativo, dopo la scadenza del termine previsto per la sua esecuzione, rileva il principio generale contenuto nell’art. 17, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, per il quale, “decorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso”.
Da tale comma, emergono i seguenti principi (di per sé applicabili anche al piano di lottizzazione, equiparato al piano particolareggiato di iniziativa pubblica):
a) le previsioni dello strumento attuativo comportano la concreta e dettagliata conformazione della proprietà privata (con specificazione delle regole di conformazione disposte dal piano regolatore generale, ai sensi dell’art. 869 del codice civile);
b) in linea di principio, le medesime previsioni rimangono efficaci a tempo indeterminato (nel senso che costituiscono le regole determinative del contenuto della proprietà delle aree incluse nel piano attuativo);
c) col decorso del termine (di dieci anni, per il piano di lottizzazione), diventano inefficaci unicamente le previsioni del piano attuativo che non abbiano avuto concreta attuazione, nel senso che non è più consentita la sua ulteriore esecuzione, salva la possibilità di ulteriori costruzioni coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con le prescrizioni del piano attuativo (anche sugli allineamenti), che per questa parte ha efficacia ultrattiva.
In altri termini, l’art. 17 della legge n. 1150 del 1942 si ispira al principio secondo cui le previsioni del piano regolatore rientrano in una prospettiva dinamica della utilizzazione dei suoli (e determinano ciò che è consentito e ciò che è vietato nel territorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio, con la devoluzione al piano attuativo delle determinazioni sulle specifiche conformazioni delle proprietà), mentre le previsioni dello strumento attuativo rientrano in una prospettiva di stabilità (perché specificano in dettaglio le consentite modifiche del territorio, in una prospettiva in cui l’attuazione del piano esecutivo esaurisce la fase della pianificazione, determina l’assetto definitivo della parte del territorio in considerazione e inserisce gli edifici in un contesto compiutamente definito).
In considerazione della stabilità delle previsioni del piano attuativo, va affermato dunque il principio per il quale le prescrizioni urbanistiche di un piano attuativo rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza.
3.2. Dal sopra riportato art. 17, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, si evince un ulteriore principio riguardante il caso in cui le previsioni di un sopravvenuto piano regolatore generale vadano a ‘sovrapporsi’ su quelle del precedente piano attuativo.
L’Autorità urbanistica può modificare le specifiche prescrizioni dello strumento attuativo, in base a una motivata valutazione dello stato dei luoghi e delle posizioni venutesi a consolidare e su cui si va ad incidere.
Se tale modifica è effettuata con una variante speciale, nulla quaestio: prevalgono le prescrizioni disposte con la variante al piano regolatore, approvata proprio per incidere su quelle desumibili dallo strumento attuativo.
Nel caso di approvazione di una variante generale al piano regolatore generale, o vi è un espresso e specifico richiamo alle prescrizioni del precedente strumento attuativo su cui si intenda incidere, oppure – in assenza di tale richiamo – tale approvazione è irrilevante per la perdurante efficacia delle prescrizioni del piano attuativo.
Sotto tale aspetto, va rimarcato che il piano regolatore generale – nel riferirsi in senso dinamico alle parti del territorio da pianificare in dettaglio – di per sé non incide sulle previsioni del precedente strumento attuativo (anche se non più eseguibile per il decorso del tempo), poiché quest’ultimo ha stabilmente determinato l’assetto definitivo e di dettaglio della parte del territorio in considerazione.
Pertanto, anche per la localizzazione degli edifici, le prescrizioni del piano esecutivo (malgrado la scadenza del termine decennale) continuano ad essere rilevanti per coloro che – non avendo ancora realizzato le costruzioni - intendano tardivamente chiedere il titolo abilitativo (nel vigore dello strumento urbanistico sopravvenuto, ove questo ugualmente consenta la nuova costruzione).
3.3. Per verificare se il diniego impugnato in primo grado si sia posto in contrasto con i principi desumibili dall’articolo 17 della legge n 1150 del 1942, occorre dunque individuare lo specifico contenuto della variante generale approvata nel 2002.
Ad avviso dell’appellante, tale variante, nel riferirsi anche alle aree oggetto del piano di lottizzazione del 1990, avrebbe previsto nuove regole per l’edificazione, prevalenti rispetto a quelle previste nel piano attuativo, come sarebbe confermato dalla p. 13 della relazione illustrativa della variante generale e dagli articoli 3 e 44 delle norme tecniche di attuazione approvate nel 2002.
3.4. Per quanto riguarda la p. 13 della relazione illustrativa della variante, da essa emerge che il calcolo della ‘capacità insediativa teorica’ ha tenuto conto delle superfici “di tipo B ancora libere”, “già infrastrutturate, destinate al completamento”.
Da essa, si evince unicamente che l’Autorità urbanistica, a seguito della decadenza del precedente piano attuativo, ha ribadito la destinazione a zona B di completamento e, dunque, la giuridica possibilità di costruire nelle aree già da esso prese in considerazione.
Invece, dalla stessa relazione non si evince alcuna determinazione volta a modificare le prescrizioni già contenute nel medesimo piano.
3.5. Contrariamente a quanto ha dedotto l’appellante, il superamento di queste prescrizioni neppure è stato disposto dagli articoli 3 e 44 delle norme tecniche di attuazione approvate nel 2002.
L’art. 3 ha riguardato in generale le distanze da rispettare per le nuove costruzioni, mentre l’art. 44 ha posto specifiche regole per le aree B/F (consentendo le nuove costruzioni), definendole come “quelle in cui sono stati realizzati interventi recenti con indice di utilizzazione fondiaria di media densità”.
Entrambi tali articoli non hanno posto regole prevalenti su quelle già previste dai precedenti piani attuativi: in particolare, l’art. 44 – nel riferirsi a tutte le aree “già totalmente o parzialmente edificate, aventi prevalenti destinazione residenziale” – ha posto regole di carattere generale per tutte le aree B, anche per quelle B/F, ma senza disporre alcuna deroga al principio sopra richiamato, sul perdurante rispetto delle prescrizioni del piano attuativo già approvato.
3.6. La tesi sostenuta dall’appellante non è suffragata dall’art. 8, ventitreesimo comma, delle norme tecniche di attuazione del piano approvato nel 2002 (per il quale gli strumenti attuativi anteriori alla variante generale conservano efficacia “sino al completamento di tutte le urbanizzazioni in essi previste”): secondo l’assunto, da tale comma emergerebbe che “l’impegno assunto nella convenzione di lottizzazione” sarebbe stato “esclusivamente la realizzazione delle opere di urbanizzazione”, nella specie da tempo realizzate.
Osserva al riguardo il collegio che l’art. 8, al ventitreesimo comma, si è riferito unicamente agli strumenti attuativi ancora efficaci (per mancato decorso del termine), come risulta dall’espressione “conservano la loro validità ed efficacia” (che presuppone una efficacia ancora sussistente, mantenuta con l’approvazione del nuovo piano).
Pertanto, non è applicabile nella specie la norma da cui l’appellante ha dedotto che sussisterebbe il solo suo obbligo – da tempo soddisfatto – di realizzare le opere di urbanizzazione.
Peraltro, anche a non voler considerare determinante il riferimento ai piani attuativi ancora efficaci, il medesimo ventitreesimo comma non ha previsto la sopravvenuta irrilevanza dei piani attuativi (pur se decaduti per il decorso del termine decennale): esso ha unicamente inteso ribadire la perdurante sussistenza dell’obbligo di completare le opere di urbanizzazione, fermi restando i principi riguardanti il perdurante rilievo del piano esecutivo, susseguente alla modifica del piano regolatore, in difetto di espresse previsioni contrarie.
3.7. Vanno altresì respinte le residue doglianze con cui l’appellante ha censurato la motivazione della sentenza gravata ed ha ribadito la compatibilità dell’istanza di permesso con la sopravvenuta variante generale al piano regolatore.
Da un lato, la medesima sentenza non ha negato che, in linea di principio, un sopravvenuto piano regolatore generale possa modificare le previsioni del piano di attuazione del precedente strumento urbanistico primario.
Essa, del tutto correttamente, ha constatato come il piano approvato nel 2002 non abbia inteso derogare al principio sancito dall’art. 17 della legge n. 1150 del 1942, con il conseguente perdurante rilievo delle prescrizioni – sulla localizzazione dei lotti - contenute nel piano di lottizzazione approvato nel 1990.
Ciò comporta l’irrilevanza della deduzione con cui l’appellante ha rilevato che non occorre l’approvazione di un ulteriore piano attuativo per la costruzione sui lotti rimasti ancora liberi.
Dall’altro lato, la gravata sentenza – senza equivocare sul contenuto delle previsioni del piano regolatore generale del 1980 e di quelle del piano di lottizzazione approvato nel 1990 – non ha riferito al piano generale la configurazione planivolumetrica degli edifici, ma ha rilevato, del tutto correttamente ad avviso del collegio, come tale configurazione sia stata disposta dal piano di lottizzazione, le cui prescrizioni – aventi efficacia a tempo indeterminato - non sono state caducate dal sopravvenuto piano approvato nel 2002.
Neppure risultano fondate le articolate deduzioni dell’appellante, per le quali la variante generale approvata nel 2002 avrebbe determinato una ‘disciplina di dettaglio’ (in quanto per il rilascio del permesso di costruire nelle aree in questione non occorre la previa approvazione di un ulteriore strumento attuativo).
Infatti, la sopravvenuta variante generale non ha espressamente (e neanche implicitamente) modificato le prescrizioni del precedente piano di lottizzazione e quelle della connessa convenzione sulla distinzione dei terreni in distinti lotti e sulla determinazione degli edifici rispettivamente realizzabili, sicché è rimasta immutata la disciplina ‘di dettaglio’ a suo tempo imposta sui lotti 9 e 13 (rispetto ai quali l’art. 5 delle relative norme di attuazione non consente l’accorpamento).
4. Per le ragioni che precedono, l’appello risulta nel suo complesso infondato e va respinto, con la conseguente conferma della sentenza gravata, che ha correttamente ritenuto sussistente la ragione posta a base del contestato diniego di permesso di costruire.
In considerazione della qualità degli approfonditi scritti dell’appellante, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l’appello n. 3680 del 2007.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 13 novembre 2007, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giovanni Vacirca Presidente
Luigi Maruotti Consigliere estensore
Pier Luigi Lodi Consigliere
Sergio De Felice Consigliere
Eugenio Mele Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luigi Maruotti Giovanni Vacirca
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci