Cass. Sez. III n. 18545 del 17 maggio 2010 (Cc.7 apr. 2010)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. De Bosi
Caccia e animali. Confisca fucile
Il fucile da caccia non è una cosa intrinsecamente pericolosa la cui detenzione costituisce di per sé reato perché può essere detenuto dal cacciatore previa autorizzazione Non si tratta quindi di cosa la cui detenzione è vietata in modo assoluto (fattispecie in tema di confisca)
UDIENZA del 7.04.2010
SENTENZA N. 537
REG. GENERALE N. 44824/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Guido De Maio presidente
Dott. Ciro Petti consigliere
Dott. Mario Gentile consigliere
Dott. Silvio Amoresano consigliere
Dott. Santi Gazzarra consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto dal difensore di De Bosi Salvatore, nato a Roma il xx/xx/xxxx e De Bosi Pierluigi, nato a Roma il xx/xx/xxxx, avverso l'ordinanza del tribunale della libertà di Ragusa del 23 ottobre del 2009;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il Procuratore generale dott. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue:
IN FATTO
Il tribunale del riesame di Ragusa con ordinanza del 23 ottobre del 2009 dichiarava inefficace il provvedimento di convalida del sequestro probatorio di due fucili da caccia disposto in danno di De Bosi Salvatore e De Bosi Pierluigi, quali indagati per il reato di cui all'articolo 30 comma 1 del decreto legislativo n. 157 del 1992, per avere esercitato la caccia in zona dove la stessa era vietata e segnatamente nella zona Pantani Longarini del Comune di Ispica. Il decreto di sequestro è stato dichiarato inefficace perché il provvedimento del tribunale non era intervenuto nel termine prescritto. Il tribunale, nonostante l'inefficacia del decreto, ha rigettato l'istanza di restituzione a norma dell'articolo 324 comma 7 c.p.p. trattandosi di oggetti per i quali è prevista la confisca obbligatoria in caso di condanna. Nel merito ha affermato che la mancata tabellazione della zona del presunto divieto non comportava alcuna conseguenza di carattere penale, ma aveva effetto solo nell'ambito amministrativo.
Ricorrono per cassazione i due indagati deducendo:
- violazione di legge per omessa indicazione specifica della finalità probatoria;
- omessa motivazione anche sull'obbligatorietà della confisca;
- illegittimità dell'articolo 9 del DA 634 del 2009 che vieta l'esercizio venatorio nelle zone sottoposte a protezione;
- insussistenza del reato per l'omessa delimitazione della zona.
IN DIRITTO
Il ricorso va accolto.
E' assorbente il rilievo che il divieto di restituzione previsto dall'art. 324 c.p.p., comma 7, si riferisce testualmente alle cose soggette a confisca obbligatoria, ai sensi dell'art. 240, comma secondo, c.p., e, cioè:
1) alle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) alle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Il D.Lgs. n. 157 del 1992 all'articolo 28 comma secondo dispone la confisca dell'arma utilizzata per la caccia solo in caso di condanna.
Orbene, l'estensione della disposizione di cui all'art. 324 c.p.p., comma 7, a tutti i casi di confisca obbligatoria, diversi da quelli ricadenti nella previsione dell'art. 240 c.p., comma 2, costituisce un'applicazione analogica della norma, la quale non è corretta sul piano ermeneutico, pur trattandosi di disposizione processuale, dovendo essere, considerata la particolare funzione che il divieto di restituzione assolve con riferimento alle cose indicate dalla disposizione espressamente richiamata dalla norma che regola il procedimento di riesame (cfr. per una decisione conforme con riferimento alla previsione della confisca obbligatoria Cass. sez.III n 2949 del 2005, Gazziero, rv 230868; cass. n 44279 del 2997).
La confisca obbligatoria richiamata dall'art. 324 c.p.p., comma 1, si riferisce, infatti, alle cose intrinsecamente pericolose o illecite, la cui mera detenzione o uso assume carattere criminoso, sicché la restituzione delle stesse determinerebbe la prosecuzione ovvero la ripresa dell'attività illecita, che, il divieto di restituzione mira ad impedire.
Diversamente accade nelle ipotesi di confisca prevista dalla legge quale conseguenza della sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., poiché in dette ipotesi la confisca consegue solo all'accertamento che l'uso di determinate cose sia avvenuto illecitamente, mentre la detenzione ovvero la disponibilità delle stesse, se debitamente autorizzate, non costituisce reato, sicché la confisca assolve ad una funzione repressiva dell'uso illecito delle medesime cose nei confronti dell'autore della violazione.
Il fucile da caccia non é una cosa intrinsecamente pericolosa la cui detenzione costituisce di per sé reato perché può essere detenuto dal cacciatore previa autorizzazione. Non si tratta quindi di cosa la cui detenzione è vietata in modo assoluto.
Va quindi disposta la restituzione di quanto in sequestro.
Gli altri motivi sin devono ritenere assorbiti anche a seguito della dichiarazione d'inefficacia del sequestro.
P.Q.M.
La Corte
Letto l'articolo 620 c.p.p.
Annulla
Senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente alla mancata restituzione di quanto in sequestro, di cui ordina la restituzione agli aventi diritto.
Così deciso in Roma il 7 aprile del 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 17 MAG. 2010