Cass. Sez. III n. 37180 del 14 novembre 2025 (CC 21 ott 2025)
Pres. Di Nicola Est. Galanti Ric. PM in proc. Pogor
Urbanistica.Caratteristiche del carico urbanistico
Il c.d. «carico urbanistico» costituisce un concetto non «statico», ma «relazionale» e il relativo aggravio deve essere valutato in modo dinamico avuto riguardo alle conseguenze dell'attività edilizia sul territorio. Esso consiste, in dettaglio, nell'effetto incrementale prodotto dall'insediamento primario in termini di domanda di strutture e di opere collettive in relazione al numero delle persone insediate su un determinato territorio, il che si verifica, a titolo esemplificativo, in caso di concreta e sostanziale alterazione dell’originaria consistenza del manufatto in termini di metratura, volumetria e destinazione d’uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee (come tra locali accessori e vani ad uso residenziale, il passaggio di destinazione d’uso da agricola a residenziale, ecc.), ovvero anche nel caso di utilizzo dell'opera in conformità alle destinazioni di zona, allorquando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un'incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell'aumentata esigenza di infrastrutture e di opere collettive correlate
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 16/05/2025, il Tribunale della libertà di Padova, in accogliento dell’istanza di riesame avanzata da Pogor Nicolae, annullava il decreto di convalida del sequestro preventivo emesso in via di urgenza dalla Stazione dei Carabinieri di Bovolenta e il contestuale decreto di sequestro preventivo emessi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, aventi ad oggetto un immobile abusivo realizzato dall’indagato.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il pubblico ministero.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge in relazione all’articolo 44 d.P.R.
380/2001, evidenziando la sussistenza di un evidente aumento del carico urbanistico, trattandosi di opera eseguita su zona agricola.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge in relazione all’articolo 44 d.P.R.
380/2001, evidenziando che l’indagato è iscritto alla camera di commercio, ma non nella sezione autoriparatori, per cui, tramite il dissequestro, il Tribunale ha di fatto consentito all’indagato di proseguire l’attività abusiva, con conseguente pericolo per coloro che dovessero risultare coinvolti in sinistri stradali per effetto della imperizia del Pogor nel riparare veicoli.
2.2. Con il terzo motivo lamenta violazione di legge, in quanto l’indagato è stato ammesso all’estinzione agevolata della contravvenzione in materia di rifiuti.
3. In data 3 ottobre 2025, l’Avv. Stefano Malfatti del Foro di Padova depositava memoria ex art. 611 cod. proc. pen. in cui chiedeva dichiararsi inammissibile il ricorso per carenza di interesse o comunque di dichiaralo infondato.
Sottolineava che, nelle more del procedimento penale, il sig. Pogor ha dato seguito all’ordine di demolizione emanato dall’Ufficio Edilizia privata - Urbanistica del Comune di Bovolenta, rimuovendo il manufatto costruito in assenza del titolo edilizio e ripristinando il terreno agricolo mediante l’eliminazione dell’area a parcamento di auto, circostanza di cui viene dato atto nella relazione tecnico-illustrativa allegata alla SCIA di cui infra.
Inoltre, in data 27 agosto 2025, il medesimo ha presentato una Segnalazione certificata di inizio attività, chiedendo la sanatoria della piazzola in calcestruzzo armato realizzata lungo i lati nord ed est dell’abitazione, piazzola non oggetto di demolizione, in quanto non contrastante con gli strumenti urbanistici.
Quindi, stante la demolizione del manufatto abusivo, da un lato, e la sanatoria della platea in cemento, dall’altro, non sussiste più – se mai vi fosse stato – il pericolo prospettato dal ricorrente: in altre parole, non sussiste quella res, la cui libera disponibilità avrebbe potuto protrarre o aggravare le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente chiede apertamente alla Corte di valutare un dato puramente fattuale, ovverosia se l’imputato, in quanto commerciante di veicoli usati, possa legittimamente svolgere attività di autoriparazione e abbia i requisiti professionali a ciò necessari; ed ancora di condividere le considerazioni, sempre di merito, circa il pericolo per l’incolumità dei malcapitati, che dovessero essere coinvolti in incidenti stradali a causa della cattiva manutenzione dei veicoli riparati dall’imputato. Tanto è vero quanto si sostiene che il ricorrente non indica quale norma di legge sarebbe stata violata da parte del Tribunale del riesame, nell’escludere siffatto pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia come a norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere - quanto alla motivazione della relativa ordinanza - soltanto l’inesistenza o la mera apparenza (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, Toninelli, Rv. 283916).
In tale categoria rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità manifesta o la contraddittorietà, le quali possono essere denunciate nel giudizio di legittimità soltanto tramite il motivo di ricorso ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 5, 11 gennaio 2007, n. 8434, rv. 236255; sez. 6, 21 gennaio 2009, n. 7472, rv. 242916; sez.
un., 28 gennaio 2004, n. 5876, rv. 226710).
Motivazione «assente» è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi).
Motivazione «apparente», invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Caldaras; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Bonati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314).
Ancora, è apparente la motivazione meramente tautologica, che ricorre allorquando essa «si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente» (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, Mastrogiovanni, Rv. 247682 – 01; Sez. 5, n.
9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100 - 01).
2. Tanto premesso, il primo motivo è inammissibile.
Il ricorrente pubblico ministero deduce un aumento del carico urbanistico quale elemento da cui desumere la sussistenza del periculum in mora.
La deduzione, così come formulata, è erronea.
2.1. Il Collegio evidenzia in proposito che il c.d. «carico urbanistico» costituisce un concetto non «statico», ma «relazionale» e il relativo aggravio deve essere valutato in modo dinamico avuto riguardo alle conseguenze dell'attività edilizia sul territorio. Esso consiste, in dettaglio, nell'effetto incrementale prodotto dall'insediamento primario in termini di domanda di strutture e di opere collettive in relazione al numero delle persone insediate su un determinato territorio, il che si verifica, a titolo esemplificativo, in caso di concreta e sostanziale alterazione dell’originaria consistenza del manufatto in termini di metratura, volumetria e destinazione d’uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee (come tra locali accessori e vani ad uso residenziale, il passaggio di destinazione d’uso da agricola a residenziale, ecc.), ovvero anche nel caso di utilizzo dell'opera in conformità alle destinazioni di zona, allorquando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un'incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell'aumentata esigenza di infrastrutture e di opere collettive correlate (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti, Rv. 223722; Sez. 3, n. 16085 del 13/02/2025, Lupi, Rv. 287986 – 01; Sez. 3, n. 16085 del 13/02/2025, Lupi, Rv. 287986 – 01; Sez. 3, n. 36104 del 22/9/2011, Armelani, Rv. 251251; Sez. 3, n. 42717 del 10/09/2015, Buono, Rv. 265195 – 01).
2.2. L’aggravio del carico urbanistico può costituire (Sez. 3, n. 52051 del 20/10/2016, Rv. 268812) una ipotesi di periculum in mora anche nel caso in cui l'edificazione dell’immobile abusivo sia ultimata, fermo restando l'obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato (conf.: Sez. 2, n. 17170 del 2 /04/2010, Rv. 246854; Sez. 3, n. 4745 del 12/12/2007, Rv. 238783). Sul punto, Sez. 3, n. 6599 del 24/11/2011, dep. 2012, Rv. 252016, ha precisato che l'incidenza sul «carico urbanistico» va valutata avendo riguardo agli indici della consistenza dell'insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive (così anche Sez. 3, n. 825 del 04/12/2008, Rv. 242156).
Il pericolo di aggravamento del carico urbanistico ovvero della ulteriore lesione degli interessi pubblici coinvolti con la realizzazione dell'opera abusiva, pertanto, non deriva quindi dal semplice fatto della consumazione del reato, ma va individuato e spiegato caso per caso: trattandosi di esigenza cautelare, la sua attuale e concreta sussistenza non può mai essere ritenuta in re ipsa.
Se, dunque, in caso di immobile in corso d'opera, è sufficiente giustificare il sequestro preventivo con la necessità di interrompere la permanenza del reato impedendo che venga portato a compimento, in caso di immobile già ultimato è necessario che il giudice spieghi in che modo la sua disponibilità incida negativamente sul carico urbanistico; formule stereotipate non sono consentite (Sez. 3, n. 20866 del 13/02/2020, Graziano, n.m.).
2.3. Nel caso di specie, il decreto di sequestro preventivo del GIP nulla diceva in proposito, limitandosi ad affermare che la libera disponibilità del bene avrebbe consentito all’indagato di proseguire la sua attività di meccanico senza autorizzazione, risolvendosi così – per quanto superiormente evidenziato al par. 1 - in una motivazione non solo apparente, ma del tutto inconferente in riferimento al reato urbanistico.
Su tale aspetto (impregiudicata ogni valutazione relativa alla sopravvenuta carenza di interesse) il ricorrente tace, limitandosi a evidenziare la sussistenza di un evidente aumento del carico urbanistico, non comprovato in alcun modo, difettando di tal guisa della necessaria specificità intrinseca.
3. Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili in quanto totalmente generici.
Il secondo motivo è infatti riferito non al reato urbanistico, bensì all’esercizio di attività commerciale in assenza di titolo (e il paventato rischio di incidenti stradali connessi all’imperizia del Pogor non può costituire di certo un periculum riferibile alla contravvenzione in parola), mentre il terzo motivo non costituisce neppure una doglianza in senso tecnico, posto che il ricorrente sembra convenire con la decisione impugnata sul fatto che il sequestro non concerne la violazione dell’articolo 256 d. lgs. 152/2006.
4. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso della parte pubblica.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così è deciso, 21/10/2025




