TAR Lombardia (BS) Sez. II n. 378 del 21 aprile 2022
Urbanistica.Sanatoria e requisiti legittimanti
Gli effetti di un contratto agrario stipulato verbalmente, oppure non trascritto o non registrato, possono prodursi nei confronti dei terzi ai sensi dell’art. 41 della legge 3 maggio 1982 n. 203 solo finché si rimane in ambito privatistico. Nei confronti dell’amministrazione, invece, è richiesto un grado di certezza adeguato all’interesse pubblico protetto. La doppia conformità urbanistica necessaria per la sanatoria è un elemento oggettivo, che deve bilanciare l’illegittimità dell’edificazione, e dunque non può rimanere nella disponibilità delle parti private. Ne consegue che la verifica del possesso dei requisiti legittimanti alla data di realizzazione delle opere abusive, essendo parte della doppia conformità urbanistica, deve basarsi su atti pubblici o di soggetti dotati di poteri pubblici di certificazione (fattispecie relativa alla qualifica di imprenditore agricolo)
Pubblicato il 21/04/2022
N. 00378/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00226/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 226 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaella Sonzogni, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;
contro
COMUNE DI SERINA, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Fiorona, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia, e domicilio fisico presso l’avv. Paolo Loda in Brescia, via Ferramola 4;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
- dell'ordinanza del responsabile dello Sportello Unico per l'Edilizia -OMISSIS-di data -OMISSIS-, con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere eseguite in località -OMISSIS- in assenza di titolo edilizio e in difformità dal permesso di costruire prot. -OMISSIS-di data -OMISSIS-;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Serina;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2022 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Serina ha rilasciato al ricorrente, privo della qualifica di imprenditore agricolo, il permesso di costruire prot. -OMISSIS-di data -OMISSIS-, per la realizzazione di una “piccola costruzione finalizzata alla conduzione del fondo” in località -OMISSIS- (mappale -OMISSIS-).
2. L’area è classificata in zona agricola. L’art. 26 delle NTA stabilisce che in tali zone l’edificazione è subordinata al possesso dei requisiti soggettivi e al rispetto delle condizioni di cui agli art. 59-61 della LR 11 marzo 2005 n. 12.
3. Nel corso di un sopralluogo svolto in data -OMISSIS-dai tecnici comunali e dalla Polizia Locale, sono stati accertati i seguenti abusi edilizi: (a) realizzazione di una cantina sotto il marciapiede esterno, e di un muro di contenimento in pietra; (b) aumento della superficie coperta del fabbricato dai 15 mq autorizzati a 30,24 mq; (c) aumento dell’altezza al colmo dai 2,50 metri autorizzati a 4,03 metri; (d) inserimento di una nuova apertura da 0,68x1,95 metri sul prospetto nord; (e) realizzazione della gronda sul prospetto sud con una sporgenza di 2,10 metri, a fronte di una sporgenza autorizzata pari a 1,50 metri; (f) all’interno, realizzazione di un soppalco in legno, che ospita un letto, e di un piccolo bagno completo di tutti gli accessori (vaso, lavello, doccia), nonché installazione di una caldaia murale a gas; (g) realizzazione dei seguenti impianti: elettrico, idrico-sanitario (acqua calda, acqua fredda), gas, satellitare.
4. Il responsabile dello Sportello Unico per l'Edilizia, con ordinanza -OMISSIS- di data -OMISSIS-, ha ingiunto la demolizione delle opere abusive.
5. In data -OMISSIS- l’azienda agricola -OMISSIS-, sulla base di un contratto di affitto dei fondi del ricorrente datato -OMISSIS-, ma registrato il -OMISSIS-, ha presentato domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380.
6. In relazione a tale domanda, gli uffici comunali hanno chiesto elementi integrativi in data -OMISSIS-. È però mancato il provvedimento conclusivo della procedura.
7. In seguito, il responsabile dello Sportello Unico per l'Edilizia, con ordinanza -OMISSIS-di data -OMISSIS-, ha ingiunto al ricorrente la demolizione delle opere abusive, richiamando il quadro fattuale sopra esposto, ed evidenziando inoltre che il permesso di costruire del -OMISSIS- doveva considerarsi decaduto ex art. 15 comma 2 del DPR 380/2001, in quanto non era stato comunicato l’avvio dei lavori entro un anno dal rilascio del titolo.
8. Contro l’ordinanza di demolizione il ricorrente ha presentato impugnazione, formulando censure che possono essere sintetizzate e riordinate come segue: (i) erronea applicazione dell’art. 15 comma 2 del DPR 380/2001, in quanto i lavori sono stati realizzati a cura dell’azienda -OMISSIS- tra l’estate e l’autunno del 2017, e dunque la mancata comunicazione dell’avvio degli stessi sarebbe irrilevante; (ii) travisamento e difetto di proporzionalità, in quanto l’autore dei lavori, ossia l’azienda -OMISSIS-, possiede la qualifica di imprenditore agricolo, e dunque l’edificio si dovrebbe ritenere conforme alla disciplina urbanistica in materia di edificazioni in zona agricola, e, a tutto concedere, solo in parziale difformità dal titolo edilizio; (iii) ancora travisamento, in quanto la richiesta di elementi integrativi avrebbe impedito la formazione del silenzio-rigetto ex art. 36 comma 3 del DPR 380/2001 sulla domanda di sanatoria presentata dall’azienda -OMISSIS-.
9. Il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
10. Questo TAR, con ordinanza n. 145 del 7 maggio 2021, ha accolto la domanda cautelare, allo scopo di garantire l’integrità materiale delle opere abusive in attesa della pronuncia di merito. Nell’ordinanza sono formulate le seguenti considerazioni:
(a) il ricorrente, non essendo imprenditore agricolo, non poteva realizzare costruzioni residenziali in zona agricola. Di conseguenza, gli uffici comunali hanno individuato nel progetto una piccola costruzione per il deposito di attrezzi o per la conduzione del fondo, unica tipologia ammessa dall’art. 26 delle NTA, dove si precisa che “[t]ali costruzioni non potranno avere destinazione abitativa”;
(b) come è stato accertato nel sopralluogo, la suddetta norma è stata ampiamente superata. Il risultato dell’edificazione è un vero e proprio edificio residenziale in zona agricola;
(c) la questione formale della decadenza del titolo edilizio è evidentemente assorbita in quella sostanziale della totale difformità. Sotto il primo profilo, infatti, la sanatoria sarebbe consentita anche al ricorrente, se vi fosse conformità urbanistica, ma poiché la conformità urbanistica non sussiste, deve essere necessariamente presa in esame la posizione dell’azienda agricola, che avrebbe realizzato i lavori per le proprie esigenze, con il consenso del ricorrente;
(d) vi è in questi casi il rischio che il divieto di edificazione in zona agricola sia aggirato delegando la costruzione a un imprenditore agricolo, e recuperando in un secondo momento la piena disponibilità dell’immobile residenziale, ormai radicato sul territorio e non più utilizzato in connessione con l’attività agricola;
(e) il Comune si è espresso sul rapporto di affitto solo nelle memorie difensive prodotte in giudizio, sottolineando l’incongruo intervallo temporale tra la sottoscrizione e la registrazione del contratto;
(f) è però necessario che la questione venga esaminata in primo luogo in sede amministrativa, sia relativamente all’anteriorità del rapporto di affitto rispetto alla registrazione, sia con riguardo alle esigenze abitative della titolare dell’azienda agricola (v. art. 59 comma 2 della LR 12/2005);
(g) a proposito del silenzio-rigetto ex art. 36 comma 3 del DPR 380/2001, si osserva che questo effetto si forma sui profili propriamente edilizi, ma non impedisce ai privati di ottenere un approfondimento circa i titoli soggettivi che hanno origine al di fuori della materia urbanistica. Inoltre, il silenzio-rigetto, non essendo per definizione notificato, non può creare preclusioni per una parte (nello specifico il ricorrente) che sia rimasta estranea alla presentazione dell’istanza di sanatoria.
11. Con nota depositata il 9 dicembre 2021, il responsabile dello Sportello Unico per l'Edilizia, dopo aver effettuato gli approfondimenti indicati nell’ordinanza cautelare, ha evidenziato quanto segue:
(a) l'istanza di rilascio del permesso di costruire è stata presentata unicamente dal ricorrente, senza alcun riferimento all'azienda -OMISSIS-, ed era contenuta nei limiti dimensionali e di destinazione ammessi dall’art. 26 delle NTA per i soggetti non in possesso della qualifica di imprenditore agricolo (piccole costruzioni finalizzate al deposito di attrezzi o alla conduzione del fondo, prive di destinazione abitativa, aventi altezza al colmo non superiore a 2,50 metri e superficie coperta non superiore a 15 mq);
(b) la circostanza che nel -OMISSIS-non vi fosse alcun contratto di affitto è provata dal fascicolo aziendale dell'azienda -OMISSIS-, e in particolare dall’aggiornamento del -OMISSIS-, dove risulta che il terreno del ricorrente (mappale -OMISSIS-) non era inserito tra i fondi presi in conduzione;
(c) soltanto in data -OMISSIS-, in occasione della presentazione della domanda di permesso di costruire in sanatoria, il Comune è stato informato della presenza di un contratto di affitto di fondo rustico tra l'azienda -OMISSIS- e il ricorrente;
(d) si tratta però di un contratto registrato nel sistema informativo dell'Agenzia delle Entrate - Ufficio Territoriale di Clusone in data -OMISSIS-;
(e) l'azienda -OMISSIS- ha tuttora sede nel Comune di -OMISSIS-, che è anche il luogo di residenza della titolare;
(f) per quanto a conoscenza dell’amministrazione comunale di Serina, non risulta che la titolare dell'azienda -OMISSIS- abbia mai abitato nell’edificio abusivo realizzato in località -OMISSIS-, né che il terreno di pertinenza sia mai stato adibito ad attività di pascolo riconducibili alla suddetta azienda agricola;
(g) l’edificio abusivo risulta ancora oggi privo dell'allacciamento alla fognatura comunale e alla rete idrica.
12. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) anche dopo gli approfondimenti svolti in sede amministrativa, l’impostazione giuridica della controversia rimane quella delineata nell’ordinanza cautelare;
(b) pertanto, non risultano utili al Comune né l’argomento relativo alla mancata comunicazione di avvio dei lavori (si tratta di un’omissione formale, che recede di fronte alla realizzazione dell’opera), né l’argomento basato sulla formazione del silenzio-rigetto nei confronti dell’istanza di sanatoria presentata dall'azienda -OMISSIS- (è vero che la richiesta di elementi integrativi da parte degli uffici comunali non impedisce la formazione del silenzio-rigetto, e certamente non consente di interpretare il silenzio come accoglimento, ma il provvedimento implicito di reiezione non è opponibile al proprietario che sia rimasto estraneo al procedimento);
(c) il punto decisivo è quindi se vi sia la possibilità di sanare un edificio abusivo situato in zona agricola e avente una chiara destinazione residenziale interponendo tra l’amministrazione e il proprietario non legittimato un imprenditore agricolo;
(d) questa operazione interpretativa è ammissibile in astratto, ma è sottoposta a limiti severi, perché, come già evidenziato in sede cautelare, potrebbe diventare lo strumento per eludere la zonizzazione, urbanizzando le aree agricole mediante contratti di affitto stipulati in modo opportunistico per brevi periodi;
(e) in base alle indicazioni desumibili dall’art. 59 commi 1 e 2, nonché dall’art. 60 comma 2, della LR 12/2005, affinché un imprenditore agricolo possa costruire un edificio residenziale, o convertibile in residenziale, su un terreno in affitto sono necessarie le seguenti condizioni: (1) vi sia un contratto di affitto al momento dell’edificazione; (2) il contratto di affitto abbia una lunga durata, tanto nominale quanto in relazione al funzionamento e allo sviluppo dell’azienda agricola (vi deve essere la ragionevole certezza che il terreno resterà tra i beni aziendali per un lungo periodo); (3) il nuovo edificio sia funzionalmente collegato all’attività agricola; (4) siano dimostrate le esigenze abitative dell’imprenditore agricolo o dei dipendenti; (5) sia dimostrato che le suddette esigenze abitative non possono essere soddisfatte attraverso interventi sul patrimonio edilizio esistente;
(f) nessuna di queste condizioni sembra soddisfatta nel caso in esame, a partire dal contratto di affitto, i cui effetti non possono retroagire dalla data di registrazione a quella indicata sul documento senza un’attestazione proveniente o ricevuta da un’autorità pubblica;
(g) più precisamente, gli effetti di un contratto agrario stipulato verbalmente, oppure non trascritto o non registrato, possono prodursi nei confronti dei terzi ai sensi dell’art. 41 della legge 3 maggio 1982 n. 203 solo finché si rimane in ambito privatistico. Nei confronti dell’amministrazione, invece, è richiesto un grado di certezza adeguato all’interesse pubblico protetto. La doppia conformità urbanistica necessaria per la sanatoria è un elemento oggettivo, che deve bilanciare l’illegittimità dell’edificazione, e dunque non può rimanere nella disponibilità delle parti private. Ne consegue che la verifica del possesso dei requisiti legittimanti alla data di realizzazione delle opere abusive, essendo parte della doppia conformità urbanistica, deve basarsi su atti pubblici o di soggetti dotati di poteri pubblici di certificazione;
(h) per quanto riguarda l'azienda -OMISSIS-, la prova dell’esistenza di un contratto di affitto nel -OMISSIS-non solo non è stata data, ma è smentita dallo stesso fascicolo aziendale trasmesso all’OPR della Lombardia, che alla data del -OMISSIS- -OMISSIS-non riporta il terreno dove è stato realizzato l’edificio abusivo. Manca poi completamente la documentazione che dovrebbe dimostrare il collegamento effettivo e di lungo periodo con la coltivazione del fondo, da un lato, e con le esigenze abitative dell’imprenditore agricolo dall’altro.
13. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
14. Le spese di giudizio seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando:
(a) respinge il ricorso;
(b) condanna il ricorrente a versare al Comune, a titolo di spese di giudizio, l’importo di € 3.000, oltre agli oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti indicati dall'art. 52 commi 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, nonché dagli art. 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità delle parti interessate, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente e dell’azienda agricola citata.
Così deciso in Brescia, nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2022, con l'intervento dei magistrati:
Bernardo Massari, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Marcello Bolognesi, Referendario